Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
NELLA LEGA SONO IN TANTI A “SOSPETTARE” CHE IL GENERALE AL CONTRARIO, UNA VOLTA ELETTO IN EUROPA, SIA PRONTO A VOLTARE LE SPALLE A SALVINI PER LANCIARE UN SUO PARTITO
Giorgetti è il primo a prendere le distanze dalle parole di Vannacci, perché intercettato a un appuntamento elettorale dai cronisti. Molti suoi colleghi di partito aspettavano invece che Salvini dica qualcosa, qualcosa di leghista, ma il segretario tace. E così, in serata, iniziano a tirare fuori la testa.
Persino il senatore Massimo Garavaglia, solitamente attento a parlare solo di temi economici, sbotta: «Sono in totale disaccordo su diverse posizioni di Vannacci, in particolare sulla disabilità. E già che ci sono – sottolinea – visto che il 25 aprile è passato, e per chi non mi conosce, sono antifascista».
Interviene anche la senatrice leghista Erika Stefani, ex ministra della Disabilità ai tempi del governo Draghi, per ricordare che «chi ha disabilità ha diritto di frequentare la scuola, ha diritto di crescere insieme con gli altri in un meccanismo dove l’inclusione è un principio, non un obiettivo».
Il partito ribolle. In tanti sospettano che Vannacci li stia solo usando per essere eletto in Europa e che sia pronto a voltargli le spalle, alla prima occasione, per lanciare un suo movimento politico. Vedono il generale fare «a pezzi» l’immagine della Lega e «non può essere questo il prezzo da pagare per recuperare qualche voto», ragiona un senatore inviperito. «Gli ultimi sondaggi ci danno in calo al 7, 7%. Se tra una settimana saremo scesi ancora, qualcuno dovrà prendersi la responsabilità di certe scelte».
Dentro la Lega le chat dei parlamentari sono bollenti. «C’è un grandissimo imbarazzo — confida un esponente di primo piano —. Sapevamo, e avevamo messo in guardia Matteo, che Vannacci avrebbe potuto metterci in difficoltà. Nessuno, però, pensava che l’incidente arrivasse ancor prima di depositare le liste».
Il Veneto è in fibrillazione. Ma anche nelle valli lombarde è forte la preoccupazione che le uscite di Vannacci finiscano per appiccicare alla Lega un’immagine di partito di destra, con qualche venatura razzista, che non corrisponde, almeno in parte, alla sua storia (c’è chi non smette di ricordare il sempre proclamato antifascismo di Umberto Bossi).
Non sono teneri gli alleati, per Maurizio Lupi «la parole del generale Vannacci, in particolare quelle sulla scuola e i disabili, sono incompatibili, anzi, contrarie ai nostri valori di inclusione, comuni a tutto il centrodestra. Un uomo delle istituzioni qual è un alto ufficiale dell’esercito, dovrebbe sempre esprimersi in piena consonanza con i valori costituzionali».
Il ministro dello Sport Andrea Abodi afferma: «Mi auguro che si sia espresso male, ma al di là del rispetto che porto per la posizione di tutti, siamo agli antipodi. Ogni altro commento è superfluo».
Daniela Santanché, titolare del Turismo, preferisce «non giudicare i candidati di un altro partito», ma sottolinea la distanza dal generale: «Tantissime cose mi vedono lontana da Vannacci».
Il capogruppo di Fi alla Camera Antonio Barelli, invece non entra nemmeno nel merito della questione: «Per attrarre una forzata attenzione con sparate ad effetto si può ottenere il risultato di enunciare vere e proprie frescacce. Elucubrazioni poco da intellettuale e più da capitan Fracassa di cui non si sentiva proprio il bisogno».
Critica anche la Cei, con il vice-presidente monsignor Francesco Savino: « Queste affermazioni ci riportano ai periodi più bui della nostra storia. Le classi separate riproducono i ghetti. La separazione in classi diverse per i fratelli disabili significa che sono da emarginare o guardare con sospetto».
Chi si arrabbia proprio è Gianfranco Paglia, parà, ex parlamentare del centrodestra, rimasto invalido durante uno scontro a fuoco mentre era in missione in Somalia: «Sono contento che si sia candidato, con la speranza che possa non tornare più ad indossare la divisa perché non se la merita».
(da agenzie)
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Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
MARCELLO SORGI: “IL SEGGIO IN PIÙ SAREBBE QUELLO DI VANNACCI, SENZA ALCUN VANTAGGIO PER GLI ALTRI LEGHISTI”… “LA CAMPAGNA ELETTORALE DEL CENTRODESTRA SARÀ INTERNA. E SARÀ SALVINI IL BERSAGLIO DELLA PREMIER E DI TAJANI, CHE SANNO QUANTI ELETTORI POSSANO ESSERE SCONCERTATI PER LE DICHIARAZIONI DI VANNACCI”
Ma siamo sicuri che Vannacci, appunto, porti più voti di
quanti ne può far perdere? È una domanda che ieri devono essersi fatti i numerosi esponenti di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, che hanno “beccato” il generale sulle sue singolari proposte per i disabili.
Vannacci era stato oggetto di una levata di scudi di parlamentari e dirigenti leghisti, soprattutto del Nord, venerdì all’oggetto della comunicazione della sua candidatura. Né vale il concetto usato in sua difesa dal vicesegretario del Carroccio Crippa: «Ci farà guadagnare un seggio in più». Perché ammesso che sia così il seggio in più sarebbe quello di Vannacci, senza alcun vantaggio per gli altri leghisti.
La rivolta interna della Lega, mai vista in un partito che scherzosamente si definisce “leninista”, anticipava di sole ventiquattr’ore quelle del resto del centrodestra. Ma se la Lega è “leninista”, Fratelli d’Italia è per definizione il partito in cui non si muove foglia che Meloni non voglia.
La serie di attacchi ad alto livello inanellati uno dopo l’altro, e accompagnati da quelli di Forza Italia, vogliono dunque dire una sola cosa: la campagna elettorale del centrodestra sarà, come è già da tempo, interna. E sarà Salvini il bersaglio della premier e di Tajani, che sanno bene quanti elettori della coalizione di governo possano essere sconcertati per le dichiarazioni di Vannacci.
Forse il Capitano leghista, preoccupato dal calo di consensi che tutte le previsioni gli assegnano, avrebbe dovuto riflettere un po’ più a lungo prima di mettersi in casa un personaggio come il generale: spregiudicato, sì, e antipolitico fino al punto da far male al partito per cui è sceso in campo.
Marcello Sorgi
per “La Stampa”
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Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
“È LO STESSO MANCATO SENSO ISTITUZIONALE CHE LO ACCOMUNA ALLA FOTO DI PESCARA, IN CUI MANAGER PUBBLICI SI MOSTRANO INSENSIBILI ALL’ETICA MINIMALE CHE VORREBBE TALI RUOLI LONTANI DA STRUMENTALIZZAZIONI PARTITICHE”
Immersi nei dibattiti sulle “grandi questioni” della politica, tipo quella su fascismo e antifascismo a 79 anni dalla Liberazione o […] quella sulle ultime sortite del generale Vannacci, corriamo il rischio di farci sfuggire episodi vitali della vita democratica del Paese.
Solo negli ultimi giorni ne abbiamo vissuti due, decisamente eclatanti: la decisione di far ripetere nella commissione Affari costituzionali della Camera un voto sull’autonomia differenziata violando il principio del “ne bis in idem”, in base a cui non si può votare due volte la stessa materia; ieri, poi, alla conferenza pescarese di Fdi con gran nonchalance sono saliti sul palco, con tanto di maglietta della kermesse partitica due manager di Stato come il presidente di Leonardo, Pontecorvo, e il capo dell’Agenzia Cybersicurezza, Frattasi.
Due episodi distinti ma uniti da un comun denominatore: la rimozione di ogni più semplice rispetto delle regole-base di una comunità. Da sempre la politica si basa su un meccanismo semplice: chi ha un voto in più vince e decide. Senza ricercare sotterfugi o scorciatoie.
La protervia con cui il centrodestra ha deciso di passare sopra un voto che l’aveva visto soccombere ha mostrato il volto più sfrontato di una maggioranza che vuol farsi beffe di ogni regola. Se in Parlamento un voto negativo non è rispettato, niente più vale, al di là della volontà della maggioranza di turno.
Una prassi che svilisce ancor più il ruolo del Parlamento, già ridotto spesso da troppi anni a un ruolo da passacarte. Ed è lo stesso mancato senso istituzionale che lo accomuna alla foto di Pescara, in cui manager che ricoprono incarichi pubblici si mostrano insensibili all’etica minimale che vorrebbe tali ruoli lontani da strumentalizzazioni partitiche e da interpretazioni servili. Certi episodi valgono più di tante parole. E se nella società italiana nemmeno certi meccanismi sono più avvertiti come elementari, c’è davvero di che cominciare a preoccuparsi.
(da Avvenire)
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Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
“270 METRI QUADRI CON GIARDINO, CORREDATA DI PORTICATO CON ‘COTTO UMBRO’ E IMPREZIOSITA DA UNA SPLENDIDA VERANDA. C’È SOLO UN PROBLEMA: LE OPERE CHE L’HANNO RESA LA BOMBONIERA CHE È RISULTANO REALIZZATE SENZA AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA”… CI SONO STATI NOVE TENTATIVI DI SANARE GLI ABUSI, APPESI ORA ALLA SANATORIA ANNUNCIATA DA SALVINI…LA MELONI CHE VI HA SOGGIORNATO PIÙ VOLTE È LA STESSA CHE INVOCAVA LE DIMISSIONI DELLA MINISTRA DEL PD JOSEFA IDEM PER PRESUNTI ABUSI EDILIZI E DELL’ICI?
“Casina Rossa”, così si chiamava il rustico dei sogni della
“nera” Santanchè, nel bosco della Versiliana. Quando ci arrivi davanti, una siepe alta e fitta con un’anima di rete verde impedisce a chiunque di vedere all’in terno. Perfino i cancelli sono ricoperti da assi di legno che occludono la vista.
Cosa ci sia dentro lo si scopre solo dall’alto, facendo levare un drone sopra gli steccati o zoommando con google maps, cosa che chiunque può fare. E quello che un tempo era un “rudere al grezzo” – senza allaccio alle fogne, acqua e luce – si rivela per quel che è diventato: una villa di charme da 270 metri quadri con giardino, corredata di porticato con “cotto umbro” e impreziosita da una splendida veranda addossata stile inglese, tanto glamour per il tè del tramonto.
“Lorenzo Mazzaro” si legge sul citofono. Nessuno risponde. Per tutti a Pietrasanta non è la casa del figlio, bensì di Daniela Santanchè, la regina degli affari, della politica e delle estati chic e felici nella rivieratoscana.
Per anni l’esponente di Fratelli d’Italia ne ha affittata un’altra, nella zona di Roma Imperiale, finché nel 2014 mette gli occhi su un rustico nel cuore del parco pubblico, epicentro dell’attività turistica e culturale di una delle località più rinomate e lussuose della riviera, tra Marina di Pietrasanta e Forte dei Marmi. Dieci minuti a piedi dal famoso “Twiga”, di cui Daniela Santanchè è stata socia finché ha ceduto le quote al compagno Dimitri Kunz, altri dieci dalla famosa “Villa Alberoni”, quella che nel giro di un’ora fruttò a Kunz e alla moglie di La Russa la plusvalenza record.
La stessa Meloni vi ha soggiornato più volte, come tanti politici, artisti e intellettuali di destra che si raccolgono d’estate attorno ai lidi e al Caffè della Versiliana, la terza Camera agostana d’un tempo.
C’è solo un problema: le importanti opere che l’hanno resa la bomboniera che è, incensata dalla stessa Santanchè nella sua rivista Villa e Giardini dell ’agosto 2016, al Comune di Pietrasanta risultano realizzate senza autorizzazione paesaggistica. E la storia prende una strana piega, quella della Ministra del Turismo con villa abusiva nel Parco pubblico della. Versiliana. E di nove tentativi di sanare “l’abuso oltre la siepe”, appesi ora alla sanatoria annunciata dal suo collega Salvini. Degli accertamenti e degli abusi, che han portato anche a un procedimento penale, non si era mai avuta notizia. Tantomeno di ordini di demolizione, come prevederebbe la legge.
PER CAPIRCI qualcosa tocca affondare nelle pratiche dello Sportello unico per l’edilizia di Pietrasanta. Da lì ne saltano fuori 11, tutte intestate a Lorenzo Mazzaro, anche se molti elementi fanno pensare sia l’intestatario fittizio della proprietà. Nel preliminare firmato il 28 febbraio 2014 a Milano, quando era ancora minorenne, si legge: “La signora Daniela Garnero Santanchè si riserva di nominare un terzo acquirente finale dei beni, il signor Lorenzo Mazzaro, che accettatale nomina”.
Il rogito avviene il 17 aprile 2014, due giorni dopo che Lorenzo è diventato maggiorenne, con acquisto dell’immobile in costruzione “al rustico”: niente acqua luce e fognature, pavimenti, scale, inferriate, recinzioni o finestre. Il giorno dopo inizia “il ballo del mattone”.
Il 18 aprile 2014 un geometra di Firenze, Simone Banchi, presenta un permesso per “modifiche interne, senza opere strutturali”, che viene accolto. Il problema, infatti, è quel che la proprietà intende realizzare all’esterno.
Il 2 maggio 2014 un geometra locale, Giuseppe Del Carlo, deposita a nome di Mazzaro un progetto dal titolo ampio: “Ristrutturazione edilizia con modifiche interne ed esterne, rifacimento di recinzioni e nuovi ingressi pedonali e carrabile a fabbricato di civile abitazione all ’interno del Parco della Versiliana, denominato Casina Rossa”.
I rendering arrivano da uno studio di Milano. Cinque mesi dopo la pratica viene però bocciata, proprio sul fronte della paesaggistica, che viene “diniegata” il 30 settembre 2014.
E tuttavia la proprietà costruisce quel che desidera: il 17 novembre 2014 il progettista Banchi protocolla in Comune una richiesta di accertamento di “opere eseguite in assenza di autorizzazione paesaggistica” indicando, tra le altre, “modifiche al tetto e al comignolo, costruzione di pergolati e pavimentazioni esterne, nuovi ingressi pedonali, abbassamento del piano di calpestio al piano terra”.
Anche questa pratica risulta però cassata il 13 luglio 2015. La proprietà non demorde: tra il 2014 e il 2017, saranno in tutto nove i tentativi di sanare quel che forse sanabile non era, in parte per il contesto tutelato, in parte (probabilmente) per il mancato rispetto delle distanze dei nuovi “corpi” realizzati dal corso del “Fiumetto” e dalla strada comunale.
L’ultimo tentativo risale al 30 giugno 2017. Il geometra Banchi, sotto sua responsabilità, quel giorno attesta sia la conformità in sanatoria e sia la compatibilità paesaggistica, pratica che risulta poi “chiusa da ufficio”, non “rilasciata”. Negli uffici tecnici del circondario, tutti concordano: è stata archiviata, non approvata.
LORENZO Mazzaro non risponde al citofono. Avvertito via telefono, neppure a quello. Dalla carte risulta risiedere proprio lì, e lo rivela anche la pratica di mutuo che il Fatto ha potuto consultare: 18enne da due giorni, il figlio della futura ministra ha immediatamente ottenuto da Banca Mediolanum un mutuo “fondiario ipotecario” da 750 mila euro da restituire in 25 anni garantito da un fideiussore (non indicato nell’atto) per 1,5 milioni.
Mazzaro dichiara che trattasi di “acquisto abitazione”, e pertanto soggetto al pagamento dell’imposta sostitutiva dello 0,25%, “in luogo delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e delle tasse su concessioni governative”. Naturalmente l’acquisto come “prima casa” gli permette anche successivamente notevoli risparmi sui contratti per le varie utenze e soprattutto di non pagare l’Imu. Peccato che all’epoca studiasse in Inghilterra.
Il Comandante dei Vigili di Pietrasanta Giovanni Fiori conferma: a seguito di controlli la residenza fu negata due volte e contestualmente “l’esito degli accertamenti di natura edilizia furono rimessi all’autorità giudiziaria, ma l’esito a me non è noto”.
La vicenda può imbarazzare la stessa Giorgia Meloni che nella villa è stata più volte ospite. Ad esempio il 4 agosto 2022, quando alla Versiliana presentò il suo libro Io sono Giorgia. Lei, il compagno e la figlia Ginevra furono inghiottiti dalla siepe.
E vai a sapere se è la stessa Giorgia che invocava le dimissioni della ministra del Pd Josefa Idem per presunti abusi edilizi e dell’Ici. Nel caso della “sua ” ministra, se confermati, sono avvenuti non in una palestra privata ma all’interno di un parco pubblico tutelato dagli anni Settanta, una sorta di “sacrario verde” inviolabile perfino all’amministrazione cittadin
Possibile che sindaci e assessori di Pietrasanta, sempre di area centrodestra, non abbiano battuto ciglio, o (peggio) abbiano chiuso un occhio sull’abuso oltre la siepe?
(da il Fatto quotidiano)
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Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
PERSINO DAL 18% DI CHI VOTA AZIONE, DAL 14% DI CHI VOTA LEGA, DALL’ 11% DI CHI VOTA FORZA ITALIA E DALL’8% DI CHI SCEGLIE FDI
Le elezioni del 9 giugno sono un momento cruciale per i cittadini italiani in quanto offrono loro l’occasione di partecipare al processo decisionale dell’Unione Europea e di influenzare la direzione delle politiche europee, inoltre per i prossimi 3 anni e mezzo – salvo imprevisti – non sono più previste elezioni a «chiamata nazionale». Proprio per questo il 9 giugno sarà offerto ad ogni elettore, una volta di più, l’occasione di riflettere sull’identità nazionale e sul nostro rapporto con l’Europa.
Sugli aspiranti parlamentari i nomi famosi e di richiamo si rincorrono nelle indicazioni dei diversi leader di partito, compreso il Movimento 5 Stelle che ha candidato l’ex calciatrice Carolina Morace e Pasquale Tridico.
È ovvio che i nomi di personaggi conosciuti spesso godono di una maggiore visibilità mediatica e di un più alto grado di riconoscibilità.Tra di loro scopriamo personaggi provenienti da settori come la politica nazionale, l’economia, lo spettacolo, le istituzioni o lo sport, etc. …
Ad esempio la candidatura di Ilaria Salis nella lista Alleanza Verdi e Sinistra è apprezzata dal 65,0% degli elettori del suo partito di riferimento, mentre spacca in due i consensi del Partito Democratico, tra chi la approva (40,7%) e chi no (42,3%) e quelli del Movimento 5 Stelle (36,1% vs 35,1%).
L’impatto mediatico di Ilaria Salis all’entrata in tribunale vestita di catene come Hannibal the Cannibal ha ottenuto una grande attenzione e una totale copertura giornalistica
La presenza di nomi popolari può anche essere usata come un forte richiamo per mobilitare una più ampia base di partecipazione.
Anche la proposta del Generale Vannacci tra le fila della Lega annunciata da Matteo Salvini può rappresentare un richiamo rispetto alle sue prospettive per l’Europa, anche se, quando nel mese di gennaio si parlava di una sua candidatura, l’elettorato nazionale era piuttosto scettico.
E’ importante notare che la presenza di candidati famosi non garantisce necessariamente il successo elettorale, e la loro idoneità a rappresentare efficacemente gli interessi dei cittadini europei deve essere valutata in base alla loro competenza, alle loro proposte politiche e dedizione al servizio pubblico. Di sicuro nell’ambito di alcuni partiti si preferisce muovere più sul sentiment dell’opinione pubblica che sui propri iscritti.
Ad oggi comunque poco ancora si registra nei cambiamenti delle intenzioni di voto rilevate da Euromedia Research per Porta a Porta: Fratelli d’Italia mantiene ancora il primato nel ranking delle percentuali mantenendosi al di sopra del 27,0%, il Partito Democratico supera il 20,0% a scapito del Movimento 5 Stelle (16,8%) e ancora nello stesso range Forza Italia (8,7%) e la Lega (8,5%) intorno all’8,6%.
La lotta è aperta ancora tra le formazioni di Matteo Renzi ed Emma Bonino -Stati Uniti d’Europa- che ad oggi, con Alleanza Verdi e Sinistra, superano la soglia del 4,0%, e con Azione-Siamo Europei-Renew Europe e Libertà di Cateno di Luca che competono ancora per essere rappresentativi in Europa.
Alessandra Ghisleri
per “La Stampa”
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Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
LA PRIMA VOLTA SAREBBE RIUSCITO A FUGGIRE, LA SECONDA LO AVREBBERO BLOCCATO E AVREBBE POI PAGATO, LA TERZA È SCATTATA LA DENUNCIA
Profumi. Il deputato Pd Piero Fassino sembrerebbe
prediligere le essenze tra i molti articoli in vendita al duty free. Oltre al tentativo di portar via la boccetta di Chance (Chanel) che risale al 15 aprile scorso vi sono altri due episodi simili. Tutti nelle ultime settimane. E con profumi femminili. Tutti sotto osservazione da parte degli agenti di polizia dell’aeroporto (Polaria).
Si tratta di un dettaglio apparentemente trascurabile eppure necessario per capire le vere ragioni della denuncia formulata dalla società che gestisce il duty free.
L’ex ministro […] avrebbe irritato la direzione del punto vendita. Non è tutto. Il 15 aprile scorso il confronto con i vigilantes sarebbe salito di livello sfiorando il battibecco. Lui si sarebbe rifugiato nel tradizionale «Non sapete chi sono».
Controproducente il risultato: la direzione del duty free ha presentato un esposto. Ora gli agenti sono alla ricerca dei filmati che riprendono il politico durante i precedenti due blitz. Forse, però, sono stati sovrascritti.
La prima volta si sarebbe mischiato alla folla, la seconda lo avrebbero bloccato e avrebbe poi pagato, la terza è scattata la denuncia. Sono le avventure di Piero Fassino al duty free del terminal 1 di Fiumicino, iniziate circa un mese e mezzo fa e culminate il 15 aprile con il fascicolo per il furto del profumo.
Secondo fonti interne, il deputato del Pd, quindi, avrebbe già due precedenti. La prima volta, Fassino avrebbe giovato del fatto che il duty free fosse pieno di clienti e si sarebbe diretto all’uscita con un profumo in tasca. Scattato l’alert dell’antitaccheggio, la sicurezza si sarebbe lanciata all’inseguimento, ma lui si era già dileguato, confondendosi tra la gente.
Un paio di settimane dopo, quando è entrato di nuovo in negozio, la vigilanza, memore dell’episodio antecedente, lo teneva d’occhio. Fassino si sarebbe fatto scivolare in tasca un altro profumo ma, beccato, si sarebbe scusato, garantendo che non aveva intenzione di rubare. Così il duty free ha chiuso la questione, con il pagamento dell’eau de toilette.
Il 15 aprile, infine, Fassino torna in profumeria ed è nel mirino. Si intasca la confezione di Chanel e si dirige verso l’uscita, ma la sicurezza lo ferma. E scatta la denuncia.
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
LOCATELLI SOTTO TIRO SUI SOCIAL: “NON HAI NIENTE DA DIRE? PERCHE’ NON PARLI?”
Ha proposto «classi con “caratteristiche separate”» tra studenti «con potenzialità» e disabili, poi ha corretto il tiro e infine liquidato le polemiche come «diatribe» interne al partito. Un partito, la Lega, che si è diviso sulla sua candidatura, fortemente voluta dal leader e vicepremier Matteo Salvini. Le dichiarazioni di Roberto Vannacci non hanno però smesso di creare polemiche e nel mirino dei più critici è finita anche la ministra per la Disabilità Alessandra Locatelli. Non tanto per quello che ha detto, ma proprio per il fatto di aver scelto di rimanere in silenzio. E così sotto ai suoi ultimi post degli eventi a Triuggio e Giussano, in Monza e Brianza, sono comparse decine e decine di commenti che la invitano a prendere una posizione netta contro le parole del generale. «Ha parlato anche del suo oramai collega Vannacci che vuole le classi differenziali per noi persone con disabilità? Ha parlato del fatto che sono illegali da decenni per fortuna?», si legge sotto al post, «la prego di fare chiarezza sulle “classi separate per i disabili” perché io, come tantissimi altri genitori di ragazzi con disabilità siamo veramente sconcertati da queste dichiarazioni», la esortano.
«Due parole su Vannacci, candidato leghista, non le ha per i disabili e famiglie che col suo ministero dovrebbe tutelare?», si chiede qualcuno, «non si vergogna lei, ministro per le disabilità, ad essere nello stesso partito di un povero imbecille che i bambini disabili li vorrebbe in classi differenziali?».
Tra rabbia, sgomento e delusione, la domanda si ripete uguale: qual è la sua posizione su quanto dichiarato dal militare?
(da agenzie)
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Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
LA SVOLTA DOPO MELONI… L’ATTACCO DEI RENZIANI
Carlo Calenda ha deciso di candidarsi in tutte le circoscrizioni
per le prossime Europee. Una scelta all’ultimo momento che secondo il leader di Azione sarebbe stata condizionata dalla candidatura di Giorgia Meloni, annunciata oggi alla kermesse di Fratelli d’Italia a Pescara. In un video sui social Calenda spiega che proprio «la discesa in campo della presidente del Consiglio e la sua piattaforma antieuropea e sovranità cambiano completamente lo scenario». Dopo l’annuncio di Meloni, Calenda dice che «è necessario rispondere a questa sfida antieuopea mettendosi direttamente in gioco». In tandem con la sua candidatura, Calenda ha annunciato anche quella dell’ex ministra renziana Elena Bonetti, anche lei candidata in tutte le circoscrizioni.
L’attacco dei renziani
Finora Calenda si era sempre dichiarato contrario alla presenza nelle liste dei leader di partito. Lui stesso ricorda come «nei mesi scorsi ho più volte sollecitato pubblicamente tutti i leader politici a firmare un accordo per non candidarsi alle europee. Schlein e Tajani hanno già scelto la strada della candidatura diretta». E poi c’è stata la decisione di Meloni, che pare aver sorpreso Calenda. Inevitabile la frecciata dal renziano Ivan Scalfarotto, che su X rilancia un video condiviso proprio dal leader di Azione di gennaio scorso. Ospite di Tagadà su La7, Calenda parlava di una sostanziale presa in giro da parte di chi si candida senza però ambire davvero a un seggio al Parlamento europeo: «Candidarmi? Io no – diceva Calenda – perché penso si debba candidare chi va in Europa. Se si candida chi sa già di non andare in Europa è uno svilimento, una presa in giro degli elettori. E perché io devo prendere in giro gli elettori?». Ancora più feroce il deputato di Italia Viva, Luciano Nobili, che rilancia un altro video di Calenda con il commento: «Lui non è un candidato: è un pagliaccio»
(da agenzie)
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Aprile 28th, 2024 Riccardo Fucile
VERSIONI CONTRASTANTI, LA TESI FINALE E’ CHE FOSSERO DUE LADRUNCOLI, MA CHI LI HA FERMATI AVEVA PARLATO DI “COLLEGHI”
Lo scorso novembre, alle tre di notte, due uomini sono stati sorpresi mentre armeggiavano vicino all’auto del giornalista. Indagano l’Aisi e la procura di Roma. Sospettati anche due agenti dell’intelligence che facevano parte della scorta
C’è una vicenda che da qualche mese sta preoccupando, e non poco, la premier Giorgia Meloni e il suo (ex) compagno Andrea Giambruno. E su cui stanno indagando – ha scoperto Domani grazie a fonti qualificate – sia i servizi segreti sia la procura di Roma, che ha aperto un fascicolo d’inchiesta gestito direttamente dal procuratore capo Francesco Lo Voi. Una storia che incrocia misteriosi tentativi di furto, ipotesi di spionaggio a un parente della premier, investigazioni segrete ordinate dai vertici dell’intelligence e presunte falle nel sistema di protezione di una delle massime istituzioni del paese, cioè la presidenza del Consiglio.
Una vicenda ancora oscura che però ha influito sull’esito della battaglia per la nomina nel nuovo direttore dell’Aisi, l’agenzia d’intelligence interna. Partita che qualche settimana fa ha visto prevalere Bruno Valensise sull’altro candidato forte Giuseppe Del Deo, potente vicedirettore dell’agenzia considerato vicinissimo a Meloni e al ministro Guido Crosetto.
LA RICOSTRUZIONE
Partiamo dall’inizio, cioè dalla notte tra il 30 novembre e il primo dicembre dell’anno scorso. Siamo a Roma sud. Verso le tre di notte, nelle strade intorno alla nuova casa di Meloni in zona Torrino (una villetta di 350 metri quadri con annessa piscina, acquistata dalla premier per oltre un milione di euro nel giugno 2023) tutto sembra tranquillo. Per Meloni e Giambruno sono invece momenti complicati: un mese prima la leader di Fratelli d’Italia aveva annunciato pubblicamente la fine improvvisa della relazione. A causa della campagna di Striscia la Notizia, il tg satirico di Antonio Ricci che a metà ottobre aveva pubblicato su Canale 5 alcuni imbarazzanti fuorionda sessisti e machisti del giornalista amico di Lele Mora. Giambruno era stato registrato mentre faceva allusioni sessuali nelle pause del programma “Diario del giorno”, con battute pesanti che porteranno Mediaset pure a sospenderlo dalla conduzione.
Ebbene quella notte, a due mesi dalla fine ufficiale del rapporto via Facebook, la macchina di Giambruno è parcheggiata a pochi passi dall’ingresso della nuova casa di Meloni. A pochi metri di distanza c’è appostata una volante del commissariato di polizia dell’Eur, che funge da servizio di vigilanza all’abitazione dell’autorità.
Al posto di guida c’è un’agente, che qualche minuto dopo le tre nota qualcosa di anomalo: da un’auto appena sbucata sulla strada sono scesi infatti due uomini, che dopo aver acceso una luce (una torcia? un cellulare? un altro apparecchio?) cominciano a trafficare intorno all’auto del compagno di Meloni, immaginando di avere il favore delle tenebre.
L’agente di polizia invece vede tutto, scende dalla volante e decide di intervenire. Si avvicina alla coppia e chiede conto dei movimenti sospetti. I due – presi alla sprovvista – sono però lesti nella reazione: mostrano all’agente un distintivo, si identificano come “colleghi” senza rilasciare generalità né mostrare documenti di riconoscimento, rientrano rapidamente in auto e scompaiono nella notte.
LE REAZIONI
L’agente avverte subito i suoi capi dell’accaduto. Viene così stilato un rapporto, che finisce subito alla Digos. Viene informato direttamente il capo della polizia Vittorio Pisani, e a cascata il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il sottosegretario con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano, l’allora capo dell’Aisi Mario Parente e il suo braccio destro Del Deo, e naturalmente la premier. Che prende la cosa affatto alla leggera: già furiosa per le registrazioni di Giambruno che qualcuno in Mediaset aveva passato ad Antonio Ricci creando uno scandalo privato e politico, ora teme un complotto più articolato. Soprattutto dopo che qualcuno dei suoi collaboratori più fidati le suggerisce che non sia da escludere che i due uomini potessero cercare qualcosa nell’auto del padre di sua figlia. O peggio ancora piazzare cimici o transponder per poterlo spiare.
Il rapporto della Digos finisce in procura, che apre un’inchiesta coordinata da Lo Voi. Ma è l’Aisi – che ha mani libere rispetto a un possibile reato nemmeno compiuto – a svolgere le prime indagini per provare a identificare i responsabili e capire se la sicurezza nazionale sia stata davvero messa a rischio oppure no. Dell’investigazione si occupa direttamente il gruppo guidato da Del Deo.
Dopo pochi giorni di lavoro, grazie anche alla descrizione dell’agente che aveva visto in faccia gli uomini e a verifiche incrociate della questura di Roma su alcune fotografie, vengono identificati i possibili sospetti. Sorprendentemente, si tratta di due agenti segreti in forza proprio all’Aisi, e che fanno parte della nutrita scorta di Meloni.
Avuta la notizia, l’ipotesi di un complotto di pezzi dei servizi sgomenta la premier. Già affetta da una sindrome di accerchiamento (tanto da avere voluto come caposcorta il marito della sua segretaria personale Patrizia Scurti, pure lui agente Aisi) teme che il suo incubo possa essere reale, e chiede ai responsabili delle forze di sicurezza che il mistero venga rapidamente risolto. Investe direttamente Mantovano ed Elisabetta Belloni, capo del dipartimento che coordina l’intelligence nazionale. Questi ultimi, d’accordo con Parente, decidono di spostare i due sospettati dall’Aisi all’Aise, i servizi segreti esteri guidati da Giovanni Caravelli. Siamo a metà dicembre 2023.
L’INDAGINE
L’indagine va avanti per due mesi, ma a un certo punto l’Aisi fa marcia indietro rispetto a quanto ipotizzato inizialmente sugli uomini della scorta: le celle telefoniche dimostrerebbero infatti che i presunti complottardi quella notte non fossero lì, ma fuori servizio e lontanissimi dalla zona del Torrino. Passa qualche altro giorno, e sempre l’Aisi lancia un’altra pista, che stavolta porta lontano da possibili responsabilità dell’agenzia che deve vigilare sulla premier: i due uomini potrebbero essere più banalmente ricettatori già noti alle forze dell’ordine. Forse alla ricerca di beni di valore all’interno dell’auto di Giambruno.
Mentre le indagini (anche quelle della procura) proseguono, il Giambruno-gate si è però infilato nella testa della premier, che recentemente avrebbe detto ai suoi fedelissimi (ha riferito Ilario Lombardo su La Stampa in un retroscena non smentito) di “sentirsi sotto assedio” e di “non fidarsi di nessuno”.
Non è un caso che l’episodio diventi cruciale nella scelta difficile del nuovo capo dell’Aisi. In corsa erano in due: il favoritissimo della vigilia Del Deo, un operativo vicinissimo a Crosetto, stimato da Parente e capace di entrare nell’ufficio di Meloni senza nemmeno passare da quello di Mantovano. E il più posato Bruno Valensise, numero due del Dis – il dipartimento che coordina le due agenzie – che il sottosegretario voleva già tempo fa promuovere al posto di Belloni.
Fino a pochi mesi fa Del Deo aveva il vento in poppa. Ex ufficiale dell’esercito, fu in effetti promosso vicedirettore a luglio 2023 per volontà di Meloni in persona. E la premier, Pisani, Piantedosi e Crosetto (e la stessa Scurti, ascoltatissima anche su questi dossier) spingevano per metterlo sulla poltrona di direttore.
Per anni capo del Nef, il reparto economico-finanziario dell’Aisi, Del Deo ha gestito con abnegazione e capacità le intercettazioni preventive, quelle che vengono fatte dai servizi “a protezione” degli interessi economici, industriali e politici del paese, ed è considerato grande conoscitore della macchina dell’intelligence e dei suoi segreti.
LE NOMINE
Come raccontato da Domani, però, l’ipotesi Del Deo era fortemente avversata non solo da Mantovano, ma da un ministro di peso come Matteo Salvini, rimasto scottato quando, ai tempi delle sue visite all’ex ambasciatore russo in Italia Sergey Razov nel maggio del 2022, il contenuto di alcune intercettazioni fatte dall’Aisi (che ascoltava il consulente leghista Antonio Capuano, che accompagnò Salvini in ambasciata) finì sulla Verità, creandogli più di un problema con l’allora presidente Mario Draghi.
Alla resistenza di Salvini e ai dubbi di chi crede che Del Deo sia troppo giovane (ha cinquant’anni) per il grande salto, si è dunque aggiunta la vicenda misteriosa dell’auto di Giambruno: preoccupata come mai prima, dopo essersi consultata con il suo staff Meloni ha preferito puntare così su un “esterno” all’agenzia come Valensise, che in questi giorni si sta già occupando – oltre che di dare un volto ai due uomini misteriosi – dell’organizzazione della sicurezza del G7.
Le ambizioni di Del Deo restano comunque intatte: i suoi dante causa sperano che, quando Belloni concluderà il suo mandato nel 2025, Valensise possa essere spostato al Dis. Lasciando alla spia amica di Crosetto la poltrona dell’agenzia più potente d’Italia.
(da editorialedomani.it)
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