Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile
TOTI SI AVVALE DELLA FACOLTA’ DI NON RISPONDERE
Si indaga anche per finanziamento illecito ai partiti nell’inchiesta sul sistema Toti. La Procura di Genova sta passando al setaccio la rubrica degli imprenditori che hanno bonificato cifre importanti in favore del movimento e delle liste del governatore della Liguria, politico dalle percentuali elettorali modeste a livello nazionale, ma tra i più finanziati d’Italia, quasi 2 milioni di euro in diversi anni. Per ora il reato è contestato ufficialmente solo a Francesco Moncada, del Cda di Esselunga e destinatario di una misura interdittiva per corruzione, e a Maurizio Rossi, perquisito quattro giorni fa, editore della testata Primocanale, “per il pagamento occulto di alcuni passaggi pubblicitari sul pannello esposto sulla Terrazza Colombo”, di cui c’è traccia in alcuni passaggi dell’ordinanza di custodia cautelare per corruzione di Toti, del suo capo di Gabinetto, Matteo Cozzani, che risponde di corruzione elettorale con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, e dell’imprenditore Aldo Spinelli, tutti ai domiciliari. Mentre è finito in carcere Paolo Emilio Signorini, l’ex presidente dell’Autorità Portuale del mar Ligure Occidentale e oggi Ad di Iren (sospeso), corrotto da Spinelli con 22 soggiorni a Montecarlo e la promessa di un’assunzione da 300.000 euro annui a Roma a incarico concluso. Ieri Signorini è rimasto muto davanti al giudice. “Preferiamo prima leggere attentamente gli atti” ha spiegato il suo avvocato, Enrico Scopesi.
Tornando all’inchiesta per finanziamento illecito, è forse pleonastico precisare che la lista dei finanziatori di Toti non si limita ai due indagati noti, e comprende persone e aziende che non hanno nulla da temere se hanno seguito le procedure corrette (delibera degli organi societari e iscrizione in bilancio come contributo politico) e non hanno subordinato l’operazione a piaceri e favori illeciti. Ci sono costruttori, imprenditori marittimi, petrolieri, leader della grande distribuzione. Gli inquirenti ci stanno lavorando da anni, dal 2020, in seguito ad alcune operazioni sospette segnalate dall’Ufficio antiriciclaggio di Banca d’Italia. Come ha scritto il Fatto Quotidiano nel marzo del 2021, la Finanza ha chiesto a Moby di Antonio Onorato, Europam della famiglia Costantino, Waste Italia di Pietro Colucci “di fornire le delibere con cui negli anni scorsi i rispettivi Cda hanno autorizzato versamenti da decine di migliaia di euro a beneficio del Comitato Change e del Comitato Giovanni Toti – Liguria, entrambi legati al presidente della Regione Liguria”.
Colucci, come emerge dall’ordinanza, è indagato per corruzione nell’inchiesta madre: tra il 2016 e il 2020 avrebbe finanziato con 195 mila euro il governatore in cambio del “rilascio di autorizzazioni in materia di gestione delle discariche” e un fascicolo per finanziamento illecito iscritto nel 2021 nei suoi confronti è ancora aperto. E nelle carte notificate nei giorni scorsi si accende un faro anche sui finanziamenti di Luigi Alberto Amico, titolare di un’azienda di riparazione e manutenzione di navi: “L’immediata manifestazione di interessamento per la sua pratica – scrive il gip – faceva seguire l’elargizione di finanziamenti in favore del Comitato Toti”. Il 7 giugno 2021 “veniva riscontrato” un versamento di 30 mila euro “in favore del Comitato Toti (“di cui 10.000 transitati la settimana successiva sul conto ‘dedicato’ del presidente Toti)”. Anche questa è tra le operazioni sospette secondo Bankitalia.
Tra i finanziatori di Toti ci sono Msc di Aponte, Europam (controllata dai Costantino), Spinelli ma anche Sanlorenzo spa, Grimaldi holding spa, Officine Meccaniche Navali e Fonderie San Giorgio del Porto spa, Agenzia marittima Le Navi spa, Fratelli Cosulich spa.
Ieri il legale di Toti, Stefano Savi, ha fatto capire che anche il suo cliente si avvarrà della facoltà di non rispondere e ha anticipato un perno della linea difensiva: “Nessun illecito, era tutto tracciato e registrato”. Bisognerà capire se era così anche per i suoi finanziatori.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile
C’E’ CHI HA IL CORAGGIO DI PARLARE DI NORMALI DONAZIONI
Quella di Giovanni Toti non può essere corruzione: i soldi al suo comitato erano “tutti dichiarati”. O forse è corruzione, ma non importa: il presidente arrestato “ha salvato la Regione in declino”. Quindi, per evitare altre fastidiose inchieste, bisogna “ripristinare il finanziamento pubblico”. Anzi no: “Aprire alle lobby private”.
Il terremoto giudiziario in Liguria ha dato il via a un carnevale mediatico di pareri, editoriali e arringhe tutti volti a dimostrare la stessa tesi: anche se i fatti, cioè i 74 mila euro ricevuti dall’imprenditore Aldo Spinelli, sono indiscutibili, le accuse rivolte a Toti non stanno in piedi, perché la corruzione non viaggia tramite bonifico. “È ben strano che, se qualcuno decide di farsi corrompere, lo faccia ricorrendo a modalità di finanziamento formalmente corrette e trasparenti”, insegna Daniele Capezzone su Libero.
Italo Bocchino, direttore del Secolo d’Italia ospite a Otto e mezzo su La7, afferma che quelli al comitato Toti erano “finanziamenti perfettamente leciti, tutti dichiarati, previsti nei bilanci e documentati nelle spese”. E qui c’è il primo equivoco, di tipo concettuale: per i pm e per il gip di Genova non si trattava di finanziamenti, ma di tangenti mascherate in cambio di provvedimenti favorevoli.
A spiegarlo nel salotto di Lilli Gruber è l’ex procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati: sul piano teorico, ricorda, “i contributi elettorali sono erogazioni liberali. Nessuno è così ingenuo da pensare di non averne un qualche vantaggio politico generale, ma diverso è il caso in cui non si tratti di liberalità, bensì del corrispettivo di una serie di iniziative specifiche. Questa è la contestazione”. Dall’ordinanza di applicazione delle misure cautelari, infatti, emerge in modo piuttosto chiaro come i bonifici di Spinelli arrivassero a mo’ di ricompensa subito dopo che quest’ultimo otteneva lo sblocco delle pratiche a cui era interessato.
Tra le decine di intercettazioni citiamo la più emblematica: “Guarda che abbiamo risolto il problema a tuo figlio sul piano casa di Celle… ora facciamo la pratica, si può costruire… quando mi inviti in barca? Così parliamo un po’ che ora ci sono le elezioni, c’abbiam bisogno di una mano…”, diceva il politico al magnate dello shipping.
Ecco allora che il romanzo dei negazionisti si arricchisce di un nuovo mantra: sì, i soldi c’erano, forse erano dati in cambio di favori, ma quei favori erano tutti leciti.
“Spetta alla Procura dimostrare che Toti ha fatto atti contrari ai suoi doveri d’ufficio”, si spinge a dire Bocchino. Una bufala clamorosa. Il reato, infatti, sussiste anche quando l’atto compiuto dal pubblico ufficiale dietro pagamento non viola alcuna norma: si chiama corruzione impropria ed è prevista dall’articolo 318 del codice penale. Il senso della norma è semplice: la funzione pubblica non dev’essere mai condizionata da interessi personali, nemmeno sotto forma di finanziamenti elettorali tracciati.
Eppure la stessa assurda linea difensiva è sposata il giorno dopo da Bruno Vespa, che a Porta a Porta lancia una grafica con tanto di domanda retorica: “Il caso Toti. Soldi tracciati, provvedimenti leciti, c’è il reato?”. Insomma, le delibere adottate in favore di Spinelli – il rinnovo della concessione del terminal portuale Rinfuse e la trasformazione della spiaggia di Celle Ligure da pubblica a privata – vengono presentati tout court al pubblico come immacolati. Ma è davvero così? Non per la gip Paola Faggioni, che nell’ordinanza cita una sentenza di Cassazione secondo cui gli atti pubblici, “pur formalmente legittimi”, sono contrari ai doveri d’ufficio (e quindi punibili a titolo di corruzione propria) quando “si conformano all’obiettivo di realizzare l’interesse del privato nel contesto di una logica globalmente orientata alla realizzazione di interessi diversi da quelli istituzionali”.
Ma tant’è, il meglio della classe dirigente ha già deciso: Toti è un perseguitato, questi giudici vogliono impedire ai politici di fare politica. “Non vorrei si mirasse a dimostrare che chiunque si può arrestare”, spara il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Tanto più se, come sostiene Maurizio Belpietro sulla Verità, con la sua amministrazione l’ex volto Mediaset ha “salvato” una “Regione in declino”: “Si può discutere” se il suo rapporto con Spinelli “sia stato opportuno”, ma “la sostanza è che la stagione di Toti ha rimesso in gioco la Liguria”, scrive.
Così, per tagliare la testa al toro, ecco pronta la soluzione: tornare al finanziamento pubblico diretto ai partiti, superato nel 2013 dal meccanismo indiretto del 2xmille. A lanciare il sasso è Pier Ferdinando Casini, reduce della Prima Repubblica rieletto in Senato col Pd: “Bisogna ripristinare il finanziamento pubblico. In questo modo non dico che avremo sconfitto il malaffare, ma almeno toglieremo l’alibi di dire che è colpa della politica o delle elezioni”, ha detto ieri in un’intervista alla Stampa.
A conferma che il tema sia improvvisamente tornato centrale, ecco cosa dice nel pomeriggio a Sky il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Tommaso Foti: “Se il finanziamento privato viene interpretato come vietato sui territori, allora meglio toglierlo definitivamente perché diventa difficile poi capire i rapporti. È una riflessione che va fatta”.
Per la verità il finanziamento privato non viene affatto “interpretato come vietato”, ma semplicemente perseguito se si prova che è stato erogato in cambio di favori. Questo concetto, però, sembra non avere cittadinanza in una certa area politico-mediatica. Tanto che Filippo Facci, sul Giornale, si lancia all’estremo opposto e propone di legalizzare, anzi incoraggiare, qualsiasi scambio tra politica e mondo degli affari in un fondo dal titolo “Bisogna aprire alle lobby private”: “In molte nazioni esistono dei gruppi di pressione che cercano legalmente di influenzare strategie e decisioni politiche”.
In realtà, però, all’estero il tema è preso sul serio: in Gran Bretagna, ad esempio, “se un candidato ha preso soldi da un’azienda, non potrà mai e poi mai intervenire sugli interessi di quell’azienda”, ricorda sul Riformista il professore di Diritto comparato Pier Luigi Petrillo. Da noi, invece, la proposta di legge sul conflitto d’interessi di Giuseppe Conte è stata affossata dal governo con un emendamento che l’ha svuotata.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile
IL PD: “VERGOGNA, SI DIMETTA”
È polemica per le frasi pronunciate dal ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, durante il Question time di ieri alla Camera.
Nell’interrogazione del senatore leghista Giorgio Maria Bergesio, il ministro di FdI ha detto: «Per fortuna quest’anno la siccità ha colpito alcune zone del Sud e la Sicilia in particolare. E per fortuna molto meno le zone dalle quali lei proviene, ma che producono un valore del vino eccezionalmente rilevante».
L’ennesima gaffe, quella di Lollobrigida, che ha scatenato le critiche dell’opposizione: «Come se non bastasse il progetto di autonomia differenziata per spaccare il Paese voluto dal governo Meloni ecco Lollobrigida affermare che la siccità quest’anno colpirà “per fortuna” di più il Sud. È un’ affermazione deplorevole e offensiva di cui un ministro della Repubblica si dovrebbe quanto meno vergognare», ha detto il segretario del Pd Sicilia, Anthony Barbagallo.
Per il dem le parole di Lollobrigida mostrano «non solo l’evidente inadeguatezza del governo a individuare soluzioni concrete ma pure la beffa della compiacenza del governo perché non piove nel Mezzogiorno». «Non servono ulteriori riprove, Lollobrigida deve fare una cosa e una soltanto: dimettersi con effetto immediato – conclude Barbagallo – E provare vergogna per quanto affermato nel silenzio – tanto imbarazzato quanto complice – di tutti i rappresentanti del suo partito e dell’intero centrodestra».
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile
CHI SONO LE CONTESTATRICI DEL MINISTRO ROCCELLA
Chi sono le contestatrici di Eugenia Roccella? Ieri, 9 maggio, la ministra della Famiglia del governo Meloni ha abbandonato gli Stati Generali della Natalità dopo che erano stati alzati cartelli all’inizio del suo intervento. Poi i cori.
I contestatori sono attivisti di collettivi studenteschi come Collettivo Transfemminista, Assemblea Aracne e Collettivo Artemis. Roccella ha parlato di «censura» ai suoi danni e ha ricevuto la solidarietà del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della premier Giorgia Meloni. Mentre alcuni studenti hanno lanciato acqua all’indirizzo delle contestatrici. Che hanno criticato il governo per le politiche «che mettono a rischio il diritto all’aborto» e che vogliono che «il fine ultimo della donna» sia «la maternità».
Collettivo Transfemminista e Assemblea Aracne
Il collettivo Artemisia aveva annunciato la protesta su Instagram: già il 25 marzo una prima riunione sull’evento. Poi l’annuncio della protesta: «Ci vediamo per discutere tutti insieme del convegno “Stati generali della maternità” annunciato dal ministro Valditara», avevano scritto le attiviste. Ieri l’organizzatore Gigi De Palo ha smentito: «È un’iniziativa della Fondazione per la Natalità. Che non ha nulla a che vedere nemmeno con i Pro vita». Il collettivo Aracne prende il nome dal mito greco della ragazza trasformata in ragno. È un’assemblea transfemminista studentesca romana. «Non siamo macchine da riproduzione ma corpi in lotta per la rivoluzione», avevano scritto sui social. Quando Roccella ha detto «grazie a tutti» all’inizio del suo intervento è partita la contestazione con i cartelli: «Sul mio corpo decido io».
La studentessa Caterina
Repubblica intervista oggi la studentessa Caterina, che fa parte di Aracne. «La censura è un’altra cosa, la nostra è protesta, dissenso. La base di qualunque società democratica», spiega. «La nostra era solo un’azione forte di disturbo contro le assurde affermazioni sull’aborto e sulle famiglie omogenitoriali», aggiunge. Spiegando poi che sul palco volevano dire «che contestiamo l’idea che questo governo ha dei figli, visti come capitale umano, sociale e lavorativo. L’idea che le donne siano macchine da riproduzione e che la nostra massima aspirazione sia quella di diventare madri. Essere spinte, in quanto giovani, ad avere figli in quanto c’è il calo demografico. Senza tra l’altro occuparsi delle condizioni economiche e sociali in cui le faremmo. È una negazione della libera scelta».
(da Open)
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Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile
CONTESTATO ANCHE IL REATO DI FINANZIAMENTO ILLECITO… LE SEGNALAZIONI DI BANKITALIA SULLE OPERAZIONI SOSPETTE… IL MODO PER COMPENSARE I FAVORI RICEVUTI
Due milioni di euro sotto la lente. Sono quelli che gli imprenditori hanno versato a Giovanni Toti a partire dal 2016. Il governatore della Liguria arrestato nell’inchiesta sulla corruzione in Liguria vede ora passare al setaccio i contributi sopra i 40 mila euro.
Al centro c’è la Fondazione Change. E il reato contestato è diverso: finanziamento illecito. Pietro Colucci, imprenditore delle discariche, ha versato 195 mila euro tra il 2016 e il 2020. In alcuni casi senza registrazione. Ma gli investigatori non trovano una contropartita. Intanto i pm indagano anche sulle cene elettorali di Toti. Per partecipare il prezzo si è abbassato: da mille a 450 euro. Ma il numero dei commensali in compenso è cresciuto. Vengono organizzate dal Comitato del presidente dopo le segnalazioni di Bankitalia sulle operazioni sospette. E secondo la procura erano anche il modo per compensare dei favori ricevuti.
L’altra inchiesta
Il fascicolo sulla corruzione, spiega oggi Repubblica, nasce da un’altra indagine per finanziamento illecito. Ma per questo gli inquirenti hanno passato al setaccio i due milioni arrivati in questi anni. Tra questi ci sono i 20 mila euro di Luigi Amico, presidente della Amico&Co, leader nella ristrutturazione dei superyacht. Anche lui è indagato per corruzione. Colucci invece ne ha versati 195 mila. Maurizio Rossi, editore di Primocanale, è indagato per finanziamento illecito. Mentre Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga, vede contestata nei suoi confronti anche la corruzione. I due trovano un accordo per finanziare Marco Bucci, sindaco di Genova non indagato, attraverso una pubblicità di Esselunga sui led di Primocanale. Tra i finanziatori ci sono anche i 100 mila euro di Vincenzo Onorato, armatore, o quelli dei petrolieri come Costantino di Europam. Ma anche Gianluigi Aponte, patron di Msc.
Le cene del presidente
Poi ci sono le cene del presidente. Secondo la procura servivano anche per compensare favori ricevuti. In quella del 10 marzo 2023 Aldo Spinelli deve ripagare Toti per un aiuto in una speculazione edilizia, quella di Punta dell’Olmo a Celle Ligure. Secondo la Gip Paola Faggioni si poteva partecipare anche per interposta persona, con quote minime e spezzettate per non rendere tracciabili i finanziamenti. Secondo la gip con l’avvicinarsi delle scadenze elettorali aumentavano i bisogni di Toti. E lui per il raggiungimento della vittoria sua o delle liste e candidati sostenuti dal suo movimento, sarebbe stato pronto a «svendere la propria funzione e la propria attività in cambio di finanziamenti, abdicando in tal modo ai propri importanti doveri istituzionali».
600 invitati
L’ultima, che risale ad aprile 2024, aveva 600 invitati. Per partecipare era prevista una sottoscrizione di 450 euro a persona e il tutto esaurito arrivò già il giorno prima dell’evento. Nel 2023 la quota pro capite per la cena era piuttosto elevata (450 euro). Nell’ordinanza del gip Faggioni è riportato che il 6 marzo del 2023 viene fatto un accredito di 900 euro «proveniente dal conto corrente intestato a Centro servizi Derna srl (Gruppo Spinelli), riferibile alla quota di partecipazione di due persone».
Mentre il 10 marzo «è stato registrato un accredito di euro 2.700 proveniente dal conto corrente intestato alla Spinelli srl, riferibile alla quota di partecipazione per n. 6 persone». Gli stessi importi, per complessivi euro 3.600,00, si legge poi, «risultano annotati anche sul Registro dei soggetti erogatori di contributi al Comitato Giovanni Toti Liguria per il mese di marzo 2023».
(da Open)
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Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile
SI RIDUCE LA FORBICE CON FDI (IN CALO) A UN MESE DALLE EUROPEE
Trend positivo per il Pd, che riduce sensibilmente il divario con i Fratelli d’Italia. Secondo la Supermedia Agi / Youtrend, ricavata con una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto, il Partito democratico si attesta al 20,6%. Si tratta del risultato più alto nell’ultimo anno, sotto la guida di Elly Schlein. Solo nelle ultime due settimane l’impennata è stata di mezzo punto percentuale. Un’ascesa alla quale fa da contraltare la flessione significativa del principale partito di centrodestra: FdI ha perso quattro decimi ed è sceso al 27,2% che costituisce il punto di consenso minimo da quando la leader Giorgia Meloni è a capo del governo. Quando manca un mese alle Europee, la forbice tra i due partiti, che guidano saldamente la classifica delle liste, è ora inferiore ai sette punti percentuali, uno in meno rispetto a quella rilevata quindici giorni fa.
Alle spalle del Pd, il M5s di Giuseppe Conte scende sotto il 16% per la prima volta nel 2024, mentre il testa a testa tra i partiti di governo vede ancora Forza Italia-Noi moderati in vantaggio sulla Lega, entrambi hanno fatto registrare un segno positivo, il divario ora è dello 0,2%.
Guadagnano qualcosa anche tutti i partiti in lotta per superare la soglia di sbarramento, con Stati Uniti d’Europa al 4,7% e AVS e Azione sul filo del fatidico 4%.
FdI 27,2% (-0,4%), PD 20,6% (+0,5%), M5S 15,9% (-0,4%), Forza Italia-NM 8,6% (+0,1%), Lega 8,4% (+0,3%), Stati Uniti d’Europa 4,7% (+0,1%), Verdi/Sinistra 4,1% (+0,1%), Azione 3,9% (+0,1%)Libertà 2,1% (=), Pace Terra Dignità 2,0% (+0,2%)
(da agenzie)
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