Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
CI RIVEDIAMO GIOVEDI’ 11 LUGLIO
Come avevamo da tempo programmato, ci prendiamo una settimana di vacanza: il blog riprenderà le pubblicazioni giovedì 11 luglio
Un grazie alle centinaia di amici, comunque la pensino, che ogni giorno visitano il nostro sito, anche dall’estero, gratificandoci del loro interesse.
Essere da 17 anni tra i primi blog di area in Italia, basando la nostra attività solo sul volontariato, con un impegno di aggiornamento costante delle notizie (20 articoli al giorno dal mattino a tarda sera, festivi compresi) è una sfida unica nel panorama nazionale che testimonia che non siete in pochi a pensarla come noi.
Orgogliosi di rappresentare una destra diversa, popolare, sociale, nazionale, antirazzista, solidale, legalitaria, attenta ai diritti civili.
Un abbraccio a tutti e a presto.
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Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO È CONVINCERE LA PARTE DEI REPUBBLICANI CHE NON HA SEGUITO CIOTTI… PER DOMENICA LA FORBICE DELLE PROIEZIONI DEI SEGGI DEL RN PARTE DA 230, UN NUMERO MOLTO AL DI SOTTO DEI 289 NECESSARI PER GOVERNARE DA SOLI
«Vogliamo la maggioranza assoluta!», aveva detto Marine Le Pen la notte delle elezioni guardando la folla accorsa a festeggiarla nel suo feudo di Hénin-Beaumont. La mattina dopo il suo Rassemblement National ha però già cambiato toni. Ha mandato avanti il vicepresidente Sébastien Chenu, uno dei dirigenti più influenti del partito, per una precisazione non da poco: ha dichiarato su France 2che se il Rn otterrà una maggioranza relativa, ma avrà sufficienti sostegni, governerà.
E questo nonostante il candidato premier Jordan Bardella nei giorni scorsi, più di una volta, avesse insistito di voler accettare l’incarico soltanto con una maggioranza assoluta che gli permettesse di realizzare «il cambiamento» nel Paese.
Numeri alla mano nell’estrema destra non ci si nasconde che domenica sera la realtà potrebbe deludere le aspettative. Per il Rn la forbice delle proiezioni dei seggi parte da 230, un numero molto sotto i 289 della maggioranza assoluta e tale da rendere possibile un’alternativa, pur complicata, nell’Assemblea.
E allora come si sta muovendo l’estrema destra per avvicinarsi a quella quota magica, quella maggioranza assoluta che secondo il premier uscente Gabriel Attal sarebbe «una catastrofe per i francesi» e che per il leader della sinistra riformista Raphaël Glucksmann è «l’unica questione che dovrebbe ossessionarci oggi»?
Un eventuale accordo con quella parte dei repubblicani che non hanno seguito il loro ex leader Eric Ciotti nell’alleanza con Rn, e che tuttavia si sentono ancora piùa disagio davanti all’ipotesi di aiutare, un candidato della sinistra radicale.
A differenza di quanto accadde nel 2022, quando si unirono alla «diga» contro i lepenisti, stavolta i repubblicani non hanno dato ufficialmente indicazioni di voto ai propri elettori, nelle sfide in cui non sono presenti
I pontieri sono al lavoro, a cominciare ovviamente da Ciotti, che già domenica sera ha invitato gli ex colleghi «a seguire il cammino » che egli ha aperto
(da La Repubblica)
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Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
IL PROCESSO PER CORRUZIONE IN CUI E’ IMPUTATO POTRA’ RIPARTIRE
La Corte Costituzionale ha deciso. E ha dato (in parte) ragione ai magistrati. La deliberazione con cui il Senato negava al tribunale di Roma l’utilizzo delle intercettazioni che riguardano l’ex sottosegretario ai Trasporti e oggi super consulente della Lega, Armando Siri, è stata annullata perché in contrasto con la Costituzione. «Non spettava al Senato negare l’autorizzazione», scrivono i giudici che, accogliendo il ricorso dei magistrati capitolini, stabiliscono però che per le intercettazioni qualificate in precedenza come indirette – e cioè quelle successive al 15 maggio 2018 – servirà una nuova valutazione da parte dell’organo politico. Tutte le altre captazioni, invece, potranno essere usate.
E’ dunque (relativamente) più vicina la data della ripartenza del processo a carico del fedelissimo di Matteo Salvini, nonché responsabile della scuola di formazione del Carroccio tuttora consulente del vicepremier a 120mila euro l’anno a Palazzo Chigi. Un processo che era stato interrotto dopo che il Senato aveva appunto votato no, in larghissima maggioranza, all’utilizzo delle registrazioni telefoniche, “proteggendo” di conseguenza l’allora parlamentare dalle “interferenze” dei pm romani. La Consulta, tuttavia, prima ha dichiarato ammissibile il ricorso sollevato dal Tribunale di piazzale Clodio contro Palazzo Madama e poi, a seguito dell’udienza in cui la difesa del Senato ha chiesto tra le altre cose l’inammissibilità della questione e l’autoremissione da parte della Corte, si è pronunciata lasciando intendere che non è vietato indagare sugli eletti.
IL PROCESSO
Corruzione per l’esercizio della funzione in concorso con altri imputanti è, più in particolare, l’accusa che viene mossa all’ideologo della flat tax nel processo che si prepara a proseguire. Sono due invece gli episodi che vengono contestati: quando nel 2018 Armando Siri era appunto sottosegretario del governo Conte I avrebbe ricevuto «indebitamente» la «promessa o dazione» di mazzette da parte del presunto corruttore Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia molto vicino alla Lega, con interessi nel settore dell’energia eolica e dei rifiuti. Ma oltre al mini-eolico c’è di più. Per quanto riguarda il secondo episodio contestato, il braccio destro di Salvini si sarebbe infatti dato da fare «per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse anche in misura minima il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse della Leonardo Spa, per future commesse».
In una delle ultime udienze, quella del 12 dicembre 2023, nel processo a carico di Paolo Arata e altri due imputati, celebrata davanti alla seconda sezione collegiale del Tribunale di Roma, la testimonianza di un colonnello della Guardia di Finanza, dal 2010 al 2020 in servizio presso la Dia di Trapani, è illuminante sui fatti del 2018
«Da un lato Arata chiede i favori al senatore Siri sulle rinnovabili, dall’altro si spende per assecondare delle legittime aspirazioni del senatore Siri di poter entrare nella compagine governativa. In particolare (…) il professore Arata attraverso l’intermediazione del dottor Letta, Gianni Letta, riesce a sponsorizzare la figura di Siri, che a dire di quanto apprendiamo dalle intercettazioni, in seguito a questa iniziativa sarebbe stato chiamato, avrebbe ricevuto una telefonata dal Presidente di Forza Italia, cioè Silvio Berlusconi, nella quale avrebbero poi parlato degli assetti governativi».
Un do ut des. Quando Siri diventa sottosegretario, Arata commenterà: «Sì, evidentemente il mio intervento su Gianni – sul dottor Letta – ha avuto buon esito». Da quel ruolo Siri sarà costretto a dimettersi proprio per l’inchiesta che lo coinvolge e il relativo rinvio a giudizio datato 2020. Un fatto che però non gli ha impedito di diventare consulente ben pagato del leader della Lega a Palazzo Chigi.
(da editorialedomani.it)
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Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
L’ORDINANZA DI ARRESTO PER IL DATORE DI LAVORO DEL BRACCIANTE: “SINGH POTEVA ESSERE SALVATO”
Satnam Singh poteva essere salvato se fosse stato soccorso immediatamente. E’ l’accusa più pesante tra quelle contenute nell’ordinanza di custodia cautelare che oggi ha portato all’arresto di Antonello Lovato, l’imprenditore della provincia di Latina che impiegava in nero il bracciante, morto dopo aver subito l’amputazione del braccio. Lovato deve rispondere di omicidio colposo e omissione di soccorso.§Oltre ai dati sanitari che parlano di come l’amputazione di un arto, se prontamente arginata, può non essere mortale, a colpire è la ricostruzione dei fatti data da Lovato. Sulla dinamica dell’incidente – lui dice che Satnam lo aiutava mentre la moglie, Soni, dice che era la vittima a manovrare l’attrezzo agricolo che l’ha ucciso – ma soprattutto sulla decisione di non chiamare i soccorsi. «Non ho chiamato l’ambulanza perché la moglie diceva di portarlo a casa. Per questo, l’ho caricato sul furgone Mercedes di famiglia e, unitamente alla moglie, preso dal panico l’ho portato a casa, dove sapevo che avevano già chiamato l’ambulanza. Dopo essere arrivati a casa, assicuratomi che avevano chiamato l’ambulanza, preso dal panico sono andato via», racconta Lovato al pm, dicendo più volte di quanto l’accaduto l’abbia sconvolto.
Lovato e la fuga da casa Singh
Tutti i testimoni sentiti dai carabinieri quel giorno, il 17 giugno scorso, raccontano però un’altra versione dei fatti. Una versione in cui Lovato porta i coniugi Singh a casa, sebbene la moglie di Satnam lo implorasse di chiamare i soccorsi. E, arrivato davanti all’abitazione dei due avrebbe abbandonato l’uomo, il braccio e parte della sua mano in due diverse cassette per la frutta. «L’uomo che guidava il furgone (Antonello Lovato, ndr), una volta trasportato il mio vicino presso la sua abitazione, iniziava a correre in direzione del furgone. Per comprendere meglio la situazione chiedevo spiegazioni a quest’ultimo ma non mi riferiva nulla. L’uomo a noi sconosciuto faceva il gesto del dito davanti la bocca, come per dirci di stare zitti», dice un testimone. A cui fa eco un altro: «Notavo che in quel momento passava a passo svelto, nel vialetto che fiancheggia la mia abitazione, un uomo con in braccio il marito [di Soni Singh ndr]. Quasi subito lo stesso uomo, dopo aver posato il corpo, iniziava a correre verso la strada dove era parcheggiato un furgone bianco, con le portiere posteriori aperte, proprio con l’intenzione di scappare».
«Indole sprezzante della vita umana»
Il giudizio del gip di Latina, Giuseppe Molfese, è molto duro. Lovato ha mostrato, scrive, «un’indole insensibile e sprezzante della vita umana». Quanto compiuto, «valutato nel complesso, lascia presumere che egli volesse occultare quanto accaduto per evitare che venissero alla luce le condizioni di irregolarità e sfruttamento nelle quali versava il lavoratore, nonché la gravissima situazione di irregolarità dell’azienda sotto il profilo della sicurezza e della salute sul lavoro». Se non fosse in carcere, Lovato potrebbe pressare i testimoni per far loro cambiare versione. «Prescindendo da valutazioni etiche, che pure si imporrebbero a fronte di una condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà, l’indagato si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire».
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
DOPO AVER INCENSATO LA DUCETTA, TRASFORMATA IN UNA SORTA DI MADONNINA (“OCCHI BELLISSIMI, ELEGANTE COLORE DI CAPELLI, LABBRA ROSEE”), ORA BORRELLI PRESENTERÀ, NEL SABATO POMERIGGIO DI RAI2, “LA MIA METÀ”, PROGRAMMA GESTITO DALLA DIREZIONE APPROFONDIMENTI, GUIDATA DA PAOLO CORSINI (FDI)
“Il primo piano in tv del nostro premier Giorgia Meloni è number one! Ieri inquadrata dalle telecamere di Cinque Minuti il suo volto faceva a gara con quello di giovani attrici. Incarnato chiaro, occhi bellissimi, elegante colore di capelli, labbra rosee. Dirlo non è piaggeria!”, aveva scritto Concita Borelli su X lo scorso 7 giugno.
La leader di Fratelli d’Italia era stata ospite nel programma di Bruno Vespa, di cui Borrelli è autrice, impegnata con un doppio ruolo anche in video a “Porta a Porta“.
Parole che avevano suscitato ironie. FqMagazine può anticipare che l’autrice e opinionista figura nei palinsesti della prossima stagione, svelati alla stampa il 19 luglio alla sede Rai di Napoli.
Borrelli, salvo colpi di scena, condurrà nel weekend di Rai2, molto probabilmente al sabato pomeriggio, “La mia metà“. Un progetto gestito dalla Direzione Approfondimenti (quella che gestisce tutti i talk del servizio pubblico, per intenderci) guidata da Paolo Corsini, nominato in quota Fratelli d’Italia.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
SE SE NE VANNO, I CONSERVATORI DIVENTANO IRRILEVANTI
È a Varsavia, non a Bruxelles, né a Parigi, che Giorgia Meloni si gioca il proprio destino europeo. Nelle ultime ore si sono intensificati i contatti per convincere i polacchi del PiS, Diritto e Giustizia, a non abbandonare i Conservatori (Ecr), il gruppo guidato dalla premier italiana.
La nascita di un’altra sigla dell’ultradestra, sotto la regia di Viktor Orban, e con la partecipazione di Matteo Salvini e, forse, di Marine Le Pen, sta condizionando stato d’animo e scelte di Meloni. Il campo dei nazionalisti e sovranisti si sta frammentando e ampliando, ponendo un serio interrogativo sulla leadership della presidente di Fratelli d’Italia nell’emisfero destro della Ue che fino a pochi giorni fa sembrava fuori discussione.
Il patto dei Patrioti, siglato a Vienna, sta raccogliendo adesioni e consensi. I polacchi sono tentati di farne parte. Uno strappo che indebolirebbe Meloni, facendo precipitare Ecr in una nicchia più isolata dell’Europarlamento.
È vero: è la truppa dei deputati di FdI a contare nelle trattative segrete con Ursula von der Leyen. Ma è allo stesso modo vero che senza i polacchi del PiS, la presidente del Consiglio non potrebbe più rivendicare la forza potenziale del terzo gruppo più numeroso nell’emiciclo europeo.
Per questo, confermano fonti di FdI, Meloni si è sentita più volte con Mateusz Morawiecki, l’ex premier polacco e leader del PiS per persuaderlo a rimanere. È stato lui a spiegarle che il partito è spaccato tra chi vuole restare e chi, l’ala più intransigente, vuole mollare Meloni a Ursula.
L’argomento su cui fa leva la premier per controbattere ha un peso indiscutibile in Polonia: le simpatie filorusse di Orban e dei suoi nuovi compagni di avventura.
La questione ucraina e i rapporti con Mosca rappresentano una linea invalicabile. «Come faranno a stare insieme?» chiede Meloni. Stessa domanda che si pongono i suoi uomini sulle scelte future di Le Pen.
Se davvero ha iniziato un’operazione di legittimazione internazionale, per rendersi più presentabile , far dimenticare le foghe anti-atlantiste e i finanziamenti russi, provare a costruire un’asse con Meloni, allora – è il ragionamento che si fa a Palazzo Chigi e ai vertici di FdI – la leader del Rassemblement national non può ritrovarsi nell’affollata casa dei Patrioti, sempre più indifferenti alla difesa dell’Ucraina.
Di certo c’è che Meloni sente crescere la competizione a destra, con Salvini che tesse una tela che va da Le Pen, ad Orban, a Donald Trump. Ieri il premier ungherese ha confermato che «presto ai Patrioti si unirà un partito italiano» e «diventeremo il terzo gruppo più ampio dell’Europarlamento».
Quel partito, come è stato confermato ieri a la Stampa, è la Lega. Di fronte a questi movimenti, Meloni ha ritenuto necessario non restare più ferma. Che sia molto preoccupata lo prova il fatto che abbia rotto la consueta neutralità nel commentare i risultati elettorali di altri Paesi. Si è tolta le vesti di capo del governo e, senza troppo indugiare sul bon ton istituzionale con la presidenza francese, si è congratulata con Le Pen. Lo ha fatto con toni della tifosa, in un messaggio alle agenzie: «Siamo di fronte a uno scenario molto polarizzato (in Francia, ndr) e ovviamente preferisco la destra».
Meloni ha prima esitato, poi – consigliata dal sottosegretario Giovambattista Fazzolari – ha deciso di uscire pubblicamente. In previsione c’era pure una telefonata con Le Pen, un modo anche per contenere Salvini e non lasciargli l’esclusività dell’amicizia e dell’alleanza con la francese.
Stesso discorso che vale per Trump. Questa prima esplicita presa di posizione è rivolta a Parigi – spiegano da FdI – per parlare a Washington. Meloni ha saputo dei tentativi di Salvini di organizzare un incontro in Usa con Trump e ha necessità di riposizionarsi, se e quando Joe Biden dovesse uscire di scena. Per ora si tratta solo di segnali, diretti al vecchio amico Donald. Nella speranza di recuperare il tempo perduto
(da La Stampa)
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Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
DOPO LA DEBACLE AL CONSIGLIO EUROPEO, UNA VOLTA SENZA I POLACCHI DEL PIS, LA DUCETTA SI RITROVEREBBE CON IL QUARTO O QUINTO GRUPPO EUROPEO, CON POCHISSIMO MARGINE PER ESSERE INCISIVA NELLA COMMISSIONE EUROPEA
I politologi francesi, sia di destra che di sinistra, sono convinti che, all’80%, il Rassemblement National non avrà la maggioranza assoluta in Parlamento. Se la spallata di Marine Le Pen e del suo galletto coccodè, Jordan Bardella, non andasse a buon fine, per il presidente Macron sarebbe una vittoria a metà.
Da quel momento in poi, inizierebbe una fase di faticoso dialogo politico con gli altri interlocutori, l’estremista della guache Jean-Luc Melenchon, e il socialista Raphael Glucksmann.
A Bruxelles, ovviamente, tutti tifano per il “Nuovo fronte popolare”, e anche Giorgia Meloni, sotto sotto, sta gufando affinché la sua arci-rivale Marine le Pen non colga questo preziosissimo successo personale. Risultasse vincitrice, la Duciona di Francia avrebbe molte ragioni per fondere il gruppo Identità e Democrazia con quello dei Patrioti di Orban.
Impegnata, come sarà, di qui al 2027 per le presidenziali in Francia, la Le Pen (che in patria sta cercando il riposizionamento verso il centro) potrà delegare le rogne europee al nuovo gruppone di destra, guidato dal “Viktator” ungherese per concentrarsi sulla corsa all’Eliseo. Si formasse il nuovo Rassemblement degli euro-puzzoni de’ destra, che fine farebbe Ecr di Giorgia Meloni?
L’effetto magnetico di un forte raggruppamento sovranista e identitario potrebbe destabilizzare ulteriormente i Conservatori e attrarre altre formazioni a sé.
I polacchi del Pis, per esempio, già da qualche settimana hanno mostrato insofferenza per le aperture di Giorgia Meloni al dialogo con Ursula von der Leyen: essendo il loro arci-nemico Tusk uno dei padroncini del Ppe, non accettano alcuna interlocuzione con la maggioranza, anche se cinque anni fa, quando erano al Governo, furono determinanti per eleggere la presidente.
Ma aleggia, a dividere il Pis dalla trimurti Le Pen-Orban-Salvini, lo spettro di Putin. I tre moschettieri di Mosca non hanno mai nascosto le loro simpatie per il Cremlino, mentre Morawiecki e Kaczynski marcerebbero volentieri sulla piazza rossa con un Abrams americano.
Di contro, il ceco Petr Fiala, spinge per portare Ecr verso il Ppe: a differenza della Ducetta, che si è astenuta, ha votato a favore della nomina di Ursula.
In sintesi, mentre la Le Pen diventerebbe la Regina di tutte le destre antisistema, Giorgia Meloni rischia, dopo essere stata isolata al Consiglio europeo, di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano anche al Parlamento: da queen-maker si ritroverebbe con il quarto o quinto gruppo in aula, con ben poco margine per essere incisiva.
(da Dagoreport)
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Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
IL SINDACO ACCETTA LE SCUSE E RINUNCIA ALLE VIE LEGALI: “ORGOGLIOSO DELLE NOSTRE DONNE”
Accetta le scuse di Vittorio Feltri il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita. Aveva promesso di portare in tribunale l’editorialista del Giornale che commentando le foto di Ilaria Salis, nel suo primo giorno a Bruxelles dopo l’elezione al Parlamento europeo, aveva detto: “È vestita come una cameriera di Catanzaro, proprio la cosa più bassa che si possa immaginare”. Parole, o meglio offese, che hanno fatto infuriare il sindaco e tutta la città.
“Avere ricevuto le scuse da Vittorio Feltri in diretta dai microfoni de La Zanzara (Radio 24) di Cruciani e Parenzo, considerata la spigolosità del personaggio, non cancella l’amarezza e l’indignazione ma quanto meno le attenua – commenta Fiorita – Feltri non chiede mai scusa, ne sa qualcosa Raggi, e se ha ritenuto di farlo, sia pure a denti stretti, vuole dire che ha capito di averla fatta grossa. Mi basta. Ma non dobbiamo commettere l’errore di abbassare la guardia nella difesa della nostra terra e dei nostri figli”.
Per quelle “frasi razziste” il sindaco aveva preteso da Feltri le scuse da rivolgere “a Catanzaro e alle donne che sgobbano nei bar e nei ristoranti con grande dignità”. E quelle scuse ora sono arrivate dopo aver fatto indignare la città. Tanto che il direttore del Quotidiano del Sud, Massimo Razzi, con un editoriale provocatorio è intervenuto mandando a quel paese Feltri, come “lo direbbe una signora di Catanzaro ascoltando la tua incredibile filippica”. Se il direttore ha scelto di usare queste parole (“che non ho mai utilizzato prima sul giornale e spero di non usare mai più”), è perché “se a questa gente tu parli educatamente e sociologicamente di ‘body shaming’ e di ‘razzismo nord-sud’, ti dicono che sei il solito esponente del ‘politically correct’ e ti danno, tanto per gradire del ‘pidiota, buonista’”. E invece “non si può soprassedere”. Anche perché, ha continuato Razzi rivolgendosi a Feltri, “con la Calabria, sei recidivo. Perché, negli anni ‘80, in un reportage da San Luca, definisti ‘vecchie, goffe e nere come insetti’ le donne sanlucote”.
E difende le donne calabresi anche il sindaco Fiorita: “Orgoglioso delle nostre splendide donne che con dignità, eleganza e professionalità ogni giorno svolgono un lavoro molto importante per l’accoglienza e per le famiglie. Anche per loro ho l’obbligo di andare avanti nella mia battaglia, assieme a tanti sindaci calabresi, perché ci sia una sola Italia, solidale, dove tutti i cittadini debbono avere le stesse opportunità”, conclude il primo cittadino, giurista prestato alla politica, eletto due anni fa alla guida della città come indipendente nell’area di centrosinistra.
(da agenzie)
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Luglio 2nd, 2024 Riccardo Fucile
MARIO MONTI: “SULLE NOMINE UE MELONI AVREBBE DOVUTO ACCETTARE DI SEDERSI AL TAVOLO QUALE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ITALIANO, COME ERA STATA INVITATA A FARE… LE CONSIGLIO DI APPLICARE A SÉ STESSA UN PRINCIPIO CHE LEI STESSA SPESSO RICHIAMA: FARE L’INTERESSE NAZIONALE, CHE È DIVERSO DA QUELLO DI PRESIDENTE DI ECR
Senatore Monti, il primo turno delle elezioni francesi ha sancito la vittoria della destra di Marine Le Pen
«Il sistema costituzionale dei Paesi nei quali il capo dell’esecutivo è eletto direttamente dal popolo sta mostrando la corda». è clamoroso quel che sta avvenendo negli Stati Uniti e in Francia, dove tutto dipende da una persona. Vale per Macron che può sciogliere l’Assemblea nazionale senza consultare nessuno, o per Joe Biden che si ricandida a dispetto delle condizioni di salute. È la stessa illusione che spinge un Paese come l’Italia a credere di risolvere il problema eleggendo direttamente il presidente del Consiglio».
In cosa consiste l’illusione?
«Alle liberaldemocrazie oggi non basta l’uomo solo al comando per avere un buon governo stabile. Per fare le necessarie riforme strutturali e per tenere in ordine la finanza pubblica di cui c’è bisogno di un consenso più largo di quello garantito dalla parte politica di chi governa. Negli Stati Uniti di Biden o di Trump, nella Francia di Macron e domani nell’Italia del premierato – che spero non passerà – il capo del potere esecutivo ha grande presa sulla propria metà dell’elettorato e l’ostilità pressoché certa dell’altra metà».
Le riforme non sono impopolari a prescindere?
«Gli Stati Uniti ogni anno faticano a chiudere il bilancio ed evitare il fallimento federale. Macron ha dovuto penare per anni, fare i conti con scontri di piazza per ottenere una riforma delle pensioni che – al confronto con la legge Fornero – è molto limitata. Ci sono invece Paesi nei quali – oltre all’Italia penso alla Germania di Angela Merkel – i cambiamenti sono stati ottenuti con un sostegno più largo. Oggi per governare con successo nelle nostre democrazie è necessario un consenso politico ampio».
Dunque sta rivalutando il modello parlamentare. È così?
«I sistemi parlamentari, soprattutto se hanno un presidente della Repubblica non eletto direttamente in funzione di arbitro, consentono più flessibilità di quelli in cui il capo del governo è eletto direttamente. Ciò non toglie che i poteri del premier possano essere più incisivi di quelli attuali. In Germania ad esempio non c’è l’elezione diretta del capo del governo, ma quest’ultimo ha in mano il potere della sfiducia costruttiva. Rafforzamenti di questo tipo andrebbero bene anche in Italia».
«Direi alla presidente Meloni di applicare a sé stessa un principio che lei stessa spesso richiama: fare l’interesse nazionale italiano, che è diverso da quello di presidente di un gruppo politico europeo (Ecr, ndr). Naturalmente a livello di Unione, lavorare per l’interesse comune europeo significa di solito realizzare anche buonaparte dell’interesse nazionale. Se Meloni voterà a favore della Commissione Von der Leyen il ruolo dell’Italia a mio avviso potrà essere più incisivo, l’alternativa non è auspicabile».
Può spiegare concretamente che intende?
«Da circa un anno il ministro degli Esteri tedesco,con l’appoggio del cancelliere Scholz, ha creato un gruppo di pressione per superare il principio dell’unanimità nelle decisioni sulla politica estera europea, oggi spesso paralizzata dai veti. Il ministro Tajani si è detto favorevole. Nell’aula del Senato ho chiesto esplicitamente alla presidente Meloni quale fosse la sua posizione. La sua risposta è stata: “Non sono favorevole al superamento del veto”.
Questo è un caso specifico di conflitto di interesse tra l’interesse nazionale e l’interesse di parte. Stessa cosa è avvenuta con le nomine europee. I leader dei grandi partiti europei e Ursula von der Leyen non hanno gestito la faccenda al meglio, ma Meloni a mio parere avrebbe dovuto accettare di sedersi al tavolo quale presidente del Consiglio italiano,come era stata invitata a fare».
Ancora non è chiaro se l’Italia voterà comunque a favore della nuova Commissione Von der Leyen. Lei crede una maggioranza a suo favore ci sarà?
«Credo supererà la prova, e che sia nell’interesse dell’Europa che ciò avvenga. Von der Leyen è stata una buona presidente. Mi auguro abbia il voto anche dei Verdi e di una parte di Ecr]: per gestire l’Europa e i suoi problemi occorre una coalizione larga».
Il sì della Meloni certamente garantirebbe all’Italia più peso nella scelta del nuovo commissario
«Compito di un commissario non è seguire le direttive che gli vengano dal governo, e anche se pensasse di piegarsi all’interesse nazionale avrebbe qualche problema. Registro che su quei temi il governo Meloni al suo interno ha posizioni diverse: Forza Italia è parte del mainstream europeo, la Lega parte da presupposti quasi opposti ».
Quali pensa dovrebbero essere le priorità della nuova Commissione?
«Fra le priorità non metterei un nuovo Recovery plan. […] facciamo lo sforzo di aumentare significativamente il bilancio comune, che vale tuttora l’uno virgola del Pil europeo.
È quello il contenitore da riempire con gli investimenti e le spese comuni che di volta in volta si imporranno, oggi direi in primo luogo la Difesa. Un’altra priorità è aumentare la competitività europea
(da agenzie)
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