Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
LO PREVEDE UN’ORDINANZA DELL’ENAC CHE “HA EFFETTO IMMEDIATO”…IL MINISTERO DEI TRASPORTI FA SAPERE CHE LA SOCIETÀ SEA S.P.A.. PARTECIPATA DAL COMUNE DI MILANO, “PROVVEDERÀ AGLI ADEMPIMENTI CONNESSI ALLA NUOVA DENOMINAZIONE” DELLO SCALO
Ora è ufficiale: “L’aeroporto di Milano Malpensa è ufficialmente intitolato a Silvio Berlusconi”. È quanto si legge in una nota ufficiale del ministero dei Trasporti, in cui si legge che l’intitolazione è stata stabilita da un’ordinanza di Enac e che questo atto ha effetto immediato”. La denominazione completa dello scalo lombardo, quindi, diventa Aeroporto internazionale Milano Malpensa – Silvio Berlusconi.
“La società di gestione Sea provvederà agli adempimenti di competenza connessi alla nuova denominazione” si legge ancora nella nota, in cui si dà anche notizia della “grande soddisfazione” del vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini.
A poco tempo dalla notizia dell’ufficialità dell’intitolazione di Malpensa all’ex premier, è arrivato l’annuncio del Partito democratico, che ha presentato una interrogazione al ministro Salvini. Obiettivo? “Chiarire quale procedura sia stata seguita per l’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi – è scritto nel documento – e quali siano le motivazioni per cui non sia stata rispettata la procedura prevista dalla legge 1188/1927, che richiede un periodo di 10 anni dalla morte della persona prima di intitolare un luogo pubblico”.
L’iniziativa del Pd è solo l’ultimo atto di una polemica nata subito dopo la notizia dell’intitolazione al fondatore di Forza Italia.
Inutili le proteste di cittadini, opposizioni e sindacati che avevano chiesto di dedicare lo scalo a personalità non divisive e alimentato raccolte firme e petizioni. Enac e il governo Meloni vanno avanti. Il Pd: “Oltraggioso intitolarlo al fautore del suicidio della compagnia di bandiera”. Durissimi i 5 Stelle: “Genera profondo disgusto”
La scelta ha scatenato diverse polemiche e fatto nascere moltissime petizioni online che proponevano nomi alternativi a quelli del compianto Cavaliere. Migliaia di cittadini si sono mobilitati attraverso decine di raccolte firme online lanciate su Change.org, per opporsi e proporre nomi alternativi. Tra questi quello di Luca Attanasio, ambasciatore italiano ucciso in Congo nel febbraio 2021. Ma anche Rosa Genoni: “stilista italiana, femminista, pacifista, giornalista e fondatrice del Made in Italy della moda nasce il 16 giugno 1867 in Valtellina, a Tirano, in una famiglia di umili origini, ma di grande e fiera dignità sociale, lavora fin da bambina in sartoria a Milano e poi presto anche all’estero”. Dal Trentino ha fatto molto rumore la proposta del nome di Margherita Hack.
Critiche anche dal Partito Democratico: “Mentre Alitalia sta per licenziare 2.250 dipendenti, senza che nessuno si stia minimamente scandalizzando, Enac e il ministro Salvini, di punto in bianco, ci comunicano di aver intitolato l’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi, il fautore del suicidio della compagnia di bandiera. La mente pensante del folle piano dei Capitani coraggiosi che ha mandato in fumo decenni di storia della nostra aviazione. Una proposta oltraggiosa, che non tiene conto delle migliaia di persone, dell’indotto e dipendenti Alitalia, che hanno perso il loro lavoro”, ha commentato la consigliera regionale del Pd Lazio, Michela Califano.
Il M5s attacca il governo Meloni: “Restaura perentoriamente la repubblica delle banane. Una repubblica dove se tu frodi il fisco e vieni condannato in via definitiva, una volta passato a miglior vita ti intitolano persino un aeroporto internazionale. Si tratta di una decisione non solo divisiva, che genera profondo disgusto tanto a noi quanto a milioni di italiani. Si tratta però anche di una figuraccia su scala mondiale e di un pessimo biglietto da visita per chiunque atterrerà nello scalo lombardo. Se ti fai beffe della legge, insomma, il Centrodestra italiano ti erige a eroe. Ora ci aspettiamo di vedere piazzali intitolati a mafiosi, controviali dedicati ai corrotti e magari qualche statua innalzata per i grandi evasori. Siamo davvero alla frutta”.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
“NON CONTA UN CAZZO, UN PISTOLA QUALSIASI, GIORNALISTA DEL CAZZO, NESSUNO SI RICORDA DI UN SUO EDITORIALE”… “MI ACCUSA DI NON ANDARE MAI IN REGIONE ED E’ VERO, NON CI VADO PERCHE’ SONO UNA BANDA DI CAZZONI”
Vittorio Feltri dopo i recenti scazzi via X (ex Twitter) con il senatore Maurizio Gasparri, parla ai microfoni de La Zanzara su Radio24: “Non me ne importa niente degli attacchi di Gasparri, non è certo il padre eterno, è un pistola qualsiasi. Mi ha offeso sul piano personale perché ho 81 anni e secondo lui sono un rincoglionito che deve stare a casa a fare non so cosa forse ad accarezzare il gatto.”
“Questi insulti rivelano una sorta di razzismo per me intollerabile nei confronti delle persone anziane. Non è uno scontro politico se mi dai del rincoglionito ma è l’argomento di un idiota. Gasparri risponda sul piano politico se vuole invece sia lui che quell’altro trombone di Tajani mi hanno insultato perché sono vecchio, allora rispondo sullo stesso piano e dico che sono dei coglioni.”
“Stai parlando di una figura importante, Gasparri è il capo gruppo al Senato di Forza Italia” – replica Cruciani – e Feltri: “Per me rimane uno che non è un cazzo, per cosa lo conosciamo Gasparri? Quando c’era Berlusconi gli ha leccato il culo e gli ha fatto una legge su misura ecco perché conosciamo il nostro caro Gasparri.
Lo conosco da cento anni e non è mai stato potente per un cazzo, non è riuscito a fare neanche il capo redattore al secolo d’Italia. Giornalista si, del cazzo! Nessuno si ricorda una virgola o un suo editoriale. “Mi accusa di non andare mai in regione ed è vero, non vado perché sono una banda di cazzoni”.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
SI PARLA DI UNA CENA TRA MELONI E ROSSI “NELLA QUALE LA PREMIER HA CRITICATO L’OPERATO DEL DIRIGENTE DA SEMPRE PIÙ VICINO A FDI: “MA CHE STATE A FA’?”- LA COLPA CAPITALE ATTRIBUITA ALL’ATTUALE DG, DETTO “IL PROFETA”, È QUELLA DI AVER ASSEGNATO LE CASELLE STRATEGICHE IN BASE ALL’AFFILIAZIONE PARTITICA
A Discovery dicono che non c’è niente di concreto, «notizia falsa e priva di fondamento», ma c’è chi è pronto a scommettere che sia solo questione di tempo. Dagospia spara la notizia che Fiorello a settembre sarà sulla Nove, convinto dall’amico Amadeus. Di sicuro non sarà tra i protagonisti della prossima stagione della Rai, dove, tra diktat meloniani e poche idee confuse, l’offerta non regalerà brividi.
In autunno, però, non sarà neanche tra i volti di Discovery Warner Bros, dove fanno notare che è impossibile il suo arrivo in tempi così brevi «perché l’ingaggio di uno showman come Fiorello prevede un progetto articolato, che al momento non c’è. E non è prevista nessuna firma di un contratto alla fine di luglio».
Ma a mettere le cose in fila, questo non vuol dire che l’artista più talentuoso in circolazione — si sarebbe preso un anno di pausa dopo il successo di Viva Rai2! — nel 2025 non possa approdare alla rete che ha aperto le porte a Maurizio Crozza con la sua satira geniale, a Fabio Fazio e a Amadeus.
A Dogliani l’amministratore di Discovery Alessandro Araimo aveva fatto capire bene che un possibile arrivo di Fiorello comporterebbe un investimento notevole, impensabile per un appuntamento mattutino, non strategico per il gruppo. Ma Araimo sa benissimo che avere Fiorello vuol dire illuminare ancora di più l’offerta complessiva, attrarre altro pubblico.
Per la Rai un colpo ferale. Amadeus lo vorrebbe ancora al suo fianco, chissà che non abbia già pensato a qualcosa: una celebrazione del karaoke, serate evento per bissare il successo dell’accoppiata vincente del festival di Sanremo.
Fiorello è l’oggetto del desiderio e la foglia di fico per una Rai sempre più impoverita. Giorni fa sono circolate voci su un possibile ritorno su Rai 2 (in seconda serata, con un appuntamento in stile arboriano), ma restano desideri o indiscrezioni fatte circolare apposta l’ affaire Fiorello si inserisce in questi mesi avvelenati, con il futuro ad Rai Giampaolo Rossi che perde colpi. Una Rai che arranca, senza una visione d’insieme, indebolita anche dai rapporti pessimi tra i vertici che non vogliono perdere posizioni: Roberto Sergio si sta giocando la sua partita.
La prossima stagione sarà decisiva su tutti i fronti: La7 rafforza la fascia preserale con l’arrivo di Flavio Insinna (altro storico volto Rai che ha scelto altri lidi), Amadeus è schierato nello stesso orario strategico sulla Nove con una nuova edizione dei Soliti ignoti (e prepara i suoi show). Discovery sogna in grande. Se arriverà anche Fiorello la partita per il servizio pubblico si complica e quel “pari perimetro” invocato ogni volta nella sfida degli ascolti con Mediaset, si allargherà.
È l’indiscrezione che a Palazzo Chigi non avrebbero mai voluto leggere: se dopo Fazio, Amadeus, Berlinguer e Annunziata pure Fiorello trasmigrerà altrove, la disfatta del servizio pubblico sarà competa.
Si racconta difatti che Giorgia Meloni sia molto infastidita, non più così convinta di affidare il timone al predestinato Giampaolo Rossi riassumibile nel brutale «ma che state a fa’?» rivolto a cena, una decina di giorni fa, dalla premier al direttore generale.
Certo, pure Salvini ci sta mettendo del suo: la guerriglia contro il patto siglato da FdI e FI per spartirsi le poltrone più pregiate — amministratore delegato e presidente, a cui punta anche la Lega — di sicuro non aiuta.
Ma chi è vicino al dossier assicura che il vero motivo dello stallo sia in realtà ascrivibile al vento gelido che spira dal cuore dell’esecutivo sui fedelissimi piazzati in vetta per smontare l’egemonia della sinistra e invece rimasti impantanati in una sequela imbarazzante di flop e figuracce.
In cui, per sovrappiù, è stata spesso coinvolta la presidente del Consiglio in persona, costretta a metterci la faccia per rimediare agli errori dei suoi. Per giunta titolari di un altro primato al contrario: farsi superare negli ascolti da Mediaset, la principale concorrente, come mai era accaduto nella storia catodica del Paese.
È questa la colpa capitale attribuita Rossi, detto “il profeta”: aver assegnato le caselle strategiche dell’azienda a una pletora di “fratelli”, selezionati in base all’affiliazione partitica e a sodalizi personali, anziché alle effettive capacità manageriali.
«È un allenatore di serie B che si è ritrovato a giocare in Champions League», dicono ora di lui nei corridoi di Viale Mazzini, subodorandone il declino. Convinto di guidare una squadra di fuoriclasse che si è invece rivelata una squadraccia.
Capitano, il direttore degli Approfondimenti Paolo Corsini, salito sul palco di Atreju per rivendicare la sua appartenenza, ideatore del talk del martedì sera affidato a Nunzia De Girolamo e chiuso per mancanza di share, censore del monologo antifascista di Antonio Scurati, che ci ha procurato una magra internazionale. E tuttavia inamovibile. A Rossi a un certo punto era pure venuta la tentazione di spostarlo, ma Corsini è andato da Arianna Meloni, la sorella, e si è fatto blindare.
Sulla fascia, ecco invece il direttore del Day Time Angelo Mellone, portato in Rai da Gianfranco Fini, che si dice in azienda non ci sia mai, è sempre in giro con i suoi spettacoli di prosa e di poesia, promotore di programmi che sono gigantesche sagre di paese: «Vogliamo raccontare l’Italia provinciale, dei dialetti e delle tradizioni», il motto che ne tradisce la matrice.
Centravanti, l’ineffabile direttore di Rainews Paolo Petrecca, quello della mancata copertura delle elezioni francesi per trasmettere il Festival delle Città identitarie, ieri “sfiduciato” dalla maggioranza dei suoi redattori. Senza dimenticare il miracolo dei fischi trasformati in applausi per il ministro Sangiuliano. E altre varie amenità.
(da La Repubblica)
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Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
NEL CORSO DELLA PRIMA UDIENZA PRELIMINARE, FIAMMETTA, LUCIA E MANFREDI BORSELLINO, OLTRE A CHIEDERE LA COSTITUZIONE DI PARTE CIVILE, HANNO PUNTATO IL DITO CONTRO LO STATO PER IL FALLIMENTO DELLE INDAGINI SULLA STRAGE DI VIA D’AMELIO… IL LEGALE DEI FIGLI DEL MAGISTRATO AMMAZZATO: “SEMBRA ESSERCI IL COINVOLGIMENTO DI VARI LIVELLI ISTITUZIONALI”
Fiammetta, Lucia e Manfredi Borsellino, figli del giudice Paolo Borsellino, nel corso della prima udienza preliminare, che si è tenuta questa mattina a Caltanissetta a carico di 4 agenti accusati del depistaggio delle indagini, oltre a chiedere la costituzione di parte civile, hanno sollecitato la citazione come responsabile civile della Presidenza del Consiglio dei ministri e del ministro dell’Interno. Stessa richiesta avanzata, attraverso il legale, dal fratello del magistrato, Salvatore, fondatore del movimento delle Agende rosse.
«Noi siamo sempre presenti in ogni sede dove si possa ristabilire la verità – dichiarano gli avvocati Fabio Trizzino e Vincenzo Greco, legali dei figli di Paolo Borsellino – sempre fedeli all’eredità morale del giudice Paolo Borsellino. Abbiamo massima fiducia nei confronti delle istituzioni e della magistratura in particolare. Questo processo è un’appendice del processo principale che si è concluso che fa parte di una cornice all’interno della quale sembra esserci il coinvolgimento di vari livelli istituzionali».
Gli agenti indagati sulla strage di via D’Amelio sono Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli, gli stessi che fecero parte del pool investigativo «Falcone Borsellino».
Troppi i loro «non ricordo», pronunciati l’uno dopo l’altro, durante il processo di primo grado nei confronti di altri tre agenti accusati di aver depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio.
Sono assistiti dagli avvocati Giuseppe Panepinto e Giuseppe Seminara (oggi sostituito dall’avvocato Riccardo Lo Bue). In aula erano presenti, Vincenzo Maniscaldi e Giuseppe Di Gangi. A sostenere l’accusa il Pm Maurizio Bonaccorso.
«Anche quest’anno, come e ancor più degli altri anni, le manifestazioni per l’anniversario della strage di via D’Amelio non saranno, come purtroppo ormai succede per il 23 maggio, una parata e un’occasione di passerelle per personaggi istituzionali anche reduci da condanne penali per contiguità alla mafia, per amministratori eletti grazie all’appoggio della mafia e mai rifiutato e per chi vuole fare passare queste stragi soltanto come stragi di mafia. Ma denunceremo i depistaggi e le falsificazioni che ancora, a più di 30 anni di distanza, allontanano la verità e la giustizia per quella che è stata invece una strage di Stato».
Lo ha detto Salvatore Borsellino, in conferenza stampa da remoto, presentando il programma delle iniziative a cura della «Casa di Paolo» che a partire dal 16 e fino al 19 luglio, tra la sede di via Della Vetriera e via D’Amelio, si terranno per ricordare il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
INSIEME A LORO I CECHI DI LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA DIRETTA, I POLACCHI DI KONFEDERACJA, GLI SPAGNOLI DI SE ACABÓ LA FIESTA E SOS ROMANIA… UNA FORMAZIONE DI “IMPRESENTABILI” CHE FARÀ CONCORRENZA AI NUOVI “PATRIOTI PER L’EUROPA” DI ORBAN, LE PEN E SALVINI E AI CONSERVATORI DELLA MELONI
Ancora più a destra dell’estrema destra, gli «impresentabili»: è atteso per oggi l’annuncio della formazione del gruppo «L’Europa delle nazioni sovrane», che dovrebbe dare una casa agli eurodeputati tedeschi di Alternativa per la Germania (AfD), espulsi da Identità e democrazia prima delle Europee e a cui ha chiuso di nuovo la porta la formazione dei Patrioti.
Il presidente del movimento ceco per la Libertà e la Democrazia Diretta (Spd), Tomio Okamura, ha detto ieri in conferenza stampa a Praga — riferisce il sito della radio pubblica ceca iRozhlas —, che il suo partito rappresentato da Ivan David e l’AfD formeranno un gruppo che si batterà «contro il Green deal, l’immigrazione, ma anche contro l’islamizzazione dell’Europa. Vogliamo anche che i poteri di Bruxelles ritornino il più possibile a livello nazionale».
Il partito di Okamura faceva parte dell’Id ma ha deciso di non passare con i Patrioti «infastidito dalla presenza di partiti che hanno votato per il Green Deal e che fino a poco tempo fa erano a favore dell’immigrazione».
Nella nuova formazione entreranno i polacchi di Konfederacja , gli spagnoli di Se Acabó la Fiesta (La festa è finita), i bulgari di Rinascita e Sos Romania. Per formare un gruppo servono 7 Paesi. Resta da chiarire se entrerà l’eurodeputata francese Sarah Knafo, compagna di Éric Zemmour.
I Patrioti per l’Europa hanno nominato presidente Jordan Bardella, candidato premier del Rassemblement national alle ultime elezioni in Francia e noto al Parlamento Ue per il suo assenteismo. Non c’era nemmeno lunedì (impegnato a Parigi), nel giorno della presentazione.
La demonizzazione dell’immigrazione, così come il presunto pacifismo (da leggere come filoputinismo), sono il collante del nuovo gruppo. Il suo primo vice è l’ungherese Kinga Gál di Fidesz, eurodeputata di lunga data, ha fatto il suo primo ingresso a Strasburgo nel 2004.
Poi ci sono altri sei vice. Roberto Vannacci per la Lega. Le sue posizioni contro i gay, gli immigrati/stranieri, le femministe, il Green deal sono cosa nota. La ceca Klára Dostálová di Ano ha ribadito lunedì che «i migranti sono indesiderati in enormi quantità, riducono la qualità della vita degli europei».
Della truppa dovrebbe far parte pure lui, Grzegorz Braun, il deputato polacco che l’anno scorso si lanciò con un estintore contro le candele di Hanukkah, accese nel Parlamento di Varsavia. Antisemita, anti Lgbtq+, anti aborto. Si troverebbe in perfetta sintonia coi sodali del nuovo gruppo, a destra della destra, che sarà battezzato oggi all’Eurocamera. La terza pattuglia sovranista dopo i Conservatori di Giorgia Meloni e i Patrioti di Orbán, Le Pen e Salvini. Il gruppo si chiamerà “Europa delle Nazioni Sovrane”.
La regia è dei tedeschi di Afd, accusati di simpatie neonaziste, che perfino i lepenisti non hanno voluto accogliere nella famiglia politica che si è formata l’altro ieri (non che siano stati particolarmente schizzinosi negli accessi).
Afd era già stata esclusa dalla vecchia sigla europea di Le Pen, “Id”, cioè Identità e democrazia, dopo che il loro spitzenkandidat alle Europee, Maximilian Krah, aveva raccontato a Repubblica che a suo parere non tutte le Ss sarebbero da considerare criminali. Persino Afd, dopo questa bestialità, fu costretta a scaricarlo. E oggi Krah non è iscritto alla delegazione brussellese.
Dopo settimane di trattative sottotraccia, oggi dovrebbe annunciare di avere racimolato una pattuglia sufficiente di eurodeputati, almeno 23 provenienti da 7 Paesi dell’Ue. Al momento gli unici che hanno formalizzato l’adesione sono i cechi di Svoboda a Prímá demokracie, tramite il loro leader Tomio Okamura, anti-islamico e accusato di razzismo (sui suoi manifesti gli avversari dipingevano i baffi da Hitler).
Del nuovo gruppo dovrebbe far parte, stando alle indiscrezioni, anche l’ultradestra polacca di Konfederacja, partito antisemita e filorusso, nelle cui file è stato appena eletto a Bruxelles il Braun di cui sopra, il deputato con l’estintore.
Ci sarà, salvo cambi di rotta dell’ultim’ora, anche Alvise Perez, populista-complottista spagnolo che in pochi mesi, sfruttando principalmente i social, ha tirato su un movimento capace di fare concorrenza ai neofranchisti di Vox, strizzando l’occhio ai no-vax e spargendo fake news e insulti contro gli avversari (compresa la figlia del primo ministro Sanchez). Col suo cartello “Se acabó la fiesta”, la festa è finita, che si ispira all’argentino Milei, è riuscito a eleggere 3 eurodeputati.
Anche l’unica europarlamentare francese rimasta in Reconquête, Sarah Knafo, compagna di Eric Zemmour, alla fine dovrebbe iscriversi. Così come i bulgari di Vazrazhdane (Revival), razzisti, omofobi e marcatamente putiniani, tanto da voler uscire dalla Nato e da avere spedito una delegazione a Mosca, qualche mese fa. […]
Ovviamente anche il gruppo a trazione Afd sarà escluso dagli incarichi di vertice dell’Europarlamento. Così come capiterà ai Patrioti, che Ursula von der Leyen ha deciso di non incontrare, «nemmeno se me lo chiedessero». I Conservatori invece li vedrà. E otterranno 2 presidenze di Commissione: quella del Budget ma non l’altra prevista all’inizio, che si occupa di Giustizia e migranti. Ha pesato l’alzata di scudi di Liberali e Socialisti. Il gruppo meloniano ora vorrebbe l’Agricoltura, ma forse dovrà accettare gli Affari costituzionali.
(da Corriere della Sera)
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Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
UN GIORNALISTA AVREBBE UN AUDIO IN CUI IL DIRETTORE DICE: “TANTO AGLI ITALIANI DELLE ELEZIONI FRANCESI NON FREGA NULLA”… LA REDAZIONE È UNA POLVERIERA. E PARTONO I SILURI: “PETRECCA QUANDO ERA CAPO DEL POLITICO DI RAINEWS LO CHIAMAVANO GROVIERA, PER TUTTI I BUCHI CHE CI FACEVA PRENDERE”… E’ LA MERITOCRAZIA SOVRANISTA
Pomezia val bene una diretta. «Tanto agli italiani delle elezioni francesi non frega nulla». La frase, racconta un giornalista di Rainews24, sarebbe in un audio del direttore Paolo Petrecca, pronunciata il 7 luglio, mentre in Francia si votava e mezzo mondo era in attesa del risultato. Lui smentisce categoricamente, «mai pronunciata». Quella sera l’ha passata a Pomezia, litorale romano, con la compagna Alma Manera, ospiti del festival “Città identitarie”.
Due giorni prima era lì anche per l’inaugurazione, dal palco ha letto un sonetto in romanesco scritto da lui. È un suo hobby, nessun mistero. Dicono pure che sia bravo.
I rapporti con la redazione, però, sono ai minimi. Comunicati incrociati, giornalisti contro giornalisti. L’aria a Saxa Rubra è pesante e il caso della testata all news ha fatto da detonatore a un malessere latente dentro ai Tg della tv pubblica.
Petrecca martedì ha deferito al Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti il “suo” Cdr, reo di averlo criticato pubblicamente. «Stavolta ha esagerato, la misura è colma», è la frase ricorrente nei corridoi di Rainews, dove si è deciso di mandare un segnale forte, di fatto una sfiducia nei confronti del direttore.
Due terzi dei giornalisti in organico (150 su 222), compresi molti caporedattori, hanno firmato una lettera di sostegno al Cdr, perché «criticare l’operato del direttore rientra nei suoi compiti – si legge – e denunciare il Cdr significa limitare il diritto di critica di ciascuno di noi».
Un concetto ripreso in altro modo nei comunicati di solidarietà arrivati da tutti i Tg regionali, oltre che dai Cdr di Tg3 e Tg2. Non pervenuto il Tg1 guidato da Gian Marco Chiocci, altro uomo di Giorgia Meloni, al pari di Petrecca. Al fianco del direttore c’è Unirai. «Il fronte Pd-M5s e Usigrai sta facendo una battaglia per una poltrona – ribatte il segretario Francesco Palese – una guerra ridicola considerando che si tratta di una casella di compensazione».
La redazione è una polveriera. Qualunque mossa fa attrito. Anche il piano ferie e i nuovi orari estivi, giudicati ingestibili da giornalisti e giornaliste. «The show must go on», ha ribattuto lui. E allora avanti. Prima di partire per Pomezia, domenica, si era raccomandato: spazio a Carlo Verdone, Osho (Federico Palmaroli) e Alma Manera.
C’è finita in mezzo la vicedirettrice Ida Baldi, al comando in quelle ore. Voleva aprire il tg delle 22 con le elezioni francesi, ma proprio in quel momento il regista di “Un sacco bello” si è collegato col festival “Città identitarie” e allora la diretta da Pomezia si è allungata fino a 8 minuti. Baldi si è dimessa, ieri ha incontrato l’amministratore delegato Roberto Sergio e gli ha confermato la sua decisione.
«Sai come lo chiamavamo Petrecca quando era capo del politico di Rainews?», domanda malizioso un redattore. «Groviera, per tutti i buchi che ci faceva prendere»
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
“ORA IL CITTADINO SARA’ PIU’ SOLO”
Sono parole dure quelle che l’Associazione nazionale magistrati rivolge verso la legge Nordio, in particolare per ciò che riguarda all’abrogazione del reato d’abuso ufficio. «Da oggi tutti coloro che sono stati condannati per abuso d’ufficio si rivolgeranno al giudice per chiedere l’eliminazione della condanna. È una piccola amnistia per i pubblici ufficiali: avremo 3-4mila persone, o forse di più, che chiederanno la revoca della condanna, una piccola amnistia per i colletti bianchi», ha dichiarato il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia a Omnibus.
Ddl Nordio, Casciaro: «Il cittadino sarà più solo»
«Da oggi si riducono i diritti e le libertà dei cittadini, si riducono gli spazi per l’informazione, si individuano degli strumenti che incepperanno ulteriormente la macchina delle giustizia, se pensiamo al fatto che nei confronti di un abuso o di prevaricazione di un pubblico ufficiale che intenzionalmente procura un danno a un cittadino o intende favorire una persona, non ci saranno strumenti adeguati per individuarlo. Di fronte a tutto un sistema di abusi e sopraffazioni il cittadino si sentirà più solo», ha aggiunto il segretario generale dell’Anm, Salvatore Casciaro, su Radio 1.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
“NON CI SONO PIU’ LE CONDIZIONI PER SOSTENERLA”: E LO CREDO, GRAZIE A VOI L’ITALIA NON CONTA UNA MAZZA
Il gruppo dei Conservatori e riformisti europei, guidato in Ue da Giorgia Meloni, non voterà la fiducia a un nuovo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea. O per lo meno non in via ufficiale. La decisione che rompe settimane di incertezze e speculazioni è stata annunciata questa mattina da Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr e “luogotenente” della premier all’Europarlamento. «L’agenda che abbiamo avuto modo di vedere non cambia rispetto a quella di 5 anni fa e al momento non ci sono le condizioni per votare von der Leyen». La linea indicata agli eurodeputati della famiglia conservatrice/sovranista, dunque, è quella della libertà di voto alle delegazioni. Il che, come evidente, potrebbe lasciare spazio anche a voti in diversa direzione dai singoli partiti che fanno parte di Ecr. Come lo stesso Procaccini lascia intendere: «All’interno del nostro gruppo c’è sempre stata libertà di movimento e decisione per le singole delegazioni. Cinque anni fa la delegazione di Fratelli d’Italia non votò la presidente della Commissione mentre la delegazione polacca del PiS (i polacchi di Diritto e Giustizia, ndr), ad esempio, la votò». Giovedì prossimo, quando alle ore 13 si voterà la fiducia al nuovo mandato a von der Leyen, succederà il contrario? O la stessa FdI lascerà a sua volta libertà di scelta ai singoli eurodeputati eletti?
Il dilemma di Meloni e la maggioranza Ursula 2.0
Domande che restano ancora senza risposta. Anche perché di qui ad allora manca una settimana esatta, e nel mezzo ci sarà una tappa cruciale del percorso: l’incontro tra von der Leyen e una delegazione di Ecr, in programma martedì prossimo a Strasburgo, nel giorno dell’insediamento nel nuovo Parlamento europeo. Un incontro esplicitamente richiesto dello stesso gruppo, ha tenuto stamattina a precisare Procaccini («Vogliamo sentire delle cose da lei»), “scagionando” indirettamente in tal modo la stessa leader tedesca, cui tre delle quattro principali famiglie politiche europee hanno chiesto esplicitamente, in cambio del loro sostegno, di non costruire alcuna «intesa strutturale» col gruppo guidato da Meloni. E ieri von der Leyen sembra aver ceduto a quelle pressioni, veicolate ieri nello spazio di poche ore prima dai liberali di Renew, poi dai Verdi. Tutto lascia prefigurare insomma ora la formazione di una maggioranza Ursula assai simile a quella che l’ha sostenuta nello scorso quinquennio. A Meloni e ai suoi resterà il cerino in mano, e la decisione – a quel punto probabilmente ininfluente ai fini dell’esito del voto – se votare sì a von der Leyen, anche per instradare il rapporto tra governo italiano e nuova Commissione nel segno della collaborazione, oppure no, così da sottrarsi alle prevedibili cannonate da destra dei nuovi gruppi Ue appena formatisi: i nazional-populisti di Le Pen, Orban e Salvini e gli estremisti (“Patrioti per l’Europa“) al limite del neonazismo a guida Afd (“Europa delle nazioni sovrane“). Con sullo sfondo la possibile terza via dell’astensione. La stessa che la premier italiana scelse polemicamente a fine giugno al Consiglio europeo in cui fu tagliata fuori dall’accordo sui top jobs. La soluzione al dilemma a Strasburgo tra una settimana esatta.
(da Open)
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Luglio 11th, 2024 Riccardo Fucile
“CON L’EMENDAMENTO MULE’ A RISCHIO LA PARTECIPAZIONE DEI CLIUB ITALIANI ALLE COPPE”… IL TESTO MINA L’AUTONOMIA DELLA FIGC, A RISCHIO ANCHE L’ORGANIZZAZIONE DEGLI EUROPEI DEL 2032
La Uefa non fa sconti. Anzi, entra durissima contro il governo, il ministero dello sport e minaccia azioni durissime. Tema della discussione, l’emendamento Mulè. E non basterebbe nemmeno riscriverlo.
La lettera congiunta firmata da Uefa e Fifa usa termini che non lasciano spazio all’ottimismo. E colpiscono duro prospettando le conseguenze che l’approvazione potrebbe avere. Perché l’emendamento Mulè al decreto Sport e istruzione, prevede l’autonomia delle leghe dalla Federcalcio: il testo punta a dare piena autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa e gestionale alle leghe, il diritto per la Serie A di avere parere vincolante sulle delibere della Figc che la riguardano e la possibilità di ricorrere contro la giustizia sportiva direttamente al Tar del Lazio. In pratica, smantella l’autonomia della Figc.
Uefa e Fifa sono dirette. Non basta riformularlo, riscriverlo. “Caro presidente”, scrivono a Gabriele Gravina, presidente della Figc e interlocutore unico degli organismi sportivi, “siamo costretti a intervenire nell’interesse dei principi e dei valori del sistema sportivo che sosteniamo” e “l’emendamento è in netto contrasto con questi principi”, perché “ha palesemente ignorato il ruolo centrale che le federazioni svolgono nel garantire lo sviluppo equilibrato e sano dello sport”. Ha aggiunto: “Ci aspettiamo che la politica rispetti l’autonomia del calcio”.
A rischio le coppa internazionali e l’organizzazione di Euro 2032
Ma il tema peggiore sono le conseguenze: “Risulta che ogni singolo punto dell’emendamento originale era incompatibile con gli obblighi della Figc”. Di conseguenza “se l’emendamento dovesse essere approvato nella sua forma originale o in una nuova formulazione che sosterrebbe comunque gli elementi affrontati in questa lettera, non avremmo scelta se non quella di deferire la questione ai nostri organi decisionali per valutare eventuali misure, compresa l’eventuale sospensione della Figc”.
Vorrebbe dire esclusione delle squadre italiane dalle competizioni internazionali: coppe europee e mondiale per club Fifa. Ma sarebbe anche incompatibile con la co-candidatura a ospitare Euro 2032”.
Insomma, un colpo durissimo. Soprattutto perché scardina il piano Abodi di far approvare l’emendamento riformulato.
(da agenzie)
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