Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
IL PRIMO CITTADINO È STATO ISCRITTO NEL REGISTRO, INSIEME AL SUO CAPO DI GABINETTO E AL DG DEL COMUNIE, MORRIS CERON, NELL’INDAGINE CHE PORTATO OGGI ALL’ARRESTO DELL’ASSESSORE COMUNALE RENATO BORASO… LA VICENDA RIGUARDA LA PRESUNTA CORRUZIONE PER LE TRATTATIVE DI VENDITA DELL’AREA DEL “PILI”
Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, è indagato nell’ambito dell’indagine che ha portato oggi all’arresto, tra gli altri, dell’assessore comunale alla Mobilità, Renato Boraso.
Oltre a Brugnaro, sono indagati anche il capo di Gabinetto del sindaco e direttore generale del Comune, Morris Ceron, il vicecapo di Gabinetto, Derek Donadini.
La vicenda che coinvolge Brugnaro riguarderebbe le trattative di vendita all’imprenditore Chiat Kwong Ching, di Singapore, dell’area dei “Pili” che si affaccia sulla laguna di Venezia.
Gli accertamenti riguardano il blind trust che gestisce il patrimonio di Brugnaro.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
“GRAZIE DELLA FIDUCIA, SARÀ UN PARLAMENTO PER TUTTI”
Roberta Metsola è stata confermata alla guida dell’Eurocamera con una maggioranza record della Plenaria. Metsola infatti è stata eletta con 562 sì su 699 votanti. Un lunghissimo applauso ha accolto l’esito. L’altra candidata, Irene Montero, ha preso 61 preferenze.
A votare a favore di Metsola, su un totale di 623 schede valide, è stato il 90,2% degli eurodeputati. Si tratta, per Metsola, della più alta percentuale di voto nella storia del Parlamento europeo. Il 9,2% ha invece optato per Irene Montero.
“Grazie della vostra fiducia. Sarà un parlamento per tutti in Europa, per rispettare le promesse dei padri fondatori”. Lo ha detto la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, dopo la sua rielelezione alla guida del Parlamento europeo. “Sono convinta che la nostra sia un’Europa per tutti, che tra insegnamenti dalle lezioni del passato e dagli ideali che non sono scomparsi”, ha aggiunto Metsola.
Subito dopo l’applauso della plenaria dell’Eurocamera ad accogliere la sua riconferma ad ampissima maggioranza, per Roberta Metsola arrivano le felicitazioni della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Congratulazioni, cara Roberta Metsola, per la tua rielezione come presidente del Parlamento europeo. Pienamente meritata. La tua leadership e passione per l’Europa sono più necessarie che mai”, scrive la tedesca su X, pubblicando un breve video che la riprende insieme alla maltese.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
LA BATTUTA CHE CIRCOLA “SE URSULA CI SODDISFERÀ PUBBLICAMENTE, LA VOTEREMO PUBBLICAMENTE. ALTRIMENTI LO FAREMO SEGRETAMENTE” – COMUNQUE, I 24 MELONIANI NON SARANNO DETERMINANTI: URSULA SI È “COPERTA” ASSICURANDOSI I VOTI DEI VERDI
«A me andrebbe benissimo se von der Leyen venisse rieletta alla presidenza della Commissione». Sono tanti i motivi per cui Meloni qualche giorno fa si è espressa così nel corso di una riunione riservata. Da parte della premier c’è anzitutto il riconoscimento che «Ursula si è comportata sempre correttamente con il nostro governo», e c’è anche la convinzione che il rapporto proseguirà su questa «linea di collaborazione».
L’altro fattore, non secondario, è dettato dalla consapevolezza che l’Europa non può permettersi una crisi istituzionale nel mezzo di una crisi internazionale senza precedenti: con la guerra in Ucraina e le tensioni che stanno accompagnando la campagna elettorale negli Stati Uniti.
Insomma, non è il timore di un isolamento dell’Italia ad averla fatta esprimere in quel modo. È semmai la volontà di mostrare l’Italia come elemento di stabilità nell’Unione, «mentre gli altri maggiori Paesi versano in una situazione politica di instabilità». Un messaggio lanciato a Germania e Francia che proseguono imperterriti con le vecchie logiche dei «caminetti”
Certo, le parole di Meloni lasciano un margine di incertezza, ma non c’è dubbio che la mediazione sarà chiusa prima del voto di fiducia a scrutinio segreto dell’Europarlamento sulla guida della Commissione. Tutto lascia supporre che von der Leyen avrà al suo fianco il ministro Fitto, con cui vanta un ottimo rapporto e che sarebbe stato espressamente indicato a Meloni nei colloqui riservati. Il negoziato è sul portafoglio che gli verrà assegnato.
Giovedì la Ue dovrà avere il suo nuovo governo: non c’è il clima per manovre e per agguati, come accadde nella passata legislatura quando si contarono cento franchi tiratori. Ma il rito andrà consumato fino in fondo. Perciò oggi la candidata alla presidenza della Commissione incontrerà il gruppo dell’Ecr, di cui Meloni è leader. Si prevede che al termine del confronto verrà lasciata «libertà di voto» ai parlamentari Conservatori.
D’altronde una parte — belgi e cechi — hanno già anticipato il voto favorevole, mentre i polacchi sono determinati a votarle contro. Quanto alla delegazione di FdI, il suo atteggiamento si può riassumere in una battuta: «Se von der Leyen giovedì ci soddisferà pubblicamente, la voteremo pubblicamente. Altrimenti lo faremo segretamente».
È vero che il partito di maggioranza italiano nutre dubbi e preoccupazioni: c’è chi teme che «finiremmo per scoprirci con il nostro elettorato di destra» e chi machiavellicamente sostiene che «proprio per favorire l’elezione di von der Leyen dovremmo starle lontani per non farle perdere i voti dei Socialisti». Modi diversi per esprimere contrarietà all’appoggio della presidente della Commissione. Sarebbe però un «grave errore farlo», secondo un’altra parte di FdI.
Che non potrà nemmeno riparare nell’astensione, perché varrebbe come voto contrario nell’Europarlamento. A Meloni toccherà decidere come attraversare il collo di bottiglia, sapendo che gli avversari a Roma — compresi i leghisti — sarebbero pronti a evidenziare la sua «irrilevanza» se von der Leyen ottenesse una fiducia con uno scarto superiore ai 24 voti. Che sono quelli di cui dispone FdI.
Da Bruxelles giungono voci che la candidata potrebbe già contare su 390-400 voti, numeri che a Roma non sono ritenuti credibili. Per evitare sorprese von der Leyen si è disposta alla trattativa con il gruppo dei Verdi e di Ecr adottando una tattica speculare: non chiedere formalmente la loro fiducia per evitare di avere problemi con i Popolari da una parte e con i Socialisti dall’altra.
Ma a scrutinio segreto si pronostica una convergenza nel voto. Se così fosse, nascerebbe il primo governo delle «convergenze parallele» europeo.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
IL REPORTAGE DEL “SECOLO XIX” TRA BRASILIANE, LA MUSICA SINISTRORSA DI “BELLA CIAO”, SEPPUR IN VERSIONE STRUMENTALE, E CHAMPAGNE
Avvertenza: il seguente articolo è sconsigliato ai minorenni e potrebbe comunque ferire la sensibilità delle lettrici e dei lettori. L’autore se ne scusa preventivamente ma non è riuscito – nonostante l’impegno – a svolgerlo in altro modo.
Antefatto
Squilla a vuoto il numero del Twiga Baia Beniamin. Saranno occupati nel ballo del qua qua che è tornato cool dopo l’interpretazione di Travolta. Sono disperato.
Scovo un contatto nelle pieghe del profilo Instagram twigaworld e scrivo una mail.
“Buonasera, vorrei sapere le modalità per prenotare una giornata al Twiga Ventimiglia per una persona a luglio. Ho provato a telefonare ma non risponde nessuno.
Grazie. Carlo Piano”
La risposta – sbrigativa e poco esauriente – arriva alle dieci della mattina dopo.
“Buongiorno Sig. Piano,
Twiga Baia Beniamin non ha servizio di spiaggia privata. Vi è servizio di ristorazione solo per il pranzo.
Cordialmente
Fabiana”
Niente tenda alla Gheddafi e lettino king size? Non sono uno che molla tanto facilmente. Nuovo messaggio.
“Grazie Fabiana,
allora prenoto a pranzo ore 13 giovedì 11 luglio per una persona.
A presto.
Carlo Piano”
Tre ore più tardi lampeggia una notifica sul mio smartphone.
“Buongiorno Sig. Piano,
purtroppo, non possiamo accettare una prenotazione per una sola persona.
Baia Beniamin”
Diamine. Ne deduco che i single non sono graditi, sospetto però che il motivo non sia di ordine sociologico quanto piuttosto che spendono la metà di una coppia. Sono i precetti economici che Briatore impartiva nel suo talent televisivo The Apprentice. Gli apprendisti imparavano più dall’esperienza del Boss che da un master alla Bocconi.
Confido tuttavia che riuscirò a trovare qualcuno che mi segua al Twiga. Altro invio di posta elettronica
“Va bene,
allora facciamo per due sempre 11 luglio.
Grazie”
Nemmeno un’ora dopo la sospirata conferma in inglese.
“Your reservation at Twiga Baia Beniamin.
Thursday, July, 11, 2024, 2 guests – 12:30 PM”.
Veramente avevo detto alle tredici. Fa lo stesso. Segue ulteriore dispaccio in cui mi viene chiesto se andiamo in barca e avverte che “il party con la musica forte inizierà intorno alle 14.30/15.00!”. Ritmi, canzoni, donne di sogno, banane e lamponi. Chi lo cantava? Sono l’uomo più happy del mondo.
Svolgimento
Il giorno è giunto. È la festa di San Benedetto da Norcia. Trentadue gradi. Un caldo che squaglia anche le carte di credito. Sfoggio al polso il Rolex che mio padre mi ha regalato alla laurea e ho messo un paio di occhiali con montatura miele che celebrano Flavio Briatore. Camicia di lino bianco e bermuda blu. Mocassini senza calze. Sono stato dal barbiere. Lo specchio del bagno vorrebbe baciarmi.
Cosa sentono i miei timpani? Non ci credo. Le casse diffondono la musica sinistrorsa di Bella ciao, seppur in versione strumentale, come fossimo a una convention arcobaleno della Schlein. Ma il Twiga non è fieramente di destra? La Russa e la Santanchè sono stati informati? Lo sa il ministro Sangiuliano?
Un treno della Sncf sferraglia verso Mentone sul binario alle nostre spalle – a meno di cento metri dalle tavole imbandite -coprendo la melodia partigiana e lasciandoci nel dilemma politico. Metteranno anche Bandiera rossa?
C’è ancora poca gente attovagliata: due fidanzatini italiani, che sembrano quelli di Peynet, si fissano negli occhi come se il loro amore fosse eterno, un signore francese con il panama in testa borbotta con il figlio adolescente che indossa la maglia di Thuram. Ci deve essere stato qualche problema con la pagella.
“Benvenuti, gradite dell’acqua? Gassata o liscia?” ci sorride Emiliano da Roma, che ha lavorato al Twiga di Londra per dieci anni e poi è rimpatriato perché “me lo ha chiesto Flavio in persona”.
La bottiglia d’acqua costa dieci euro. Scorriamo con circospezione da monoreddito il menù scartando a priori la paella da centodieci euro a porzione, la bistecca di wagyu australiano (che sarebbe un bue in verità nativo del Giappone) del valore di centosessanta euro e l’astice alla griglia il cui prezzo schizza in base alla quantità desiderata.
“E da bere? Vino o champagne cosa gradisce, signor Piano?” Mi chiede Emiliano. Oddio il vino. Cerco di guadagnare tempo e ributto di là la palla: “Speravo d’incontrare qualche personaggio famoso al Twiga…”.
“E allora deve tornare nel fine settimana”, risponde con uno sguardo gonfio di promesse.
Lo champagne meno caro viene centossessanta euro e si sale fino a venticinquemila per un boccione di Cristal rosé. Nella carta non sono menzionate bottiglie di vino bianco ligure e così scegliamo due calici di Gavi dei Gavi etichetta nera da ventidue euro caduno. Certo che però un occhio ai viticoltori del territorio sarebbe stato carino.
La musica cambia genere e si passa a L’appuntamento della Vanoni: “Amore, fai presto, io non resisto. Se tu non arrivi, non esisto…”. Un brivido graffia il cuore
Il tonno crudo su letto di purea è freschissimo, mentre il palato di Manrico Gatti giudica deliziosa la frittura. Gli credo.
Le paste sono servite al dente, in dose da camionista e abbondantemente condite. Forse anche troppo. Gli spaghetti impiattati a nido di rondine sono buoni ma unti. Manrico chiede altro pane per fare scarpetta nel sugo di pomodoro sfidando la generale disapprovazione. Lo fulmino con gli occhi ma se ne frega
Sanno essere generosi quelli del Twiga e ci offrono, a chiudere il pranzo, il caffè shakerato dal barman “che è un artista e lo fa proprio come piace al Boss”. I suoi gusti non si discutono: tanto che ha voluto inserire nel menù gli “Spaghetti Flavio” con aglio, olio, peperoncino e datterini. Solo venti euro ma ahimè oggi non sono disponibili.
Mentre sorseggiamo il nettare alla caffeina succede qualcosa di miracoloso. Un puntino bianco si avvicina dal mare. È un gommone carico di gente.
Non mi dire… dopo Bella ciao anche il pasto ai migranti? Neppure Fratoianni. Quando il tender attracca al pontile galleggiante del Twiga i sogni si dissolvono nella coscienza: ci sono a bordo un paio di uomini e una ventina di ragazze per la maggior parte sudamericane. Bellissime. Pelle color bronzo. Scollature da canyon. Cosce nervose. Sbarcano incespicando sui tacchi vertiginosi che poi affondano nella sabbia soffice. Sfoderano sorrisi ammiccanti.
“Chi sono queste signore?” sussurro incuriosito all’orecchio del cameriere Andrea.
“Sono ospiti venute per il pranzo”, glissa e prova a sfuggirmi trafelato verso la cucina.
Beh, questo già lo sapevo, dico tra me senza calarlo in parole. Lo afferro per il braccio.
“Ma dove le avete pescate. Nell’harem del sultano?”
La mascella del giovane waiter si irrigidisce: “Da Montecarlo. Sono clienti di Montecarlo”.
Non sono soddisfatto e tantomeno convinto. Faccio due passi sulla spiaggia dove un fazzoletto d’arenile minuziosamente setacciato e tirato a lustro ospita i dodici lettini marchiati Twiga.
Un soggetto che sembra Gianluca Vacchi in astinenza da crioterapia solleva pigramente la testa dall’asciugamano e mi squadra. Il suo Rolex è il doppio del mio. Sorrido. Lui no. La spiaggia libera che circonda l’oasi a pagamento è cosparsa di mucchi d’alghe secche e ramaglie, qualche lattina accartocciata e un paio di boxer lisi che sciaguattano sulla battigia. Mi piacerebbe poterli intervistare.
Una signora con l’aria da professoressa liceale prende il sole sul materassino steso sui ciottoli: “Lei è del Twiga? Lo dica a Briatore che non è tollerabile distruggere la quiete con questo frastuono”. Dal suo punto di vista non ha tutti i torti.
Torno al tavolo e in quello accanto si sono accomodate due delle ospiti monegasche appena approdate. Sono brasiliane e si chiamano Rafaela e Brenda. Natiche gonfiate dai polimeri e seni strizzati che tentano di divincolarsi dalla stretta del body. Borse di Chanel e Christian Dior. Zigomi impalcati e labbra a canotto. Spiluccano qualcosa dal piatto mentre origlio che un cameriere rammenta loro sottovoce: “Il vostro menù è quello che abbiamo fissato”
Aspetto che si allontani.
“Perché non puoi scegliere cosa mangiare?” domando a quella con la faccia più simpatica, che si sta sparando un selfie a mezzo busto che è una minaccia per le mie coronarie.
“Ci hanno ingaggiate per ballare e fare un po’ di spettacolo. Non paghiamo. La sera noi lavoriamo nei locali di Monaco. Ci portano qui in barca”.
“Ma il Twiga vi dà qualcosa per il disturbo?” la incalzo da cronista di razza.
“Questi sono fatti miei. Se ci tieni offrimi qualcosa tu”.
La natura genovese mi spegne la voce.
Intanto ormeggia un secondo gommone, più piccolo, con a bordo una decina di ragazze. Sempre ospiti monegasche ma queste sono bionde, castane, rosse anche se introvabili, pelle di porcellana e occhi chiari.
Hai capito quel volpone di Flavio. Crea la giusta atmosfera. Un grande. L’idea – senza nulla togliere al genio del Boss – ha però un precedente storico. Un tempo i francesi, per popolare le colonie d’oltremare, deportavano in vascello donne orfane e da maritare. Le spedivano a frotte. L’intento del governo di Parigi era diverso ma il sistema lo stesso.
Parte il djset e i bassi cominciano a pompare nel basso ventre. Ecco la musica forte. Sulle note di Flowers di Miley Cyrus le diportiste si mettono in moto dimenando curve che sono tornanti e agitando ventagli gialli. Impossibile distogliere lo sguardo. Con il ritmo di Ben Belen dei Gipsy Kings osano in pista anche i maschi e le signore più attempate che mulinano fazzoletti bianchi. Una tipa si è fatta innestare il viso di Barbie su un corpo da settantenne. Lo spacco sulla gamba floscia è temerario.
Le ragazze ormai sfrenate innalzano al cielo magnum di Ruinart come fossero la Coppa dei campioni. Non le stappano. Quando la musica scema i camerieri passano a ritirarle quasi strappandole dalle mani. Costano cinquecento euro l’una. Non scherziamo. Si cimenta nella danza anche un sorprendentemente agile Gatti scattando foto a più non posso. Non potevo trovare compagnia migliore.
Quando attacca a sfondare i timpani I will survive debuttano nell’arena due palestrati travestiti da bagnini di Baywatch e una stanga che impersona Pamela Anderson. Bella è bella ma non le assomiglia. Ha i capelli neri e scarso davanzale.
I fidanzatini di Peynet continuano a tenersi per mano nel crescendo di un sirtaki che purtroppo silenzia lo sciabordio delle onde contro gli scogli. Ci starebbe bene come colonna sonora di una scena romantica.
Brenda si lascia piombare a peso morto sul divanetto ansimando e sbuffa: “Sono stanca, io stanotte devo lavorare. Allora mi offri qualcosa?”.
“Te lo offro io”, la abborda bruciandomi sul tempo un francese di origini arabe che sta fumando un narghilè e distribuisce flûte senza badare a calcoli meschini. La catena d’oro oscilla sui suoi pettorali glabri. Sono salvo. Che dite? Avrò fatto colpo?
Conclusione
Peccato non aver incontrato nessun vip, che dovrebbe essere compreso nel prezzo. Speravo, se non in una attrice da red carpet, almeno in una comparsa, in un paio di influencer, in uno Scamacca qualsiasi, in qualche faccia da reality. Forse è stata solo sfortuna. La sfwiga perseguita anche il Twiga.
D’altronde non si può dire che il locale di Baia Beniamin (apprendo da fonti locali che il vero nome della cala è Darsenun) sia nato sotto la migliore delle stelle. Il giorno della conferenza per il lancio con Briatore e il sindaco Flavio – pure lui – Di Muro, il presidente della Regione Giovanni Toti fu costretto a dare buca in quanto arrestato a notte fonda in un hotel di Sanremo.
Non intendo affrontare vicende giudiziarie in corso ma resta il fatto che quella settimana l’oroscopo dell’ariete, segno zodiacale del tycoon di Verzuolo, suggeriva di astenersi dalle iniziative a causa di una sfavorevole congiunzione astrale. Un man del fare come lui non dà peso alle superstizioni, ciononostante sono le oscure trame del destino – che ci piaccia o meno – a governare la miseria delle nostre vite.
Consegno il biglietto al parcheggiatore e mi porta l’auto che sostava impietosamente a fianco di una mastodontica Porsche Cayenne gialla. Sembra contenta di tornarsene a casa.
“Fanno venti euro, signor Piano”.
“Eccoli. Scusi posso avere la ricevuta?”
“Non ho qui con me il blocchetto. Non la chiede mai nessuno”.
Così però il giornale non mi restituirà i soldi del posteggio. Sono sotto di quaranta euro compresa la mancia. Il Rolex della laurea segna le diciannove e va tutto quasi bene. Che bella giornata.
Carlo Piano
per “il Secolo XIX”
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Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
I CASI SONO IN AUMENTO RISPETTO ALL’ANNO SCORSO
Continua ad aumentare in Lombardia il numero di case popolari sfitte, mentre le liste rimangono pressoché bloccate e l’edilizia pubblica è ferma al palo.
Nel 2023 erano 22.496 (+2.962 dal 2022) gli alloggi popolari sfitti di Aler – Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale -, ai quali bisogna aggiungere altre 10.040 case vuote la cui gestione spetta ai comuni. E poi ci sono gli appartamenti pubblici di proprietà del comune di Milano, che registra altri 16.423 alloggi non assegnati – 10.364 Aler e 6.059 Mm, la partecipata del Comune -.
Portando il totale a oltre 48mila alloggi di edilizia pubblica sfitti in tutta la Lombardia, mentre il mercato tradizionale continua a registrare forti aumenti degli affitti rendendo praticamente impossibile un’alternativa per chi è in lista.
«Se in tutte le Aler e in tutti i Comuni si ha lo stesso numero di alloggi sfitti, non si ristrutturano e non si assegnano le case, questo è dovuto alla pessima politica abitativa e a una legge del tutto inadeguata che è da rifare da zero», accusa la consigliera regionale del Pd Carmela Rozza, riferendosi alla «legge regionale del 2016 che fino al 2022 ha di fatto bloccato le assegnazioni per colpa di due articoli poi risultati incostituzionali ed entrambi rivolti a cittadini stranieri: da un lato, il requisito di impossidenza e dall’altro i cinque anni di residenza». Dal canto suo l’assessore alla Casa in Regione, Paolo Franco, rivendica che «5.778 case popolari sono già in fase di assegnazione o lo saranno a breve una volta terminata la ristrutturazione programmata. Fin dal mio insediamento ho dato un indirizzo chiaro sul fatto che occorre proseguire convintamente nella riqualificazione delle case popolari e nelle conseguenti assegnazioni ai cittadini che ne hanno diritto in base alle graduatorie».
Perché le case popolari sono vuote
Nel dettaglio, i dati collezionati dalla consigliera Pd e riportati dal Corriere della Sera evidenziano che a Milano delle 10.364 case vuote 333 sono semplicemente libere, 3.735 sono sfitte per carenze manutentive, 2.516 sono vuote in attesa di ristrutturazione, 775 sono in fase di valorizzazione o sono state messe in vendita; altre 1.399 sono state recuperate in seguito a sfratti e, infine, 1.606 alloggi sono stati liberati nel corso dell’anno appena concluso.
Degli alloggi di Mm invece, ce ne sono 1.089 che sono attualmente sfitti, altri 3.962 che sono senza inquilini per carenza manutentiva, 336 destinati a una diversa valorizzazione o alla vendita, e c’è ancora da mettere a bando per l’assegnazione 672 alloggi che sono stati liberati da occupazioni abusive nel corso del 2023.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
COINVOLTI AMMINISTRATORI, IMPRENDITORI E FUNZIONARI PUBBLICI: SEQUESTRATO UN MILIONE DI EURO
È in carcere Renato Boraso, assessore alla Mobilità del comune di Venezia con deleghe a Infrastrutture stradali, Viabilità, Piano del traffico, Rapporti con le Municipalità e Rapporti con il mondo dell’agricoltura. L’inchiesta della Procura di Venezia riguarda diversi appalti e tra le ipotesi di reato c’è la corruzione.
Sono 18 le persone coinvolte a vario titolo, tra amministratori, pubblici funzionari e imprenditori, e il magistrato avrebbe disposto altrettante misure cautelari eseguite dai militari della Guardia di finanza di Venezia. Nell’ambito delle indagini è stato sequestrato anche in via preventiva circa 1 milione di euro, mentre sono in corso perquisizioni al Comune di Venezia e nella sede del gruppo della mobilità lagunare Avm/Actv. Secondo quanto riferisce il Corriere della Sera, tra gli indagati ci sarebbe anche Giovanni Seno, direttore generale di Avm. Il procuratore Bruno Cherchi terrà una conferenza stampa per fare il punto sull’inchiesta.
Chi è l’assessore Boraso
Renato Boraso, 55 anni di Favaro Veneto, laureato in Economia alla Ca’ Foscari, dal 1993 ha lavorato come consulente d’azienda. Dal 1997 ha sempre seduto nel consiglio comunale di cui dal 2005 al 2010 è stato presidente, sedendo nei banchi dell’opposizione alla giunta di Massimo Cacciari. Alle elezioni comunali del 2015 si è presentato con una propria lista civica in appoggio al candidato del centrodestra Luigi Brugnaro, nella cui giunta è poi entrato come assessore. Nel 2020 era invece nella lista civica di Brugnaro ed è stato confermato in giunta.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
“ERA UNA GALLERIA DEGLI ORRORI”: L’INDAGINE SUL CENTRO DI EDUCAZIONE MOTORIA
Gli investigatori non usano mezzi termini: “Ea una galleria degli orrori”. Perché nel Centro di educazione motoria, gestito dalla Croce rossa italiana, i pazienti erano costretti a subire torture, maltrattamenti, violenze e umiliazioni.
È uno scenario sconcertante quello che emerge dall’inchiesta dei carabinieri del nucleo investigativo di Roma che, su delega della procura di Roma, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliare nei confronti di dieci operatori socio sanitari, cinque dei quali gravemente indiziati del reato di tortura gli altri cinque gravemente indiziati del reato di maltrattamenti nei confronti di persone a loro affidate per ragioni di cura, vigilanza e custodia. Tutti reati aggravati dalla qualifica di incaricati di pubblico servizio. Per uno degli indagati è stato inoltre ipotizzato il reato di violenza sessuale per aver palpeggiato un paziente.
In particolare, gli operatori socio sanitari del Cem avrebbero inflitto ripetute violenze ai danni di due pazienti affetti da gravi patologie psico-fisiche. Si parla di pugni, schiaffi e tirate di capelli. L’indagine nasce dalla denuncia presentata ai carabinieri dai vertici della Croce Rossa capitolina nell’aprile 2023, con la quale veniva segnalato che un utente della struttura presentava una vistosa ecchimosi al volto compatibile con delle percosse. Attraverso una serie di attività tecniche, acquisizioni documentali ed escussioni testimoniali, gli inquirenti hanno raccolto gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati, facendo emergere costanti maltrattamenti e condotte vessatorie nei confronti di due pazienti ricoverati presso la struttura sanitaria.
“Le modalità della condotta di quella che il pubblico ministero ha adeguatamente definito con una galleria degli orrori – così si legge nell’ordinanza del gip – fornisce la “misura” dell’indole di ciascuno degli indagati, che hanno non soltanto esercitato una violenza costante e inaudita su persone del tutto incapaci di reagire, ma hanno accompagnato le loro azioni inqualificabili con parole di scherno, che hanno stigmatizzato, mediante la derisione, proprio i deficit mentali da cui le persone offese risultano affette”.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
VITTIME UNA DECINA DI RAGAZZE E RAGAZZI STRANIERI CHE TENTAVANO DI OLTREPASSARE LA FRONTIERA
Un video vergognoso, che solleva un caso che potrebbe avere vasta eco. Un gruppo di giovanissimi migranti, tra cui alcune ragazze, sono stati sorpresi e presi a cinghiate da un camionista a Ventimiglia, guidatore del mezzo a bordo del quale si era nascosta una decina di ragazze e ragazzi stranieri che tentavano di oltrepassare la frontiera tra Italia e Francia.
È quanto si vede in un video, diventato virale, che sarebbe stato girato con un cellulare all’interno dell’autoporto della città ligure di confine, dove sostano i tir prima di mettersi in viaggio. Nelle immagini si nota il portellone sul retro di un autotreno aprirsi e poi il camionista, con in mano una cinghia, far scendere dal rimorchio uno alla volta i migranti e colpire una volta fuori diverse ragazze. “Si tratta di persone in transito, che utilizzano qualunque mezzo per passare il confine – dice Christian Papini, direttore della Caritas di Ventimiglia -, la notte prima avevano dormito nel Pad, il punto di accoglienza diffusa creato in città per dare assistenza a chi arriva a Ventimiglia”.
Il Pad, struttura allestita accanto alla stazione cittadina, è l’unico riferimento per un supporto medico o per fornire aiuto ai migranti da quando il centro di accoglienza di Campo Roja è stato chiuso. “Negli ultimi 2 giorni – conclude Papini – abbiamo registrato un aumento dei flussi in arrivo, il Pad ha 20 posti e risulta pieno al momento”.
Durante le scorse estati si erano registrati aumenti anche di migranti che si accampavano nel letto del fiume Roja, in via Tenda e nella zona del cimitero, dove si rifugiano decine di persone in attesa di tentare di passare il confine, spesso aiutati da gruppi e associazioni umanitarie che servono pasti e si occupano delle prime necessità.
Il camionista ripreso nel filmato non è stato ancora identificato ma non sarà difficile farlo esaminando il video. Il fatto è che ha già lasciato l’Italia proprio verso la Francia e difficilmente sarà raggiungibile. Si tratterebbe di un autista dell’est Europa anche se sembra parlasse francese. “Rischia l’accusa di lesioni e di esercizio arbitrario delle proprie ragioni” ha spiegato al Corriere della Sera la polizia che sta esaminando il filmato in questione. Gli stessi inquirenti hanno confermato quanto si era già capito e cioè che l’uomo temeva che “Se l’avessero trovato con i migranti a bordo avrebbe dovuto fare i conti con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
(da agenzie)
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Luglio 16th, 2024 Riccardo Fucile
MEDIOEVO ULTRALIBERISTA: IN 14 ANNI DI POTERE ORBAN HA CRIMINALIZZATO L’OPPOSIZIONE, RISTRETTO LA LIBERTA’ DU STAMPA E L’ISTRUZIONE PUBBLICA E PERMESSO ALLE GRANDI AZIENDE STRANIERE DI PROSPERARE
L’Europa guarda in direzione dell’Italia di Giorgia Meloni nel tentativo di anticipare le conseguenze in Francia di un eventuale governo del Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen. Ma sono circa quindici anni che la destra nazional-conservatrice di Viktor Orbán ha fatto dell’Ungheria un laboratorio per l’estrema destra, combinando neoliberismo autoritario a politiche nazionaliste e illiberali.
Fidesz governa l’Ungheria e i suoi 10 milioni di abitanti dal 2010. Non riconosce avversari politici, solo nemici da eliminare. Fidesz si considera l’unico rappresentante legittimo della nazione mentre gli altri sono tutti traditori e pedine nelle mani di interessi stranieri. Ha scritto unilateralmente una nuova Costituzione, che da allora è stata modificata più volte. Il suo leader non partecipa a nessun dibattito pubblico dal 2006 e boicotta i media indipendenti. Attacchi violenti si abbattono su chiunque osi sfidare il suo potere. Orbán chiama il nazionalista Gábor Vona “omosessuale represso”, accusa il conservatore Péter Márki-Zay di essere alla mercé degli americani, e la liberale Anna Júlia Donáth e il neo-leader dell’opposizione Péter Magyar di essersi macchiati di abusi sessuali.
Il nuovo Ufficio per la protezione della sovranità, istituito all’inizio dell’anno, ha appena aperto un’inchiesta a carico della sezione ungherese di Transparency International e del media investigativo Átlátszó.
Fidesz ha assunto il monopolio dell’informazione e della comunicazione. I media pubblici sono stati trasformati in portavoce del governo. Orbán e i suoi quattro governi consecutivi hanno portato avanti una guerra economica contro i media privati, finanziando i media pro-Fidesz attraverso campagne pubblicitarie pubbliche e scoraggiando gli inserzionisti dal finanziare i giornali anti-Fidesz. Alcuni di questi sono scomparsi, come il quotidiano di sinistra Népszabadság. Altri sono passati sotto il controllo di imprenditori vicini al regime e alimentati da fondi pubblici ungheresi ed europei (come il media online Index).
Caso unico nell’Unione europea, decine di media sono stati concentrati in un’unica fondazione al servizio esclusivo del potere di Viktor Orbán. Esiste ancora una certa pluralità di media online e di testate settimanali. Sono state inoltre adottate diverse misure per tenere i giornalisti lontani dal Parlamento e per complicare il loro accesso ai dati pubblici. Questo sistema ha permesso, per esempio, di passare sotto silenzio il tasso di mortalità record dell’Ungheria durante la pandemia di Covid. È in parte a causa di questa distorsione mediatica che l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) ha giudicato le ultime due elezioni legislative del 2018 e del 2022, “libere ma non eque”.
La destra ungherese difende un mondo in cui le culture vivono fianco a fianco ma non si mescolano. Nel 2015, il governo ha costruito un muro anti-migranti tra Ungheria e Serbia e ha limitato il diritto d’asilo: nel 2023, solo 31 persone hanno potuto richiedere asilo e 19 hanno ottenuto lo status di rifugiati. Per compensare il calo demografico e il fatto che sempre più giovani ungheresi lasciano il Paese, il governo è andato a cercare manodopera in Asia (Filippine, Vietnam ecc.). Oggi questi “lavoratori ospiti”, che hanno pochi diritti, sono già decine di migliaia e potrebbero diventare mezzo milione, su un mercato del lavoro ungherese di 4 milioni di persone. Il miliardario George Soros, che finanzia molte ong in Ungheria, è diventato il nemico pubblico numero uno. Contro di lui sono organizzate campagne che rievocano i vecchi codici antisemiti: la “rete Soros” sarebbe istigatrice della “grande sostituzione” della popolazione europea. Eppure il primo ministro ungherese si erge a baluardo in Europa della lotta all’antisemitismo sostenendo Benjamin Netanyahu in Israele e gli ebrei ortodossi in Ungheria.
Alla frontiera, il governo ha installare cartelli con scritto “Paese family friendly”. Il discorso pubblico fa della famiglia l’unica struttura sociale valida, oltre allo Stato. Viene valorizzata la funzione procreatrice della donna. L’accesso all’aborto, legale fino a dodici settimane di gravidanza, è stato reso più complicato e ora è obbligatorio consultare un assistente sociale e ascoltare il battito cardiaco del feto prima di praticare l’intervento. Se, rispetto al passato, la società ungherese è molto più tollerante nei confronti delle persone Lgbtq+, il governo ha approfittato di una legge sulla protezione dell’infanzia per stigmatizzare gli omosessuali come pedofili, ha vietato il matrimonio tra coppie dello stesso sesso, scrivendolo nella Costituzione, e il cambio di genere.
La destra ungherese ha decretato la fine dello Stato sociale a favore di una “società del lavoro”. Il governo sta facendo il possibile per attrarre investimenti stranieri e fornire alle grandi aziende manodopera a basso costo (quattro volte più economica di quella francese, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro). Le case automobilistiche tedesche (Mercedes, Bmw, Audi) e asiatiche (Suzuki, Byd, Catl) trovano in Ungheria un paradiso fiscale: i loro guadagni sono i meno tassati d’Europa (intorno al 9%). Delle misure prese di recente permettono ai datori di lavoro di disporre a piacimento dei propri dipendenti e consentono di imporre ai dipendenti pubblici una grande quantità di ore di straordinari. I sussidi di disoccupazione sono praticamente inesistenti e limitati a tre mesi. È anche difficile protestare, perché il diritto di sciopero e i diritti sindacali sono stati notevolmente indeboliti. Lo Stato concede sovvenzioni pubbliche molto generose ai grandi gruppi e si schiera dalla loro parte nei conflitti con i lavoratori: Suzuki ha potuto eliminare i sindacati dalle sue fabbriche, Hankook impedisce illegalmente ai suoi dipendenti di scioperare e Continental ha licenziato diversi sindacalisti.
Tutto questo mentre il padre di Orbán ha acquistato una magione di campagna enorme, con tanto di scuderie, perfetta illustrazione del gusto del Fidesz per l’Ungheria feudale. La mobilità sociale è sotto la media Ocse e le riforme del sistema educativo sembrano destinate a ostacolarla ulteriormente.
L’istruzione soffre di un sottoinvestimento cronico. L’età della scuola dell’obbglo è stata abbassata e i programmi di studio sono regrediti. Il sistema fiscale favorisce le classi medie superiori, che possono beneficiare di assegni familiari. Lo Stato ha fissato un’aliquota unica di imposta sul reddito e ha l’Iva più alta d’Europa, al 27%. Un’altra batteria di misure criminalizza di fatto la povertà: la raccolta di legname per il riscaldamento durante l’inverno è punita con una multa e i senzatetto sono banditi ufficialmente da alcuni spazi pubblici. Lo Stato ha affidato alle chiese il compito di fare beneficenza ai senzatetto, i migranti, i rom, gli emarginati.
Orbán è allineato alla visione russo-cinese di un mondo multipolare libero dal dominio statunitense. La sua dottrina di “apertura a Est” punta in pratica a ridurre la dipendenza economica e politica dell’Ungheria dal mondo occidentale avvicinandola alle potenze asiatiche. Riguardo ai conflitti in corso, in Ucraina e a Gaza, l’Ungheria sta cercando di limitare la portata delle sanzioni europee contro la Russia e sta sistematicamente sabotando qualsiasi tentativo di risoluzione dell’Ue critica nei confronti del governo israeliano. Ha rafforzato la sua dipendenza energetica da Mosca dopo l’aggressione all’Ucraina del 24 febbraio 2022 e ha intensificato le sue (ottime) relazioni con il governo Netanyahu dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Orbán e il suo governo hanno assunto la presidenza di turno del Consiglio europeo il primo luglio scorso con uno slogan esplicito: “Make Europe Great Again”. Proprio nelle ultime settimane, il leader ungherese si è impegnato in prima persona per creare un gruppo parlamentare di estrema destra a Strasburgo, destinato ad avere un’influenza a lungo termine sul Consiglio Ue. A questo punto, l’Ungheria appare troppo piccola per le ambizioni del suo autocrate.
(da ilfattoquotidiano.it)
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