Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
LA NOTIZIA È STATA ACCOLTA MOLTO NERVOSAMENTE A PALAZZO CHIGI. LA MELONI AVEVA RECLAMATO PER L’ITALIA IL RUOLO, MA TANTO PER CAMBIARE È STATA IGNORATA. E PER RIPICCA HA CHIESTO AI SUOI DELEGATI DI ESPRIMERE UNA PROTESTA FORMALE CON UNA LETTERA DELL’AMBASCIATORE PERONAC
Il governo italiano non ha preso bene la decisione della Nato di nominare lo spagnolo Javier Colomina nuovo rappresentante speciale per i rapporti con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha inviato una lettera a Jens Stoltenberg, segretario generale dell’Alleanza Atlantica, in cui esprime sorpresa e disappunto per la scelta. La nomina di Colomina, spiega l’Ansa, è comunque da considerarsi ad interim e non è ancora stata formalizzata. Inoltre, la scelta potrebbe decadere già ad ottobre, quando l’olandese Mark Rutte si insedierà alla guida della Nato. Fonti del governo italiano, interpellate dall’Ansa, parlano di «forti perplessità» in merito alla scelta di Colomina.
Le critiche delle opposizioni
Nel frattempo, le opposizioni vanno all’attacco. «L’isolamento di Meloni trova continue conferme e a pochissimo servono i tentativi del ministro degli Esteri di mantenere un contatto con il resto della comunità internazionale», scrive sui social Ivan Scalfarotto, responsabile Esteri di Italia Viva. «Alla Nato – aggiunge il deputato di IV – hanno deciso di assegnare la responsabilità per il fianco sud allo spagnolo Javier Colomina e dunque addio ambizioni italiane per una posizione che riguarda il cuore degli interessi nazionali».
(da agenzie)
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Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
LA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE ERA DETERMINATA A METTERSI NELLE CONDIZIONI DI NON CHIEDERE L’APPOGGIO DI FDI E AVEVA DATO DISPOSIZIONI DI CALCOLARE IN ANTICIPO IL NUMERO DEI FRANCHI TIRATORI
Alcuni collaboratori di Ursula Von der Leyen non nascondono la contentezza per come la votazione sulla presidenza della Commissione Ue. Uno fra tutto, il più vicino alla Presidente, ha descritto l’umore di Ursula “super glad” (molto sollevata).
Ursula, invece, sarebbe molto delusa del comportamento della Meloni per l’astensione alla sua candidatura al Consiglio Europeo, dove si esprimeva come governo e non come partito. Specialmente dopo tutte le attenzioni riservate all’Italia.
Von der Leyen era del tutto determinata a mettersi nelle condizioni di non chiedere i voti di FdI. Aveva quindi dato disposizioni di fare tutte le verifiche per calcolare in anticipo il numero dei franchi tiratori, risultato intorno al 5/6%.
A questo punto nei due contatti telefonici con la Meloni ha potuto svelare di non aver chiesto i voti di FdI. Anzi temeva che sotto la spinta di Tajani la Meloni avrebbe giocato la carta del voto favorevole di FdI per incastrarla politicamente. L’atteggiamento della Presidente italiana ha permesso alla Presidente della Commissione di rispondere a una maggioranza chiara e di non essere in debito con Giorgia Meloni.
(da Dagoreport)
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Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
“IL BLOCCO DELLE LICENZE COMPROMETTE I DIRITTI DEI CITTADINI”
Una sentenza della Corte Costituzionale prova a mettere mano al settore dei trasporti «non di linea» e a mandare in archivio le immagini delle code infinite di passeggeri e turisti fuori degli aeroporti e stazioni ferroviarie.
Il verdetto, depositato oggi 19 luglio, boccia il decreto del 2018 che aveva bloccato il rilascio di nuove licenze per gli Ncc e di fatto alzato una barriera a ogni allargamento del servizio.
La Corte ha dichiarato incostituzionale il decreto originario con parole molto nette: «La norma – scrivono i giudici in una nota – ha causato in modo sproporzionato un grave pregiudizio all’interesse della cittadinanza e dell’intera collettività». I servizi di autotrasporto «non in linea» (vale a dire taxi e Ncc) concorrono alla effettiva libertà di circolazione « che è la condizione per l’esercizio di altri diritti».
«La forte carenza dell’offerta – ecco un altro passaggio della nota – che colloca l’Italia tra i Paesi meno attrezzati al riguardo….ha indebitamente compromesso non solo il benessere del consumatore ma anche qualcosa di più ampio che attiene all’effettivo godimento di alcuni diritti costituzionali oltre che all’interesse dello sviluppo economico del Paese»
La sentenza dei giudici costituzionali prende di mira in particolare l’articolo 10 del decreto del 2018 varato dal governo gialloverde (Conte 1) in questo passaggio: «A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto …non è consentito il rilascio di nuove autorizzazioni per l’espletamento del servizio di noleggio con conducente con autovettura». Uno dei risultati di questo stop sono state le infinite code e le infinite attese degli utenti alla ricerca di un’auto pubblica e ha consentito «di alzare una barriera all’ingresso di nuovi operatori». «È rimasta inascoltata – sottolinea il provvedimento – la preoccupazione dell’Autorità Garante della concorrenza per la quale l’ampliamento dell’offerta risponde all’esigenza di far fronte a una domanda elevata e insoddisfatta soprattutto nelle aree metropolitane caratterizzate da maggiore densità di traffico e dall’incapacità del trasporto pubblico di linea e del servizio taxi a coprire interamente i bisogni di mobilità della popolazione».
Il confronto tra città italiane e straniere è in effetti impietoso. Andrea Giuricin, esperto del problema, fa ad esempio notare che a Roma circolano 7800 taxi e a Madrid 16 mila oltre a 9 mila NCC. «Ma a Roma abbiamo il 75% dei pernottamenti turistici in più di Madrid».
La pubblicazione della sentenza ha immediatamente riacceso il dibattito sul tema «Chiediamo alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di convocare rapidamente un tavolo di concertazione per una nuova legge quadro sul trasporto pubblico non di linea».
Così Andrea Romano, presidente di MuoverSi’ Federazione NCC e Mobilità, che riunisce le principali associazioni del settore Noleggio con Conducente, aggiungendo. «Oggi la sentenza della Corte Costituzionale assesta un colpo definitivo alla già traballante credibilità della legge gravemente punitiva verso decine di migliaia di operatori e aziende».
Positivo anche il commento di Uber, piattaforma interessata allo sviluppo del servizio di trasporto: «La sentenza pone fine a uno stallo durato 6 anni e rimuove gli ostacoli all’endemica scarsità di servizi di trasporto delle città italiane. Speriamo che il governo prenda atto della decisione» dichiara il general manager della società, Lorenzo Pireddu.
(da agenzie)
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Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
LE RICHIESTE DI REFERENDUM ABROGATIVO CONSEGNATE IN CASSAZIONE… E DA DOMANI AL VIA I BANCHETTI CONTRO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Contro il Jobs act la Cgil ha raccolto 4 milioni di firme. E questa mattina una delegazione del sindacato, guidata dal segretario generale Maurizio Landini, le ha depositate presso la Corte di Cassazione dopo averle trasportate con tre furgoni raccolte in 1.036 scatoloni.
«Quattro milioni di firme raccolte. Firme di cittadini che chiedono di poter votare e cambiare le leggi sbagliate, affermare la libertà nel lavoro e nella vita, la libertà di non essere precari, sfruttati e di non morire sul lavoro» ha commentato Landini. «La Cgil – ha poi aggiunto – si è messa a loro disposizione, e oggi si apre una fase nuova: portare a votare 25 milioni di persone per cambiare questo Paese e per rimettere al centro il lavoro, i diritti e la libertà delle persone».
La campagna referendaria, partita il 25 aprile scorso, ha l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone che per vivere devono lavorare. «Il lavoro deve essere tutelato, in quanto diritto costituzionale – ha spiegato Landini -. Deve essere sicuro, perché di lavoro si deve vivere e non morire. Deve essere dignitoso e perciò ben retribuito. Deve essere stabile, perché la precarietà è una perdita di libertà».
I 4 quesiti
In tutto sono quattro quesiti i referendari promossi dalla Confederazione per un lavoro tutelato, sicuro, dignitoso, stabile.
Il primo quesito punta ad abrogare le norme che impediscono il reintegro al lavoro in caso di licenziamenti illegittimi. In particolare si interviene a ripristinare per tutte le lavoratrici e per tutti i lavoratori operanti in unità produttive con più di 15 dipendenti la normativa dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori come modificato dalla legge n. 92 2012, ossia la regola della reintegrazione nel posto di lavoro nei casi più gravi di licenziamento (perché del tutto privi di giusta causa o giustificato motivo, oggettivo o soggettivo).
Il quesito numero 2 riguarda l’abrogazione delle norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese. Si interviene a tutela dei dipendenti di datori di lavoro con meno di 15 addetti eliminando il tetto massimo di indennizzo in caso di licenziamento illegittimo. L’abrogazione del tetto massimo all’indennizzo consentirebbe al giudice, qualora considerasse il licenziamento illegittimo, di riconoscere una tutela adeguata alla lavoratrice e al lavoratore in considerazione di diversi parametri (età; carichi familiari; capacità economica dell’azienda) senza una preventiva limitazione del quantum.
Quindi, col terzo quesito, la Cgil vuole abrogare le norme che hanno liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine. L’effetto del quesito è il ripristino dell’obbligo di causale per il ricorso al contratto di lavoro a termine. Si prevede inoltre l’abrogazione della possibilità che la causale possa essere individuata dalle parti individuali del contratto di lavoro, che nei fatti apre la strada ad assunzioni a termine senza alcun controllo.
Infine col quesito numero 4 si vogliono abrogare le norme che impediscono, in caso di infortunio sul lavoro negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. L’utilizzo della responsabilità solidale – che il referendum mira a ripristinare nella sua totalità – è la regola di base generale volta a impedire che le diverse forme di decentramento produttivo si risolvano nella limitazione delle tutele del lavoro, facendo sì che il committente si rivolga ad appaltatori solidi finanziariamente e in regola con le norme antinfortunistiche.
La campagna contro l’autonomia
Chiusa una campagna ne parte subito un’altra, quella per abrogare la legge sull’Autonomia differenziata. Questa volta, sul fronte sindacale, assieme alla Cgil c’è anche la Uil che in questa battaglia sono al fianco dei partiti di opposizione. A partire da domani sono previsti banchetti in tutta Italia per raccogliere le firme a favore del referendum abrogativo della “legge Calderoli” a cura del Comitato promotore formato dalle due confederazioni, partiti politici di opposizione e associazioni della società civile.
«Si tratta di una legge che divide il Paese e che segnerà ulteriori solchi nei divari territoriali, non solo tra il Nord e il Sud, ma anche tra aree urbane e aree interne, aumentando ancor di più le disuguaglianze sociali” segnala la Uil in una nota. «Ci sono diritti, come quelli al lavoro, alla salute e cura, all’istruzione, che non possono e non devono essere oggetto di devoluzione completa alle Regioni – spiega il sindacato guidato da Pierpaolo Bombardieri -. Anche la Uil, dunque, chiede una firma per fermare una legge iniqua e sbagliata e per salvare l’indivisibilità dell’Italia; tutelare la sanità pubblica e universale; proteggere la scuola e l’unitarietà dell’insegnamento; difendere i contratti nazionali di lavoro; sostenere la competitività dei sistemi produttivi e industriali; garantire l’uniformità dei Lep su tutto il territorio nazionale; assicurare un robusto sistema di perequazione».
In particolare la Uil domani sarà a Roma in piazza Gimma dalle 9.30 alle 13, mentre la Cgil alla stessa ora presidierà l’Ospedale San Filippo Neri, presente anche Landini che alle 18 sarà poi a Ostia inn piazza Anco Marzio.
(da Il Corriere della Sera)
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Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
IL PRIMO CITTADINO È INDAGATO PER LA TRATTATIVA SULL’AREA DEI PILI, DI SUA PROPRIETÀ, AL MAGNATE DI SINGAPORE CHING CHIAT KWONG, ANCHE LUI ISCRITTO NEL REGISTRO… IL MILIARDARIO AVREBBE PAGATO 73MILA EURO DI CONSULENZE INESISTENTI ALL’ASSESSORE BORASO (CHE SI È DIMESSO) PER L’ACQUISTO DI PALAZZO PAPADOPOLI
“Sono pronto alla mia Via Crucis”. Così ha affermato il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, con indiretto riferimento all’inchiesta per corruzione in cui è indagato, aprendo stamane il Consiglio della città Metropolitana, convocato a Ca’ Corner.
Il magnate di Singapore, l’uomo nuovo di Venezia, il grande investitore che voleva conquistare la città passando dal progetto avveniristico dei Pili, l’area di proprietà del sindaco Luigi Brugnaro, è finito nel registro degli indagati della Procura di Venezia. A Ching Chiat Kwong contestano la somma di 73 mila euro che è stata versata sui conti della società dell’assessore Renato Boraso per l’acquisto di Palazzo Papadopoli.
Somma giustificata da fatture per consulenze che gli inquirenti ritengono inesistenti. «Veniva corrisposta a Boraso da Claudio Vanin (il grande accusatore, ndr), su indicazione di Lotti (Luis Lotti, il manager italiano di Kwong, ndr)», scrive il gip nell’ordinanza che ha portato in carcere Boraso e un imprenditore e altri sette ai domiciliari.
Nel frattempo Boraso ha rassegnato le proprie dimissioni da assessore alla Mobilità del Comune di Venezia, come aveva anticipato il suo legale Umberto Pauro. E oggi, all’interrogatorio di garanzia (non sarà presente il gip di Venezia Alberto Scaramuzza, ma un giudice di Padova) l’ormai ex amministratore pare intenzionato ad avvalersi della facoltà di non rispondere. Come pure gli altri indagati che saranno sentiti in giornata.
A partire dall’imprenditore Fabrizio Ormenese, in carcere a Venezia. Proseguendo con Daniele Brichese, legale rappresentante della Tecnofon, l’azienda che si era aggiudicata gli appalti per l’efficientamento energetico delle scuole della Città metropolitana e che, in cambio degli aiuti di Boraso, avrebbe versato diecimila euro l’anno e il 4 per cento di ogni gara vinta. Sempre oggi sarà sentita Alessandra Bolognin, la funzionaria della società pubblica Ive, ai domiciliari perché avrebbe favorito gli imprenditori «amici» dell’assessore, pur nutrendo forti dubbi, come avrebbe riferito dopo aver assistito a una richiesta di pagamento di 40 mila euro in due trance.
«Boraso è assessore alla Mobilità ma fa il mediatore immobiliare di fatto», dice intercettata spiegando di avergli espresso la sua contrarietà. «Ma Renato, non puoi, gli ho detto», si confida al telefono. Anche lei dovrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere. Anche perché non ha avuto il tempo materiale di leggere gli atti dell’inchiesta
(da Corriere della Sera)
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Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
LA CONSIGLIERA DEL CSM VOLUTA DA LA RUSSA LO SAPEVA CHE STAVA VIOLANDO IL SEGRETO IMPOSTO DALLA CAMERA DI CONSIGLIO
Emerge un mondo profondo dal dialogo avvenuto il 3 novembre del 2023 a Paternò, nello studio dell’avvocato Salvatore Milazzo. È possibile raccontarlo grazie a un audio registrato, trascritto, trasmesso al Csm dallo stesso avvocato di Maria Fascetto Sivillo, Carlo Taormina, e poi inviato alla procura di Roma.
È un atto che racconta di un incontro avvenuto tra la giudice Fascetta Sivillo, Rosanna Natoli, l’avvocato Milazzo e il collega Giuseppe Failla. L’obiettivo è quello di aiutare la magistrata sotto procedimento disciplinare. Quella causa, dice Natoli, «l’hanno perorata in tanti». Avvocati, amici e, stando alle parole di Natoli: «C’e stata Claudia Eccher (consigliera del Csm, ex avvocata di Matteo Salvini ndr ) che mi ha chiesto anche un occhio di riguardo».
Quindi «questa situazione la vogliamo risolvere, e la dobbiamo risolvere». Perché «per il fatto che me l’aveva detto Pippo – prosegue Natoli – io avevo preso a cuore la sua situazione…». «Ho preso i suoi procedimenti e me li sono riuniti a me…è stato veramente un gesto di amicizia…perché sono 10 faldoni che mi sono accollata ». Quindi «abbiamo cercato di mettere ordine alla sua situazione… stralciando alcuni capi…e andando ad individuare…l’area della diffamazione, me la sono pigliata io».
Solo che la giudice durante un’udienza ha parlato di una collega, ha detto che ha un amante. Quindi Natoli spiega: «Questa vicenda un po’ ha permeato questo suo percorso professionale, e io le do tutte le ragioni del mondo, e io le credo, ma non sono io che la credo. Ma la crediamo tutti in Disciplinare». Solo che «quel giorno, con quel suo sfogo, mi rovinò il lavoro che io avevo fatto». Quindi, «e su questo sto violando il segreto della Camera di Consiglio, dicono tutti; “ha subito un sopruso ma a me mi sembra, poverina, che sia andata in tilt…”».
(da la Repubblica)
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Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
L’ITALIA HA BOCCIATO LA RIFORMA DEL MES, HA UNA PROCEDURA DI INFRAZIONE APERTA PER LA MANCATA MESSA A GARA DELLE CONCESSIONI BALNEARI, HA DETTO NO ALLA DIRETTIVA CHE PROMETTE DI METTERE AL BANDO LE AUTO A BENZINA E DIESEL NEL 2035, HA BOCCIATO QUELLA SULLE CASE GREEN: L’ARROGANZA NON PAGA
Se non fosse per il sì del partito dell’altro vicepremier – Antonio Tajani – il no dei gruppi di Giorgia Meloni e Matteo Salvini alla conferma di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea non avrebbe precedenti. Mai era accaduto nella storia dell’Unione che l’Italia – uno dei sei Paesi fondatori – si schierasse apertamente contro la maggioranza che esprime l’esecutivo comunitario. Un governo del quale – per inciso – l’Italia farà parte in ogni caso: ciascuno dei ventisette ha diritto a un posto da commissario.
La premier dice che quanto accaduto non avrà conseguenze per l’interesse nazionale italiano, il Partito democratico sostiene il contrario ed ha già chiesto un’informativa urgente in Parlamento. L’Italia resta la terza economia e la seconda manifattura dell’Europa, dice Meloni: tutto vero. Ma è difficile dare credito alla tesi che votare a favore o contro von der Leyen fosse la stessa cosa. Basta mettere in fila le scelte precedenti del governo Meloni e tutte le trattative che l’attendono di qui in poi.
La prima, e più decisiva delle conseguenze del no: quale delega affidare all’Italia nella nuova Commissione. Fino a ieri Raffaele Fitto, il (fin qui) probabile candidato italiano a quella poltrona, avrebbe potuto aspirare ad una delega da vicepresidente esecutivo e ad un portafoglio importante. Si sono fatte molte ipotesi, fra cui economia e concorrenza. Ora le chance che ciò avvenga sono ridotte a zero o quasi. Dopo il voto di ieri a Bruxelles circolavano due ipotesi: affidare all’Italia la delega sulla sburocratizzazione o quella per il Mediterraneo
L’altro dossier delicatissimo per l’Italia è la prima applicazione del nuovo Patto di stabilità. L’ultima volta in cui l’Italia si mostrò con una postura antieuropea – correva il 2018 – il governo gialloverde di Giuseppe Conte fu costretto a riscrivere la legge di Bilancio per il 2019. L’approccio del ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti è molto lontano da quello a cui si piegò Giovanni Tria: ha già detto che non c’è spazio per l’aumento della spesa pensionistica, né per una manovra che non rispetti le indicazioni della Commissione.
Resta il fatto che l’Italia nel frattempo ha bocciato la riforma del fondo salva-Stati, ha una procedura di infrazione aperta per la mancata messa a gara delle concessioni balneari, ha detto no alla direttiva che promette di mettere al bando le auto a benzina e diesel nel 2035, ha bocciato quella sulle case green. Tutte scelte legittime, che però messe insieme danno l’impressione di un approccio ideologico e danno l’alibi ai peggiori istinti anti-italiani che albergano in alcune stanze di Bruxelles.
Solo i lunghi rituali per la formazione della nuova Commissione permetteranno all’Italia di avere dall’altra parte del tavolo fino a novembre il commissario uscente all’Economia Paolo Gentiloni. Dal 2025 l’interlocutore del secondo debito dell’Unione non sarà più italiano. Nel frattempo i tassi di interesse della Banca centrale europea inizieranno a scendere, ma più lentamente di quel che all’inizio dell’anno era prevedibile immaginare. […] Più lentamente scendono i tassi, più sarà alto il costo degli interessi sul debito, una delle voci più costose del bilancio italiano. Per Giorgetti, che nel frattempo deve concordare la «traiettoria tecnica» dei conti italiani dei prossimi sette anni, sarà una grana in più.
E poi c’è il destino del Recovery Plan. Proprio Giorgetti ha iniziato a chiedere con insistenza una proroga alla scadenza (fin qui) inderogabile di giugno 2026 per completare le opere. Ma può il Paese che ha detto no a von der Leyen chiedere ulteriori deroghe all’attuazione di un piano per il quale ha già ottenuto svariate concessioni?
(da la Stampa)
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Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
LE VITTIME: “NESSUNO DEI PRESENTI E’ INTERVENUTO, HANNO PREFERITO FILMARE”… RIBADIAMO, LEGITTIMA DIFESA PER SPURGARE LA FOGNA OMOFOBA
Grave aggressione omofoba a Roma, dove una coppia di ragazzi gay è stata brutalmente picchiata in strada da un gruppo di quattro persone, tre uomini e una donna, con pugni e cinghiate. La scena è stata ripresa da un video, diffuso dal Gay Help Line per denunciare quanto accaduto e nel tentativo che vengano identificati i responsabili. Secondo quanto ricostruito dal Gay Center, i due ragazzi erano appena usciti da una serata a tema lgbtqia+ e stavano attraversando la strada, mano nella mano, quando un’auto ha bloccato loro il passaggio e si è fermata. Tre uomini e una donna sono scesi dall’auto e hanno iniziata ad aggredire con violenza i ragazzi, tirandogli calci, pugni e cinghiate, mentre – hanno dichiarato le vittime – lanciavano insulti omofobi. La violenza, che risale allo scorso weekend attorno alle 4 di notte, è avvenuta in presenza di testimoni, ma nessuno è intervenuto per fermare l’aggressione, scegliendo di filmare quanto stava accadendo. Nel frattempo, gli investigatori hanno avviato indagini per individuare i responsabili e sono al vaglio il video dell’aggressione omofoba ed eventuali immagini delle telecamere di videosorveglianza.
Le vittime: «Nessuno è intervenuto, hanno preferito filmare»
Dopo l’aggressione, le vittime si sono precipitate in pronto soccorso e hanno denunciato l’aggressione alla polizia, chiedendo poi supporto legale al Gay Help Line, che offre assistenza alle vittime di omobitransfobia. «Non possiamo più accettare di vivere in una società dove la violenza, come quella che abbiamo subito, è ancora una triste realtà», dichiarano i due ragazzi aggrediti, tramite una nota diramata dal Gay center. «Siamo stanchi di dover avere paura di passeggiare mano nella mano, di guardarci continuamente alle spalle, di vivere con l’ansia costante di essere vittime di atti insensati. Oltre al dolore fisico del pestaggio, ci ha ferito profondamente l’indifferenza di chi ha assistito alla scena. Anziché intervenire per aiutarci, queste persone hanno preferito filmare l’accaduto e pubblicarlo sui social, beffandosi del nostro dolore», denunciano. «Rivedendo il video – concludono – siamo rimasti sconvolti dalla ferocia con cui siamo stati attaccati, senza che nessuno temesse le gravi conseguenze che un simile gesto poteva avere».
(da agenzie)
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Luglio 19th, 2024 Riccardo Fucile
“OCCORRE COSTRUIRE UN CENTRO CHE GUARDI A SINISTRA, PER DIRLA CON DE GASPERI”
Matteo Renzi ha deciso di abbracciare il «Campo largo» dopo l’abbraccio immortalato durante la Partita del cuore con Elly Schlein. Al Corriere della Sera, il leader di Italia Viva parte proprio da quella foto che solo lui ha pubblicato, a differenza della segretaria dem, e dice chiaro e tondo di voler lavorare a un’alleanza con Pd e M5s «senza veti». Alla domanda di Maria Teresa Meli su una possibile alleanza con Schlein e Giuseppe Conte, Renzi taglia corto: «Non facciamola lunga: non è solo possibile, ma è anche l’unica alternativa per evitare che ci teniamo per lustri Giorgia Meloni con sorelle, cognati e compagnai cantante». Secondo Renzi le alternative sono due per battere la maggioranza di governo: «Subire o reagire. Per reagire va costruita l’alternativa, dichiarando chiusa la stagione dei veti e mettendo insieme i voti».
Che cosa è cambiato dopo le Europee
La svolta di Renzi sarebbe maturata dopo il risultato delle Europee, dove Italia Viva con +Europa ha solo sfiorato il 4% non portando nessun candidato al Parlamento europeo. Prima ancora c’era stato il naufragio del Terzo polo, dopo le liti con Carlo Calenda. Secondo Renzi ormai le condizioni del passato sono cambiate: «Forte del successo alle Europee, il Pd di Schlein ha detto: vogliamo costruire l’alternativa e per farlo non mettiamo veti. Questo significa che cade il veto che su di noi era stato messo nel 2022. Ma anche noi abbiamo un obbligo, allora: non possiamo mettere veti sugli altri, a cominciare dai Cinque Stelle. Il no ai veti non può che essere reciproco».
Il contributo «decisivo» di Italia Viva
Quel risultato dello scorso giugno, secondo Renzi ha comunque dimostrato che Italia Viva può essere decisiva alle Politiche: «Noi alle Europee abbiamo sfiorato il 4% e dunque abbiamo un consenso che alle prossime politiche può fare la differenza in almeno una trentina di collegi marginali. Saremmo decisivi. Per noi è tempo di scelte. O si riapre la partita del Terzo Polo o si prende atto che il centro è decisivo solo se si allea in modo strutturale».
(da agenzie)
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