Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
CALA IL CONSENSO PER MELONI, AUMENTA QUELLO PER ELLY SCHLEIN, GIU’ SALVINI… HA FIDUCIA NEL GOVERNO MELONI SOLO IL 39,2% DEGLI ITALIANI
La premier Giorgia Meloni resta in testa nelle preferenze degli italiani tra i leader politici, ma cala leggermente attestandosi al 43,1% del consenso (-0,1%). È quanto emerge da un sondaggio Dire-Tecnè con interviste effettuate il 18 e 19 luglio.
Al secondo posto confermato Antonio Tajani al 36,1% (+0,1%), segue Elly Schlein al 31,2%: la segretaria del Pd guadagna un +0,1%.
Stabile il leader pentastellato Giuseppe Conte mentre cala il segretario della Lega Matteo Salvini perde lo 0,2 e si attesta al 27%.
Più indietro Emma Bonino al 22,2 (-0,3%), Carlo Calenda al 20,1 (-0,1), Angelo Bonelli al 16,5 (+0,1), Nicola Fratoianni al 16 (-0,1), Matteo Renzi al 14,6 (+0,2%).
SONDAGGIO DIRE-TECNÈ: FDI STABILE AL 28,7%, SALGONO PD E M5S
Fratelli d’Italia è stabile al 28,7% e resta il primo partito. Il Pd guadagna lo 0,1% e sale al 24,6.
Stabile al terzo posto Forza Italia che guadagna lo 0,2% e va al 10,2%. L’M5S sale al 9,8% (+0,1), mentre la Lega perde lo 0,1 e cala all’8,4%. Seguono Avs al 6,9% (+0,1), Azione al 3,2% (+0,1), Più Europa al 2% (-0,2). Chiudono Italia Viva al 2% e Pace terra e dignità all’1,6%.
Aumenta leggermente la fetta di popolazione che ha fiducia nell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Il governo guadagna uno 0,1% rispetto alla scorsa settimana e si attesta al 39,2%. Al contempo aumenta anche la percentuale di chi non ha fiducia che arriva al 53,7% (+0,2%). Non sa il 7,1%.
(da agenzie)
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Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
ALIMENTERÀ LA PROPAGANDA SULLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ITALIA AI TEMPI DI GIORGIA… LA POLEMICA È SERVITA SU UN PIATTO D’ARGENTO ALLE OPPOSIZIONI: “CON SECHI NASCE IN RAI IL ‘SERVIZIETTO PUBBLICO’”
Un programma non si nega a nessuno e anche Mario Sechi, ex portavoce della premier Giorgia Melonie direttore di Libero , avrà il suo: si intitola Che magnifica impresa . I vertici Rai, che non vogliono sentir parlare di TeleMeloni, sono smentiti nei fatti. Gli amici non si lasciano fuori.
La trasmissione di Sechi si intitola Che magnifica impresa e andrà in onda dal 26 novembre in prima serata su Rai Storia. «Sei puntate sull’immaginario, la manifattura e l’impresa italiana.
Sechi lasciò l’incarico di capo della comunicazione della premier pare per tensioni interne. A Lilli Gruber, che a ottobre, a Otto mezzo , gli aveva chiesto spiegazioni, aveva risposto: «Perché mi hanno offerto la direzione di un giornale e il giornale è il primo amore, io faccio scelte professionali». C’è rimasta male Giorgia Meloni? «Abbiamo deciso insieme. «Qualcuno avrà anche brindato» aveva ironizzato Gruber. «Ah non lo so, noi brindiamo ogni volta che ci vediamo » aveva chiosato Sechi.
Le opposizioni non faticano a individuare il problema e già chiedono, dal Pd, un’audizione dei vertici Rai in commissione di Vigilanza «su questo ennesimo caso che alza l’allerta “amichettismo” a viale Mazzini».
È un programma che, come sottolineano nel Movimento 5 stelle, ha tutta l’aria di essere stato «confezionato ad arte per essere utile alla narrazione del centrodestra e di Meloni: si dipinge un’Italia senza ombre, gonfia d’un orgoglio di plastica, mentre fuori c’è la realtà, con la gente che non arriva alla fine del mese. Propaganda purissima».
Piuttosto duro anche l’intervento dei componenti del Pd in commissione di Vigilanza Rai: «Di giorno, con Libero, Sechi potrà continuare a lavorare alla fanfara del governo e all’attacco delle opposizioni; la sera si potrà invece dilettare nella conduzione di un programma Rai su “l’Italia che ce la fa” ai tempi del governo Meloni», scrivono in una nota.
Quella di Sechi, proseguono i Dem, «è davvero una carriera fruttuosa: con lui nasce in Rai il “servizietto pubblico”». Si unisce alle critiche anche l’Alleanza Verdi e Sinistra: «Un programma che tesserà le magnifiche lodi del governo ovviamente – sostiene il senatore Peppe De Cristofaro –. Da un lato stanno occupando la Rai, dall’altra mandano via chi non è d’accordo».
Il riferimento di De Cristofaro è al caso di Serena Bortone, che aveva fatto scoppiare lo scandalo del monologo di Antonio Scurati, censurato il 25 aprile: «Bortone è scomparsa dai palinsesti televisivi. Troverà forse spazio in radio. D’altra parte in Rai va così – sostiene il senatore di Avs –, se sei di destra ti fanno condurre una trasmissione, in alcuni casi con disastrosi insuccessi, se invece ti definiscono di sinistra, ti accompagnano alla porta. Se non è TeleMeloni questa».
(da agenzie)
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Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
LA SORA GIORGIA A CHI LE HA CHIESTO CHI PREFERISSE TRA BIDEN E TRUMP HA RISPOSTO: “AI CONSERVATORI EUROPEI È ISCRITTO ANCHE IL PARTITO REPUBBLICANO TRA I PARTITI GLOBAL, QUELLI ESTERNI ALL’UE”
Dopo la sconfitta subita giovedì scorso a Strasburgo con l’elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, al governo italiano viene assestato un altro schiaffo. Stavolta, però, non si tratta di una nomina dell’Ue, ma una della Nato. Il segretario generale uscente dell’Alleanza ha infatti scelto lo spagnolo Javier Colomina come rappresentante speciale per i rapporti con i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo.
Giorgia Meloni è andata su tutte le furie. Ha protestato direttamente con Stoltenberg. E l’ambasciatore italiano presso la Nato gli ha spedito una lettera manifestando «sorpresa e disappunto» per la scelta compiuta martedì scorso. L’irritazione italiana è ancora più marcata perchè la designazione è stata decisa quattro giorni dopo la fine del vertice del Patto atlantico di Washington. In quell’occasione la presidente del consiglio aveva esplicitamente avanzato la candidatura italiana con uno dei diplomatici della presidenza del consiglio. E pensava di aver ricevuto rassicurazioni a questo proposito.
Anche perchè sul fronte meridionale l’Italia aveva insistito con decisione al summit di Washington ottenendo riferimenti espliciti nella dichiarazione finale. Proprio nella capitale americana Meloni aveva detto: «È stato ribadito l’impegno ad aumentare la sicurezza degli alleati sul fianco sud. L’Italia è stata ascoltata ». E aveva aggiunto: «C’è una nuova fase di attenzione al fianco Sud e una presa di coscienza, c’è un pacchetto di misure, con l’indicazione di un inviato speciale, ruolo per cui l’Italia intende presentare la sua candidatura ». L’ascolto, però, non è stato cosi attento come sembrava.
Non solo. In qualche modo, in un colloquio con Mark Rutte, il futuro segretario generale della Nato, la premier aveva ottenuto qualche garanzia su questo incarico. Il via libera all’ex premier olandese era stato insomma sottoposto a questa condizione. Senza considerare, però, che Rutte entrerà formalmente in carica solo il prossimo novembre.
Il secondo aspetto riguarda proprio il pacchetto di nomine approvato dal segretario generale uscente nei suoi ultimi 3-4 mesi di mandato.
Palazzo Chigi non si aspettava che Stoltenberg desse in extremis il via libera a una serie di incarichi così importanti. Palazzo Chigi, Farnesina e ministero della Difesa hanno contestato almeno sei nomine varate – a loro giudizio senza concorso o comunque bypassando le procedure normali: dal Segretario del Consiglio al capo delle risorse umane fino al ruolo di portavoce. Proteste, però, che sono servite a ben poco.
L’unica ancora di salvezza è rappresentata dal mandato a termine assegnato a Colomina. Secondo Stoltemberg, infatti, la sua nomina è a tempo ed è legata esclusivamente alla sua permanenza nel Quartier Generale di Bruxelles. Ossia fino al prossimo 31 ottobre. A quel punto il suo successore Rutte potrebbe incaricare un altro candidato.
Il punto, però, è che il governo italiano nel giro di una settimana ha subito a livello internazionale due sonore sconfitte. E la scelta compiuta in questi giorni dall’alleanza Atlantica pone un problema di credibilità dell’esecutivo soprattutto in vista delle prossime scadenze. La sensazione più diffusa, nella sede dell’Alleanza a Bruxelles e anche nei vertici Ue, che l’affidabilità di Palazzo Chigi si stia progressivamente riducendo. Soprattutto in prossimità di un possibile cambio della guardia alla Casa Bianca.
Molti iniziano a guardare con sospetto l’eventualità che Meloni compia un’inversione ad U nella sua politica estera atlantista e abbracci la visione di Donald Trump attraverso un rinnovato feeling con l’ungherese Orban.
Del resto, sempre la scorsa settimana a Washington, rispondendo ad una domanda su chi preferisse tra Trump e Biden, la premier italiana aveva risposto: «L’Italia e gli Stati Uniti hanno rapporti estremamente solidi e quei rapporti non sono mai cambiati nonostante il mutare dei governi. Poi le mie idee politiche le conoscete bene, sapete anche che io sono presidente dei conservatori europei. Sapete pure che ai conservatori europei è iscritto anche il Partito repubblicano tra i partiti global, quelli esterni all’Ue». Un segnale che non è passato inosservato
(da La Repubblica)
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Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
AVREBBE DI FATTO “REGALATO” PIÙ DI 1500 SPOT SU MAXI SCHERMO ALLA LISTA “NOI MODERATI”… SEMPRE PIÙ PROBABILE IL PROCESSO IMMEDIATO PER TOTI, SPINELLI E SIGNORINI
Nel giorno in cui il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ora sospeso dalla carica, non risponde alle domande del giudice dopo aver ricevuto la seconda ordinanza cautelare, a parlare sono le nuove accuse che, ora dopo ora, vengono meglio cristallizzate dagli inquirenti.
Toti e Maurizio Rossi, ex senatore, responsabile della società Programmazioni Televisive spa (Ptv) ed editore dell’emittente locale Primocanale, sono indagati per finanziamento illecito anche per quanto riguarda la campagna elettorale per le politiche del 2022.
Nel mentre, la Procura sta valutando se richiedere il processo immediato per Toti, l’imprenditore portuale Aldo Spinelli e l’ex capo del porto genovese Paolo Emilio Signorini. Tutti accusati di corruzione e ai domiciliari (Signorini è uscito dal carcere lunedì).
Come riferisce anche la gip Paola Faggioni nell’ultima ordinanza che, giovedì, ha disposto nuovi arresti domiciliari per il presidente ligure, il nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza ha ricostruito come Rossi avrebbe di fatto regalato alla lista “Noi moderati – Italia al centro con Toti” [più di 1.500 spot elettorali sul maxi schermo gestito da Ptv spa e che sovrasta la sede di Primocanale.
A fronte di un contratto stipulato con il Comitato Giovanni Toti Liguria per soli 30 passaggi di una clip, per un totale di 450 euro. Mentre il valore complessivo degli spot trasmessi sul maxischermo – 1.598 per la precisione – per chi indaga è stato di 24.420 euro. Chi ha pagato quei 23.970 euro mancanti
Le ipotesi su cui lavorano gli investigatori, sono di fatto due: o qualcuno ha pagato i passaggi in più, com’è accusato di aver fatto l’ex manager di Esselunga Francesco Moncada per le comunali del 2022, oppure sono stati un regalo dello stesso Rossi a Toti.
E quindi l’editore avrebbe violato la legge, erogando un finanziamento sotto forma di spot «senza alcuna delibera da parte dell’organo sociale competente, senza una regolare iscrizione a bilancio e senza procedere ad alcuna dichiarazione congiunta» con lo stesso Toti, da inviare poi alla Camera dei deputati, come scrive Faggioni nell’ordinanza. Fondi, quindi, «occulti»
L’avvocato di Toti, Stefano Savi, ha depositato ieri il ricorso in Cassazione contro la decisione del tribunale del Riesame di non revocare i domiciliari cui è sottoposto dal 7 maggio il presidente regionale. Per quanto riguarda l’ultima ordinanza invece, è molto probabile, ha spiegato il legale, che non vi sia il passaggio al Riesame, ma un ricorso direttamente alla Corte suprema.
Crescono le possibilità che i pm decidano di chiedere il giudizio immediato per Toti, Aldo Spinelli e Signorini per l’accusa di corruzione per le concessioni in porto del Terminal Rinfuse e di Calata Concenter, per la spiaggia di Punta dell’Olmo, tra Varazze e Celle Ligure, che Spinelli voleva ad uso privato per collegarla al proprio complesso residenziale e per l’apertura del MELO SECHI supermercato Esselunga a Sestri Ponente.
Per chiedere l’immediato, si devono attendere i dieci giorni di tempo che Toti ha per contestare la nuova ordinanza al Riesame. Dovesse farlo, l’ipotesi immediato si allontanerebbe, come prevede la norma. Insomma, ai primi di agosto la richiesta potrebbe partire. A quel punto il gip fisserebbe la prima udienza saltando la fase dell’udienza preliminare. La prima seduta potrebbe essere a novembre.
(da “La Stampa”)
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Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
STUFO DELL’APPIATTIMENTO SUL MELONISMO DI CICCIO TAJANI, “PIER DUDI” NON È ANCORA PRONTO PER LA DISCESA IN CAMPO….AL VIA IL CASTING TRA I VOLTI GIOVANI E MODERATI: OCCHIO AGLI OSPITI DEI TALK SHOW DI MEDIASET
È tornare alle origini, ma creando qualcosa che sembri nuovo, moderno, contemporaneo. Un partito di centrodestra, moderato, liberale, giovane, attento all’impresa, fresco. Se fosse il 1994, questa sarebbe la storia della nascita di Forza Italia. Nel 2024, è la storia della nascita della Nuova Forza Italia
Stesse persone e stesso cognome, anche se di generazioni diverse. Un anno dopo la morte del fondatore e patriarca Silvio, il figlio Pier Silvio sogna di rinverdire l’utopia politica che il papà alimentò con le tv, senza mai sanare uno dei più giganteschi conflitti di interesse dell’Occidente.
Paolo del Debbio, conduttore, intellettuale prestato alla famiglia Berlusconi, è stato incaricato di rinfrescare il Manifesto dei valori fondativi del partito azzurro, a cui sempre lui in prima persona contribuì trent’anni fa. Ci sono stati anche una serie di incontri, nelle stanze di Largo del Nazareno a Roma, dove ha lo studio Gianni Letta, e dove, quando passa a Roma, si ferma Fedele Confalonieri.
Tutti e tre– Letta (braccio destro del Cavaliere nella giungla romana), Del Debbio e Confalonieri (l’amico di infanzia , presidente Mediaset protettore degli interessi aziendali) – si sono visti e confrontati, sulle intenzioni dei due figli maggiori dell’ex premier, scomparso nel giugno 2023.
Di questi incontri e dei progetti che li animano sono informati persino dentro Fratelli d’Italia e dunque è lecito immaginare che la voce sia giunta a Giorgia Meloni. Giorni fa, una fonte di FdI a conoscenza delle faccende di casa Mediaset confessava l’imminenza di una presa di posizione di Pier Silvio, anticipando gran parte di quello che meno di 48 ore dopo l’amministratore delegato di Mediaset avrebbe sostenuto durante la presentazione dei palinsesti del Biscione.
Lo spazio politico al centro, la necessità di liberarsi dell’ombra di Meloni e di non restare schiacciati dai nazionalismi, l’europeismo, le bacchettate al segretario di Forza Italia Antonio Tajani che ancora non è riuscito a ringiovanire i volti del partito, la presa liberale e libertaria sui diritti Lgbtq, su aborto e fine vita, che confermano le parole della sorella Marina Berlusconi al Corriere («in questo mi sento in sintonia di più con la sinistra di buon senso»). Tutto scritto, tutto previsto. E Tajani qualcosa sapeva.
Dietro lo sfogo di Berlusconi jr c’è un piano che ha una direzione, ma ancora non una forma . C’è la tentazione della politica, ma anche la consapevolezza di non avere (per ora) il talento istrionico e il carisma ultrapop del padre. Un anno fa, dopo la scomparsa del fondatore, il figlio commissionò un sondaggio su una sua ipotetica discesa in campo. A quanto dicono fu, letteralmente, un disastro.
Resta la fascinazione per l’impegno politico, ammessa candidamente l’altro giorno a Milano. Ma poi? Vanno messi in fila i fatti degli ultimi mesi, partendo dall’ipotesi di vendita di Mediaset. Prima del dicembre 2023, nei giorni in cui sembrava che il polo tv sarebbe finito in mano ai tedeschi, dentro FI si cominciò a credere a un possibile futuro politico di Pier Silvio. Il partito era in crisi e pochi confidavano nelle doti di Tajani.
Venne commissionato un altro sondaggio, uno dei tanti di Mediaset, attraverso società demoscopiche, analisti ed esperti di social. La famiglia temeva l’usura del brand e del simbolo Forza Italia, che invece mostrò un’inaspettata resilienza. La vera eredità paterna.
Passa altro tempo, Forza Italia in alcuni sondaggi risulta sotto il 5 per cento. Un dramma. E così, in preparazione delle Europee, si testano le performance da leader di Tajani, in una sfida tutta interna al centrodestra, quindi confrontandole con quelle di Meloni e del capo della Lega Matteo Salvini.
Altra sorpresa: il ministro degli Esteri viene percepito come «una novità» maggiore rispetto agli altri due. La premier regge mentre per il leghista è un tracollo di consenso se misurato sulla sua persona. Alla fine avverrà il sorpasso. Tajani quasi al 10 per cento e sopra Salvini. Ma per Pier Silvio si può fare di più, anche perché i reduci del Terzo Polo, concorrenti al centro – Carlo Calenda e Matteo Renzi – hanno fallito.
La legge sull’innalzamento del tetto pubblicitario alla Rai, voluta da Salvini, è stata letta ai vertici di Mediaset come una ritorsione contro questo attivismo. In una commistione del tutto peculiare, […] Tajani sa di doversi adeguare. Anche perché sono stati i Berlusconi a garantire la sopravvivenza finanziaria degli azzurri. Nel mirino di Pier Silvio sono finiti gli uomini del vicepremier, come il fedelissimo Paolo Barelli o Maurizio Gasparri, considerati fuori linea rispetto alla nuova visione berlusconiana.
Non è un caso che, nella ridefinizione degli spazi tv, Del Debbio avrà nuovamente in mano la striscia quotidiana dell’access prime time, l’anno scorso laboratorio affidato a Bianca Berlinguer, nome dichiaratamente di sinistra scippato alla Rai. In quello spazio, Del Debbio potrà sperimentare nuove leve e volti inediti. Il casting parte anche da qui, alla maniera del Cavaliere.
Del Debbio è stato uno degli artefici della cavalcata della nuova destra. Meloni gliene è grata. Qualche anno fa propose lui come candidato premier al posto di Silvio e il feeling, nel tempo, è rimasto, come si può vedere ogni volta che la premier è sua ospite.
Inoltre, è in un suo studio che lei conobbe e si innamorò del padre di sua figlia, Andrea Giambruno, poi impallinato dalle sue volgarità nei fuorionda di Striscia la Notizia, stessa azienda di cui è dipendente. Meloni non ha mai creduto al caso e alle scuse dei Berlusconi: una ferita che non si è rimarginata.
(da La Stampa)
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Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
I LEADER DELL’OPPOSIZIONE NELLE PIAZZE DI DIVERSE CITTA’ ITALIANE PER LANCIARE LA RACCOLTA FIRME
Non solo la richiesta delle Regioni a guida centrosinistra: per il referendum contro l’Autonomia differenziata è partita anche la raccolta firme in tutta Italia. “L’Autonomia differenziata fatta dal governo Meloni spacca in due il Paese, aumenta le disuguaglianze che Sud e aree interne hanno già pagato troppo, ma è una riforma insensata anche per il Nord”, ha detto Elly Schlein da Perugia, dando il via alla mobilitazione. “Autonomia differenziata vuol dire limitare l’accesso alla salute, alla sanità pubblica, al trasporto pubblico locale, alla scuola pubblica, alle cittadine e ai cittadini a seconda di dove nascono. Non accettiamo che ci siano cittadine e cittadini di serie A e di serie B. La qualità dei servizi va garantita a tutti perché, come dice la nostra Costituzione, c’é un diritto fondamentale che è quello dell’unità nazionale che noi vogliamo difendere”, ha aggiunto la segretaria del Partito democratico.
Che non è l’unica esponente dell’opposizione a trovarsi oggi nelle piazze italiane per la raccolta firme. A iniziative simili hanno partecipato anche Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Riccardo Magi, Maria Elena Boschi e tanti altri. L’abrogazione del ddl Calderoli è la prima questione su cui tutti i partiti di opposizione, da quelli più a sinistra a quelli dell’ex Terzo Polo, si trovano d’accordo e stanno facendo battaglia comune. “Noi come partito democratico siamo ovunque testardamente unitari, lo siamo ancora di più dopo il buon risultato che abbiamo visto alle amministrative e alle europee. Quando si mette avanti un progetto condiviso su priorità concrete sono convinta che tra le forze che vogliono costruire l’alternativa alla destra si possa realizzare un’ampia convergenza”, ha aggiunto Schlein.
Giuseppe Conte è invece a Civitavecchia, dove si è anche seduto a un banchetto per raccogliere concretamente le firme e i documenti, compilando i moduli necessari. “L’Italia non si spacca. Dobbiamo fermare questa riforma che opera una secessione voluta dal governo Meloni. Non possiamo consentire che soffrano ancora di più sanità, istruzione, trasporti, infrastrutture. Dobbiamo difendere l’unità e il tricolore anche a vantaggio degli imprenditori che non possono avere sempre più burocrazia”, ha detto.
I leader dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, hanno scelto invece di raccogliere le firme a Roma. “Ci siamo: comincia la raccolta firme per il referendum sullo spacca Italia di Calderoli, una controriforma che non danneggerà soltanto il Sud aumentando in modo indecente le diseguaglianze, che già stanno segnando pesantemente la vita di milioni di famiglie, dal caos della sanità alle difficoltà della scuola pubblica. Questo provvedimento del governo della destra danneggerà tutto il Paese e il suo sistema produttivo: 20 piccoli staterelli totalmente impreparati a gestire le grandi sfide del mondo che abbiamo di fronte”, ha commentato Fratoianni.
“Oggi inizia la raccolta firme per il referendum contro lo spacca-Italia, contro coloro i quali vogliono portare a brandelli l’unità di questo Paese, mi riferisco al mercimonio di Salvini e Meloni, l’Autonomia in cambio del premierato. Noi vogliamo difendere la sanità pubblica, l’istruzione, vogliamo impedire che ci siano differenze economiche e sociali tra nord e Sud. Tra venti Regioni non può essere divisa la politica energetica, sarebbe un danno alla nostra economia e al nostro sistema produttivo”, ha aggiunto Bonelli.
Il segretario di +Europa Riccardo Magi, da parte sua ha detto: “Siamo con le altre opposizioni per impedire a una legge sbagliata di creare danni nel nostro paese: danni ai cittadini, perché avremo servizi peggiori; danni ai conti pubblici perché questa è una riforma che rischia di creare un enorme buco su un bilancio che già è gravato da un debito pubblico fuori misura; danni per le imprese, che si troverebbero in molti casi normative differenti in 20 regioni-stato differenti”.
E infine, da Italia Viva, Maria Elena Boschi, dal banchetto organizzato dal suo partito, ha detto: “Una firma per dire no all’autonomia differenziata, una riforma che spacca in due il Paese. Questa autonomia crea ingiustizie, smantella la sanita pubblica e l’istruzione e soprattutto complica la vita a cittadini e imprese con un incremento della burocrazia, frenando lo sviluppo e creando un Paese più ingiusto”,
(da Fanpage)
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Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
LA NATOLI TIRA IN BALLO ANCHE CLAUDIA ECCHER (ALTRA COMPONENTE LAICA, IN QUOTA LEGA) “CHE MI HA CHIESTO UN OCCHIO DI RIGUARDO”… IL TIMORE DI ALTRE REGISTRAZIONI E L’AUTOGOL DEL CENTRODESTRA (SI ROMPE IL GIOCATTOLO COSTRUITO DAL SOTTOSEGRETARIO MANTOVANO)
Una mano gliel’avrebbero data senza vederla e conoscerla di persona, ma poi nel novembre dello scorso anno Rosanna Natoli – membro laico del Consiglio superiore della magistratura in quota Fratelli d’Italia, e componente della Sezione disciplinare del Csm – ha pensato che fosse meglio incontrare la giudice catanese Maria Fascetto Sivillo, da anni sotto procedimento disciplinare per diverse questioni.
«Io avevo preso a cuore la sua situazione – spiega Natoli nel colloquio registrato a sua insaputa dalla Fascetto –, ma poi ci stati tanti, c’è stata Claudia Eccher (altra componente laica, in quota Lega, ndr) che mi ha chiesto un occhio di riguardo, perché nessuno di noi ha un pregiudizio nei suoi confronti… perché è amica degli amici, anche se noi professionalmente non ci siamo mai incontrate, ma di lei mi hanno parlato sempre bene».
In un altro passaggio della conversazione durata un’ora e mezza, Natoli prova a spiegare a Fascetto che il suo atteggiamento di netta contrapposizione con altri magistrati (in particolare con la giudice sempre di Catania Maria Rosaria Acagnino) ha provocato il peggioramento della sua situazione in un procedimento disciplinare che si era concluso da poco con una condanna a due anni di perdita di anzianità; sentenza di cui Natoli era relatrice.
«Io credo che lei abbia avuto i soprusi», spiega a Fascetto la consigliera del Csm che in quel momento era uno dei giudici chiamata a decidere del suo destino professionale; però adesso quei soprusi, aggiunge in dialetto siciliano «se li deve scordare, perché ora dobbiamo andare avanti». E racconta che lei e gli altri colleghi della Disciplinare del Csm, «quando ci siamo riuniti, e sto violando il segreto della camera di consiglio, dicono tutti ‘è vero che ha subito un sopruso, ma me mi sembra, poverina, che sia andata in tilt, perché questa vicenda l’ha distrutta».
Ne scaturì, continua Natoli, una linea difensiva così aggressiva nei confronti di altri giudici dello stesso tribunale, che hanno spinto la Sezione disciplinare a orientarsi verso una sanzione più grave della semplice censura, passando alla perdita di due anni di anzianità. Nel corso del colloquio Natoli fa capire che sarebbe meglio per lei se Fascetto cambiasse linea anche negli altri procedimenti in corso, suggerendo ad esempio di affiancare all’avvocato Carlo Taormina un altro difensore, un tecnico più esperto in procedimenti disciplinari, senza riuscire a convincerla.
E nell’udienza di martedì scorso è stato l’avvocato Taormina a consegnare alla Sezione disciplinare l’audio e la trascrizione del colloquio. Provocando, per ora, le immediate dimissioni di Rosanna Natoli dal «tribunale dei giudici»; in attesa dei prossimi sviluppi di un caso tutt’altro che chiuso. Anche perché nel frattempo l’avvocato Taormina ha presentato un’istanza di ricusazione nei confronti dell’intera Sezione disciplinare che finora s’è occupata della sua assistita.
Doveva essere il Csm in cui la pattuglia dei laici del centrodestra, a partire dal vicepresidente leghista Fabio Pinelli, avrebbe dovuto mettere “in riga” i magistrati. Bacchettandone il correntismo e le indagini orientate “a sinistra”. Ma d’un colpo, tal Rosanna Natoli, avvocata “larussiana” da Paternò, ha rotto il giocattolo.
Che, a palazzo Chigi, aveva costruito con cura il sottosegretario Alfredo Mantovano. Da sempre giudice conservatore e cattolico, buttatosi in politica con An. Ma il castello di carte è crollato. E l’improvvido incontro, nonché le parole («è amica degli amici») della Natoli, giudice disciplinare di Maria Fascetto Sivillo, ribalta tutto. Zittisce i laici di centrodestra. E li manda all’angolo.
Politicamente è un clamoroso autogol. Una partita che da martedì sera, quando Natoli è stata costretta a dimettersi dalla commissione disciplinare, è nelle mani di Sergio Mattarella, capo dello Stato e del Csm. Come dice il segretario di Area Giovanni “Ciccio” Zaccaro «ci affidiamo alla sua saggezza perché conosce bene l’importanza del Csm nel quadro costituzionale».
Lo stesso Zaccaro, come Magistratura democratica, danno per scontate le dimissioni di Natoli dal Consiglio. Mercoledì i togati hanno accettato di entrare in plenum solo se lei non ci fosse stata. E lì la pattuglia dei laici, capitanata dal catanese Felice Giuffrè, ha subito la prima sconfitta. Senza il voto di Natoli è diventato procuratore di Catania Francesco Curcio che ha battuto per un voto il candidato della destra Francesco Giuseppe Puleio.
La partita che si apre sarà durissima. Pinelli ha imposto il silenzio in attesa che Mattarella torni dal Brasile. Ma nelle chat delle toghe il mantra è uno solo, «via Natoli subito». Ha commesso un abuso d’ufficio, anche se Nordio l’ha cancellato.
Ma Natoli, più che pensare al guaio in cui ha cacciato se stessa e i colleghi, visto che cita anche l’ex avvocata di Matteo Salvini Claudia Eccher — «mi ha chiesto un occhio di riguardo su tante cose…» — cerca di mettersi al riparo dai fulmini di Ignazio La Russa, suo notorio sponsor. «Mi preme sottolineare che nessuno degli esponenti politici provinciali, regionali e men che meno nazionali del mio partito di provenienza è mai stato a conoscenza diretta o indiretta di questa vicenda del tutto estranea a ogni riferimento politico», dice alle agenzie. Ma non accenna a dimettersi.
Un passo scontato, soprattutto dopo la richiesta di ricusazione dell’intero collegio disciplinare presentata dal legale di Fascetto, l’avvocato Carlo Taormina, che ha depositato la pennetta con la trascrizione giurata del colloquio. Lì sottolinea come Natoli parli «al plurale», «donde la necessaria conseguenza di dover riferire intenzioni e volontà a tutti i componenti». Taormina ci vede l’obiettivo di «esautorare» pure lui, visto che «la maggior parte della sezione e particolarmente il presidente Pinelli, aveva mostrato ostilità». Un osso duro, Taormina. Mentre si fa strada il sospetto che di registrazioni possa averne in serbo anche altre.
Un duro colpo ai laici di centrodestra che fino al giorno prima, con in testa proprio Eccher e Isabella Bertolini (ex deputata di FI, al Csm in quota Meloni), erano scatenati contro i pm di Genova che non hanno dato i domiciliari a Toti.
(da corriere.it)
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Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
A PARTIRE SONO SOPRATTUTTO I GIOVANI
Sempre più italiani lasciano il Paese per vivere all’estero. Al 31 dicembre 2022 sono 5 milioni e 940mila i connazionali che vivono oltreconfine, in crescita di 97mila unita secondo l’ultimo report dell’Istat.
Un aumento che si lega in buona misura ai trasferimenti in aumento e alle nascite nelle comunità italiane all’estero. I cittadini italiani espatriati nel solo 2022 sono quasi 100mila, mentre i rimpatri sono circa 74mila.
Dove vanno gli italiani
Ma dove vanno a vivere gli italiani? Oltre la metà sceglie o ha scelto di restare in Europa (3 milioni e 246mila) mentre più di 2 milioni e 384mila risiedono in America.
Tra i Paesi più popolari per gli expat italiani il Regno Unito, la Germania e la Francia. Il consolato che registra la presenza più alta di italiani è quello di Londra, dove nel 2022 risultano quasi 375 mila connazionali (su 456mila dell’intero Regno Unito).
Sono per lo più uomini e tra i più giovani se si guarda alle comunità residenti all’estero. Segue Buenos Aires, con poco più di 322mila italiani, in questo caso sono di più le donne e l’età mediana è 49 anni.
Chi parte? I giovani, 1 su 3 è laureato
A fare le valigie nel 2022 sono stati per lo più giovani: il 54% con un’età compresa tra i 20 e i 39 anni e il 18,4% under 20, in prevalenza bambini e ragazzi che si trasferiscono con i genitori.
Uno su tre è poi un cervello in fuga. Quasi 31mila (il 30,7%) sono in possesso di almeno una laurea e 32mila di un diploma (32,5%). Dei 100mila italiani espatriati nel 2022, quasi 53mila (52,8%) sono partiti dal Nord Italia (30% dal Nord-ovest e 22,8% dal Nord-est), poco meno di 17mila dal Centro (17%) e 30mila dal Mezzogiorno (19,3% dal Sud e 10,9% dalle Isole).
Le regioni da cui prevalentemente ci si sposta sono la Lombardia (19mila espatri, pari al 19,2% del totale), il Veneto (poco meno di 10mila espatri, 9,6%), la Sicilia (8mila, 8,2%) e l’Emilia-Romagna (poco meno di 8mila,
7,6%).
Le province che registrano i numeri più elevati di espatri sono quelle di Milano, Roma, Torino, Napoli e Brescia: nel 2022 un quinto delle partenze ha origine nel complesso di queste province.
I rimpatri
Guardando a chi decide di `tornare a casa´ la quota di giovani tra i 20 e i 39 anni è più contenuta rispetto agli espatri. Risulta differente anche la composizione per titolo di studio: il 47,7% ha un titolo inferiore al diploma mentre i laureati costituiscono solo il 22,8%.
Quasi la metà (il 45,9%) è diretto verso il Nord, il 19,7% al Centro e il 34,4% nel Mezzogiorno. La prima regione per numero di rimpatri è la Lombardia, dove si registra il 17,8% dei rientri, seguita dal Lazio (10,6%), dalla Sicilia (9,5%) e dalla Campania (8,2%).
Il rapporto evidenzia che il numero di cittadini italiani residenti all’estero cresce nel 2022 per varie cause: nei flussi migratori con l’Italia gli espatri oltrepassano di oltre 25mila unità i rimpatri; si contano 25mila nascite contro 8mila decessi e si registrano 85mila acquisizioni di cittadinanza italiana. Una stima che comprende, oltre alle acquisizioni per matrimonio e per trasmissione al minore convivente i riconoscimenti della cittadinanza italiana iure sanguinis, pari al 49%.
(da agenzie)
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Luglio 20th, 2024 Riccardo Fucile
“BRUCIAI 500 MILIONI DI LIRE IN 8 MESI, ORA SONO CAMBIATO. IL CARCERE TI OFFRE UNA POSSIBILITA’, STA A TE COGLIERLA”
Incredibile fu quel vecchietto che si offrì ostaggio al posto di un ragazzo che in preda a unacrisi di pianto aveva temuto d’essere ucciso. Invece lui si offrì di accompagnare i banditi fuori dalla banca. E una volta nella porta a bussola, si rivolse compiaciuto verso chi se ne andava con il bottino: «Bel colpo».
Fu davvero così?
«Eravamo nel centro di Milano. Era molto anziano, alto, elegantissimo, coi baffetti, la bombola d’ossigeno. Ricordava l’attore Errol Flynn».
Francesco Ghelardini, 58 anni, marcato accento milanese, quella scena se la ricorda come se fosse ieri. In realtà sono passati anni. E soprattutto una vita, la sua. «Da anni sono assunto a tempo indeterminato come responsabile e soccorritore alla “Intersos” di Abbiategrasso. La mia nuova vita è questa, con la divisa. Mi è stata data una possibilità, non smetterò mai di ringraziare i responsabili della società».
Lei però nasce con tutt’altra storia.
«Cresciuto in Comasina, ho iniziato giovanissimo. Ero sveglio, mio fratello più grande era già nel giro. Ho sempre frequentato ragazzi più grandi. Un giorno ero al bar e mi fanno: “Vuoi venire a fare una rapina?”. Non ci ho neanche pensato».
Inizia a svaligiare le banche a 18 anni, ultimo colpo nel 2013 e arresto due anni dopo.
«Come se avessi passato metà vita in carcere».
Quando ha deciso di smettere?
«Con quell’ultimo arresto. Ero a San Vittore, nelle celle prima di salire ai piani. Per la prima volta ho detto “no ca… io stavolta non ci sto dentro. La faccio finita”. Il carcere era cambiato, dentro avevo ritrovato gente più grande di me che aveva 65-70 anni ed era ancora in galera. Lì c’è stato lo switch mentale, senza alcun sintomo in precedenza».
Ma quindi il carcere funziona?
«A parte Bollate e rarissime eccezioni, no. Ma ti offre una possibilità. Sta a te coglierla, se vuoi uscire qualcuno ti noterà. Non te la vengono a porgere, sei tu che devi fare il passo avanti. Io l’ho fatto grazie a persone che mi hanno dato questa opportunità. Psicologi, educatori, sacerdoti, l’ex direttore di San Vittore, Luigi Pagano».
È venuto con lei a presentare il libro che ha scritto sulla sua esperienza.
«Una persona straordinaria».
Ghelardini, ma con le rapine si diventa ricchi?
«Ne conosco pochi che sono riusciti ad arricchirsi veramente. Anche perché è vero che si rubano soldi, ma lo scopo della rapina in fondo non è il denaro…».
Davvero?
«Quando fai una rapina non pensi mai alla ricchezza fine a sé stessa. Alla fine rimani su una linea media, abbastanza costante. Il “lavoro” molto sostanzioso capita, ma non ho mai conosciuto un rapinatore che dicesse arrivo a un miliardo e mi fermo. Sono sempre andati avanti».
Perché non ci si ferma?
«Capisco che non sia politicamente corretto dire una cosa del genere, ma è così: quando rapini le banche, ti piace da matti».
Una droga?
«Un esterno pensa che tutto duri pochi minuti, ma c’è la preparazione, lo studio dell’obiettivo, la preparazione psicologica. È come essere sul rasoio tutto il giorno. E anche il dopo rapina diventa emotivamente forte…».
Cosa succede?
«Io durante i colpi non urlavo, ero sempre molto calmo, ma buttavo fuori litri di sudore. Quando ci trovavamo con i complici per spartirci il bottino, vomitavo. Vomitavo bile. Farsi di cocaina a confronto è bere acqua fresca».
Ma davvero non si diventa ricchi?
«Nel ’92 mi sono “ballato” via 500 milioni di vecchie lire in otto mesi. Non riesci ad attribuire un vero valore al denaro che rubi».
Quante rapine ha fatto?
«Ehh, difficile contarle. Posso dire che quelle che in cui sono stato scoperto sono il 5%, ma ho fatto comunque più di vent’anni di carcere».
Voi rapinatori siete (e vi ritenete) un po’ una razza a parte nella malavita.
«Tra noi e gli spacciatori c’è un abisso. Ci riconosciamo. A volte in carcere scherzavamo sulle rapine, su come siamo stati presi. Siamo easy, c’è grande rispetto ma umano, non per l’essere criminale. Anche perché c’è una cosa che ci differenzia dagli altri».
Cosa
«Che comunque per entrare in una banca ci vuole coraggio. Non sai quello che ti capiterà, puoi essere preso, possono spararti».
E puoi mettere in conto di morire o di uccidere.
«È vero, quando lo fai non ci pensi. Per fortuna non ho mai ucciso nessuno. Ma una volta ho tirato due fucilate a una cabina del telefono per creare un diversivo per coprirci la fuga. Però serve coraggio, al contrario, anche per chi ci dà la caccia…».
Lei alla presentazione di uno dei suoi libri ha «abbracciato» uno dei carabinieri che l’ha arrestata
«Ho grande rispetto degli investigatori. Sai che loro ti danno la caccia, diventa quasi una sfida, giocata sull’astuzia. E vale per entrambi».
E la paura di essere presi?
«Dopo i colpi sparivo, andavo al mare. Ma se sapevo di aver commesso un errore non ero tranquillo perché prima o poi sarebbero arrivati».
E oggi quando si ritrova davanti a una banca, nessuna nostalgia?
«Come passare davanti al panettiere. Ho troppo da perdere: una moglie eccezionale, un lavoro che mi appassiona e mi permette di servire gli altri».
Sicuro?
«Di recente sono entrato in un istituto con mia moglie per una commissione. La cassaforte era aperta in bella vista. Mai che mi fosse capitato prima (ride)».
(da la Stampa )
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