Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
PREVISTE SANZIONI, VIGILI AL LAVORO SULLE VIOLAZIONI
Per l’Asso di Bastoni potrebbe esserci in vista la sanzione più severa: la chiusura. Per quanto tempo non è dato saperlo ancora, ma il circolo di CasaPound in via Cellini, balzato alle cronache per l’aggressione neofascista al giornalista della Stampa Andrea Joly, potrebbe incappare presto nella morsa della polizia amministrativa.
Se non arriverà prima (o al contempo) la decisione della Questura, che potrebbe decidere di abbassare le serrande del locale per motivi di ordine pubblico, il Comune si è già mosso.
Il sindaco Stefano Lo Russo ha già fatto sapere che i vigili urbani si sono subito messi al lavoro sulla questione. «Dagli accertamenti svolti dalla nostra polizia municipale — ha detto il primo cittadino —, l’immobile risulta di proprietà privata e non c’è agli atti comunali alcuna richiesta preventiva di autorizzazione finalizzata all’organizzazione di manifestazioni, festeggiamenti, feste di via, spettacoli musicali o accensione di fuochi d’artificio».
Come quelli che la sera dell’aggressione, sabato scorso, hanno illuminato il cielo di San Salvario.
Si profila dunque una lunga serie di violazioni dei regolamenti, e non solo, per cui «sono in corso le procedure finalizzate all’accertamento — ha informato Lo Russo — di illeciti di natura amministrativa e penale da parte dei reparti specialistici della polizia municipale».
A quel punto, insomma, una volta completati i verbali, l’Asso di Bastoni potrebbe trovarsi a dover far fronte a multe e, se verrà ritenuto, alla chiusura dell’attività, su disposizione della polizia municipale.
Altro discorso, invece, se la chiusura dovesse essere decisa dalle autorità di pubblica sicurezza, a motivo dell’aggressione al cronista della Stampa.
A dare manforte alle indagini proprio ieri è spuntato un nuovo video, ripreso da un’altra angolazione, che testimonia il pestaggio di Joly: nelle immagini si vede il giornalista mentre tenta di fuggire, inseguito dagli estremisti di destra, lo si vede cadere a terra mentre gli aggressori gli si avventano sopra. Al momento restano quattro le persone identificate dalla Digos, ma le indagini proseguono per stabilire se altri sono coinvolti nell’aggressione. La procura intanto ha chiesto una consulenza medica sulle condizioni di salute di Joly, a cui ieri anche il Presidente della Repubblica ha voluto manifestare la propria vicinanza.
«Si vanno infittendo, negli ultimi tempi, contestazioni, intimidazioni, se non aggressioni, nei confronti di giornalisti, che si trovano a documentare fatti. Ma l’informazione è esattamente questo. Documentazione dell’esistente, senza obbligo di sconti. Luce gettata su fatti sin lì trascurati», ha ricordato Sergio Mattarella, a Roma, durante l’incontro con la stampa parlamentare. Mattarella ha voluto ringraziare i giornalisti impegnati «nel prezioso e talvolta non facile compito di seguire e interpretare il mondo delle istituzioni e della politica, dandone notizia ai cittadini, esprimendo opinioni, suggerimenti, critiche che — non va mai dimenticato — sono essenziali nella vita democratica».
E, all’indomani delle contestate dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa, ha voluto condannare ogni forma di odio: si assiste al «diffondersi di una sub cultura che si ispira all’odio. Una violenza che da verbale diventa frequentemente fisica». Un odio alimentato anche sul web da «molti apprendisti stregoni, incauti nel maneggiare, pericolosamente, gli strumenti che generano odio e violenza».
(da La Stampa)
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Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
UN NUOVO VIDEO MOSTRA CHE SONO SEI LE PERSONE CHE CIRCONDANO IL CRONISTA
A sinistra un fotogramma del nuovo video in cui si vedono, in giallo, cerchiati gli assalitori, e in rosso il giornalista Andrea Joly. A destra uno degli assalitori invita i residenti, che chiedono di terminare il pestaggio, di scendere in strada
È composto da sei persone, il gruppo di militanti di CasaPound che nella notte tra sabato e domenica ha aggredito, davanti all’Asso di bastoni, circolo legato all’estrema destra in via Cellini a Torino, il giornalista de la Stampa Andrea Joly. La circostanza emerge da alcuni nuovi video che immortalano le fasi clou del pestaggio. Joly viene accerchiato, rincorso, e picchiato. Quando alcuni residenti si affacciano sui balconi in via Cellini, gridando: «Lasciatelo stare!» e «Ora chiamo la polizia!», dal gruppo di aggressori vengono gridate minacce: «Scendi giù pezzo di m…», è quanto urla un uomo alzando il braccio più volte. Un’altra donna invece si è sentita gridare: «Putt…».
In queste ore gli agenti della Digos stanno cercando di identificare i due “ignoti” che compaiono nelle immagini di molti video amatoriali, che sono nel gruppo insieme ai quattro indagati perquisiti nei giorni scorsi. L’inchiesta dunque, coordinata dal pm Paolo Scafi, è destinata ad allargarsi. Oggi pomeriggio verrà svolta – da Roberto Testi – la consulenza medico legale sulle lesioni riportate dal cronista.
(da La Stampa)
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Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
HA SPINTO PER LA CANCELLAZIONE DEL DEBITO PER GLI STUDENTI E APPROVATO IL “SAFER COMMUNITIES ACT” CHE HA INTRODOTTO CONTROLLI RAFFORZATI PER GLI UNDER 21 CHE VOGLIONO ACQUISTARE UN’ARMA
Biden vuole finire il lavoro su un ventaglio di temi per garantire che il Paese possa collocarsi in posizione migliore nel futuro», ha anticipato una fonte al Wall Street Journal interpellata sul senso del discorso.
E ribadire come i suoi provvedimenti abbiano reso «forte l’economia Usa», «creato posti di lavoro di qualità» (14.8 milioni in tre anni) e distribuito ricchezza alla classe media.
La sua eredità su questo è corposa. Kamala Harris ha detto che è «impareggiabile», poiché ha ottenuto più lui in un mandato di quanto molti predecessori siano riusciti a fare in otto anni. Ed è questo che Biden ieri sera voleva spiegare e consolidare indicando la strada tracciata come un successo.
Dall’Affordable Care (ovvero le cure sanitarie accessibili e l’abbassamento dei prezzi, ad esempio, dell’insulina per i malati cronici di diabete), alla cancellazione del debito per gli studenti, al Bipartisan Safer Communities Act che ha introdotto controlli rafforzati per gli under 21 che vogliono acquistare un’arma: sono provvedimenti che Biden spesso cita. Nella lettera di rinuncia, domenica, ha ricordato proprio la legge sulle armi.
Poi ci sono le grandi iniziative legislative all’insegna di un ritorno in America della produzione e della indipendenza nella supply chain tecnologica, che sono l’ossatura della politica industriale della sua politica industriale. Il Chips Act ha messo 52 miliardi di dollari per favorire la creazione di semiconduttori negli States; l’Inflation Reduction Act del 2002 ha immesso nel mercato 485 miliardi generando – nei piani – ritorni per 790. E il Bipartisan Infrastructure Bill ha mobilitato 1200 miliardi di dollari per le infrastrutture come ponti, rete ferroviaria conduttore.
Alcuni di questi “Bill” sono ormai indirizzati su una carreggiata sicura, altri – come le politiche verdi contenute nell’Ira – rischiano un ribaltamento se Trump arriverà alla Casa Bianca. E questo in fondo è quel che è quel che Biden vuole scongiurare.
(da La Stampa)
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Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
IL PIL USA ACCELERA ANCORA NEL SECONDO TRIMESTRE DEL 2024 E CRESCE DEL 2,8%, BEN SOPRA IL 2% ATTESO DAL MERCATO… LA CRESCITA È FAVORITA DALLA SPESA DEI CONSUMATORI E DAGLI INVESTIMENTI PRIVATI… SI RAFFREDDA L’INFLAZIONE: È AUMENTATA DEL 2,3%, IN CALO RISPETTO AL 3,1% DEL PRIMO TRIMESTRE
Il Pil Usa accelera nel secondo trimestre al 2,8% dall’1,4% dei primi tre mesi dell’anno e ben sopra il +2% atteso dal mercato. Si tratta della prima lettura. La crescita e’ stata favorita soprattutto dalla spesa dei consumatori, dagli investimenti privati in scorte e dagli investimenti fissi non residenziali
La spesa dei consumatori e’ aumentata piu’ rapidamente (2,3% contro 1,5%), guidata da un rimbalzo del consumo di beni (2,5% contro -2,3%), mentre i servizi hanno rallentato (2,2% contro 3,3%).
Inoltre, le scorte private hanno aggiunto 0,82 punti percentuali alla crescita, dopo essere state un freno negli ultimi due periodi. Nel frattempo, gli investimenti non residenziali hanno accelerato (5,2% vs 4,4%), in particolare le attrezzature (11,6% vs 1,6%), mentre i prodotti di proprieta’ intellettuale (4,5% vs 7,7%) sono diminuiti e gli investimenti in strutture sono scesi (-3,3% vs 3,4%).
Inoltre, la spesa delle amministrazioni pubbliche e’ aumentata maggiormente (3,1% vs 1,8%). D’altra parte, gli investimenti residenziali si sono contratti per la prima volta in un anno (-1,4% vs 16%) e il commercio netto ha trascinato la crescita per il secondo trimestre consecutivo, poiche’ le importazioni sono aumentate piu’ rapidamente (6,9% vs 6,1%) delle esportazioni (2% vs 1,6%). Nonostante l’aumento nel II trimestre, la crescita del Pil e’ rimasta al di sotto del tasso medio trimestrale del 3,1% dal 2021 al 2023.
La lettura del Pil ha registrato un raffreddamento delle pressioni inflazionistiche poiche’ tutte le componenti prezzi dell’indice hanno valori inferiori al 3%, lasciando cosi’ intatte le aspettative di un taglio dei tassi a settembre da parte della Fed.
Nel dettaglio, il deflatore ha mostrato che l’inflazione e’ aumentata del 2,3% nel secondo trimestre, un forte calo rispetto al tasso del 3,1% visto nel primo trimestre e al di sotto del 2,6% previsto. L’indicatore dell’inflazione preferito dalla Federal Reserve, l’indice dei prezzi Pce, sara’ pubblicato domani e dovrebbe anche mostrare un allentamento delle pressioni inflazionistiche.
Cala di 10mila unità il numero di richieste di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti rispetto al dato rivisto della settimana precedente. Lo riporta il Dipartimento del Lavoro Usa. Le richieste destagionalizzate ammontano così a 235mila unità. Il livello della settimana precedente è stato rivisto al rialzo di 2.000 unità da 243.000 a 245.000 unità. La media mobile a 4 settimane è stata di 235.500 unità, con un aumento di 250 unità rispetto alla media rivista della settimana precedente. La media della settimana precedente è stata rivista al rialzo di 500 unità da 234.750 a 235.250 unità.
(da agenzie)
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Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
CAPACE SOLO DI FARE SPALLUCCE, SCARICANDO LA RESPONSABILITA’ DI RITARDI E CANCELLAZIONI SUI TECNICI COME SE NON FOSSE LUI ALLA GUIDA DEL DICASTERO
Il venerdì nero dei trasporti, il giorno della Passione per tanti pendolari e viaggiatori, è stato lo scorso 19 luglio, ma i disagi si sono protratti nel weekend, con cancellazioni e modifiche di percorso dei treni. Il caos è stato generato inizialmente da un guasto elettrico sulla linea all’altezza di Rovezzano (Firenze), che ha causato ritardi nel traffico ferroviario dell’Alta Velocità fino a oltre 200 minuti. Poi gli incidenti ferroviari che si sono verificati negli ultimi giorni, e che hanno letteralmente isolato il Sud Italia, e i necessari lavori di potenziamento infrastrutturale della rete, hanno fatto il resto.
I rallentamenti dei treni del 19 luglio fatalmente sono avvenuti nella stessa giornata del crac informatico, quando un errore di aggiornamento del software Crowdstrike ha causato problemi ai sistemi di Microsoft, mandando in tilt dispositivi e scali aerei di tutto il mondo, con oltre 1.300 voli cancellati. Ma purtroppo questi disservizi non rientrano nella categoria “casi eccezionali”, ma si sono trasformati in drammatica quotidianità, in questa estate in cui la temperatura media è di 35,9 gradi (4 di più rispetto alle temperature degli ultimi trent’anni), e in cui anche trovare un taxi disponibile è diventato un evento anomalo.
§Di tutto questo è stato chiesto conto al ministro competente, Matteo Salvini, durante il question time di ieri alla Camera. Ma il ministro dei Trasporti è sembrato piuttosto uno sfortunato turista di passaggio, più che il titolare del dicastero che questi problemi li dovrebbe risolvere concretamente, anzi dovrebbe occuparsene in modo preventivo. Una bella faccia tosta, visto che stiamo parlando dello stesso ministro che per drenare risorse per il progetto del Ponte sullo Stretto ha fatto sì che venisse prelevata una grossa fetta del Fondo di sviluppo e coesione destinato a Sicilia e Calabria, soldi che potevano servire per realizzare l’Alta velocità in tratte che ne sono del tutto sprovviste.
“Rispetto ai disagi ferroviari segnalati nelle ultime ore che hanno visto lavoratori e turisti bloccati nei treni e nelle stazioni, abbiamo chiesto chiarimenti ai tecnici per comprendere le ragioni dei disservizi, perché è vero che siamo al massimo di cantieri aperti tra Pnrr, manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere”, ha scandito ieri, ma “non è accettabile la situazione in cui hanno viaggiato troppi passeggeri in queste ore”.
Nel Paese dei treni che effettuano fermate su richiesta del ministro di turno, ci vuole fegato, bisogna riconoscerlo, per riuscire ad apparire serafico in Aula, quando proprio il suo aereo, nella giornata del caos infernale del 19 luglio, sembrerebbe essere stato fra i pochissimi fortunati fra quelli nazionali di Ita Airways a decollare da Fiumicino verso Milano Linate in quella fascia oraria (seppur con circa un’ora di ritardo). Una circostanza che Salvini e la Lega – e la stessa compagnia aerea – hanno smentito categoricamente, ma su cui le opposizioni, che hanno giustamente parlato di “autonomia differenziatissima”, vogliono vederci chiaro.
“Pur nella consapevolezza appunto di alcune oggettive difficoltà a partire dall’elevato numero di cantieri aperti che non c’è mai stato, dall’affollamento ferroviario e dalla grande utenza che c’è sui treni che sta aumentando di giorno in giorno, i vertici di Rfi, Treninalia e FS stanno individuando soluzioni urgenti”, ha aggiunto Salvini al questione time di ieri.
“Rfi ha comunicato di aver attuato un modello organizzativo con un potenziamento di presidio in loco del personale sull’intera rete con l’obiettivo di ridurre i tempi di intervento anche di diverse ore in caso di guasto o necessità. Sono stati inoltre predisposti specifici piani di contingenza per fronteggiare le ripercussioni sulla circolazione, generati dalle criticità meteorologiche. Sono stati potenziati gli sportelli di assistenza al pubblico”.
“È stato predisposto – ha assicurato – con urgenza un piano estate per prevenire e gestire eventuali criticità con servizi di bus sostitutivi, comunicazioni, preallerte alla protezione civile e apertura prolungata, anche notturna, delle stazioni”.
Ma sostanzialmente il ministro ha fatto spallucce, scaricando la responsabilità sui tecnici, limitandosi a mostrare indignazione e disappunto come un qualsiasi cittadino o al massimo come un esponente dell’opposizione, elencando come al solito promesse e mirabilia: cantieri avviati, di cui naturalmente non si intravede la fine, e opere ancora da realizzare nell’ambito del Pnrr, per migliorare la mobilità e il collegamento tra Nord e Sud. E intanto pensare di prendere un treno da Reggio Calabria per raggiungere Roma assomiglia sempre più a un atto di fede.
(da Fanpage)
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Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
PERCHÉ L’OTTIMO BARBERA, UNO DEI POCHI DIRETTORI CAPACE DI ORGANIZZARE UNA MOSTRA D’ARTE CINEMATOGRAFICA PIENA DI STAR E OTTIMI FILM, SI PIEGA AD ACCETTARE DI REGGERE PER DUE ANNI LA RASSEGNA VENEZIANA PRESIEDUTA DAL FILODRAMMATICO AEDO DELLA FUFFA CULTURALE DI DESTRA?
“Il cinema, settima arte o… decima musa?”. Con l’ampollosa introduzione del neo Presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, che ha ricordato a noi ignoranti il “potere oracolare del cinema” (avevo capito oculare), abbiamo finalmente capito a che serviva spedire alla Biennale veneziana il giornalista siculo-musulmano, caro a Giorgia Meloni e alle Edizioni Ar (abbreviazione di Aristocrazia Ariana) dell’ex terrorista nero Franco Freda.
Il nome considerato più spendibile e incensato della cultura di destra serviva intanto a lasciare al suo posto il vecchio e collaudato direttore della Biennale Cinema Alberto Barbera fino al 2026.
Secondo punto: l’erudita esposizione, più da Turi Pandolfini che da Turi Ferro, con un repertorio di pause ritardanti e accelerazioni improvvise, è servita a portare il trombonismo da megalomane D’Annunzio siculo-musulmano di Buttafuoco alla ribalta della più importante e storica rassegna internazionale della cultura italiana.
Semmai, ci chiediamo: perché l’ottimo Barbera, uno dei pochi direttori di sinistra capace di organizzare una mostra d’arte cinematografica piena di star e ottimi film (che nessuno oggi potrebbe portare più in Italia), si piega ad accettare di reggere per due anni la rassegna veneziana con il filodrammatico aedo della fuffa culturale di destra? Che s’adda fa’, oggi in Italia, pe’ campa’..
(da Dagospia)
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Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
E LA POLITICA? LOLLOBRIGIDA VUOLE ISTITUIRE UNA TASK FORCE DI CARABINIERI E FINANZIERI CONTRO I FURTI D’ACQUA. MA SE L’ACQUA NON C’È? SCHIFANI AVEVA CHIESTO 130 MILIONI A ROMA, MA NE SONO STATI INVIATI SOLO 20
Negli invasi, sotto terra, tra le foglie, nel fango. Perfino nelle fogne. La stanno cercando dappertutto, nel Sud, l’acqua che può aiutare a sopravvivere a questa estate dove tutto sa di sete. In un’Italia nota al mondo ora per la sua drought , la siccità siciliana. Alla quale dedica l’apertura il New York Times , spiegando che «dopo aver perso i raccolti per la siccità, la Sicilia teme di perdere anche il turismo». E raccontando di allevatori in lacrime tra colline simili a dune e laghi trasformati in crateri
Il clamore del servizio del Nyt infuoca la polemica nostrana. Invettive a sfondo meteorologico. Chiede il dem Peppe Provenzano: «La crisi idrica è nota alla Regione siciliana da mesi, la prima interrogazione l’abbiamo fatta a febbraio e il governo non ha risposto. Aspettavate la pioggia?». Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, lancia il sasso nello stagno secco delle responsabilità che si perdono nel tempo: «È un’emergenza nazionale per la quale stiamo mettendo in campo ogni azione utile a superare le criticità emerse ed evidenti da anni».
Gli invasi vuoti Ma come ogni anno gli invasi sono vuoti da far paura.
Il record è a Ogliastro, in Sicilia, dove la capienza attuale è più di cento volte inferiore a quella prevista. Martedì, nella diga di Monte Cotugno, in Basilicata, secondo i dati di Acque del Sud spa c’erano 129 milioni e 200mila metri cubi d’acqua. Ce n’erano 272 milioni e 636mila il 23 luglio 2023.
Cambiamenti climatici e mancanza d’acqua stanno sballando l’agricoltura. Oggi in Sicilia ci sarà la prima vendemmia del 2024: a Contessa Entellina, provincia di Palermo. Nel Foggiano la mietitura del grano è stata anticipata già da oltre un mese e il raccolto è dimezzato.
Vagano stordite per le campagne, le bestie, con questo caldo. Si è visto un gregge di capre bere fango vicino Caltanissetta. E allevatori, sempre nel Nisseno, che portano al macello i loro capi perché abbeverarli è diventato impossibile o troppo costoso. A Palermo l’amministrazione ha ordinato di docciare i cavalli da traino, stressati per il calore, e con quale avidità bevevano. Perfino nei canili è diventato un problema far arrivare l’acqua.
SPRECHI E INCOMPIUTE UN FIUME DI SOLDI PUBBLICI PROSCIUGATO NEGLI ANNI
L’ultimo provvedimento per arginare la siccità in Sicilia l’ha annunciato in pompa magna il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida: «Una task force di carabinieri e finanzieri contro i furti d’acqua». Ma quali furti se l’acqua non c’è?
Il caso della Sicilia è emblematico. Negli ultimi 17 anni, i governatori che si sono alternati — da Cuffaro a Lombardo, da Crocetta a Musumeci, a Schifani — hanno avuto a disposizione tre miliardi e mezzo di euro. «Prima ancora dell’acqua sono spariti i soldi, non solo in Sicilia, ma anche nelle altre regioni del Mezzogiorno», denuncia Tommaso Castronovo, il presidente di Legambiente Sicilia.
«E, adesso, come sempre, si rincorrono le emergenze, che in realtà sono problemi strutturali mai affrontati per davvero». Il dato più eclatante riguarda le reti di distribuzione: da Napoli a Palermo, perdono un litro d’acqua su due. E non è affatto una novità di questi ultimi giorni.
«Ben più grave — prosegue il deputato di Alleanza Verdi Sinistra — è l’ordine perentorio dato dal ministero delle Infrastrutture diretto da Matteo Salvini: alla Regione siciliana è stato imposto di gettare in mare gran parte dell’acqua di un invaso importante come quello di Castelvetrano. Per motivi di sicurezza, hanno detto». Nella Sicilia della grande sete sembra il provvedimento più folle. «In realtà, questa è una storia emblematica — accusa il leader dei Verdi, che su questo caso sta preparando un’interrogazione — la diga di Castelvetrano, come tutte le altre tredici in Sicilia, non è stata mai collaudata.
C’è dunque il rischio che l’acqua butti giù tutto».
GLI INVASI IN SICILIA
Ecco il vero spreco: «Il lago diventa sempre più vuoto non per la siccità, ma per una disastrosa gestione della cosa pubblica », accusa Bonelli, che intanto amplia la lista dei provvedimenti “più dissennati” come li definisce: «Per il ponte sullo Stretto sono stati distratti un miliardo e 600 milioni che dovevano essere destinati a opere idriche». E alle regioni più assetate sono rimaste le briciole per provare a sistemare le incompiute di sempre. Dalla Calabria alla Campania, dalla Basilicata alla Sicilia, la lista è lunga.
Eppure, nell’estate della grande sete, anche il fiume dei soldi pubblici sembra essersi al momento prosciugato. Il governatore Renato Schifani aveva chiesto 130 milioni a Roma. A maggio, ne sono stati inviati solo 20 dalla Protezione civile oggi sotto l’egida del ministro Nello Musumeci, ex presidente della Regione siciliana.
«Una cifra del tutto inadeguata», hanno tuonato le associazioni degli agricoltori e degli albergatori.
Venti milioni serviranno appena per sistemare le cose che dovrebbero funzionare e invece non funzionano. Ad esempio, alcuni pozzi. E, poi, le autobotti: ne verranno acquistate solo 8 nuove, ce ne sono 78 da riparare. Mentre altre sorprese sono dietro l’angolo. Sì, perché nella Sicilia della grande sete e della politica che spesso improvvisa, riescono pure a sprecare i pochi fondi che arrivano.
Nei giorni scorsi, il capo della protezione civile siciliana, Salvo Cocina, ha lanciato un gran rimprovero a tecnici e amministratori locali, perché il piano per spendere i venti milioni appena arrivati da Roma è parecchio indietro. Solo il 17,1 per cento delle opere è stato completato; mentre il 30,1 per cento è in «corso di ultimazione».
Il governatore Schifani ha messo le mani avanti: «Noi abbiamo reperito ingenti risorse sia nazionali che regionali, adesso tocca a voi».
(da la Repubblica)
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Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
LA MANOVRA DEL 2023 DI MELONI E GENNY, CHE FECERO SLOGGIARE DAL SAN CARLO DI NAPOLI IL SOVRINTENDENTE FRANCESE CON IL SOLO SCOPO DI METTERCI CARLO FUORTES E SGOMBRARE IL POSTO DI AD IN RAI, ERA ILLEGITTIMA… MORALE: UN ANNO DOPO LISSNER E’ AL SAN CARLO, FUORTES AL MAGGIO FIORENTINO E MEYER DEVE LASCIARE LA SCALA MA SI E’ GIA’ RIACCASATO A LOSANNA
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 146, depositata oggi, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 3, del decreto-legge 10 maggio 2023, n. 51 (Disposizioni urgenti in materia di amministrazione, di enti pubblici, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 3 luglio 2023, n. 87.
La disposizione censurata – su questione sollevata dal Tribunale di Napoli, per la vicenda del Teatro San Carlo – prevede la cessazione anticipata dalla carica, a decorrere dal primo giugno 2023, per i sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, abbiano compiuto il settantesimo anno di età, indipendentemente dalla data di scadenza degli eventuali contratti in cors
Il Tribunale di Napoli aveva ritenuto tale disciplina lesiva dei principi di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) e di buon andamento e di imparzialità (artt. 97 e 98 Cost.) e aveva denunciato l’evidente carenza dei presupposti prescritti dalla Costituzione per il ricorso al decreto-legge (art. 77 Cost.).
La Corte – spiega un comunicato della Consulta – ha accolto le questioni in riferimento all’art. 77 Cost. e ha dichiarato assorbite le altre censure. La Corte ha ribadito che il ricorso allo strumento della decretazione d’urgenza, pur affidato all’autonoma scelta politica del governo, è assoggettato a precisi “limiti costituzionali” e a “regole giuridiche indisponibili da parte della maggioranza, a garanzia della opzione costituzionale per la democrazia parlamentare e della tutela delle minoranze politiche”.
Tale potere normativo “non può giustificare lo svuotamento del ruolo politico e legislativo del Parlamento, che resta la sede della rappresentanza della Nazione (art. 67 Cost.)” e dev’essere esercitato “nel rispetto degli equilibri costituzionalmente necessari”.
La preesistenza di una situazione di fatto che comporti la necessità e l’urgenza di provvedere costituisce un requisito di validità costituzionale dell’adozione del decreto-legge e l’eventuale evidente mancanza di quel presupposto si configura come un vizio di legittimità costituzionale tanto del decreto-legge quanto della legge di conversione. Il requisito dell’omogeneità si atteggia come uno degli indici rivelatori della sussistenza o della mancanza delle condizioni di validità del provvedimento governativo.
La Corte ha chiarito che tali limiti non sono funzionali solamente “al rispetto degli equilibri fondamentali della forma di governo, ma valgono anche a scoraggiare un modo di legiferare caotico e disorganico” che reca pregiudizio alla certezza del diritto e, in particolare, “sia all’effettivo godimento dei diritti che all’ordinato sviluppo dell’economia”.
La disposizione che sancisce l’immediata cessazione dagli incarichi in corso, a decorrere da una data individuata nel primo giugno 2023, non presenta alcuna correlazione con le finalità di salvaguardare l’efficienza delle fondazioni lirico-sinfoniche, peraltro enunciate nel preambolo del decreto-legge “in termini generici e apodittici”.
La disomogeneità della disposizione censurata emerge anche dall’analisi del titolo dell’atto normativo e delle restanti disposizioni del decreto-legge e dalla discussione parlamentare, che non indica “elementi risolutivi in ordine alla straordinaria necessità e urgenza di regolare i rapporti in corso, secondo la tempistica tracciata nel decreto-legge, per dare concreta attuazione all’obiettivo di efficienza dichiarato nella premessa del decreto”.
Neppure nel giudizio dinanzi alla Corte sono stati prospettati elementi decisivi in ordine alla conformità ai requisiti prescritti dall’art. 77 Cost. Tutti gli indici descritti convergono dunque nell’escludere, per la specifica disposizione censurata, quella “esigenza di dare risposte normative rapide a situazioni bisognose di essere regolate in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessità […], che rappresenta la necessaria legittimazione del decreto-legge nel sistema costituzionale delle fonti”.
(da agenzie)
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Luglio 25th, 2024 Riccardo Fucile
LA PRESIDENZA DI FINCANTIERI, SEMPRE IN MANO A MILITARI O AMBASCIATORI, È STATA OFFERTA A BIAGIO MAZZOTTA SOLO PER RIMUOVERLO DALLA RAGIONERIA DELLO STATO… FABRIZIO CURCIO E’ STATO SOSTITUITO ALLA PROTEZIONE CIVILE PER FAR POSTO A FABIO CICILIANO, DIRIGENTE MEDICO DELLA POLIZIA DI STATO… A SETTEMBRE GIUSEPPE DE MITA, CARO AD ARIANNA E A MEZZAROMA, SARÀ PRONTO AD APPRODARE COME DG A SPORT E SALUTE, LA SOCIETÀ PUBBLICA CASSAFORTE DELLO SPORT
Il sistema con il quale i fratellini d’Italia stanno occupando tutte le caselle del potere non s’era mai visto, né nella Prima, né nella Seconda Repubblica. Mai vista una così fagocitante presa di potere.
Una abbuffata compulsiva di incarichi, con il coltello tra i denti e la bava alla bocca, distribuita ad amici degli amici, spesso senza tener minimo conto della loro competenza specifica, che squaderna la smania di rivincita di una generazione di post-fascisti ed ex missini svezzata a pane, livore e irrilevanza nell’estrema destra del Fronte della Gioventù
IL CASO FINCANTIERI
Il Governo Ducioni ha offerto ufficialmente, rimasta vacante dopo il suicidio del generale Claudio Graziano, al Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta.
Una demenziale proposta voluta da Palazzo Chigi come una sorta di promoveatur ut amoveatur, visto che il Governo gli addebita la mancata previsione della voragine causata dal Superbonus grillino nelle casse già dissestate dello Stato.
Insomma: un calcione, anche mal camuffato, per allontanare Mazzotta dalla stanza dei bottoni della Ragioneria dello Stato, che ha come principale obiettivo istituzionale quello di garantire la corretta programmazione e la rigorosa gestione delle risorse pubbliche.
L’alto funzionario, in carica dal 23 magio 2019, si è riservato di riflettere sulla proposta e vuole ben ponderare, prima di accettare l’incarico. Soprattutto perché la presidenza del colosso navale è strettamente connessa al mondo militare.
La partecipata si occupa di fregate, siluri, sonar, e infatti finora il ruolo di presidente è sempre stato occupato o da militari (come appunto Graziano) o da ambasciatori esperti di intelligence (come Giampiero Massolo).
Per sostituirlo, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti ha in mente il nome della fidata Daria Perrotta, attualmente capo dell’Ufficio legislativo del Mef
Il leghista di Cazzago Brabbia spera di portare a casa la nomina dopo aver dovuto ingoiare il rospo della riconferma di Dario Scannapieco alla guida di Cassa depositi e prestiti: da ministro dell’Economia, Giorgetti avrebbe voluto dire la sua su Cdp, che dal Mef dipende, e invece ha dovuto fare pippa di fronte all’autoritarismo di Giorgia Meloni e Giovanbattista Fazzolari.
La Fiamma Magica di Palazzo Chigi, sempre più tragica, sempre più posseduta dalla sindrome di accerchiamento, diffidente com’è anche verso i fratelli d’Italia che non hanno radici nello zoccolo duro del post-fascismo (vedi gli ex democristiani Crosetto e Fitto o l’ex magistrato Nordio; ma perfino un ex finiano di Alleanza Nazionale come Mantovano, per i duri e puri, non possiede i 4/4 di nobiltà missina); dunque la Giorgia e il Fazzo sacrificherebbero il nome del candidato che circolava tra gli addetti ai lavori per la presidenza di Fincantieri, quello di Giuseppe Cossiga
Il figlio del Gattosardo, già sottosegretario alla Difesa con il governo Berlusconi, legato da profonda amicizia alla Melona e al ministro della Difesa Guido Crosetto, ma soprattutto, a differenza del Ragioniere generale dello Stato, con una solida conoscenza del settore in cui opera Fincantieri, testimoniata da due anni di presidenza dell’Aiad (la “Confindustria della Difesa” in passato presieduta da Crosetto).
PROTEZIONE CIVILE
A conferma dell’abuso operandi con cui si sgoverna ai tempi del Governo Ducioni, c’è l’incredibile sostituzione di Fabrizio Curcio dal Dipartimento della Protezione Civile, la struttura alle dipendenze della presidenza del Consiglio che gestisce le emergenze e le situazioni di rischio
A differenza del reietto Mazzotta, Curcio è uno stimato ingegnere e funzionario che aveva già guidato la Protezione Civile dal 2015 al 2017, che non ha Superbonus miliardari da espiare: è stato liquidato intanto perché ha lo stigma di essere stato nominato nel 2021 dal governo di Mario Draghi.
Secondo, e più importante motivo: la Ducetta ha molto apprezzato Fabio Ciciliano nel suo ruolo di commissario straordinario per l’emergenza di Caivano, disgraziata località campana teatro di un orribile caso di stupro ai danni di due ragazzine di 10 e 12 anni che dette vita alla grancassa “legge & ordine” della propaganda melononiana.
Fabio Ciciliano, napoletano classe 1972, dirigente medico della Polizia di Stato, dotato di ben tre lauree, ha sovrinteso all’assistenza medica in occasione di grandi eventi a Roma, come i funerali di papa Giovanni Paolo II; poi del terremoto all’Aquila del 2009 e in Emilia-Romagna nel 2012; infine ha partecipato alle missioni in Giappone dopo il caso Fukushima, nel 2011, non sia un deus ex machina della Protezione Civile.
Skill non esattamente in linea con una struttura delicatissima che abbiamo imparato purtroppo a conoscere bene negli ultimi decenni per via di innumerevoli disastri, tra terremoti e alluvioni, che hanno ferito il nostro Paese. Ma, dopo Caivano, Ciciliano dalla sua ha un consolidato rapporto di fiducia con Giorgia Meloni e con il sottosegretario Alfredo Mantovano.
SPORT E SALUTE
Altro giro, altra “marchetta” in arrivo. A settembre l’amico della famiglia di Arianna Meloni, Giuseppe De Mita, sarà pronto ad approdare al vertice di Sport e Salute, la società pubblica cassaforte dello sport.
Recentemente il figlio dello storico leader democristiano Ciriaco era salito alle cronache per aver rifiutato la poltrona di amministratore delegato di Cinecittà Spa, al posto di Nicola Maccanico, accontentandosi umilmente di rimanere parcheggiato come consigliere del Cda.
Ora, dietro quel sorprendente no alla prima poltrona di Cinecittà Spa, “ci sarebbe la possibilità di un salto di qualità all’interno Sport e Salute, in cui già si occupa di progetti specifici di marketing”, scrive il ben informato Stefano Iannaccone sul quotidiano “Domani”.
L’articolo continua: “Se non diventerà dg, acquisirà comunque maggiore peso in altri modi. È questo il pensiero delle sorelle Meloni, Arianna in testa, che vanta un solido legame con il rampollo di Nusco.
La battaglia ha un risvolto politico: con De Mita, FdI metterebbe del tutto le mani sulla gestione della società, facendo asse pieno con il presidente, Marco Mezzaroma, amico di vecchia data di Giorgia e Arianna Meloni. L’imprenditore ha già voluto nell’organigramma un ruolo specifico: il capo dello staff presidenziale, Marco Sanetti”. Non solo: De Mita vanta una lunga amicizia con Mezzaroma, di cui è stato testimone alle sue sfortunate nozze con Mara Carfagna.
Ma c’è un “ma”. Nei palazzi romani molti si chiedono come verrà presa la decisione delle Sister meloniane per il “De Mita minore” da parte del ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti.
Infatti, il ruolo previsto per il rampollo di Ciriaco è attualmente occupato da Diego Nepi Molineris, con la doppia funzione di direttore generale e di amministratore delegato, nominato a suo tempo dal leghista varesotto.
AMORALE DELLA FAVA
Il metodo Due-Meloni è più secco di un colpo di manganello: promuoviamo i nostri, meglio se amici, anzi, fedelissimi: o con noi o contro di noi. Una logica da clan (eufemismo) che fa a pugni con il tanto decantato Ministero per “il merito” che la Ducetta ha introdotto, accostandolo a quello dell’Istruzione, a inizio del suo mandato.
(da Dagoreport)
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