Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
VA IN CINA PER CONTO DEGLI AFFARISTI, NON UNA PAROLA PER UN REGIME CHE DEFINIVA UNA “DITTATURA SANGUINARIA”
Oggi Giorgia Meloni definisce la Cina “un partner economico, commerciale e culturale di grande rilievo” e, in qualità di presidente del Consiglio, firma con il Governo di Pechino un piano triennale di cooperazione ad ampio raggio.
Ma ieri, quando era “solo” la leader di Fratelli d’Italia e inveiva dai banchi dell’opposizione, Meloni usava parole molto diverse nei confronti del Paese del Dragone.
Poco meno di dieci anni fa, il 14 ottobre, puntava il dito contro il Governo Renzi, colpevole a suo dire di essere troppo tenero verso il regime cinese: “Visto che Renzi è amico della Cina, chieda conto della concorrenza sleale che le imprese cinesi fanno al nostro Made in Italy”, scriveva Meloni su Twitter (allora si chiamava ancora così).
Nei giorni scorsi la premier è stata in visita ufficiale a Pechino, dove ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping e il primo ministro Li Qiang. Meloni ha sottoscritto un Piano d’azione triennale “per il rafforzamento del Partenariato Strategico Globale Cina-Italia”, un’intesa per la cooperazione tra i due Paesi in sei settori – commercio, finanza, innovazione, sviluppo “green”, sanità, cultura – con un occhio in particolare alle auto elettriche, alle energie rinnovabili e all’intelligenza artificiale.
Meloni solo pochi mesi fa aveva deciso di non rinnovare il Memorandum Italia-Cina che era stato firmato nel 2019 dal Governo Conte nell’ambito della Via della Seta.
All’epoca Fratelli d’Italia criticò duramente l’accordo: “La dittatura sanguinaria di Pechino trova ospitalità in Europa e in Italia, si progettano affari ultra-miliardari, si ignorano le condizioni barbare in cui vivono oltre un miliardo di persone, si glissa sull’inquinamento mostruoso di cui la Cina è protagonista, sullo sfruttamento dei lavoratori, delle donne, dei bambini, dei dissidenti politici”, protestava il deputato Fabio Rampelli, uno dei “colonnelli” di Giorgia. “La Cina è un mostro di fronte al quale l’Occidente si genuflette quotidianamente, dovrebbe essere cacciato dal Wto per continua infrazione di regole elementari”.
Anche Lucio Malan – che oggi è un fervente meloniano ma allora per la verità militava ancora in Forza Italia – attaccava: “Si dimentica sempre la carica più importante di Xi Jinping: Segretario generale e capo della Commissione militare del Partito comunista cinese, l’unico consentito. Giusto coltivare anche quel mercato, ma senza dimenticare che la Cina non è un Paese a libero mercato, spesso non ha rispettato la proprietà intellettuale, cioè ha copiato i nostri prodotti, e che quasi tutte le aziende italiane che ‘investono in Cina’ in realtà delocalizzano la produzione”.
Meloni puntò il dito in particolare sui rapporti tra il Movimento 5 Stelle e il “regime cinese”. Nel corso degli anni, poi, la leader di Fratelli d’Italia ha sostenuto più volta la necessità di difendere le imprese italiane dalla spietata concorrenza cinese, che rappresentava un “attacco alla nostra economia”.
È la stessa Meloni, peraltro, oggi, da premier, a spalancare le porte dell’Italia alle case automobilistiche cinesi che producono veicoli elettrici.
Pechino è “un interlocutore molto importante” con cui si può “ragionare insieme di come garantire stabilità, pace e un interscambio libero”, a patto “che rimanga stabile il sistema delle regole nel quale ci muoviamo”, osserva oggi la presidente del Consiglio.
Meloni – pur essendo una fedele atlantista – adesso dice di voler “esplorare nuove forme di cooperazione” con la Cina “lavorando per rapporti commerciali che siano il più possibile equilibrati” non solo tra il Paese asiatico e l’Italia ma anche tra Pechino e l’Unione europea.
Da nemico assoluto, insomma, la Cina si è improvvisamente trasformata in un partner strategico con cui fare affari. Ma in questi (quasi) due anni di governo, la premier ci ha abituato alle giravolte. Per informazioni, chiedere a Ursula von der Leyen.
(da TPI)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
“LA STAMPA”: VERGOGNOSO DEFINIRE IL NOSTRO ILARIO LOMBARDO GIORNALISTA ANTI-MELONI
Questa mattina, su Il Giornale, è comparso un articolo che ha, per noi Cdr de La Stampa, dell’incredibile. Prendendo spunto dall’ultimo report sulla libertà di stampa del Media Freedom Rapid Response un giornalista del detto quotidiano ha pensato bene di attaccare pubblicamente il nostro collega Ilario Lombardo infilandolo in una lista di proscrizione denunciata come tale fin dal titolo: “I giornalisti anti-Meloni dietro il report europeo”.
L’operazione è vergognosa quanto sbilenca. L’idea sottintesa, ricavata attraverso allusioni e non detti, è che il quadro emerso dal rapporto dipenderebbe da alcuni giornalisti, sei quelli citati, con particolare evidenza per il nostro Ilario, “reo” secondo Il Giornale di aver avuto “alcuni battibecchi” con la premier durante conferenze e punti stampa.
Perché questo attacco? E perché proprio Ilario?
Partiamo col dire che Il Giornale è il quotidiano della famiglia Angelucci, direttamente tirata in ballo dal report che individua tre criticità rispetto alla libertà di stampa in Italia: il caso Rai, il caso querele temerarie e il caso Agi, l’agenzia oggetto di trattativa da parte proprio di Angelucci, editore e parlamentare della maggioranza. Ilario è il giornalista che per noi ha seguito tutta la vicenda.
Il secondo punto è che il giornalista de Il Giornale cita sei colleghi a fronte di una lista di stakeholders, in chiaro nel report, di 36 persone tra attori istituzionali, esponenti della società civile e giornalisti.
Tra gli stakeholders erano invitati anche giornalisti di testate vicine al centrodestra ed esponenti della maggioranza, che però si sono rifiutati di partecipare al report. La denuncia di faziosità a posteriori è a dir poco sfacciata.
Terzo: sembra quasi banale dirlo visto che fa parte dell’Abc di questo mestiere, ma il giornalista de Il Giornale non cita mai quale sarebbe stato il contributo di Ilario al report. Non lo conosce. Allude solo alla sua appartenenza alla testata e scambia per battibecchi quelle che sono semplici domande, un giornalista dovrebbe conoscere la differenza, a cui la premier ha risposto sollevando polemiche.
Infine, ed è cosa che ci preoccupa parecchio, l’articolo è uscito nella notte in cui la premier Giorgia Meloni, dalla Cina, ha attaccato un altro report, quello della Commissione europea, molto critico nei confronti della libertà di stampa in Italia. E lo ha fatto utilizzando le stesse argomentazioni che s’intravvedono nel trafiletto de Il Giornale: anche il report della Commissione sarebbe influenzato da giornalisti ostili al governo.
Se Il Giornale voleva corroborare i risultati del report del Media Freedom Rapid Response e dimostrare che la libertà di stampa in Italia zoppica, possiamo dire che ci è riuscito in pieno. Nell’esprimere la nostra vicinanza e solidarietà a Ilario e agli altri giornalisti citati, invitiamo gli organi preposti della nostra categoria a valutare la correttezza dell’operato del giornalista de Il Giornale.
(da La Stampa)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
“SE VIVESSIMO NUDI, NON CI SAREBBERO PIU’ GUERRE”
Nessun riferimento al dipinto di Leonardo Da Vinci che rappresenta il passo evangelico dell’ultima cena. L’aveva detto già Thomas Jolly, direttore della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024, torna a ribadirlo Philippe Katerine.
Il cantante e comico, che ha intonato il brano Nue – nudo – è apparso sugli schermi di tutto il mondo con il corpo dipinto di blu e vestito di sole foglie e frutti. Un’interpretazione del dio greco Dioniso, alla Cnn, definisce la sua performance un messaggio di pace. «Se fossimo rimasti tutti nudi, ci sarebbero state guerre? La risposta è no, probabilmente, perché non puoi nascondere un’arma se sei nudo».
«Un malinteso»
Katerine sostiene che, «quando un uomo è nudo, si ha l’idea che sia innocuo». E aggiunge: «L’idea originaria delle Olimpiadi in Grecia prevedeva che gli atleti fossero nudi – e dunque – non potessero portare armi in quelle condizioni. Per questo ho cantato questa canzone». Le altre interpretazioni attribuite a quella parte della cerimonia, invece, «sono un malinteso. Io sono cresciuto come un cristiano e la miglior cosa della cristianità è il perdono. Per me, è la cosa più bella che ci sia. Quindi, chiedo perdono se ho offeso qualcuno. I cristiani me lo concederanno e capiranno che è stato un malinteso. Non si trattava affatto di una rappresentazione dell’ultima cena».
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
NOVE SOLDATI ISRAELIANI SONO STATI ARRESTATI PER STUPRO… I DELINQUENTI DELL’ESTREMA DESTRA AL GOVERNO CON NETANYAHU SOLIDALI CON I NOVE CRIMINALI
I fatti, prima di tutto. Nove riservisti dell’Esercito Israeliano sono stati arrestati ieri nell’ambito di un’inchiesta su “sospetti gravi abusi su un detenuto palestinese” nel carcere di Sde Teiman, nel sud di Israele. Il centro non è nuovo alle cronache. Si tratta infatti del luogo in cui la stragrande maggioranza dei detenuti di Gaza sono stati interrogati o trattenuti dall’inizio della guerra. Le pratiche di detenzione in questo penitenziario tuttavia hanno attirato ripetute accuse di maltrattamenti e abusi da parte di Israele nei confronti dei prigionieri palestinesi.
I nove indagati sono stati condotti alla base di Beit Lid, quartier generale del tribunale militare, per essere interrogati da un magistrato al fine di accertare cosa sia accaduto. L’accusa nei loro confronti è infatti di quelle gravi: i nove, alcuni dei quali appartenenti all’unità speciale dell’esercito Force 100, avrebbero sodomizzato un prigioniero palestinese. Secondo una fonte della sicurezza israeliana, il detenuto è stato portato in ospedale con gravi ferite all’ano, lesioni così dolorose da impedirgli di camminare.
Alcuni degli indagati sono assistiti dall’avvocato Nati Rom di Honenu, un gruppo di assistenza legale israeliano di estrema destra, il quale ha dichiarato che i suoi clienti negano tutte le accuse contro di loro. Gli altri riservisti detenuti sono invece rappresentati dal principale avvocato difensore dell’esercito, che al momento non ha risposto a una richiesta di commento. Le indagini su quanto accaduto a Sde Teiman sono dunque solo all’inizio.
La solidarietà degli estremisti israeliani ai soldati arrestati
La notizia dell’arresto di nove soldati israeliani accusati di violenza sessuale ha immediatamente scatenato una crisi. Centinaia di manifestanti, per lo più ebrei ortodossi ed estremisti di destra, hanno preso d’assalto sia la base di Beit Lid che il centro di detenzione di Sde Teiman. Le tensioni, come dimostrano molti video pubblicati online nelle ultime ore, sono aumentate quando una folla di civili, che sventolavano bandiere israeliane, ha fatto irruzione nella base attraverso i cancelli di metallo per sostenere i riservisti detenuti.
Nel tardo pomeriggio, l’esercito ha dichiarato che la polizia e i soldati avevano allontanato i manifestanti dalla base, e in serata persino il capo di Stato Maggiore delle IDF è stato costretto ad intervenire: “Entrare in una base militare e disturbarne l’ordine è un comportamento grave che non è in alcun modo accettabile”, ha affermato il tenente generale Herzi Halevi, che però è stato accolto da una selva di fischi e da cori con la richiesta di dimissioni.
I ministri di Netanyahu solidarizzano con i soldati arrestati
Il dibattito sulla sorte dei nove detenuti però non è rimasto circoscritto alla “piazza”. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dovuto sospendere le riunioni sulla crisi con il Libano ed ha invitato alla calma, affermando di “condannare fermamente l’irruzione” dei manifestanti nelle due strutture statali. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha affermato che “l’assalto di una base delle IDF da parte di civili è un incidente grave, che danneggia gravemente la democrazia israeliana e fa il gioco del nostro nemico durante la guerra”. Persino il presidente Isaac Herzog ha fatto appello alla calma affermando che Israele è “uno stato rispettoso della legge. Chiedo a tutti i membri della Knesset di essere responsabili e di calmare immediatamente la situazione”.
L’accorato appello del presidente Herzog è però caduto nel vuoto. Mentre sono in corso le indagini sull’operato dei nove riservisti arrestati, infatti, molti politici di estrema destra, compresi alcuni ministri del governo Netanyahu, si sono affrettati a difendere i soldati e hanno chiesto all’esercito di interrompere le indagini su di loro. Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha pubblicato un videomessaggio su X in cui ha chiesto al procuratore generale militare di togliere le mani dagli “eroici guerrieri” israeliani. Il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e altri membri del suo partito di estrema destra hanno annunciato che si sarebbero recati a Sde Teiman per chiedere il rilascio immediato degli indagati, mentre il presidente della Commissione per gli affari esteri e la difesa della Knesset, Yuli Edelstein, ha annunciato che avrebbe tenuto un’udienza oggi per discutere degli arresti, affermando: “I nostri soldati non sono criminali e questa spregevole caccia è per me inaccettabile”.
“Legittimo inserire un bastone nel retto di un detenuto palestinese”
Surreale l’affermazione di un membro partito Likud, lo stesso del primo ministro Netanyahu. Intervenendo lunedì a una riunione di parlamentari della Knesset, Hanoch Milwidsky ha giustificato lo stupro e gli abusi sui prigionieri palestinesi, accusando i colleghi che avevano osato dubitare sulla correttezza di questa pratica. Quando gli è stato chiesto se fosse legittimo “inserire un bastone nel retto di una persona”, Milwidsky ha risposto: “Sì! Se si tratta di un Nukhba (militante di Hamas, ndr), tutto è legittimo! Tutto!”.
(da Fanpage)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
IL PIU’ GRADITO NEI SONDAGGI INTERNI E’ LUI: 60 ANNI, BIANCO ED EX ASTRONAUTA…E KAMALA CONTINUA A SALIRE NEI SONDAGGI
Il senatore democratico dell’Arizona Mark Kelly appare la scelta più probabile di Kamala Harris per la candidatura a vicepresidente Usa. Lo scrive il quotidiano “The Hill”, sottolineando che il senatore gode del tasso di approvazione più elevato tra i potenziali compagni di corsa della vicepresidente Usa Kamala Harris, candidata dei Democratici alla Casa Bianca in vista delle elezioni di novembre.
Un sondaggio pubblicato ieri dall’emittente televisiva “Abc News” e dalla società demoscopica Ipsos attribuisce un tasso di approvazione netto positivo di 10 punti percentuali tra gli elettori statunitensi: il 22 per cento degli intervistati esprime un parere positivo in merito al senatore democratico, mentre il 12 per cento esprime un parere negativo. Il 41 per cento degli intervistati afferma di non conoscerlo, e il 24 per cento di non avere una opinione specifica in merito al senatore.
Gli altri potenziali candidati democratici alla vicepresidenza hanno ottenuto risultati peggiori: il governatore della Pennsylvania, Josh Shapiro, il governatore del Kentucky Andy Beshear e il segretario ai Trasporti Pete Buttigieg hanno ottenuto un tasso di approvazione netto di 4 punti percentuali.
Buttigieg, assieme al governatore della California Gavin Newsom, è l’unico potenziale candidato dei Democratici alla vicepresidenza noto alla maggioranza degli elettori intervistati. Il governatore Newsom, però, ha riscosso nel sondaggio un tasso di approvazione netto negativo di ben 12 punti percentuali.
Lo stesso sondaggio attribuisce un significativo aumento del tasso di approvazione per Kamala Harris: sei punti percentuali in più rispetto al precedente sondaggio, con un tasso di approvazione netta negativo di un punto, contro i meno 16 punti percentuali attribuiti a Trump.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
“LA DESTRA E’ DIVISA E NERVOSA, MOLTI LORO ELETTORI NON VOGLIONO QUESTA RIFORMA”
Professor Massimo Villone, giurista, membro del comitato promotore, cosa ci dice la corsa alla firma per il referendum sull’autonomia differenziata?
“C’è un pezzo di Paese che ha preso consapevolezza dei rischi che si corrono con la riforma. E che vuole dire la sua per impedirlo”.
È una rivolta soprattutto meridionale?
“In buona parte è così. Ed è un pezzo grosso di Paese, perché al Sud vivono 22 milioni di italiani, la loro voce conta”.
Finora erano stati zitti.
“Perché da parte della politica e dei media era stato imposto un silenzio. Ma sono sei anni e mezzo che la questione è sul tavolo, per via dell’accordo stretto dal governo Gentiloni con le Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia”.
Ora però la riforma Calderoli è legge.
“E le quasi 300mila firme raccolte in tre giorni ci dicono che il Sud fiuta un pericolo. Un anno fa raccogliemmo 106mila firme per una legge di iniziativa popolare che riducesse i rischi dell’Autonomia differenziata, ebbene Molise e Abruzzo raccolsero più firme dell’Emilia Romagna: a proposito di Sud”.
Quali pericoli fiuta?
“Il Meridione ha capito che la sua sanità, l’istruzione, i trasporti possono solo peggiorare. Chi vive nel Meridione già oggi ha un’aspettativa di vita inferiore di tre anni rispetto a chi vive nel Nord. E uno studente, per via delle minori infrastrutture e possibilità, è come se facesse un mese in meno di scuola rispetto a un suo compagno settentrionale”.
Tutto questo potrà peggiorare?
“Per forza. Già adesso il Meridione è alle prese con lo spopolamento. Molti giovani qualificati fuggono al Nord, o all’estero. Un collasso demografico che Marco Esposito ha descritto nel libro Vuoto a perdere. Ne so qualcosa anch’io”.
In che senso?
“Ho due figli e quattro nipoti. Un figlio e due nipoti vivono a Chicago. Un terzo nipote è a Francoforte. L’ultimo si è appena laureato in matematica a Napoli e temo che se ne andrà anche lui presto”.
Bersani ha detto che anche il Nord va coinvolto nella battaglia.
“Concordo. L’errore più grande che possiamo correre è quello di innescare un leghismo del Sud. Invece è l’occasione per riscoprire l’unità della Repubblica. Tutti abbiano convenienza a un Paese unito”.
Vede rischi opposti?
“Spirano anche refoli di leghismo meridionale”
L’autonomia differenziata interessa soprattutto al Nord?
“In realtà la riforma fa male al Nord, che invece dovrebbe avere tutto l’interesse ad un Sud più forte economicamente. Infatti Confindustria l’ha capito. E pure la Chiesa”.
Servono tredici milioni di elettori per vincere. Non sono troppi?
“È una grande montagna da scalare. Ma per il referendum di Renzi, il 4 dicembre 2016, non serviva il quorum, a differenza di questo, eppure andò a votare il 65 per cento degli italiani: 33 milioni di votanti. Si mobilitarono in parte contro l’allora premier, ma avevano chiaro il senso della battaglia. E’ un precedente che deva oggi far riflettere”.
Qui la sinistra ha le parole giuste per arrivare al cuore di milioni di cittadini?
“Questo è il punto. Ma da questo inizio sembrerebbe di sì, la gente ha capito la posta in gioco. E questa battaglia va condotta fino in fondo, anche se non si dovesse vincere. Perché se anche si arriverà soltanto vicini alla vittoria la politica capirebbe che la riforma non ha il gradimento degli italiani”.
E a chi è gradita?
“Interessa soprattutto a pezzi del ceto politico. Perché sposta le competenze dal centro alla periferia, che possono fare la fortuna del proprio territorio”.
Non del sistema Paese?
“Le faccio notare che nelle audizioni in Parlamento la grande maggioranza degli esperti auditi – costituzionalisti, sindacalisti, Confindustria, ufficio parlamentare di Bilancio, Bankitalia e Svimez – hanno espresso perplessità o critiche sulla riforma”.
La destra è divisa.
“E nervosa. Molti elettori di destra non la condividono come percepiscono da tempo Tajani, Occhiuto, Musumeci”.
Si possono fare delle battaglie insieme?
“A me è capitato di ritrovarmi allo stesso tavolo con uomini di destra come Landolfi e Laboccetta da cui tutto mi divide ideologicamente. Proviamoci, ne vale la pena”.
(da La Repubblica)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
“TRATTA CONTE DA MEZZO USURPATORE. COME SE NON L’AVESSE CHIAMATO LUI A LAVORARE GRATIS UN ANNO E MEZZO PER RESUSCITARE I 5S CHE LUI AVEVA SUICIDATO CONFICCANDOLI NEL GOVERNO DRAGHI, SENZA CONTE, IL M5S SPARIREBBE”
C’è ben poco di politico nella polemica epistolare fra Grillo e Conte. La lettera del garante, come tutto in lui, è un fatto caratteriale, psicologico, umorale. Chi lo conosce sapeva benissimo che, in vista degli Stati generali per il rilancio del M5S, avrebbe battuto un colpo. Non perché voglia o tema qualcosa di diverso da Conte, dagli eletti e dagli elettori.
Ma per dire che c’è sempre, anche se, da buon ciclotimico, alterna da una vita le discese ardite e le risalite. Sa benissimo che la democrazia diretta non esiste, ma l’alternativa non sono i caminetti fra “gruppi ristretti”, ed è paradossale che debba ricordarglielo Conte, grillino dell’ultima ora. L’alternativa è la democrazia partecipativa: il leader (Grillo e Casaleggio agli inizi, il direttorio a cinque, Di Maio e ora Conte) consulta la base, ne riceve gli input, poi dice la sua e la mette ai voti.
Ma anche nel ruolo di garante (a vita: clausola che, escluse le monarchie, esiste solo alla Corte Suprema Usa), la sua parola non vale uno: pesa molto più di quella altrui. E influirà eccome agli Stati generali del 4 ottobre, nel 15° compleanno del M5S. Il bivio di Grillo è tra l’accompagnare quel passaggio decisivo fra il rilancio e l’estinzione con la magnanimità e la generosità del padre nobile, o l’insistere con la postura malmostosa
Quella di chi snobba i suoi ex “ragazzi meravigliosi”; sottovaluta gli sforzi titanici che han fatto e i prezzi altissimi che han pagato per piantare quasi tutte le bandiere del M5S nei 31 mesi dei governi Conte-1 e Conte-2, vilipesi e combattuti dai poteri marci; preferisce loro i presunti “grillini” Draghi e Cingolani; li liquida col gretto totem dei due mandati; e ora tratta Conte da mezzo usurpatore. Come se non l’avesse chiamato lui a lavorare gratis un anno e mezzo per resuscitare i 5S che lui aveva suicidato conficcandoli nel governo Draghi e costringendoli a ingoiarne tutti i rospi.
Nell’ultimo spettacolo, Grillo pareva pacificato Ora sembra tornato alla fase dei malumori Lo sa pure lui che, senza Conte, il M5S sparirebbe. Però va rifondato, tantopiù ora che i suoi cavalli di battaglia tornano di moda […] Sta a lui decidere se guadagnarsi i 300 mila euro l’anno di “consulenza per la comunicazione” partecipando col suo talento, o rintanarsi in casa a distillare letterine, battutine, regolette e rancorucci.
Marco Travaglio
(da il “Fatto quotidiano”)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
IPOTESI DI RIVELAZIONE DI SEGRETO E ABUSO D’UFFICIO… FINORA NATOLI HA RIFIUTATO DI DIMETTERSI
Rosanna Natoli, consigliera del Csm e componente della sezione disciplinare fino al 18 luglio scorso, è indagata dai pm romani per le ipotesi di rivelazione di segreto e abuso d’ufficio. L’avvocata (in quota FdI e ritenuta vicina al presidente del Senato Ignazio La Russa) avrebbe rivelato contenuti sull’inchiesta nella quale era coinvolta una magistrata sotto procedimento, Maria Fascetto Sivillo, in un faccia a faccia ritenuto a dir poco sconveniente rispetto al ruolo ricoperto. La vicenda che ha scatenato una nuova bufera sul Csm va riepilogata per maggiore chiarezza.
Amica degli amici
Componente laico della Sezione disciplinare del Csm, mesi fa, Natoli aveva convocato nel suo studio la giudice catanese Fascetto Sivillo, già condannata in primo grado per una tentata concussione e ora accusata davanti al «tribunale dei giudici» di aver usato la qualità di magistrato «al fine di conseguire ingiusti vantaggi». Le due donne sono nell’ufficio di Natoli ma quello che emergerà in seguito è che Fascetto la registra, parola per parola: «Noi questa situazione la vogliamo e dobbiamo risolvere, però lei ci deve dare una mano, dottoressa Fascetto…» si sente dire da Natoli. Quest’ultima le propone suggerimenti su come difendersi nella consapevolezza di violare il segreto della camera di consiglio del Csm. Perché mai questa premura nei confronti della giudice? Il motivo, esplicitato dalla stessa Natoli è che Fascetto Sivillo era «amica degli amici», una collega insomma da difendere anche a costo di commettere un abuso.
Andata in tilt
Prosegue Natoli violando uno dopo l’altro tutti i presupposti del segreto e della riservatezza collegata al proprio ruolo nel Csm: «Io credo che lei ha avuto i soprusi, ma ora se li deve scordare perché dobbiamo andare avanti… Perché quando ci siamo riuniti, e sto violando il segreto della camera di consiglio, dicono tutti “è vero che ha subito un sopruso, ma a me sembra, poverina, che sia andata in tilt”… E quindi, dice, perdita di anzianità»
Fascetto Sivillo, assistita dall’avvocato Carlo Taormina, dunque, aveva registrato ogni parola attraverso il proprio cellulare. Non è tutto perché, stando alla registrazione, anche il resto della sezione del Csm, la stessa che avrebbe dovuto decidere sui provvedimenti a Fascetto Sivillo, sarebbe stata incline a misure non particolarmente severe, purché la giudice si fosse attenuta a particolari cautele.
Procuratore
A questo punto la convocazione da parte del procuratore aggiunto Paolo Ielo imprime un’accelerazione alla vicenda giudiziaria. Natoli sarà ascoltata in qualità di indagata dai pm romani. Per molti la consigliera non può continuare a fare parte del Csm, pena il danno di immagine (un altro dopo lo scandalo Palamara) dell’organo di autogoverno delle toghe. La sponsorship di La Russa nei suoi confronti rischia di dare il la a un contrasto istituzionale tra alte cariche dello Stato (il presidente della Repubblica è a capo del Csm). Ma ora l’inchiesta romana potrebbe accelerare le dimissioni di Natoli.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
UNA DELLE TRE RAGAZZE SI STENDE SULLA BARELLA AGGANCIATA A UNA MOTO D’ACQUA. LE ALTRE SI PIAZZANO IN SELLA
Video e selfie di tre bagnanti in costume sulla moto d’acqua della polizia di Stato di Chioggia: un “siparietto” che ha incuriosito i frequentatori della spiaggia di Punta Canna a Sottomarina, sul litorale clodiense, alcuni al punto da riprendere l’insolita scena col telefonino
È domenica pomeriggio, la spiaggia di Punta Canna è affollatissima di gente, come ogni weekend da “bollino nero”: due acqua scooter della polizia di Stato sono ormeggiati a pochi metri dalla riva, gli agenti sono presenti.
I due mezzi sono quelli messi in campo (anzi, in acqua) ogni anno dalla polizia di Stato di Venezia su iniziativa della questura, per la sicurezza dei bagnanti durante la stagione estiva; sono dotati anche di barella.
Non è chiaro se a prendere l’iniziativa siano i bagnanti (anzi, le bagnanti: nel video si vedono tre donne farsi foto e video a bordo del mezzo) o gli stessi poliziotti.
(da Il Gazzettino)
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