Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
STRAORDINARIO INTERVENTO DELLA GIOVANE AGENTE CHE ONORA LA DIVISA
Una ragazza di 22 anni voleva suicidarsi gettandosi sul tetto del supermercato Esselunga diCamerlata, in provincia di Como, con l’intento di farla finita dopo un volo di 20 metri.
Vedendola alcuni passanti hanno avvisato le forze dell’ordine. Tre agenti della polizia sono intervenuti sul posto: una di loro, una poliziotta di 23 anni, quasi coetanea della giovane e in periodo di prova alla Questura, si è avvicinata alla ragazza.
Ha iniziato a instaurare un dialogo e riportarla almeno con le gambe verso la zona sicura, ottenendo il risultato ma, pochi istanti dopo, la ragazza di scatto si è lasciata cadere nel vuoto di schiena. A questo punto l’agente, con prontezza e aiutata del collega, ha placcato la donna che era già con tutto il corpo a penzoloni, portandola al sicuro.
Il racconto del salvataggio è stato diffuso sui social dai profili della questura di Como. Una volta in salvo l’agente è rimasta vicino alla 22enne abbracciandola e tranquillizzandola fino all’arrivo del 118.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
IL DRAMMATICO RACCONTO DEL BAMBINO CHE HA MESSO IN ALLARME LA MAESTRA… L’UOMO E’ STATO ARRESTATO
«Voglio fare il poliziotto per mettere papà in galera, così non toccherà più la mamma». Sono bastare queste parole pronunciate da un bimbo che frequenta le elementari in un piccolo paese del biellese per far allarmare la maestra.
Il piccolo era infatti molto e arrabbiato col papà perché aveva più volte “sgridato” la mamma davanti a lui.
La maestra ha subito capito la gravità della situazione che si nascondeva dietro a quelle parole e ha informato la direzione scolastica che a sua volta ha inviato una dettagliata relazione alla Procura.
Gli accertamenti sono stati affidati ai carabinieri della stazione del paese in cui abita la famiglia. I militari dell’Arma dopo aver acquisito nella massima riservatezza gli elementi che confermavano la possibile ipotesi di un caso di violenza in famiglia, hanno avvicinato con delicatezza la mamma del bambino, una donna di 42 anni, conquistandone la fiducia e riuscendo a farsi raccontare la sua storia, a confidare il terrore in cui viveva a causa dei maltrattamenti che il compagno, alcolista, le riservava da anni, anche davanti ai figli, e che non aveva mai denunciato per la paura che l’uomo le incuteva.
Paura ben giustificata dato che, dopo aver trasferito mamma e figli in un domicilio protetto, perquisendo la casa in cui era rimasto solo il compagno hanno trovato una pistola, con il caricatore inserito, poggiato sopra il frigorifero, e, poi, nascosti in un ripostiglio, un fucile e delle cartucce. Entrambe le armi avevano la matricola abrasa.
L’uomo, 48 anni, è stato arrestato per ricettazione e detenzione di armi clandestine oltre che denunciato per maltrattamenti in famiglia e percosse, e portato nel carcere di Biella.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
RICOSTRUITI ANCHE I TENTATIVI DI AIUTARE TULLIANI CERCANDO DI FARLO LAVORARE IN RAI
L’ex presidente della Camera e leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, autorizzò (contro il parere inizialmente negativo del partito) la vendita della casa di Montecarlo ereditata dalla contessa Colleoni ma non ne trasse beneficio economico.
Si trattò di un favore rivolto a Giancarlo Tulliani suo cognato e alla sua compagna (madre dei suoi figli) Elisabetta. È quanto scrivono i giudici della quarta sezione penale nel motivare le condanne emesse per la vicenda lo scorso 30 aprile.
Era consapevole Gianfranco Fini che il denaro utilizzato per acquistare quell’appartamento derivasse dalla monumentale evasione tributaria di Francesco Corallo re delle slot machine? Secondo i giudici presieduti da Roberta Palmisano, la terza carica dello Stato ne accettò «il rischio eventuale»: «Fini gestì personalmente le trattative fissando il prezzo in trecentomila euro. Al riguardo l’imputato — precisano i giudici — ha confermato di avere stabilito personalmente il prezzo limitandosi a precisare di essersi rifatto al valore riportato in bilancio».
Le condanne: 6 anni a Tulliani, 5 alla sorella Elisabetta
L’ex presidente della Camera era stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione (oltre a 2.800 euro di multa) per riciclaggio. Condanna più severa quella nei confronti del cognato Giancarlo Tulliani al quale sono andati 6 anni di reclusione e verso l’intermediario Rudolph Theodore Baetsen (8 anni) mentre Elisabetta Tulliani era stata condannata a cinque anni di reclusione.
Tulliani «avventuriero senza spessore imprenditoriale»
Per un lungo periodo di tempo Fini si occupò della posizione di Giancarlo Tulliani che i giudici descrivono alla stregua di un avventuriero, «privo di spessore imprenditoriale e di capacità reddituale adeguata» a gestire affari complessi quali quello della compravendita di immobili.
L’ex presidente della Camera favorisce il cognato con i mezzi che ha disposizione, non sempre ripagato. Gli presenta ad esempio Guido Paglia, ufficio stampa Rai vicino al leader di An, che si prodiga per Tulliani, il quale vuole vendere film alla Rai.
«Il teste — mettono nero su bianco i giudici — gli spiegò che occorreva presentarsi come società iscritta all’albo dei fornitori mentre Tulliani non aveva una società». Paglia, per lealtà nei confronti di Fini, lo indirizza a Rai Cinema, salvo fallire: «Tulliani era quindi tornato nuovamente da Paglia insistendo per poter lavorare in altro modo in Rai. Il teste (Paglia, ndr) si lamentò di questa insistenza con Fini, che lo convocò tramite la sua segreteria di Presidenza della Camera»
La «raccomandazione» si concluderà con uno scontro tra Fini e Paglia che ruppero il rapporto. Nelle motivazioni i giudici analizzano dettagliatamente, dunque, il rapporto fra Fini (assistito dagli avvocati Francesco Caroleo Grimaldi e Michele Sarno) e il cognato per concludere che la compravendita dell’appartamento di Montecarlo fu pilotata da quest’ultimo e dalla sua Printemps.
Ultimo aspetto: i giudici non ritengono provato l’argomento della difesa Tulliani secondo la quale l’interesse di Corallo fosse quello di «ottenere tramite i Tulliani e indirettamente tramite Gianfranco Fini favorevoli provvedimenti legislativi».
«La sentenza di fatto assolve Fini su tutti i capi d’imputazione e si limita paradossalmente a ricorrere al concetto del dolo eventuale. Traducendo si tratta del ben poco apprezzabile “non poteva non sapere”. Abbiamo dimostrato in primo grado che era vero il contrario e confidiamo nell’appello anche perché lo stesso tribunale afferma a chiare lettere che nessun profitto è stato tratto da Fini in tutte queste operazioni finanziarie” dicono gli avvocati dell’ex politico, Caroleo Grimaldi e Sarno.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
ANCHE IL MEDIA FREEDOM RAPID RESPONSE ACCUSA IL GOVERNO MELONI
Mentre la politica italiana questa settimana potrebbe procedere al rinnovo dei vertici Rai, e dopo la lettera di risposta di Giorgia Meloni a Ursula von der Leyen sull’ingerenza dei partiti nell’informazione della tv pubblica, arriva un altro report europeo a bacchettare l’Italia sulla libertà di stampa.
Si tratta del Media Freedom Rapid Response, consorzio europeo cofinanziato dalla Commissione Ue.
Si dice che “negli ultimi due anni in Italia si è assistito a un costante declino della libertà dei media, segnato da attacchi e violazioni senza precedenti, spesso iniziati da rappresentanti pubblici”. Si parla di “uso sistematico di intimidazioni legali contro giornalisti da parte di attori politici, dinamiche che hanno raggiunto livelli allarmanti”.
Il documento cita “un’ondata di attacchi” a Report, al sito Fanpage, al quotidiano Domani e “pressioni di livello inedito sulla Rai”. Infine, la possibile vendita dell’Agi “a un gruppo di proprietà di un politico leghista rappresenti un altro esempio di chiaro conflitto d’interessi”.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
“IL RAPPORTO SULLO STATO DI DIRITTO SI BASA SU FATTI”
È la prima volta che un premier scrive alla presidente della Commissione europea per polemizzare riguardo al rapporto annuale «sullo Stato di diritto». Ma non è la prima volta che il governo di Giorgia Meloni scrive ai funzionari di Ursula von der Leyen su questo argomento. Fra gennaio e aprile una squadra di funzionari che fa capo al belga Didier Reynders, commissario Ue alla Giustizia, è stata più volte a Roma. Ha parlato con la Federazione nazionale della stampa italiana, con l’Ordine dei giornalisti e con l’osservatorio sostenuto da entrambi che va sotto il nome di «Ossigeno per l’informazione».
In parallelo si è rivolta al governo e a esso ha riportato le critiche ascoltate da altri sulla gestione della Rai e dell’informazione nell’emittente pubblica.
Alle organizzazioni della società civile, così come al governo, i funzionari di Reynders hanno chiesto precise relazioni scritte sui criteri di gestione della televisione di Stato, sui suoi equilibri finanziari, sul servizio pubblico. A
nche per questo la missiva della premier ieri è stata ricevuta con un filo di sorpresa. In primo luogo, perché il Rapporto sullo stato di diritto nei 27 Paesi dell’Unione è di sei giorni fa e la lettera di Meloni è atterrata in una Bruxelles ormai in vacanza dopo la maratona delle nomine.
La caduta di tensione è tale che ieri per ore la Commissione non riusciva neanche a confermare di aver ricevuto la lettera. Eppure era già transitata per la rappresentanza permanente d’Italia a Bruxelles, che l’aveva consegnata. Poi però lo stupore ha riguardato l’intensità della reazione della premier. Ha osservato ieri una portavoce della Commissione: «Com’è noto, il Rapporto annuale sullo Stato di diritto segue un metodo ben affermato ed è il frutto di un processo inclusivo con tutti gli Stati dell’Unione europea e con i portatori d’interessi». Parole studiate per far capire che il governo italiano era già stato sentito prima della pubblicazione, più volte; dunque le critiche di Meloni al rapporto («Dispiace che non sia stato risparmiato dai professionisti della disinformazione e della mistificazione») erano sicuramente già note.
Qualcuno a Bruxelles ha persino avuto l’impressione che il vero bersaglio di Meloni non fossero von der Leyen o Reynders; ma piuttosto quelli che lei vede come suoi avversari interni, i «professionisti della disinformazione».
Certo è che a Bruxelles si sottolinea ora come il rapporto sullo Stato di diritto, soprattutto sul tema delicatissimo della Rai, fosse «basato sui fatti». La versione del 2022 di quel testo quasi non parlava della televisione di Stato. Quella del 2023 vi dedica un solo paragrafo. Quella di quest’anno — rinviata attentamente fino a dopo la conferma di von der Leyen — ci si sofferma per più di tre pagine, nelle quali la Commissione riferisce le osservazioni degli uni e degli altri senza prendere posizione quasi mai.
Ma a volte sì e, quando lo fa, il rapporto non prende di mira direttamente il governo: parla piuttosto degli assetti generali dell’emittente pubblica. «Da tempo l’efficacia del sistema di governance nel garantire la piena indipendenza della Rai è motivo di preoccupazione in Italia», si legge. O ancora: «I rischi di influenza politica sono frutto della prassi consolidata di riorganizzare le posizioni apicali della Rai basandosi sull’equilibrio dei poteri politici». In una Bruxelles scivolata nelle ferie, tutti si erano già dimenticati di quelle frasi di qualche funzionario. Ora la lettera di Meloni ha acceso un faro di luce più intenso. E von der Leyen dovrà rispondere, «basandosi sui fatti».
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
LA REPLICA DELLA DIREZIONE DI “REPUBBLICA”: “HA UN’IDEA ILLIBERALE DEL GIORNALISMO”
In modo tanto puerile quanto confuso, la Presidente del Consiglio continua ad evitare di rispondere nel merito delle osservazioni sollevate dal rapporto sullo Stato di diritto dalla Commissione europea, ritenendo più utile abbandonarsi a considerazioni sul ruolo di “Repubblica” e, più in generale di quella parte dell’informazione italiana non politicamente arruolata.
Considerazioni che tradiscono la sua idea illiberale del giornalismo e del ruolo che il giornalismo ha in una democrazia compiuta. Confermando in questa maniera le obiezioni che il rapporto di Bruxelles le ha sollevato.
Per Giorgia Meloni un giornale non è infatti un fondamentale strumento di controllo del potere necessario, attraverso la pubblicazione di notizie e opinioni, a mettere un cittadino nelle condizioni di compiere liberamente e consapevolmente le sue scelte, ma uno “stakeholder”, un portatore di interessi.
Ebbene, consigliamo a Giorgia Meloni di dedicarsi a fare la Presidente del Consiglio, se ne è capace, cercando di non avventurarsi su terreni che evidentemente le risultano assai ostici.
Quanto a Repubblica, si rassegni all’esistenza di un giornalismo di qualità, indipendente, e ricordi le parole del secolo scorso con cui un monumento del giornalismo americano, Walter Cronkite, ricordò a Richard Nixon la natura passeggera della vertigine che porta con sé il potere politico: “I presidenti passano, i giornalisti restano”.
La Direzione di Repubblica
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
LA RICHIESTA DOVRÀ ESSERE VALUTATA DAL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI…I DOMICILIARI PER IL GOVERNATORE DELLA LIGURIA, DOPO LE DIMISSIONI, POTREBBERO ESSERE REVOCATI ENTRO VENERDÌ
La procura di Genova ha chiesto il giudizio immediato per l’ex presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, per l’imprenditore portuale Aldo Spinelli e per l’ex presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini.
La richiesta è stata inoltrata al giudice per le indagini preliminari che dovrà adesso verificare che sussistano le condizioni e poi fissare la data del processo. Il dibattimento potrebbe iniziare tra ottobre e novembre. I tre indagati hanno poi 15 giorni, dopo il decreto che dispone il giudizio, per scegliere eventuali riti alternativi come il processo immediato o il patteggiamento.
È stato il procuratore capo Nicola Piacente a convocare i legali di Toti, Spinelli e Signorini per comunicare la decisione di chiedere il giudizio immediato. “È stata una cortesia – hanno detto gli avvocati Stefano Savi, Andrea Vernazza e Sandro Vaccaro – che il procuratore ci ha voluto fare”.
I tre indagati hanno 15 giorni di tempo per chiedere un eventuale rito abbreviato o il patteggiamento.
Il giudice ha cinque giorni per fissare il processo ma non è un termine perentorio. “Noi non chiederemo alcun rito alternativo”, hanno spiegato i legali. “Avremo tutto il materiale da studiare, comprese una serie di intercettazioni che finora non abbiamo mai sentito – ha concluso Savi -. Vogliamo ascoltare anche i toni usati perché a volte potrebbero essere delle battute”.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
BRAMBILLA: “FUGACCI HA MANDATO I SUOI SICARI A UCCIDERE MAMMA ORSA, VERGOGNA, VATTENE”… RIBADIAMO, LA RESPONSABILITA’ E’ DI CHI L’HA VOTATO, SONO TUTTI COMPLICI, MAI VACANZE IN UNA REGIONE DI INFAMI
Una squadra è entrata in azione nei boschi sopra Padaro di Arco, dove l’animale era stato localizzato attraverso il radiocollare.
L’abbattimento di Kj1 arriva a poche ore dal decreto firmato da Fugatti che ha revocato le precedenti ordinanze sospese dal Tar, firmando il provvedimento di abbattimento dell’esemplare responsabile dell’ultima aggressione nei boschi del Trentino. Fugatti per spiegare la decisione aveva scritto «è venuta meno l’esigenza di tutelare la sicurezza e l’incolumità pubblica tramite lo strumento dell’ordinanza contingibile e urgente» e di avere comunque «tutti gli elementi di fatto e di diritto per adottare i provvedimenti più opportuni”
Brambilla: «Una vergogna»
La prima a reagire alla decisione di Fugatti era stata l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente e dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e la Tutela dell’Ambiente: «Fugatti ha ammazzato mamma Orsa! Vergogna! Fugatti ha mandato i suoi sicari ad uccidere mamma orsa! Poco fa, di notte, ha firmato il decreto di abbattimento di KJ1… Quando il Tribunale amministrativo non può intervenire. Vergogna, vattene!», ha scritto sul web.
«In poche ore- aggiunge- con astuzia degna di miglior causa, il presidente della Provincia autonoma ha messo in atto il suo piano, preparato da giorni, sostanzialmente un bis del caso M90, l’orso abbattuto in febbraio a poche ore dall’emissione della sentenza di morte»
Alle 21,33 il presidente della Pat ha firmato il provvedimento di revoca anche della seconda ordinanza contingibile e urgente per l’abbattimento in modo da far cessare il contenzioso. Alle 21,35 ha firmato il decreto di abbattimento sulla base della legge provinciale: 13 pagine fitte di argomentazioni per dimostrare che KJ1 deve morire, senza se e senza ma. Il primo provvedimento è stato pubblicato sul portale trasparenza, il secondo sull’albo telematico evitando accuratamente di darvi evidenza: hai visto mai che nessuno se ne accorge e così ammazziamo l’orsa alla chetichella…». «E ora – conclude Brambilla -comunque vada, si deve sapere che Fugatti si sottrae sistematicamente al controllo di legalità, si fa beffe del Tribunale amministrativo, di cui elude le prescrizioni, invece di mandare i forestali a chiudere i sentieri e dissuadere gli escursionisti, li manda ad uccidere un’orsa che circola da 22 anni, che per due terzi della sua vita non ha fatto mai parlare di sé e che il 17 luglio ha solo difeso i suoi cuccioli, come farebbe ciascuno di noi di fronte ad una minaccia ignota. Questo è il Governatore del Trentino, un arrogante che crede di vivere in un regime autoritario e piega diritto e logica per soddisfare il suo delirio di onnipotenza».
La Lav: «Follia ursicida»
«Fugatti non ha voluto tenere conto delle indicazioni del Tar e della scienza, non ha voluto chiudere gli accessi dell’area di presenza di Kj1 e ha dato libero sfogo alla sua follia ursicida: non è così che si tutelano i cittadini» dice all’Agi, Massimo Vitturi responsabile animali selvativi della Lega Antivivisezione (Lav). «È un atto di vendetta per scaricare le proprie responsabilità e incapacità su esseri indifesi», ha concluso Vitturi.
(da agenzie)
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Luglio 30th, 2024 Riccardo Fucile
L’ARTISTA, ATTIVISTA PER I DIRITTI LGBTQ, SPORGE DENUNCIA CONTRO LA FECCIA OMOFOBA
La dj francese Barbara Butch, attivista per i diritti Lgbtq e al centro delle polemiche per il ruolo svolto durante la cerimonia delle Olimpiadi di Parigi, ha esposto denuncia per «molestie informatiche». Dopo la sua esibizione venerdì, infatti, la dj è diventata «bersaglio di cyberbullismo particolarmente violento».
Come si legge in una nota condivisa dal suo avvocato su Instagram, l’artista è stata «minacciata di morte, tortura e stupro». L’artista è stata anche presa di mira da numerosi insulti di carattere antisemita, omofobo, sessista e grassofobico, denuncia l’avvocato Audrey Msellati. In un’altra nota, l’attivista femminista e lesbica si è detta «estremamente onorata di aver potuto partecipare alla cerimonia di apertura» e di aver «condiviso la mia visione della celebrazione».
Barbara Butch ha spiegato che «se all’inizio ho deciso di non parlare per far calmare gli haters, i messaggi che ricevo sono sempre più estremi. Tutto questo per aver avuto la possibilità di rappresentare la diversità del mio Paese attraverso l’arte e la musica, insieme ad altri artisti e gli artisti che ammiro».
L’artista ha aggiunto che «attraverso la mia attività di Dj e il mio attivismo, ho sempre promosso l’amore e l’inclusività: per me, questo è ciò che salverà il mondo, anche mentre cade a pezzi».
(da agenzie)
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