Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
IN ASSENZA DI TITOLO (CIOÈ, DECRETO DI NOMINA), HA COMMESSO UN REATO LEI (BOCCIA) E CHI GLIELO HA CONSENTITO (SANGIULIANO)…NON SOLO, SE LA REGINETTA DI POMPEI HA USUFRUITO DI TRASPORTO SU MEZZI MINISTERIALI O ANCHE SOLO DI RIMBORSO SPESE VIAGGI SI CONFIGURA IL ‘’PECULATO D’USO’’. SIGNOR MINISTRO: SIAMO DAVANTI AD ATTI E FATTI DA DIMISSIONI IMMEDIATE…MELONI FURIBONDA CON SANGIULIANO
Che cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo? L’interrogativo di Maria Rosaria Boccia ci sta: per mesi e mesi, giorno dopo giorno, la curvacea imprenditrice di abiti da sposa nella nativa Pompei ha impegnato tutta se stessa per allietare le fatiche e gli strapazzi politici del ministro della Cultura, impegnandosi a scortarlo come una badante, sempre sorridente, in ogni dove richiedeva il suo impegno, ed ora si ritrova svillaneggiata come in una sceneggiata napoletana: Isso (Sangiuliano), Essa (Boccia) e ‘O Malamente (il gabinetto ministeriale dei Beni Culturali).
E la sventurata di Pompei oggi si chiede: valeva la pena tempestare di telefonate la qualunque per farsi attovagliare lo scorso 29 maggio a un ricevimento elettorale a Napoli in casa del commercialista Francesco Salerno per l’odontoiatra Raffaella Decimo coniugata Chiarello, candidata alle europee per Fratelli d’Italia, sponsorizzata da Sangiuliano, dove esplose la fatale liason della Boccia del Vesuvio con Genny O’ Ministro?
Flashback. Nel 2023 e primi mesi del 2024 la presenza della Boccia alla Camera dei Deputati viene registrata nell’Intergruppo Parlamentare “La Cultura delle Bellezza: Medicina Estetica, Formazione, Ricerca e Benessere” presieduto da Gimmi Cangiano, deputato ed ex coordinatore regionale di FdI in Campania, culminato lo scorso febbraio a Sanremo con un convegno condotto dalla sua amica del cuore Monica Marangoni, conduttrice Rai poi misteriosamente scomparsa dalle reti della tv pubblica.
Al termine del convegno, così l’ex fidanzato di Valeria Marini, Calogero Cangiano detto Gimmi le rende onore su “Il Tempo”: “Un ringraziamento alla Dottoressa Maria Rosaria Boccia, a capo del Comitato Tecnico-scientifico dell’Intergruppo”. Sempre prima dell’incontro fatale con Genny ‘O Ministro, Maria Rosaria sgranava il suo rosario ai piedi di Marta Schifone, deputata per Fratelli d’Italia, farmacista e cosmetologa, responsabile nazionale del Dipartimento Professioni del partito e componente delle Commissioni Lavoro e Affari sociali. Rapporto finito a schifio).
Tornando a bomba. Oggi la reietta di Pompei almanacca fra sé e sé, digrignando i denti: ma valeva la pena di sbattersi come un Moulinex su e giù per l’Italia francobollata a Sua Eccellenza, impegnatissimo a presentare il suo libro su Prezzolini (“L’anarchico conservatore”), tra tagli di nastri e inaugurazioni di mostre, impepate di gaffes e strafalcioni di ogni tipo?
Tutto ciò che la determinatissima Boccia pompeiana agognava, una volta autoincoronatasi ‘’first lady’’ in pectore dell’ex vice direttore di “Libero” catapultato a ministro dall’incauta Giorgia Meloni, era la nomina a ‘’Consigliera ai Grandi Eventi del ministero della Cultura”, atto che avrebbe definitivamente legittimato la sua instagrammata presenza nella vita e nella stanza di Sangiuliano al Collegio Romano, sede del dicastero.
Nomina che l’ex direttore del Tg2, nonché autore delle biografie celebrative di Reagan, Putin e Trump che, malgrado la pingue stazza, ha annichilito pure Tarzan alle prese con le liane volando attraverso nove (9) partiti nel corso della sua carriera, avrebbe solennemente promesso agli inizi di agosto tant’è che la biondissima e matura donzella, in piena euforia di potere, l’aveva strombazzata sul suo account Instagram.
Che cosa è successo per far rinculare la volontà di Gennarino nostro che, dopo il fatal incontro con la fantasiosa lobbista di Pompei aveva eliminato non solo le sue zuave di panza ma anche la fede al dito? Perché l’ex Bombolo del Golfo ha deciso di cestinare l’atto di nomina previsto entro la fine di agosto per far sì che la 41enne Boccia potesse calcare trionfante e sculettante il tappetto rosso della Mostra del Cinema di Venezia?
Le ipotesi, come sempre accade in questo sciagurato paese a forma di stivale, sono bugie che dicono la verità: c’è chi racconta che la compulsiva presenza di Maria Rosaria al fianco avrebbe innescato malumori (eufemismo) all’interno del suo staff ministeriale, formato dal capo gabinetto Francesco Giglioli, ex capo ufficio della segreteria della commissione Affari costituzionali del Senato, con Narda Frisoni a capo della segreteria tecnica che comprende Emanuele Merlino, fratellino d’Italia vicino a Fazzolari, nonché figlio di quel Mario Merlino che fu coinvolto nell’inchiesta sulle bombe fasciste di piazza Fontana.
S’avanza chi aggiunge benzina al rogo di “Due cuori e un ministero”, spifferando che l’avventuroso curriculum della Boccia quando è passato al vaglio dello staff burocratico del dicastero per le doverose verifiche che impone la legge anche per un decreto del ministro “ad personam”, atto fiduciario qual è la nomina di un consigliere, i funzionari competenti avrebbero riscontrato delle “criticità” (traduzione: il curriculum è zeppo di fregnacce tant’è che la Boccia ne avrebbe scodellato, dicono, un secondo).
Alla “criticità” su requisiti e competenze dubbie o non chiarite dell’aspirante Consigliera, il gabinetto del ministro avrebbe aggiunto la domanda delle cento pistole: a che titolo la Boccia delle meraviglie ha avuto accesso ad atti e notizie riservati del ministero, come oggi scrive il ben informato Carmelo Caruso su “Il Foglio”? In assenza di titolo (cioè, decreto di nomina), ha commesso un reato lei (Boccia) e chi glielo ha consentito (Genny).
Non basta. Se la reginetta di Pompei ha usufruito di trasporto su auto o mezzi ministeriali o anche solo di rimborso spese viaggi etc., si configura il ‘’peculato d’uso’’ (quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio si appropria della cosa al solo scopo di farne uso momentaneo e, dopo tale uso, la restituisce immediatamente).
Per molto meno – uso dell’auto blu per trasportare negli uffici della Farnesina le procaci grazie delle soubrette Elisabetta Gregoraci e Maria Di Majo alla presenza di Gianfranco Fini – all’epoca Salvatore Sottile, portavoce del ministro degli Esteri, è stato condannato nel 2009 dal Tribunale di Roma a otto mesi di reclusione per il reato di peculato.
Signor ministro: siamo davanti a atti e fatti da dimissioni immediate. A quel punto, Sangiuliano si è definitivamente convinto di ingoiare il rospo e di stracciare il decreto di nomina. Ma il ministro parte-nopeo e parte-Boccia non ha valutato né immaginato che tale bocciatura avrebbe sbiellato il sistema neurovegetativo della ambiziosissima Maria Rosaria che, del resto, libera da qualsiasi legame, non aveva nulla da perdere.
Ed partito il revenge-social, zeppo di “pizzini” e foto a chiave, di una signora incazzatissima di essere stata presa per i suoi tondi fondelli. Sotto una immagine che vede romanticamente affiancati il suo volto a quello di Sangiuliano, su fondo nero come una lapide, spara fendenti contro il comitato di gabinetto ministeriale, reo di aver sabotato la sua nomina:
“Sono giorni che ricevo messaggi e telefonate inopportune. Tra me e il Ministro continuano ad esserci ottimi rapporti. Siamo legati dalla stessa tenacia che impieghiamo nel raggiungimento degli obiettivi, da una stima ed una lealtà lavorativa che appartiene a pochi e da un sano sentimento chiamato “bene” che resterà anche quando non avremo rapporti lavorativi”.
Ancora:
‘’Ad oggi il Decreto di nomina a Consigliere del Ministro “Grandi Eventi” (a titolo gratuito) è stato firmato dal Ministro ed attendiamo la ratifica della nomina. Una volta ratificata il Ministro, poiché è un incarico fiduciario, può decidere in qualsiasi momento di revocarla e non penso debba interessare nessuno se non i diretti interessati’’.
Gran finale:
‘’Basta attacchi inutili! Nell’epoca della giusta sensibilizzazione al body shaming, allo stalking mediatico e alla prevenzione dagli attacchi gratuiti lesivi della dignità e psico-stabilità di un individuo penso sia il caso di smetterla con questo inutile accanimento. Vi ricordo, infine, che il Ministro ci rappresenta e lavora quotidianamente per noi. Ad oggi ha “portato a casa” risultati importanti, provate a pensare cosa potrebbe fare in una condizione di serenità.
Basta attacchi gratuiti!”
Dagospia sbatte il mostro in prima pagina e dal Collegio Romano si precisa: “E’ una notizia falsa: la signora Maria Rosaria Boccia non è mai stata nominata Consigliere del Ministro per i “Grandi Eventi”. Alla nostra curiosità sul fitto e scivoloso rapporto tra la Boccia ridens di Pompei e Genny del Golfo, instagrammato da ogni angolazione, in una miriade di eventi (Taobuk Festival di Taormina, varie visite a Pompei, pranzi e presentazione di libri, convegni al Senato e presenze alla Camera), la replica è questa: “Una semplice conoscenza avvenuta all’epoca della campagna elettorale del 2022”.
Ma quando su La7, ospite di “In Onda”, Andrea Petrella, capo ufficio stampa del ministero dei Beni Culturali, afferma che “non c’è nomina” dandole anche della millantatrice (‘’evidentemente è una che si vuole accreditare”.), negando altresì di conoscere l’influencer-lobbista di Pompei, quella volpina di Maria Rosaria subito spiattella su Instagram le chat di Petrella che dimostrano il contrario…
L’affare s’ingrossa al punto tale che l’agognata visita alla Mostra del Cinema veneziana del pavone Sangiuliano, per timore di un blitz da parte della fumantina Boccia, si risolve in una toccata e fuga, in compagnia della di lui imbufalita consorte, molto attenta a non rivolgergli parola.
Invece ieri a Palazzo Chigi, alla prima riunione dei ministri dopo la pausa estiva, non ha avuto problemi a sbatterlo al muro delle responsabilità, Giorgia Meloni. Gonfia di rabbia oltre che di filler, ha chiesto spiegazioni ricevendo come risposta qualcosa come: “Maria Rosaria Boccia è una mitomane”. La Ducetta con gli occhi rovesciati ha chiuso la questione, secca come un cassetto chiuso con una ginocchiata: “Allora fai una dichiarazione che si tratta di una mitomane!”.
Dietro l’incazzatura meloniana al suo ministro della Cultura, si agita il timore al limite del terrore del rimpasto di governo. La Melona, già con gli otoliti in agitazione per finanziaria, Pnrr, commissario Ue, etc. sa bene che un rimpasto di ministri trasformerebbe la coalizione Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia in un campo di battaglia, tutti contro tutti, e il governo rischierebbe davvero di non assaggiare il panettone.
Già, con il probabile scorporo tra Mantovani e Fazzolari delle deleghe del dimissionario ministro Fitto destinato a mollare la valle di lacrime romana per volare a Bruxelles, la premier della Garbatella ha messo una toppa. Ma sulla testa dell’esecutivo pende minacciosa la spada di Damocle della Procura di Milano sugli affari della ministra del Turismo Daniela Santanché, e se per caso o per caos diventassero doverose per il rispetto dello Stato e delle Istituzioni le dimissioni di Genny il Farfallone, a quel punto il rimpasto diventerebbe l’Ultima Cena.
(da Dagospia)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
“PERCHÉ SANGIULIANO NON CHIARISCE? NON PUÒ FARLO?”
“Il ministro SANGIULIANO esca dal silenzio e spieghi pubblicamente cosa sia accaduto al ministero. A una settimana dalle prime indiscrezioni stampa sulla presunta nomina di una sua nuova consigliera, siamo ancora in un impasse istituzionale con indiscrezioni e fughe di notizie affidate ai
social network e a persone estranee all’amministrazione che stanno mettendo in discussione l’onorabilità degli uffici del ministero della Cultura italiano”.
A chiederlo è la capogruppo democratica nella commissione Cultura della Camera, Irene Manzi, a proposito del caso di Maria Rosaria Boccia.
“Nomine millantate ma mai confermate, sostituzione della scorta del ministro, partecipazioni a missioni istituzionali poco chiare, uffici del gabinetto impegnati a gestire i presunti legami con una consulente mai istituzionalizzata a cui, da quanto si apprende, si sarebbe dovuta affidare addirittura l’organizzazione del G7 cultura a Pompei. Perché SANGIULIANO non chiarisce? Non può farlo? Per qualche ragione un ministro della Repubblica italiana si trova sotto ricatto?”, conclude Manzi.
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
POI PUNGE CONTE PER LE SUE AMBIGUITA’ SU TRUMP E LA GUERRA IN UCRAINA: ‘NON FACCIAMO DECIDERE GOVERNI AGLI USA, MA NEANCHE A A MOSCA. L’ATTENZIONE DI CONTE ALLE QUESTIONI DI POLITICA ESTERA È MERITEVOLE DI UN APPROFONDIMENTO TRASPARENTE E RIGOROSO”
“L’attenzione di Giuseppe Conte alle questioni di politica estera è meritevole di un approfondimento serio, trasparente e rigoroso. Per la nostra idea di centrosinistra il rapporto con gli americani non è in discussione”. Così il leader Iv Matteo Renzi. “Non facciamo scegliere i governi a Washington – aggiunge – ovviamente, e ancora più ovviamente non lasciamo che sia Mosca a decidere per noi.
Quanto alla politica americana tra Trump e Harris noi non abbiamo dubbi: stiamo dalla parte dei democratici americani, di Kamala senza se e senza ma. Ci auguriamo che tutto il campolargo sia dalla parte dei progressisti contro i sovranisti”.
“L’attenzione di Giuseppe Conte alle questioni di politica estera – sottolinea nella nota Renzi – è meritevole di un approfondimento serio, trasparente e rigoroso. Per la nostra idea di centrosinistra il rapporto con gli americani non è in discussione non solo per la storia da Alcide De Gasperi in poi ma anche dai tempi dell’apertura di Enrico Berlinguer e della leadership strategica di Giorgio Napolitano.
Non facciamo scegliere i Governi a Washington, ovviamente, e ancora più ovviamente non lasciamo che sia Mosca a decidere per noi. Quanto alla politica americana tra Donald Trump e Kamala Harris noi non abbiamo dubbi: stiamo dalla parte dei democratici americani, stiamo dalla parte di Kamala senza se e senza ma. Ci auguriamo che tutto il campolargo sia dalla parte dei progressisti contro i sovranisti”.
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
VANNA ATTACCA ‘GNAZIO SUI SOCIAL: “PER ME UNA FOLLA ALLA VERSILIANA, PER LUI DESOLAZIONE”… DIMENTICA CHE ANCHE LA DONNA CANNONE AL CIRCO ATTIRAVA I CURIOSI
Ironia e due foto sui social per mostrare la differenza tra lui e la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa. L’eurodeputato della Lega Roberto Vannacci torna nuovamente alla carica, questa volta dal proprio profilo Facebook e contro un esponente di FdI, alleato del partito con il quale è stato eletto al Parlamento europeo.
Il generale non le manda a dire, mostrando le due foto che mostrano i partecipanti alla Versiliana, la kermesse politica che si svolge sul litorale toscano a Marina di Pietrasanta: «Desolazione alla Versiliana ieri 30 agosto per il presidente del Senato Ignazio La Russa e il suo intervistatore Alessandro Sallusti. Circa 120 persone contate», scrive l’europarlamentare, pubblicando un’immagine della platea, affiancata a destra da un’altra fotografia scattata invece quando sul palco c’era lui. Poi aggiunge: «Il confronto con la serata di Vannacci dello scorso 24 agosto che ha radunato oltre mille persone, di cui molte rimaste in piedi, non è neanche possibile».
L’attacco a un alleato di destra non passa inosservato ed è uno dei suoi follower a farglielo notare. «Con gli attacchi fra esponenti che appartengono alla stessa coalizione si sta facendo il gioco che vuole la sinistra». Ma Vannacci risponde prontamente: «Nessun attacco, solo una risposta a La Russa che non ha mai perso occasione per criticarmi e sminuirmi. Per me la cosa finisce qua».
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
“OGGI SIAMO RIMASTI IN DUE”… IL SOGNO REALIZZATO DA DUE STUDENTI UNIVERSITARI AMERICANI CAPITATI NELL’ISOLA NEL 2002
Nel 2004 apriva a Santorini quella che il Guardian, l’anno successivo, e National Geographic, nel 2015, avrebbero nominato la libreria più bella del mondo.
Era il sogno realizzato di due universitari statunitensi capitati un paio di anni prima nell’isola greca. Un luogo perfetto per crogiolarsi nella lettura, dove però non esisteva alcun negozio che vendesse libri. E così una notte di primavera, tra un bicchiere di vino e un altro, i due ragazzi avevano deciso che ci avrebbero pensato loro.
La libreria si sarebbe chiamata Atlantis Books, in omaggio alla versione di quegli archeologi convinti che la leggendaria isola di Atlantide coincida proprio con Santorini. Per realizzare l’impresa i due universitari coinvolsero altri quattro coetanei, uno statunitense e tre europei, e raccolsero più soldi possibile.
Durante le vacanze di Natale del 2003 si trovarono a Cambridge, nel Regno Unito: caricarono alcune scatole di libri su un vecchio van e partirono alla volta di Santorini, parte dell’arcipelago delle Cicladi. Il 4 gennaio 2004 arrivarono a Oia, nell’estremità settentrionale dell’isola. Il tempo di raccogliere pezzi di legno e altri oggetti abbandonati, ripulirli, assemblarli, personalizzare il tutto, sistemare i libri e voilà: a Pasqua la libreria era pronta. Bisticci e inghippi burocratici furono superati grazie all’entusiasmo e all’aiuto della gente del posto. La prima sede di Atlantis Books era un ex negozio di fotografia vicino ai resti di un castello veneziano, nel punto più alto di Oia. Presto la libreria si trasformò in un magnete per un gran numero di ventenni di passaggio, oltre che per gli appassionati di libri di ogni età. La zona del castello però era poco frequentata, e la quantità dei clienti non era sufficiente a far quadrare le finanze. Le cose cambiarono quando Atlantis Books traslocò in quella che sarebbe diventata la sua sede storica: un locale seminterrato nella strada principale di Oia con accesso a una terrazza affacciata sull’Egeo.
La terrazza, su cui fino al terremoto del 1956 si ergeva la casa di un capitano di marina, si rivelò il luogo perfetto per eventi di vario tipo, tra cui un amatissimo Tzatziki Festival (lo tzatziki è una tipica salsa greca). Vent’anni dopo Atlantis Books esiste ancora, ed è rimasta l’unica vera libreria su tutta l’isola. Tenerla aperta non è stato facile però. Dopo la crisi economica greca iniziata nel 2009, una botta importante l’ha data la Brexit, che ha portato al collasso dei principali fornitori di libri del Regno Unito e all’insorgere di una serie di complicazioni burocratiche.
Poi ci si è messo il Covid, con il conseguente calo del turismo. Il colpo peggiore è arrivato nel 2023, quando dopo anni di trattative terrazza e seminterrato dove la libreria era in affitto sono stati venduti al proprietario di una compagnia di navigazione turistica.
Il rischio di chiusura si è fatto più concreto che mai, finché il rampollo di una ricchissima famiglia di Santorini, i Nomikos, per salvare la libreria non ha deciso di ospitarla in uno dei propri spazi. E così nei primi mesi del 2024 da Oia Atlantis Books si è spostata di nuovo. Questa volta ha proprio cambiato paese.
Oggi si trova ai piedi del Nomikos Conference Centre di Fira, il capoluogo di Santorini. È un punto strategico: la stradina pedonale adiacente alla libreria, con vista sul mare, è molto trafficata, anche perché rappresenta il posto perfetto per ammirare il tramonto.
Sono parecchi i turisti che entrano nella libreria, incuriositi dal suo fascino (inclusi noi): l’incanto di Atlantis Books è rimasto intatto nonostante il trasloco. Libri di ogni tipo, in inglese, greco, tedesco, francese, spagnolo, italiano e altre lingue ancora, svettano su librerie e scaffali in legno. Alcuni sono molto pregiati. Su cartoncini e sulle pareti frasi scritte a mano lasciano trapelare un cinico sarcasmo; sulla porta principale, per esempio, si leggono i versi finali di una poesia della scrittrice Dorothy Parker che parla di suicidio: Guns aren’t lawful / Nooses give / Gas smells awful / You might as well live (Le pistole sono illegali / I cappi cedono / Il gas ha un odore nauseante / Tanto vale vivere). La scelta musicale è raffinatissima: si passa da Crucify your mind di Sixto Rodríguez a The Everynight Banshee dei Palatine. Una stanza ospita alcune foto dell’epico viaggio in van.
E poi ci sono poster, mappe, ninnoli e oggetti vari (tra cui uno specchio), lampade antiche che emettono una luce soffusa, un piccolo albero che svetta in mezzo alla stanza principale.
Il fondatore della libreria
Nella stessa stanza c’è anche un bancone in legno a semicerchio. Dietro il bancone c’è la sedia impagliata dove ogni tanto prende posto un uomo dall’aria un po’ burbera. Il suo nome è Craig Walzer, ha 43 anni, è nato in Canada ed è cresciuto a Memphis, nel Tennessee. Da parecchi anni casa sua è Santorini, anche se – dice lui – il suo greco ancora non è fluente (in compenso parla il francese e anche un po’ di italiano e di spagnolo). È l’ex ragazzo che nel 2002 ebbe l’idea di aprire una libreria qui. Tra i sei fondatori, è l’unico a essere rimasto nell’isola.
Prima di iniziare a raccontare al Corriere la sua storia e quella di Atlantis Books (riassunta in un evento TEDx ad Atene del 2012 di cui Walzer è stato protagonista: si trova il video su YouTube), l’uomo estrae dal bancone una piccola panca in legno su cui ci fa accomodare. Il bancone ha un incavo su misura per la panca. E ha anche un portabicchieri estraibile. «Quando lo abbiamo costruito mi sono assicurato che ci fosse un posto per la panca e uno per l’alcol», ci spiega Walzer, laconico. I clienti intanto continuano a entrare. Walzer al momento è solo nel negozio, e deve interrompersi spesso.
Il timbro della libreria
Ogni volta che passa un libro in cassa offre di marchiarlo col timbro della libreria, dettaglio che i clienti sembrano piacere parecchio. «Prima della pandemia c’erano sette dipendenti a tempo pieno. Ora siamo soltanto io e un ragazzo», racconta. «Sto cercando altre persone, ma non è facile trovare qualcuno che sappia gestire sia il negozio sia me. La parte più difficile sono io, puoi chiedere alle mie ex fidanzate (ne menziona una di Udine che gli ha spezzato il cuore, ndr). Non sono una persona molto socievole, probabilmente questo mestiere in qualche modo mi fa bene».
Il riuso degli oggetti che vengono buttati
Walzer ci porta in giro per la libreria. Si scusa, dice che è molto più sfornita del solito. «Sono in imbarazzo, ma stiamo lavorando per tornare all’altezza della nostra reputazione», aggiunge. Noi invece siamo estasiati, gli facciamo i complimenti. Lui si schernisce: «Non è solo opera mia. Il mio contributo principale è trovare persone di talento. E ho tempo per pensare ai dettagli. L’albero, per esempio, viene dal vecchio negozio, sarebbe dovuto andare in un giardino esterno che non abbiamo mai potuto costruire. Ho deciso di metterlo lì, e ho spiegato a Emily, una ragazza di Edimburgo, che avrei voluto che attorno ci costruisse una specie di corona, tipo un collo a ruche. Ed ecco il risultato. Molte delle cose qui provengono dalla spazzatura o dalle spiagge. In un posto come questo, con una cultura delle vacanze fortissima, la gente butta via di tutto.
Santorini è stata progettata per essere una meta turistica di massa: le navi di crociera passano di qui per evitare di sovraccaricare le altre isole. Vent’anni fa era più tranquilla e c’era un maggiore senso di comunità, ma già allora la gente diceva che era già rovinata. In sostanza non è cambiata molto, è solo cresciuta».
Ispirato dall’amico e da Shakespeare
Vent’anni fa, quando è tornato qui dopo quel primo viaggio nel 2002, Walzer probabilmente non pensava che a Santorini ci sarebbe rimasto così a lungo. Si era appena laureato in filosofia, come Oliver Wise, il connazionale che aveva conosciuto a Oxford (dove entrambi avevano trascorso un anno dell’università). Era con Wise che, durante una vacanza ad Atene, aveva deciso di imbarcarsi sulla prima nave in partenza dal Pireo. E così erano finiti a Santorini. L’idea del nome della libreria era stata di Wise. Per quanto riguarda l’idea della libreria in sé, è probabile che a Walzer l’ispirazione almeno in parte l’abbia data la mitica Shakespeare and Company di Parigi. Nell’estate 2001 aveva vissuto nella capitale francese, dando lezioni di inglese per mantenersi. Gran parte del proprio tempo libero lo spendeva proprio nella libreria al 37 di rue de la Bûcherie fondata nel 1951 dallo statunitense George Whitman. Alla Shakespeare and Company aveva fatto amicizia con il giornalista del Guardian che avrebbe poi stilato la classifica delle librerie più belle del mondo, con Atlantis Books al primo posto. Ma lì aveva conosciuto anche i due cugini inglesi Will Brady e Tim Vincent-Smith, rispettivamente un genio del graphic design e un abilissimo falegname, che sarebbero diventati parte della comitiva dei sei. Gli altri due erano Maria Papagapiou, nata a Cipro e cresciuta nel Regno Unito, un’amica dell’allora fidanzata di Vincent-Smith nonché sua compagna di università a Cambridge, e Chris Bloomfield, amico d’infanzia di Walzer, anche lui laureato in filosofia. Nell’estate dopo la laurea, per mettere da parte i soldi necessari a dare qualche chance al sogno di Atlantis Books, Walzer tornò a vivere a casa dei genitori, a Memphis.
I tre lavori e la ong in Sudan
Intanto faceva tre lavori in contemporanea: «la mattina in un centro per bambini abusati, il pomeriggio in uno studio legale e la sera insegnavo a persone che si preparavano per esami di ammissione alle scuole superiori». Era stato accettato nella prestigiosissima università di Harvard, ma scelse di rimandare l’iscrizione di un anno per attraversare l’Europa in van (un viaggio che ricorda come «puzzolente, ma molto divertente») e costruire da zero una libreria in un’isola in mezzo all’Egeo mentre per risparmiare mangiava per lo più riso e fagioli. Il tempo per Harvard sarebbe arrivato comunque, nel 2005. Una volta che la libreria aveva ingranato, Walzer infatti tornò negli States. Era uno studente di successo, aveva le carte in regola per diventare un avvocato di altrettanto successo. Si stava specializzando nel diritto e nella tutela degli immigrati e dei rifugiati. Nell’estate del 2007 aveva lavorato in una ong in Sudan. Tornato ad Harvard, conobbe lo scrittore Dave Eggers, che gli chiese di aiutarlo con un libro sulle storie di persone fuggite dalla guerra in Darfur e in Sud Sudan. Nel 2008 uscì Out of Exile, e Walzer figurava come editor.
L’idea della casa editrice
Il ragazzo però non era felice. Cadde in depressione, lasciò Harvard. Andò a New Orleans, dove nel frattempo Oliver Wise – oggi chief data officer per il dipartimento del commercio degli Stati Uniti – si era trasferito con una donna statunitense che aveva conosciuto ad Atlantis Books. E poi si spostò a Edimburgo, dove erano andati a vivere Will Brady e Tim Vincent-Smith. Fu in quel periodo che a Walzer e Brady venne in mente di creare una casa editrice della libreria che pubblicasse libricini di pubblico dominio da vendere come merchandise: Paravion Press (par avion in francese significa “per aeroplano”). I libricini di Paravion Press furono subito apprezzatissimi. E oltre ai conti di Atlantis Books, risollevarono anche il morale di Walzer, che nel 2010 tornò a Santorini. Era rimasto l’unico dei sei sull’isola. Se n’erano andati anche Maria Papagapiou e Chris Bloomfield, entrambi per fare gli insegnanti, lei a Cipro e lui in California (una volta lontani si erano innamorati ed erano finiti per sposarsi). Ma intanto ad Atlantis Books erano arrivate altre persone. Moltissime persone. I nomi scritti a mano di tutti coloro che hanno lavorato o vissuto per qualche tempo lì formavano una spirale sul soffitto della vecchia sede (la seconda). Accanto alla spirale era stata dipinta anche una linea del tempo con le principali tappe della storia di Atlantis Books. Walzer la sta ricreando uguale nella nuova sede di Fira. «Mi manca il vecchio posto. Sapevamo che cosa stavamo facendo, avevamo un ritmo consolidato. Pensavo di far parte di una comunità, forse più di quanto lo fossimo realmente. Devo ripartire da capo, solo che ora sono vecchio e stanco», commenta.
Come racconta un dettagliatissimo pezzo di Vanity Fair del 2016 sulla storia di Atlantis Books, era il 2015 quando uno dei due fratelli proprietari dell’edificio in cui si trovava la libreria comunicò a Walzer che lui e suo fratello avevano ottenuto i permessi edilizi necessari per costruire sopra la terrazza del negozio, cosa che aveva fatto aumentare parecchio il valore della proprietà. Walzer poteva scegliere se comprarla, per un milione di euro, o andarsene. «Abbiamo provato a comprare per anni, eravamo molto vicini. Poi è arrivata la pandemia, e ha rovinato tutto. Alla fine l’edificio lo ha comprato un tizio con un’azienda di turismo marittimo. Gli ho fatto un’offerta, gli ho detto: “Ti pagherò un sacco di soldi per avere l’opportunità di restare qui”. Lui ci ha fatto un contratto di un anno, e intanto andava avanti con i lavori per costruire un ufficio sulla terrazza. Quando il contratto è scaduto, ci ha detto che sarebbe stato felice di rinnovarlo, ma che avrebbe avuto bisogno di altri 250 mila euro in nero, che non avevo. Allora ci ha cacciato, ancora ci deve dei soldi. Durante quel periodo siamo anche stati derubati da un vicino, che in un momento in cui non c’eravamo e il sistema di sicurezza era disattivato si è portato via libri per un valore di 100 mila euro. Ho il video, ma la polizia non ha fatto nulla per aiutarci. Va bene così, qui siamo stranieri e questo è un luogo dove non c’è molto rispetto per la legge, soprattutto quando si tratta di proprietà e contratti. È stata una batosta enorme, ma questo è il mondo degli affari». Dopo lo sfratto Walzer aveva preso sul serio l’opzione di chiudere, fare le valigie, e partire.
Santorini, un posto ordinario
Dallo scoppio della pandemia di Covid-19, racconta, ha lasciato l’isola solo per qualche settimana. «Ogni tanto mi piacerebbe andare al cinema o provare ristoranti nuovi. Ma d’altra parte odio il freddo e non mi piace sentirmi socialmente inadeguato, due cose tipiche di New York. Però sì, è strano vivere qui. Tutti quelli che vengono a Santorini vivono una delle migliori settimane della loro vita. Io invece ho trasformato un posto speciale in qualcosa di ordinario». Probabilmente Walzer se ne sarebbe andato davvero se non fosse intervenuto il rampollo dei Nomikos (che lui descrive come gli Onassis di Santorini). «Mi ha chiamato e ha detto qualcosa tipo: “Se ve ne andate dall’isola mi arrabbierò. Abbiamo bisogno di voi qui. Ho delle stanze vuote, prendetele”. È stato fantastico». Gli chiediamo perché, nonostante tutto, abbia deciso di continuare. «Beh, i libri sono pesanti. Spostarli è faticoso. A volte un problema del genere è sufficiente per non dover pensare ad altri motivi». Li hanno già spostati almeno due volte, osserviamo. «Sì, ma immagina chiudere l’attività ora. Perdere tutto sarebbe ancora più doloroso che continuare».
Il nuovo negozio
Ora che ha aperto il nuovo negozio Walzer dorme quasi sempre lì, nel mezzanino, pur avendo una casa vicino alla vecchia sede. «È passato davvero tanto tempo dall’ultima volta che ho fatto qualcosa che non fosse legato alla sopravvivenza della libreria. Quando non lavoro, aspetto. Aspetto che arrivino documenti, aspetto che qualcuno mi richiami, aspetto il prossimo conto da pagare. D’altra parte, siamo ancora qui dopo vent’anni: nessuno pensava che ce l’avremmo fatta. Si trovano molti articoli che parlano di noi come di una delle librerie più belle del mondo. Forse abbiamo ottenuto quel riconoscimento prima di meritarcelo, ma per un periodo siamo stati bravi davvero. Ora voglio tornare a quel livello». E un giorno, spera, saranno i figli dei fondatori di Atlantis Books a gestire la libreria.
(da Il Corriere della Sera)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
DALLA PRIMA NOTTE IN CASERMA ALLA SVOLTA: “RINGRAZIO I DUE TESTIMONI CHE HANNO PERMESSO CHE EMERGESSE LA VERITA'”
«Direi non più di tanto, dai…». Sergio Ruocco parla ai giornalisti con una specie di affanno nella voce. Lo accompagna dall’inizio dell’incubo. E quando qualcuno, tra i pochi rimasti fino alle 19 davanti alla villetta dei Verzeni, a Bottanuco, gli fa notare che in queste settimane di indagini serrate c’è stata tanta pressione su di lui, risponde così: «Non più di tanto, dai…».
Che sul compagno di Sharon Verzeni i sospetti si fossero esauriti quasi del tutto già dopo la prima giornata in caserma, sotto torchio per ore senza avere idea di cosa fosse accaduto alla fidanzata, qualche inquirente lo aveva lasciato intuire subito, senza neanche girarci troppo attorno.
Ma, nel deserto di possibili piste alternative, la verità è che solo di recente i carabinieri hanno accantonato con più decisione l’idea che Ruocco potesse in qualche modo avere un ruolo nell’omicidio. Gli interrogatori, le telecamere puntate addosso ovunque, i due sopralluoghi nell’appartamento di Terno d’Isola, platealmente sballottato sulle auto dei carabinieri in borghese e poi fatto vestire come un uomo della Scientifica sul luogo del delitto. Peccato che quella fosse la casa dove sognava di crescere i suoi figli, comprata con il mutuo. In pochi avrebbero saputo reggere come ha fatto questo ragazzo di 37 anni che i suoceri proteggono come un figlio, forse anche per l’adolescenza non facile. I Ruocco, di Seriate, sono separati da quando Sergio aveva 16 anni e gli assistenti sociali decisero che avrebbe vissuto con il padre, mentre i fratelli minori stanno tuttora con la mamma.
Ieri, l’affetto dei Verzeni nei suoi confronti è stato più che mai evidente. Dopo l’incontro con il loro avvocato Luigi Scudieri, in città, per farsi anticipare la notizia del fermo, i genitori e la sorella di Sharon, Melody, hanno recuperato Ruocco al lavoro. È idraulico, da anni alla ditta Fiorendi, sempre a Seriate, dove non ha mai saltato un giorno, tanto che quando non si è presentato la mattina dopo il delitto, il titolare si è preoccupato a tal punto da andarlo a cercare ai pronto soccorso. In serata, quando ha letto davanti alla stampa il suo breve messaggio, Bruno Verzeni e Maria Teresa Previtali lo hanno accompagnato in cima al prato, fino alla recinzione, e gli sono rimasti accanto, il padre rassicurandolo con una mano posata sulla spalla. «Sono pronto». E ha letto con l’affanno in sottofondo. «Dopo un mese di incertezza — le parole di Ruocco — la notizia mi ha dato un po’ di sollievo perché cancella tutte le insinuazioni dette su di noi. Nessuno mi ridarà Sharon, ma manterrò sempre vivo il suo ricordo e so che mi aiuterà a proseguire la mia vita».
L’idraulico ha poi ringraziato i testimoni che hanno contribuito all’individuazione di Moussa Sangare, il presunto assassino in bicicletta che si nascondeva a Suisio, oltre a Procura e carabinieri.
Questo giusto 24 ore dopo la risposta data agli immancabili cronisti rispetto alle ricerche dell’arma, mercoledì e giovedì a Terno d’Isola: «Mi sembra un po’ tardi», aveva commentato con una certa genuinità. La stessa mostrata in altre dichiarazioni e verosimilmente anche nei colloqui con gli investigatori.
Ruocco, la notte del 30 luglio, dopo che Sharon è morta prima di arrivare al Papa Giovanni XXIII, è stato buttato giù dal letto dai carabinieri verso le 4. Dormiva, perché la sua sveglia è alle 6 e verso le 22 era crollato. Aveva passato l’ultima serata con la compagna sul divano, davanti ai rispettivi telefonini: lei giocava, lui guardava cose di lavoro. Non aveva idea che sarebbe uscita a camminare a mezzanotte: «Altrimenti non l’avrei lasciata». La ragazza voleva dimagrire in vista del matrimonio che avevano programmato per il 2025, dopo 13 anni di frequentazione e il corso per fidanzati appena terminato in parrocchia. Ora stavano scegliendo il ristorante. «Mi pesa svegliarmi e non averla più accanto a me nel letto», diceva Ruocco all’inizio della seconda settimana di indagini.
La notte dell’omicidio gli investigatori lo hanno spogliato e non aveva ferite. Non era stata filmata una sua uscita. E nessuno tra i vicini aveva riferito di liti. «Se fosse stato lui, dovrebbe avere assoldato un sicario», la battuta di un inquirente per dare un’idea del quadro. «Continuavano a chiedermi “devi dirci tu cosa è successo” — ha raccontato Ruocco delle sue ore in caserma —, ma io come facevo a saperlo? Ho capito dopo che dovevano fare così. Quello che mi dispiace è avere saputo che Sharon era morta solo alle 16 del pomeriggio dopo». Osservando che doveva essere stato atroce per lui, ecco la risposta: «Rispetto a quello che ha passato Sharon, non è niente».
(da Il Corriere della Sera)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
L’ABBRACCIO TRA LE DUE DONNE IN QUESTURA, TRA LE LACRIME
Una ragazza nigeriana di 30 anni è riuscita a ritrovare la sorella, dopo nove anni, grazie all’intervento della polizia di Stato, a Foggia.
Ieri la giovane donna si è presentata all’ufficio immigrazione della questura per proporre istanza di protezione internazionale. Nel trattare la pratica, gli agenti – con l’assistenza della mediatrice culturale – hanno rivolto alcune domande alla trentenne riguardanti il suo percorso personale e i motivi della richiesta di asilo.
Durante il colloquio la donna ha raccontato che sua sorella, di un anno più piccola, si trovava in Italia ma non aveva altri riferimenti per rintracciarla. A seguito di alcuni accertamenti i poliziotti sono riusciti a individuare la parente in un comune della provincia.
Contattata telefonicamente dopo un’iniziale diffidenza la sorella ha raggiunto la questura. Pensava, in tutto questo lungo lasso di tempo, che il suo affetto più caro fosse venuto a mancare.
«L’inaspettato incontro tra le due sorelle dopo 9 anni e infinite vicissitudini – sottolinea una nota della questura – è stato indescrivibilmente toccante, tra lacrime di gioia, pianti di incredulità e ringraziamenti interminabili alla polizia di stato per aver permesso il loro ricongiungimento». «Davvero – ha chiesto emozionata la ragazza – posso portare mia sorella a casa mia e tenerla con me?».
(da agenzie)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
MACRON SPERA DI FAR ESPLODERE IL PARTITO SOCIALISTA DOVE SI È GIÀ APERTA UNA FRONDA CONTRO IL SEGRETARIO OLIVIER FAURE, CONVINTO SOSTENITORE DELL’ALLEANZA CON MÉLENCHON
A volte ritornano. L’ex premier Bernard Cazeneuve è il favorito per tentare di sciogliere il rebus politico in cui è precipitata la Francia da quasi due mesi.
Dopo la fragile tregua olimpica e le tormentate consultazioni con i capi dei partiti all’Eliseo, Emmanuel Macron sta puntando su Cazeneuve come politico d’esperienza, legato alla sinistra ma rispettato dalla destra, e forse capace di costituire un governo di larghe intese.
Il capo di Stato vorrebbe una coalizione «larga e stabile» nonostante il risultato delle elezioni politiche del 7 luglio, che hanno consegnato un parlamento appeso, diviso in tre blocchi.
Cazeneuve, normanno, 61 anni, ministro dell’Interno durante gli attentati di Charlie Hebdo e del Bataclan, e poi premier nella fine del mandato di François Hollande, potrebbe ricevere l’incarico già nelle prossime ore. Macron non ha ancora completamente sciolto la riserva e Cazeneuve ha già cominciato a porre le sue condizioni.
Se diventasse premier vorrebbe imporre a Macron una «coabitazione», sperando così di non apparire come un’emanazione dell’Eliseo per evitare di essere immediatamente sfiduciato in parlamento dalle opposizioni.
Ora Macron è quindi costretto a guardare a sinistra, e spera di far esplodere il partito socialista dove si è già aperta una fronda contro il segretario Olivier Faure, artefice e convinto sostenitore dell’alleanza con Mélenchon.
Una parte di socialisti – è il ragionamento – potrebbe entrare in una coalizione di “responsabili” con una parte del centro e della destra.
Davanti alla battaglia di veti incrociati, secondo l’entourage di Macron, la soluzione non passa più da una maggioranza a favore, ma da un sostegno esterno o addirittura da un’astensione costruttiva di alcuni deputati. «L’importante – spiega un macronista – è non avere una maggioranza contraria».
Con la tagliola della censure, la sfiducia in parlamento farebbe cadere il governo. Cazeneuve è uscito dal Ps due anni fa, in dissenso con la scel ta di allearsi con Mélenchon, ed è visto a destra come uomo di autorità e rigore su conti pubblici e sicurezza.
«Non ho mai rifiutato di mettere un po’ di saggezza laddove c’è il rischio di sragionare », aveva detto a inizio agosto l’ex premier, tentato da un bis. Se riceverà l’incarico dovrà bilanciare le nomine di ministri e negoziare con i capi di partito sostegni o astensioni.
Macron ha promesso di fare un passo indietro nelle prossime tappe sulla formazione dell’esecutivo, per dare ai francesi soddisfazione sulla «voglia di cambiamento» espressa nelle urne. Ma nel suo entourage c’è la consapevolezza che in questo scenario politico del tutto inedito il cerino potrebbe presto tornare nelle mani del capo dello Stato.
(da La Repubblica)
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Agosto 31st, 2024 Riccardo Fucile
UNA MADRE: “CLAUDIA AMMAZZATA A 20 ANNI DAI BULLI”… DUE STUDENTI SPAGNOLI PER CLASSE SOFFRONO DI ABUSI
Tutte le mattine Belén apre gli occhi e vede dalla finestra di camera il cerro di Santa Catalina. Da quella collina, su cui si innalza la scultura Elogio dell’orizzonte, si è buttata sua figlia il 28 aprile 2023. Claudia Álvarez González aveva 20 anni, 15 vissuti senz’aria per colpa degli abusi. «Me l’hanno ammazzata i bulli», sottolinea più volte sua madre. Proprio a loro, ai suoi molestatori, Claudia aveva rivolto una lettera e l’aveva pubblicata su Instagram prima di gettarsi nella scogliera: «Cari bulli, sapete chi siete (…) Spero che ognuno di voi sappia il danno che le vostre azioni hanno fatto. Avete preso una bambina con l’autostima alta e con alte capacità e l’avete schiacciata fino a non farla più alzare dal letto e portarla al suicidio. Sì, voi, studenti dell’anno 2002 del Colegio de la Asunción di Gijón. Non mi importa che siate figli di persone famose, che abbiate più di 10mila follower sui social o che facciate le vittime. Fate schifo».
Claudia bullizzata a cinque anni e suicida a 20
Belén fa sue le parole di sua figlia e la descrive: estroversa, allegra, molto responsabile, esigente con sé stessa, battagliera. «Claudia era una ragazza normale. Era sana quando è entrata in quel collegio, poi a 11 anni si è ammalata di depressione», dice quasi sottovoce, tra il mormorio della caffetteria. Siamo sedute a un tavolino vicino alla finestra. La luce si appiccica sulle nostre guance opposte. Lei alterna i ricordi sereni — «da piccola l’abbiamo portata a Disneyland, il miglior viaggio della sua vita, è stato magico» — a quelli amari: «Già a cinque anni, una compagna di ginnastica ritmica la spingeva e la prendeva in giro. Pensavamo fosse una cosa tra bambine e invece è stato solo l’inizio».
Perché a lezione Claudia eccelle, eppure viene isolata, esclusa dalle feste di compleanno, derisa a voce e in un gruppo Whatsapp. La chiamano Ratatouille come il topolino della Disney. «A 12 anni riusciamo a farle cambiare classe, ma la sua bulla M. aveva potere in tutta la scuola. Claudia si sente sempre più messa all’angolo», ricorda Belén. Quelle prese di giro fanno sgonfiare la sua autostima, un dispetto alla volta.
«Più cresceva e più io e suo papà dovevamo dirle: attenzione a M., attenzione a M.», continua. Rodolfo scorre le foto di Claudia sul telefono. Claudia con il suo cane. Claudia con suo fratello. I disegni di Claudia: «Amava dipingere ma per quattro anni aveva persino smesso, poi ha ripreso». «I professori dovevano prendere provvedimenti e invece non hanno fatto niente. Siamo andati tante volte a parlare a scuola, si sono girati dall’altra parte». Non c’è rabbia nelle parole di questo padre, ma molto, moltissimo dolore che lo porta allo stesso pensiero: «Se avessimo conosciuto tre anni fa l’ultimo psichiatra, sicuramente non sarebbe accaduto…».
Prima di quel 28 aprile, Claudia cambia varie terapie, dottori, specialisti. Nell’ultimo anno tenta di togliersi la vita due volte. È controllata giorno e notte. Rodolfo: «Nei giorni in cui la vedevo particolarmente giù di morale, la seguivo fino allo studio per assicurarmi che andasse veramente dallo psichiatra e non a suicidarsi». Belén: «Ogni volta che usciva in terrazza per fumare, la spiavo rannicchiata, dietro la sedia, dietro il divano. Sempre attenta che non mi vedesse. Abitiamo al nono piano… Dopo i due tentati suicidi non ho più dormito la notte».
Héctor: Mi picchiavano e nessuno interveniva
Ora lei e Rodolfo si battono contro il bullismo nelle scuole — «è la battaglia per Claudia» — e stanno valutando se intraprendere un’azione civile contro il Colegio de la Asunción, una struttura paritaria con oltre mille studenti e studentesse. La direttrice Elisa Díaz-Caneja Castro fa sapere al Corriere che la struttura si è messa a disposizione della famiglia di Claudia, della comunità educativa e delle autorità. Per email Díaz-Caneja Castro ci scrive che «per il Collegio de la Asunción gli alunni sono la priorità, e la buona convivenza e la lotta contro il bullismo a scuola fanno parte dei principi fondamentali del collegio».
Ne La Asunción, dal 1996 al 2000 studia Héctor Gómez Navarro, professore e scrittore. Quando lo incontriamo in una libreria di Gijón ci racconta che anche lui è stato bullizzato in quel collegio: «Un bambino mi ha picchiato per tre anni ma nessuno è intervenuto. La professoressa mi diceva che mi avrebbe aiutato e invece niente. Il padre del mio bullo ha un ristorante molto conosciuto in città, finanziava la squadra di calcio del collegio».
E poi accusa: «È un collegio elitista, gli alunni ricchi vengono trattati meglio perché i genitori sborsano denaro in pubblicità, infrastrutture, attività. Conosco professori a cui non è stato rinnovato il contratto perché si opponevano al sistema». Leggiamo alcune chat che lui ha avuto con ex docenti. Tra loro c’è chi racconta come i colleghi prendevano in giro gli studenti. Héctor ha scritto tutto in un libro inchiesta, ma non ha ancora trovato una casa editrice disposta a pubblicarlo.
Quasi due studenti per classe soffrono di abusi
In Spagna i casi di bullismo sono tanti e riguardano tutti i collegi: «pubblici, privati e paritari». Secondo un’indagine elaborata dall’Università Complutense di Madrid e la Fundación ColaCao — che ha coinvolto 20.662 ragazzi e ragazze dal quarto anno di educazione primaria al quarto anno di educazione secondaria di 325 centri educativi — quasi due studenti per classe soffrono di bullismo. «Ma quella è solo la punta dell’iceberg», precisa Encarna Garcia, fondatrice e presidente dell’Associazione contro l’abuso scolastico, la prima aperta in Spagna nel 2004. «Il bullismo a scuola resta un tabù nel nostro Paese, indipendentemente da chi ci sia al governo. Gli abusi sono inquantificabili e i collegi continuano a ripulire il loro nome, nascondendo gli episodi», aggiunge.
In 20 anni, commenta, non è cambiato niente. Lei ricorda però ancora bene il bigliettino lasciato sul tavolo da sua figlia. Aveva 9 anni: «Mamma, papà, vi amo molto, ma me ne vado perché sono sola in classe». È in quel momento — pochi giorni dopo che quella bambina, la sua, si incammina verso il mare (la troverà una vicina) — che Encarna decide di aprire una piattaforma per aiutare le famiglie che avevano avuto la sua stessa esperienza. A settembre 2004, dopo il suicidio dell’adolescente Jokin Ceberio Laboa, fonda l’associazione. Da allora il suo telefono squilla a breve frequenze. La chiamano in ogni momento. A Encarna indirizzano le richieste d’aiuto che arrivano alla Federazione delle associazioni giovanili di Gijón.
Paloma e il messaggio di speranza
«A noi Encarna ci ha salvato», ammette una madre che ci chiede di rimanere anonima perché teme ripercussioni. Paloma (nome di fantasia) ha 13 anni, parla tre lingue ed è una delle migliori alunne della sua classe. Dal 4 aprile ha cambiato collegio. Senza l’intervento dell’associazione, sarebbe rimasta «nella vecchia prigione, a contatto con le sue bulle». Spiega Encarna: «Il trasferimento non è immediato. Tocca a una commissione riunirsi e decidere come procedere. Approvare la richiesta vuol dire riconoscere il caso di abuso e macchiare il collegio». Lei ci tiene però a diffondere un messaggio positivo: «Da quel pozzo alla fine se ne esce, bisogna chiedere aiuto». Paloma ride insieme al papà. Ha l’entusiasmo delle sue coetanee. Ci dice che è molto contenta nella nuova scuola. I compagni e le compagne finalmente le parlano. La trattano bene, nessuna l’ha più spinta.
(da Il Corriere della Sera)
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