Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
LE DIMISSIONI TARDIVE E ROVINOSE DEL MINISTRO E LA PENOSA DIFESA DELLA TRIBU’ AD OPERA DELLA PREMIER
Era chiaro da subito, ovunque tranne che a palazzo Chigi, che l’affaire Sangiuliano sarebbe finito con le dimissioni del ministro. Ieri sono arrivate, rovinose e tardive. Ormai non basteranno a chiudere il caso, visto che Maria Rosaria Boccia ha spiegato che intende rispondere al discredito con lo sputtanamento, ma certo a spegnere qualche riflettore.
Sulla vicenda si sono esercitati in tanti in questi giorni, si sono trattenuti solo i Fratelli d’Italia che hanno tentato di derubricarla a «gossip», e qualche finto amico che in tv ha ripetuto che se non c’era peculato non c’era notizia (poi però «siamo tutti in mano alle toghe»).
Su Sangiuliano noi ci asteniamo: la vicenda personale, cioè politica, è scontata – potere e «relazioni sentimentali» – quella familiare ci spiace ma non ci riguarda, il resto è uno spasso: una risata lo seppellirà. Ma, cara presidente del Consiglio, de te fabula narratur.
Perché è di Giorgia Meloni che parla questa ennesima storia. Ancora una volta, come in altri casi imbarazzanti per il governo, la presidente si è arroccata sulla difesa costi-quel-che-costi della greffa di ex camerati, peraltro non tutti ex, che lei stessa ha voluto al governo e nelle massime istituzioni.
È successo con Delmastro, Santanchè, La Russa, Mollicone, con l’ex cognato Lollobrigida, solo per stare ai burroni più spinosi in cui è scivolato palazzo Chigi. Tutti Fratelli d’Italia, beccati – lasciamo stare quale sarà il giudizio dei magistrati sui casi pendenti – con le mani in marmellate incompatibili con l’appartenenza a una forza politica che governa il paese (e che per farlo pretende nomine solo per amici e parenti stretti).
Non faremo complimenti pelosi ai loro colleghi leghisti e forzisti. Ma forse la consuetudine con le stanze dei bottoni, e con le amministrazioni locali, porta con sé, se non necessariamente una cultura di governo, almeno un principio di prudenza. Nel partito della premier invece, con poche eccezioni, emerge quotidianamente il fatto che il lungo digiuno dal potere è stato consumato nella coltivazione di ambizioni frustrate, che oggi si ribaltano nella convinzione che l’uomo (o la donna) che ce l’ha fatta (ad accaparrarsi un ministero o uno strapuntino) sia insindacabile e intoccabile, persino se platealmente fesso e vanitoso.
Lo schema del comportamento di Palazzo Chigi è fisso, non sappiamo in che proporzione frutto dell’indole della premier o dei consigli dei suoi consiglieri: una volta beccata in fallo, la presidente resiste resiste resiste. Perché si tratta dei suoi, della sua ormai conosciuta classe dirigente. Ma non basta (più) dire che questa classe dirigente è inadeguata, bisogna ricordare che è lei che l’ha scelta, uno a uno.
Alcuni per merito, e non vogliamo pensare agli scartati; altri perché alla fine sono pochi i legionari a lei fedeli e presentabili (ma quanto, si vede ogni giorno). Comunque li ha scelti lei. E se la responsabilità penale è personale, la responsabilità del ridicolo, delle opacità, delle papere seriali è della premier: dei suoi criteri, dei suoi «valori», del suo fiuto sulle persone. Che invece sono sbagliate: ma lo si vede lontano un miglio, ben prima che spari una pistola a Capodanno o che compaia qualcuno sulle rovine di Pompei.
Sbagliare è umano. Perseverare è incredibile. Ogni volta che la premier è finita nei guai per uno dei suoi, ha provato a negare l’evidenza. Perché, fa sapere stizzita, quello che deve fare «non se lo fa spiegare dalle opposizioni»: se l’opposizione dice “dimissioni”, lei resiste. Come i bambini che fanno il contrario di quello che dice la mamma: per dispetto, per confermare la propria bambinesca personalità. Un riflesso pavloviano, che ogni volta trova la sua giustificazione a palazzo: ma è un palazzo senza principio di realtà. Stavolta lì non hanno capito che dimettere Sangiuliano subito, alle prime avvisaglie di Boccia, sarebbe stata una riduzione del danno. Da subito è stato chiaro che se questo ministro avesse presieduto il G7 della cultura di Pompei, il summit sarebbe diventato una cosmicomica.
Nell’affaire Sangiuliano non c’è dunque solo l’ennesimo caso di una squadra inadeguata. C’è la prova provata che la regista non funziona: ha scelto male i giocatori e ora non sa farli rigare dritti. La premier continua a riunire i suoi a porte chiuse e a fare strigliate del tipo: non posso portare la croce solo io, datevi una regolata, non ci posso mettere sempre la faccia io. L’opposizione, politici e commentatori, per irredimibile subalternità culturale, le ha costruito addosso l’immagine di donna forte e autorevole. Dunque lei può contare sugli avversari. Il guaio è che sono i suoi a rivelare che questa immagine è solo un generoso bluff.
(da editorialedomani.it)
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Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
“SANGIULIANO HA SBAGLIATO TUTTO, LEI INVECE HA COMPIUTO UN CAPOLAVORO POLITICO”
Vittorio Sgarbi dice che Gennaro Sangiuliano non doveva dimettersi. E che Maria Rosaria Boccia doveva essere nominata «così non sarebbe successo niente». L’ex sottosegretario dimissionato da Giorgia Meloni e in cattivi rapporti proprio con il suo ministro oggi gli rende l’onore delle armi in un’intervista a La Stampa. Ma lo fa in maniera piuttosto sibillina: «È una cosa malinconica, difficile da commentare. Mi fa molta tenerezza, mi spiace per lui. Ha fatto di tutto perché io mi divertissi firmando esposti anonimi, ma io non mi compiaccio affatto della sua caduta. Molte cose si possono criticare di lui, ma questa è una cosa insensata. Al di là del suo merito e delle sue capacità è una caduta sul niente».
L’amante e la nomina
Il fatto che Maria Rosaria Boccia fosse sua amante, secondo Sgarbi, non impedisce la nomina. Perché per quel ruolo aveva «un profilo di grande capacità operativa, non inferiore a quello di altri che aveva assunto come consiglieri. Non è che i collaboratori che lui ha nominato nel corso del tempo fossero degli statisti».
Il critico d’arte dice che «è stato sbagliato soprattutto parlare al Tg1, doveva solo nominare lei e non fare altro. Tutto il resto è un errore dietro l’altro. Lui si è trovato travolto dalla questione formale, cioè dalla richiesta di Boccia di essere confermata, richiesta a cui si è opposto evidentemente una parte delle persone che gli sono vicine, tra cui probabilmente la moglie. Questo veto ha determinato una reazione così mastodontica (di Boccia, ndr) e di cui non conosciamo ancora l’estensione».
Boccia diabolica?
Secondo Sgarbi Boccia non ha nulla di diabolico: «Ma no, lei aveva quel materiale in quanto due persone che hanno rapporti si scambiano messaggi o altro. Non è che si era creata una linea di difesa preventiva». Mentre sulla “regia” immaginata da Alessandro Sallusti è netto: «Ma no, non ci può essere nessuna regia. Lei si fidava di lui e lo ringrazia della nomina. Quando scopre che non è così usa a proprio vantaggio quello che aveva. In realtà a vantaggio di nulla, perché cade lui e cade lei».
E parlando del nuovo ministro ha una proposta: «È abile, ha esperienza di equilibri tra destra e sinistra, non farà di questi errori nominalistici. La cosa che potrebbe fare è nominare Boccia, per evitare l’errore di Sangiuliano. Lui è disinteressato, non ha alcun motivo che non sia il riconoscimento delle capacità dimostrate sul piano operativo da Boccia. Per evitare altri pasticci, altre cose che lei potrebbe costruire potrebbe fare un contropiede dicendo: Sangiuliano è scivolato sulla Boccia, io la prendo e non scivolo».
Il capolavoro politico
Meloni ha nominato Giuli perché era «un’altra delle personalità considerate dalla premier, per questo fu nominato al Maxxi. Ha fatto una cosa logica, ha nominato un altro a cui lei dà la sua fiducia».
Mentre sulle carte imbarazzanti che potrebbe avere Boccia chiude così: «Lo dicono e può essere. E si è capito che per neutralizzare l’effetto occorre nominarle». Cioè meglio tenerla buona? «Non direi tenerla buona, ma riconoscere che è riuscita in un capolavoro politico. È anche di destra, come ha detto».
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
L’AFFONDO CONTRO LA “BACCHETTA NERA” BEATRICE VENEZI: “È CONSIGLIERA RETRIBUITA DAL MINISTERO MA DIRIGERÀ L’ORCHESTRA, PAGATA, AL G7”… “HO ASCOLTATO UNA CONVERSAZIONE TRA IL MINISTRO E SUA MOGLIE PERCHÉ HA LASCIATO LA CHIAMATA APERTA. LA MOGLIE GLI CHIEDEVA DI STRAPPARE LA MIA NOMINA. È PER IL CAPRICCIO DI UNA DONNA CHE È STATA STRAPPATA?”… RIBADISCE CHE SANGIULIANO È SOTTO RICATTO: “HA RICEVUTO UNA MAIL DA UN SETTIMANALE CHE RIVELAVA L’ESISTENZA DI SERVIZI FOTOGRAFICI SU DI NOI, CON LA PROMESSA CHE NON SAREBBERO STATI PUBBLICATI”
In dieci giorni ha provocato le dimissioni di un ministro, costretto a lasciare per fermare un’agonia di accuse quotidiane. Ma Maria Rosaria Boccia, ospite a In Onda, assicura di non godere delle disgrazie del suo ex amante, Gennaro Sangiuliano, eppure infierisce, alludendo ad altre relazioni del ministro: “Io non sono contenta, lui meritava quel posto. È una persona competente e secondo me è anche una brava persona, si è trovato in una situazione che non ha saputo gestire”.
Ancora una volta, quindi, il riferimento è a qualcuno che secondo Boccia ha voluto ricattare Sangiuliano: “C’è una talpa al ministero”. Questa talpa è coinvolta dall’inizio: “Il 26 agosto ho pubblicato sui social la notizia della mia nomina, poco dopo Sangiuliano ha mandato la mail per bloccarla. Poi, è uscita Dagospia”.
Altro capitolo del ricatto: “Il ministro ha ricevuto una mail da un settimanale che rivelava l’esistenza di servizi fotografici su di noi, con la promessa che non sarebbero state pubblicate”. Boccia è consapevole che lo stillicidio di rivelazioni avrebbe potuto avere conseguenze gravi: “Forse, dopo la tempesta mediatica, era necessario che il ministro si dimettesse, ma avrebbe potuto non farlo dicendo la verità fin dall’inizio. Io voglio le sue scuse”. Ma la donna ci tiene a scansare i sospetti di essere stata spinta: “Sono sempre stata sola. Non volevo vendicarmi, ho sempre collaborato col centrodestra e ho votato Meloni, che stimo”.
C’è poi una parte più personale su cui Boccia attacca Sangiuliano e chiama in causa pure sua moglie: “Non lo spiavo e non temo nessuna indagine. Gli occhiali di cui ha parlato una giornalista (Selvaggia Lucarelli, ndr) li ho usati solo per gioco. Io avevo un approccio personale con lui, non affettivo”.
La stessa Boccia però ammette che “spesso il ministro mi accompagnava in miei eventi privati”. Nessuna conferma sulla relazione: “Chiedo a lui la verità, perché sono coinvolte tante donne che non stiamo menzionando”. Persone con cui Sangiuliano aveva una relazione? “Non andiamo oltre”.
Boccia giura che il dietrofront sulla sua nomina sia da imputare alla moglie di Sangiuliano: “Ho ascoltato una conversazione tra il ministro e sua moglie perché lui mi ha chiamato e ha lasciato la chiamata aperta. La moglie gli chiedeva di strappare la mia nomina. È per il capriccio di una donna che è stata strappata?”.
Pochi giorni dopo, lei registra la telefonata con un funzionario del Mic che le comunica la retromarcia sulla consulenza: “Chi mi avrebbe creduto? È l’unica volta che ho registrato”. Poi: “Parlano dei miei conflitti di interessi, ma al ministero è consigliera retribuita Beatrice Venezi, che dirigerà l’orchestra, pagata, al G7”
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
GIÀ CIRCOLANO VOCI DI UN SUO POSSIBILE INCARICO IN RAI PER L’EX DIRETTORE DEL TG2, ALLA DIREZIONE DEI TG REGIONALI
«Ho deciso di rassegnare le mie dimissioni irrevocabili», scrive Gennaro Sangiuliano in una lettera indirizzata a Palazzo Chigi. “Irrevocabili” per Giorgia Meloni, soprattutto. Lui, in fondo, di fare un passo indietro non ne aveva granché voglia. Anzi, ieri si era svegliato pimpante, combattivo: «Non mollo. Per tigna e per principio, non mollo!», diceva a La Stampa, convinto di poter ribattere punto su punto all’intervista a Maria Rosaria Boccia pubblicata su questo giornale.
Poche ore più tardi, l’ombra di Sangiuliano chiede pietà: «Non sopportavo più la pressione. Ora voglio solo sparire, pensare alla mia famiglia, essere dimenticato». Eppure già iniziano a circolare voci di un suo possibile incarico in Rai, alla direzione dei tg regionali, nel domino di nomine che si innescherà dopo l’insediamento del nuovo consiglio d’amministrazione.
Quando esce di casa, ieri mattina, è sicuro di poter andare avanti da ministro della Cultura. Meloni ha letto l’intervista e non lo ha ancora chiamato. Dentro tutta FdI regna il silenzio. Lui lo interpreta con ottimismo e con i galloni ancora sul petto si presenta alle 9 sotto l’arco di Costantino, al Colosseo. Vuole valutare i danni causati da un fulmine che ha colpito alcuni giorni prima il monumento, sprezzante della superstizione che fin dall’antichità vede nel fulmine un segno di malaugurio. È l’unico appuntamento della giornata.
Serve a dare una parvenza di normalità. Proprio rientrando al Collegio romano, tuttavia, inizia a capire che il silenzio di quella mattina non era poi così buono. Vuole comunque fare chiarezza sulle accuse mosse da Boccia contro di lui. «Posso spiegare tutto», dice a questo giornale. Ancora una volta. È un tunnel umiliante in cui sarebbe disposto a infilarsi di nuovo. E da lì vorrebbe combattere, querelare giornalisti, presentare un esposto «contro chi mi ha provocato questo danno», spiegare con altri fogli, magari altre lacrime.
È un fiume in piena: «I viaggi non erano 8 come dice Boccia, ma 5. Non conto Pompei perché lei abitava lì». Poi «è vero, siamo andati al concerto dei Coldplay insieme, ma mi muovo con l’auto blu, di tutela perché posso solo muovermi così. Non è un abuso, è una necessità di sicurezza».
Stavolta, memore della lavata di capo subita due giorni fa, evita prudentemente di citare Matteo Salvini e il suo uso dell’auto blu in compagnia della fidanzata. Si limita a ricordare che «nella mia stessa condizione c’era anche Dario Franceschini», il suo predecessore del Pd. Ci tiene anche a sottolineare di non essere «sotto ricatto di nessun direttore di settimanale», ma le chat di quelle conversazioni, aggiunge, «sono private e non le pubblico».
Non è ricattabile nemmeno per comunicazioni di governo che possano essere finite nelle mani dell’ex amante: «Quando ero con lei non ho mai ricevuto una telefonata da Meloni», assicura. E di fronte all’accusa di aver detto a Boccia che nessuno le avrebbe creduto, perché lui è un ministro e lei no, sbotta: «Mai e poi mai avrei potuto dire e nemmeno pensare una frase del genere».
Prepara quindi un esposto contro di lei, «andrò fino in fondo», e promette di «fermare le fake news dei giornali presentando querele, le presenterà pure mia moglie».
Tutto questo vorrebbe dirlo anche a Meloni, quando viene convocato a Palazzo Chigi. Arriva nel primo pomeriggio, dopo aver lasciato al ministero il suo avvocato, e resta lì, chiuso nell’ufficio della premier, per oltre un’ora. «Devastato», raccontano, quando capisce che per lei questa vicenda non è più una questione di torto e di ragione. Come scrive lo stesso Sangiuliano più tardi, una volta rientrato al ministero, il suo ruolo «non può essere macchiato e soprattutto fermato da questioni di gossip. Le Istituzioni sono un valore troppo alto e non devono sottostare alle ragioni dei singoli».
Meloni pretende la sua resa definitiva. È l’unica strada rimasta per mettere la parola fine su questa soap opera in salsa partenopea. Sangiuliano pensava di poter replicare alle accuse, far sentire le sue ragioni, ma l’intervista concessa da Boccia a cui sarebbe poi seguita l’ospitata in tv di ieri sera nel salotto di Luca Telese, e chissà cos’altro nei prossimi giorni, segnava l’inizio di una slavina comunicativa.
Lui, alla fine, getta la spugna: «Non sopportavo più la pressione – dice ancora a La Stampa -. Ho bisogno di tranquillità personale, di stare accanto a mia moglie che amo, ma soprattutto di avere le mani libere per agire in tutte le sedi legali contro chi mi ha procurato questo danno, a cominciare da un imminente esposto alla Procura della Repubblica, che intendo presentare».
Torna di nuovo al ministero. È il momento di incontrare il suo legale, il professore salernitano Silverio Sica, appena arrivato a Roma in soccorso del ministro. È il primo a parlare publicamente di dimissioni: «Potrebbe recuperare la sua libertà di azione tornando a essere un libero cittadino», dice ai cronisti. Lo vede «dispiaciuto per la sua carriera politica».
E inizia a scrivere la lettera delle sue dimissioni. Amara, carica di rancore e di rivendicazioni, di complottismo e vittimismo. Queste, dice, sono state «giornate dolorose e cariche di odio da parte di un certo sistema politico mediatico».
Di più, ha il sospetto fortissimo che contro di lui sia stato ordito un complotto: «Andrò fino in fondo per verificare se alla vicenda abbiano concorso interessi diversi». È la speranza di scoprire, forse, la macchinazione di qualche potere forte.
Qualcosa, insomma, che renda meno avvilente la realtà che si staglia di fronte a lui: aver perso tutto per il desiderio di vendetta di un ex amante che si è vista rifiutare la nomina promessa.
(da La Repubblica)
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Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
“LA PREMIER HA DECISO CHE NON AVREBBE ACCETTATO L’IMPOSIZIONE DELLE DIMISSIONI DEL MINISTRO DA PARTE ‘DEI GIORNALI DI SINISTRA E DA DAGOSPIA’. A PARTE IL FATTO CHE LE STESSE DIMISSIONI SONO STATE SUGGERITE ANCHE DA GIORNALI ‘DI DESTRA’, HA MANDATO ALLO SBARAGLIO SANGIULIANO NELL’INTERVISTA AL TG1 SENZA ESSERE IN GRADO DI VALUTARE LE CONSEGUENZE MEDIATICHE E POLITICHE”
Nella tragicomica vicenda del ministro Sangiuliano, costretto in conclusione a presentare dimissioni “irrevocabili” e immediatamente sostituito da un uomo di qualità come il presidente del museo Maxxi Alessandro Giuli, ci sono due soggetti che hanno sbagliato, aggravando gli effetti di un caso di dimensioni internazionali. Uno è ovviamente lo stesso Sangiuliano. L’altra è la premier Meloni.
Il primo, pur essendo un giornalista e avendo confidenza da tempo con il sistema dei media, ha sminuito quel che stava accadendo attorno a lui, considerandolo causa del “gossip”, dei pettegolezzi, come ha scritto nella sua lettera di dimissioni, a tratti inutilmente rabbiosa, e non della semplice constatazione che un ministro non può consentirsi di fare quel che ha fatto lui.
Se anche sarà dimostrato – e gli auguriamo di poterlo fare facilmente, grazie ai documenti di cui dispone – che «non un euro di soldi pubblici» (testuale) è stato speso per portare in giro la dottoressa Boccia, basterebbe il ridicolo di quella lunga serie di foto apparse sui social per condannare l’ormai ex-ministro.
Non è possibile che una persona che in questi due anni ha fatto sfoggio di cultura ed esperienza – pur con qualche svarione che resterà nella storia politica recente – non si rendesse conto che un uomo pubblico, il membro di un governo, il titolare di una responsabilità importante come i Beni Culturali (chissà quante volte il fondatore del ministero, Spadolini, si sarà rivoltato nella tomba) non potesse permettersi di andare in giro come Sangiuliano ha fatto insieme con la dottoressa Boccia nell’ultimo anno, documentandolo, o lasciando che fosse documentato, da una serie di immagini a disposizione del grande pubblico.
Per una semplice ragione: se la Boccia non era, né sarebbe mai diventata sua consigliera, a quale titolo lo accompagnava in una lunga serie di appuntamenti istituzionali o in sopralluoghi che sarebbero entrati a far parte del lavoro preventivo di vertici internazionali? Come poteva sfuggire a Sangiuliano che i suoi colleghi ministri dei sette Paesi più importanti del mondo si sarebbero chiesti il senso di questa strana telenovela, sorridendo o assumendo espressioni corrucciate?
Ecco, il punto vero di questa storia è che Sangiuliano avrebbe dovuto capire che un politico talvolta può sopravvivere perfino ad accuse di corruzione, all’arresto, alla condanna (il caso Toti, prima ancora del processo, lo dimostra). Ma non al ridicolo. Dal ridicolo non ti salvi.
Quanto a Meloni, è evidente dove ha sbagliato. Negli stessi giorni in cui dimostrava notevole abilità “di testa” nella trattativa con Von der Leyen per il posto da assegnare all’Italia nella nuova Commissione europea, la premier è incorsa in un suo tipico errore “di pancia”. Ha deciso che non avrebbe accettato l’imposizione delle dimissioni del ministro da parte «dei giornali di sinistra e da Dagospia».
E a parte il fatto che le stesse dimissioni sono state suggerite anche da giornali “di destra”, ha mandato allo sbaraglio Sangiuliano nell’intervista al Tg1, che evidentemente si illude di controllare pienamente, senza essere in grado di valutare le conseguenze mediatiche e politiche di quei sedici minuti che hanno segnato la fine del ministro. Un suicidio in diretta, che rapidamente ha fatto il giro del mondo. E una provocazione, per la Boccia, che dopo aver ricevuto un’infinità di messaggi “con i cuoricini”, fonte Sangiuliano, veniva messa alla porta con la velata accusa di essere la regista di un complotto. E pertanto ha reagito con l’intervista a La Stampa che ha segnato le dimissioni.
Il caso Sangiuliano potrà servire alla premier e al suo governo – un governo che si riferisce sempre «al suo popolo» – per capire che in democrazia il potere politico non è mai assoluto né onnipotente. Deve sempre rispondere, invece, in modo trasparente alle istituzioni, all’opinione pubblica, e appunto al popolo, che ha assistito sbigottito a quanto è avvenuto in questi giorni.
Marcello Sorgi
per “La Stampa”
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Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
LA PROCURA DI ROMA SI PREPARA AD APRIRE DUE FASCICOLI D’INCHIESTA… IL FARO SUL G7 A POMPEI E GLI ACCERTAMENTI SUGLI APPALTI
Una denuncia per estorsione. Una donna che conserva i segreti di un governo: chat, audio, forse anche qualche video. Un servizio fotografico che viene proposto ad alcuni giornali scandalistici e che, poi, sparisce dal mercato senza mai essere pubblicato. Sullo sfondo appalti importanti. E la possibilità di scalare i “grandi eventi”, da sempre la gallina delle uova d’oro per gli imprenditori: si lavora sull’emergenza, grandi guadagni, trattative dirette, nessun concorrente.
Intanto la Corte dei Conti avverte che la vicenda “non è rimasta inosservata” e si prepara ad avviare un’istruttoria. Questa storia sembra già di averla letta in questi anni. Ed effettivamente è così: da Tarantini a Lavitola, Balducci, Anemone, storie di questo tipo si sono ripetute.
E anche la storia di Maria Rosaria Boccia e Gennaro Sangiuliano, quella che sembrava a tutti soltanto un feuilleton estivo, potrebbe prendere una piega di questo tipo, ora che il ministro non è più ministro e la dottoressa Boccia è tornata nel suo lavoro di imprenditrice del wedding con un occhio alla medicina estetica.
Perché la procura di Roma si prepara ad aprire due fascicoli d’inchiesta: uno per peculato, nato dalla denuncia del deputato di Avs, Angelo Bonelli. E uno per estorsione, così come ha annunciato che denuncerà lo stesso Sangiuliano, in riferimento alle interviste che in queste ore sta rilasciando Boccia.
Certo prima bisognerà affrontare il G7 della Cultura — si comincia il 19 settembre a Napoli — e soprattutto fare un ragionamento interno sulle modalità di accesso ai palazzi. «Pensavamo che fosse finito quel tempo…» ragiona una fonte dell’intelligence con Repubblica . Il riferimento è ai tempi di Berlusconi e non per le “cene eleganti” ma per quel concetto di ricatto, legato ad affari personali, che tornava ciclicamente come tema.
Il punto è questo: che regole di accesso ci sono ai palazzi e, dunque, alle informazioni sensibili? Com’è possibile che una persona, senza aver avuto alcun ruolo ufficiale, sia stata accreditata come “assistente del ministro” e abbia avuto accesso alle comunicazioni e all’agenda di un membro dell’esecutivo?
C’è poi il tema clamoroso della mail che Boccia ha ricevuto con dettagli organizzativi, non segreti ma sensibili, sulla tappa del G7 nella sua Pompei. Data che ieri la prefettura di Napoli ha confermato e alla quale Boccia teneva così tanto. Qualcuno al ministero ha cominciato però a farsi qualche domanda proprio sul programma del G7 che in fondo doveva essere il primo “grande evento” della consigliera Boccia, prima che la sua carriera fosse bloccata dallo scandalo. «Per esempio» dice a Repubblica una fonte ministeriale, davvero preoccupata. «Chi sono i fornitori di questo G7? Come sono stati scelti? Sono stati dati affidamenti importanti e meno importanti. Penso per esempio al catering della tappa di Pompei».
Boccia era un’imprenditrice e il lavoro di “facilitatore” è stato inventato molto prima del suo arrivo nei corridoi del ministero della Cultura. Anche per questo motivo, nelle prossime ore si rivedranno tutte le procedure e gli affidamenti concessi per verificare che i tragitti siano stati tutti trasparenti. Ci sono quelle vecchie storie che qualcuno ha paura tornino a diventare cronaca.
(da La Repubblica)
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Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
“VICINI ALLA FINE DEL M5S, QUESTO DUELLO NON E’ RISPETTOSO DEGLI ELETTORI CINQUESTELLE”
“Come giudico chi in questi giorni tra i grillini sta rilasciando interviste per rinnegare Beppe Grillo? Non è giusto, non hanno rispetto per i loro elettori. Perché è chiaro che senza Beppe non esisterebbe il Movimento e quindi nemmeno loro”.
Il fondatore ed editorialista del Fatto Quotidiano Antonio Padellaro la legge in questi termini la polemica che sta montando, sempre più forte in questi giorni, tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo sul destino del Movimento cinque stelle.
Un “duello rusticano” che il giornalista definisce “uno spettacolo desolante che avrà dei contraccolpi evidenti dal punto di vista elettorale. Anche perché girando il paese gli elettori questa sfida non la capiscono. Hanno stima di entrambi, di Conte e di Grillo. Non si capacitano. Possibile che non si riesca a valorizzare un patrimonio che dovrebbe essere comune?”.
L’altro giorno sul suo blog il garante del M5s ha posto un aut aut: o con me o contro di me, ovvero con Conte.
E’ stato l’innesco a varie prese di posizione, come quella del capogruppo alla Camera del Movimento Francesco Silvestri, secondo cui, come ha spiegato al Corriere della Sera, “Grillo viene remunerato da noi per farci da consulente e invece attacca Conte. E’ a dir poco contraddittorio”. Ecco, secondo Padellaro “proprio questo insistere sulla storia del contratto di consulenza la dice lunga. Perché la storia e il patrimonio politico del Movimento cinque stelle non possono essere ridotti alla storia della consulenza da 300 mila euro, senza peraltro spiegare bene a cosa servano questi soldi”.
Anche il deputato Riccardo Ricciardi si è mosso sulla stessa lunghezza d’onda di Silvestri, a difesa di Conte. Oltre a ripetere la questione del contratto ha detto, intervistato da Huffpost: “Se Grillo ha nostalgia di un Movimento in cui con un ‘ps’ sul blog si buttavano fuori i parlamentari, lo dica”. E quindi i Silvestri e i Ricciardi sono degli ingrati che hanno usato il Movimento come taxi per scalare posizioni e adesso sputano nel piatto di Beppe? “Ripeto, quando imbastiscono queste polemiche non fanno altro che deludere i loro stessi elettori”, risponde Padellaro. “Oggi gli elettori saranno pure molti meno dei tempi migliori, quando il M5s superava il 30 per cento alle elezioni politiche. Ma in questo momento sono ancora diversi milioni. Gente che non è che facilmente vota un altro partito. E’ un elettorato solido, sebbene il M5s sia sempre stato un partito di opinione. E’ evidente che con questo spettacolo desolante se si andasse a votare a breve ci sarebbero dei contraccolpi elettorali”.
Eppure il vero problema potrebbe essere quello che a spartirsi i resti del M5s vi si ritrovano due attori che non si rendono conto, forse, di una traiettoria politica, il grillismo, se non finita quanto meno nella sua fase terminale. E’ così? “E’ stato lo stesso Grillo a sostenere la teoria della biodegradabilità del Movimento cinque stelle, ovvero che realizzando il proprio mandato non avrebbe più avuto ragion d’essere. Una teoria a suo modo affascinante. Il suo compito l’ha esaurito? Può darsi. Ma c’è ancora uno zoccolo duro di elettori che non voterebbe altro. E questo credo che sia abbastanza rilevante”, ragiona ancora il giornalista del Fatto. Che in questi mesi ha girato l’Italia per presentare il suo libro “Solo la verità lo giuro. Giornalisti artisti pagliacci”. Siamo però davvero così sicuri che in questa sfida senza esclusione di colpi, tra l’affidabile Conte e il ritorno alle origini del fondatore Grillo, non possa, chissà, incunearsi e riemergere una figura come Alessandro Di Battista? “Io non credo, continuerà a fare le cose che gli piacciono. Scrivere articoli sul Fatto, andare fisso come ospite a Dimartedì. Penso voglia rafforzare la sua associazione, e poi chi lo sa, tentare di misurarsi elettoralmente con questa. Non credo abbia alcuna voglia di infilarsi in questo casino”.
(da Il Foglio)
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Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
AL SENSO DEL RIDICOLO NON C’E’ PIU’ LIMITE, PERSINO LA BBC CI PRENDE PER IL CULO
Dopo la crociata contro gli «stranieri musulmani che entrano abitualmente in acqua con i loro vestiti» e i centri di preghiera, ecco l’ultima battaglia della quasi ex sindaca di Monfalcone (Gorizia) Anna Maria Cisint.
Infatti, prima di partire per l’europarlamento Cisint tra gli ultimi provvedimenti da prima cittadina ha firmato anche un’ordinanza che impone il divieto del gioco del cricket nel suo comune.
Ai trasgressori saranno comminate multe fino a 100 euro, riporta La Stampa. Lo sport è praticato soprattutto dalla comunità locale proveniente dal Bangladesh, ma è anche seguito da oltre due miliardi e mezzo di persone in tutto il mondo.
L’ordinanza
La decisione ha fatto così scalpore che anche la BBC ha realizzato un servizio sul provvedimento. D’altronde il cricket è molto caro agli inglesi, sono loro ad averlo esportato e a decretarne il successo nelle loro colonie d’oltremare. «Se si gioca a cricket in aree vietate con rischio per l’incolumità pubblica, è doveroso che il Comune faccia in fondo la propria parte con tutti i provvedimenti che si rendono necessari», è la ragione dietro il divieto per Cisint.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
“VOLETE ENTRARE? IMPORTANTE CHE NON SIATE GIORNALISTI”… TRA GLI OSPITI L’ESPONENTE DEL PARTITO NEONAZISTA TEDESCO “DER DRITTE WEG”
«Volete entrare? Importante che non siate giornalisti», avverte subito il camerata che controlla le macchine una ad una all’ingresso di un residence della Maremma trasformato in bunker. Non entrano nemmeno i curiosi, solo militanti e tesserati.
Dopo il caso Joly CasaPound si blinda.
Festa nazionale fino a domenica a Grosseto, nella rossa Toscana che si ribella, e i neofascisti sbarrano il passo all’esterno: «Tanto non è che fai lo scoop che ci rifacciamo al fascismo, non abbiamo da nascondere nulla. È che non cerchiamo visibilità. Questa è una festa per noi, privata, di famiglia. Non entrano nemmeno i giornali di destra», esce a riferire il portavoce Luca Marsella. Ci sono 199 registrati, anche dall’estero, tra loro il tedesco Heinrich Anders, del partito neonazista e antisemita “Der Dritte Weg”.
Dopo molte insistenze, a patto di consegnare il cellulare, al cronista viene concesso un rapido ingresso per gettare un occhio al palco e da lontano agli stand, “scortato” da Gino Tornusciolo, fan di Salvini: «Mi fanno ridere quelli che dicono che non avremmo diritto d’esistere, come l’Anpi. Manco c’è mai scritto nella Costituzione la parola antifascista. Abbiamo invitato Joly, Salis, per me può venire pure la Segre» dice Marsella.
(da La Repubblica)
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