Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
I TRE PAESI HANNO BLOCCATO LA VISIBILITÀ DELLE TARGHE DEI VEICOLI STRANIERI CHE HANNO VIOLATO IL CODICE DELLA STRADA IN ITALIA E QUESTO RENDE IMPOSSIBILE LA NOTIFICA DEI VERBALI ALL’ESTERO DA PARTE DELLA POLIZIA ITALIANA – LA RAGIONE DELLO STOP SAREBBE NELL’IMPROPRIO UTILIZZO DEI DATI DA PARTE DI UNA AZIENDA ITALIANA
Tedeschi, olandesi e austriaci non pagano le multe prese con le loro automobili in Italia. Lo strano caso ha una ragione: i tre Paesi hanno bloccato la visibilità delle targhe dei veicoli stranieri che hanno violato il Codice della Strada in Italia e questo rende impossibile la notifica dei verbali all’estero da parte degli organi di polizia. Secondo Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e Trasporti, il ministero si è già attivato per risolvere l’empasse cercando una soluzione condivisa.
«UTILIZZO IMPROPRIO DEI DATI»
La ragione dello stop allo scambio starebbe, secondo quanto dichiarato dai Paesi, nell’improprio utilizzo dei dati da parte di un’azienda italiana di cui non è stato fatto il nome.
Le infrazioni commesse in Italia e punibili anche all’estero sono state determinate dalla Direttiva 2015/43 che prevede i cosidetti Punti di Contatto Nazionali, cioè otto violazioni del Codice della Strada: eccesso di velocità, mancato uso della cintura di sicurezza, passaggio con semaforo rosso, guida in stato di ebbrezza, guida sotto sostanza stupefacenti, mancato uso del casco, circolazione su corsia vietata, uso indebito di telefono cellulare o altri dispositivi.
(da agenzie)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
IL PROFESSORE GIAN LUIGI GATTA, ORDINARIO DI DIRITTO PENALE ALL’UNIVERSITÀ DI MILANO: “CONTA SOLO L’EFFETTO MEDIATICO, COSI’ SI ALLUNGANO I TEMPI DELLA GIUSTIZIA. AUMENTERA’ IL NUMERO DI PROCESSI ARCHIVIATI A CAUSA DELLA PRESCRIZIONE”
Venti nuovi reati, altre aggravanti, pene più severe. Il ddl Sicurezza […] è una raffica di norme che allunga ancor di più il codice penale con buona pace del ministro Carlo Nordio.
Dentro c’è di tutto: dal divieto di commercializzazione della cannabis light alla rivolta carceraria, all’aggravante per chi commette delitti dentro una stazione o un treno, alla criminalizzazione delle proteste contro le costruende opere pubbliche, al carcere per chi fa un sit-in stradale. In fondo questa è la filosofia “legge&ordine” che tanto piace al governo Meloni. Si fa la faccia feroce. Se poi sia utile, o quanto incida, interessa poco.
S’era già visto con il reato di “rave party”, introdotto due anni fa a tamburo battente come fosse chissà quale emergenza nazionale: molto battage, molte polemiche, zero risultati.
«Non è un fenomeno solo italiano – commenta il professor Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale all’università di Milano, promotore della prestigiosa rivista “Sistema penale” – ma è legato ai tempi. L’introduzione continua di nuovi reati o l’innalzamento delle pene è la risposta più facile, apparentemente a costo zero, alle emergenze del momento. Penso a come sia stato dedicato al caso di cronaca di Caivano addirittura un decreto».
Solo spulciando le cronache, infatti, ripensando ai due giovani travolti sul lago di Garda, Umberto e Greta, si capisce perché questo governo abbia ritenuto urgentissimo istituire i reati di “omicidio nautico” e di “lesioni personali nautiche gravi o gravissime”. Dopo Caivano, sono arrivati i reati di “pubblica intimidazione con uso di armi” (la cosiddetta “stesa”) e quello di “inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori”.
E ancora: a Cutro, in Calabria, c’è una strage di migranti, colpa di un rimpallo di responsabilità tra forze di polizia, ma arriva per decreto una nuova fattispecie contro chi trasporta migranti illegalmente, e se ne mette in pericolo la vita rischia da venti a trent’anni di carcere. […]
Osserva il professor Gatta: «Conta solo l’effetto mediatico, da spendere sui social. Nessuno va a guardare l’effetto sistemico. Se si intasano ancor di più i tribunali, rischiando di far allungare i tempi della giustizia o di aumentare il numero di prescrizioni.
Se aumentano le condanne lievi, quelle che hanno portato all’incredibile numero di 90 mila “liberi sospesi”, ossia persone con condanne inferiori a 4 anni, pene che automaticamente vengono sospese, e però i condannati restano in attesa per tempi interminabili che un tribunale di Sorveglianza decida quale pena alternativa gli spetta».
Il ddl Sicurezza porta con sé una ventina di nuovi reati. Per capire la logica di priorità, si confrontino con le sollecitazioni dei media. Reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui”: dai due ai sette anni per chi occupa una casa con la violenza o la minaccia o anche il raggiro.
Nuovo reato di truffa: chi approfitta delle circostanze del luogo in cui viene commesso o dell’età della vittima, è punito con il carcere da due a sei anni. Aggravante specifica anche per chi commette reati dentro o nelle vicinanze di una stazione, che sia delle ferrovie o della metropolitana, o dentro un vagone.
Grazie a una campagna delle “Iene” è arrivato anche la possibilità del carcere per le donne incinte o con neonati; lo hanno ribattezzato “carcere alle borseggiatrici rom” perché sia ancor più chiaro il messaggio.
E poi, dato che gli ecologisti fermano troppo spesso il traffico o imbrattano muri di palazzi pubblici, due norme ad hoc: riscrittura del reato di “danneggiamento”, con multa fino a 10mila euro e reclusione da uno a 5 anni per chi distrugge o rovina «cose mobili o immobili altrui» durante manifestazioni in un luogo pubblico; multa e carcere fino a un mese per chi impedisce la circolazione su una strada ordinaria o ferrovia usando il proprio corpo. La pena della reclusione aumenta fino a due anni se il blocco è commesso insieme ad altre persone.
(da La Stampa)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
“PIER DUDI” POTREBBE APPROFITTARE DI UNA SCONFITTA DEL CENTRODESTRA AL REFERENDUM SULL’AUTONOMIA PER RIPERCORRERE LE ORME DEL PADRE: METTERE IN PIEDI UNA NUOVA FORZA ITALIA, APERTA A DIRITTI E MINORANZE, EUROPEISTA E ATLANTISTA. A QUEL PUNTO, LE ELEZIONI ANTICIPATE SAREBBERO INEVITABILI
Da mesi si rincorrono i rumor sulla discesa in politica di Pier Silvio Berlusconi. Un’ipotesi, sempre smentita, che sconquasserebbe lo scenario politico e, probabilmente, l’intero centrodestra.
Negli ultimi tempi le voci sul futuro impegno di “Pier Dudi” alla guida di Forza Italia si sono rinfocolate, e qualcuno suggerisce di puntare lo sguardo ad aprile 2025, prima data utile per celebrare il referendum sull’autonomia differenziata.
Il retropensiero degli “addetti ai livori” è che una possibile sconfitta del centrodestra alla tornata referendaria possa dare il là a una crisi di governo, visto che Salvini ha legato la sopravvivenza dell’esecutivo alla sua riforma principe. Non a caso, nei palazzi del potere si sussurra: “Giorgia Meloni mangerà il panettone, ma non si sa se arriverà alla colomba”.
Fosse vero, Pier Silvio si ritroverebbe ad affrontare la stessa sfida fronteggiata, e vinta, dal padre, trent’anni fa: mettere cioè insieme, in pochi mesi, una squadra di persone fidate, scelte dal mondo delle professioni, e proporre la propria candidatura all’insegna della “rivoluzione liberale”.
Stavolta arricchita dalla battaglia sui diritti civili, inaugurata dall’ormai celebre dichiarazione di Marina Berlusconi: “Se parliamo di aborto, fine vita o diritti Lgbtq, mi sento più in sintonia con la sinistra di buon senso. Perché ognuno deve essere libero di scegliere”.
Giorgia Meloni, finora, ha opposto un “me ne frego” all’ipotesi di dimissioni in caso di sconfitta al referendum (“Mi chiedono, ‘se non passa è un problema?’. Chi se ne importa. Non sono pronta a dimettermi qualora venisse bocciato il referendum. Io arrivo alla fine dei cinque anni e chiederò agli italiani di essere giudicata. Se la riforma non passa gli italiani non l’avranno condivisa. Tutto il resto sono speranze della sinistra”).
Eppure, in caso di bocciatura della riforma, è difficile pensare che Salvini e la Lega restino zitti e buoni in maggioranza. Quel che è certo, è che il Governo Meloni non sarà mandato a casa dalle opposizioni, ma solo da un’implosione dell’alleanza di centrodestra.
Elly Schlein non ha un interlocutore affidabile, visto che Giuseppe Conte è appeso alla costituente del M5s e ha uno scontro aperto, dall’esito ancora incerto, con Beppe Grillo.
Anche se dovesse vincere la disfida pentastellata, e impadronirsi del Movimento, Peppiniello Appulo, che ha capito di non essere il leader del campo largo, resterà una spina nel fianco per i dem. Senza contare l’ormai inesorabile dissoluzione dell’ex terzo polo, balcanizzato dagli ego di Renzi e Calenda, mollati, oltre che dagli elettori, anche dai rispetti seguaci.
A questi potenziali, e variegati, bacini elettorali, potrebbe “parlare” una nuova Forza Italia, depurata dalle scorie giudiziarie di Babbo Silvio e rinfrescata da un’apertura maggiore a diritti civili, minoranze, europeismo e atlantismo. Il progetto politico di Pier Silvio, incoraggiato dalla compagna, Silvia Toffanin, e dal fidato Niccolò Querci, consigliere d’amministrazione di Mediaset, trova la ferma opposizione di Marina.
La primogenita, scottata da anni di battaglie mediatiche e giudiziarie del padre, teme che il fratello finisca fagocitato dal tourbillon dell’agone politico, a maggior ragione che oggi, a differenza del passato, le aziende di famiglia non hanno bisogno di essere salvate. Il teorema Marina è: restiamo defilati e governiamo nell’ombra. Una saggia posizione, visto che l’ingresso in politica potrebbe esporre Pier Silvio al pelo e contropelo dei media e della magistratura. Scavando scavando, anche nel privato, qualcosa si trova sempre…
(da Dagoreport)
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Settembre 26th, 2024 Riccardo Fucile
LA SITUAZIONE PIU’ CRITICA AL SUD E NELLE ISOLE
Sono 69 i crolli registrati nelle scuole italiane da settembre 2023 a settembre 2024. Molti di questi erano stati già preannunciati, ma nessuno si era mosso per intervenire in tempo.
Dei 69 – numero superiore a ciascuno degli ultimi sette anni – il maggior numero ha interessato le regioni del Sud e delle Isole, così come il Nord. A riferirlo è il XII rapporto dell’associazione Cittadinanzattiva, che aggiunge come quasi il 60% degli edifici scolastici del Paese non è attrezzato per rispondere a eventuali incendi né rispetta gli standard delle condizioni di sicurezza e igiene.
Non solo crolli: mancano anche documenti e collaudi
Sono 28 i crolli registrati nel Nord Italia, altrettanti al Sud e tra Sicilia e Sardegna. Numeri non comparabili, vista l’enorme differenza nei numeri delle scuole tra le due zone. Ma che in ogni caso sottolinea un problema sempre più ricorrente e che non sembra far sconti a nessuna regione. Al centro, invece, i casi di crollo sono stati “solo” 13.
Le segnalazioni, riporta il documento di Cittadinanzattiva, non sono mancate. Quello che è venuto meno sono gli interventi concreti per mettere in sicurezza la struttura. Sulla stessa lunghezza d’onda sono anche i dati riguardanti il certificato di agibilità e quello di prevenzione incendi. Secondo il rapporto, la documentazione non è posseduta rispettivamente dal 59.16% e il 57.68% degli edifici. A cui poi si aggiunge il collaudo statico, fondamentale per le scuole costruite vicino o su aree sismiche. In totale sono 17.343 le scuole collocate in zone a rischio 1 o 2. Eppure, su tutto il territorio italiano, il 41,5% degli istituti non ha portato a termine il collaudo statico.
Due terzi dei docenti intervistati per il rapporto ha manifestato interventi di manutenzione inadeguati o completamente assenti. Le problematiche più ricorrenti vanno dalle infiltrazioni di acqua (40,1%), ai distacchi di intonaco (38,7%) e tracce di umidità (38,2%).
La metà dei professori ha manifestato gravi carenze anche rispetto alla sicurezza, anche se solo l’8% delle scuole non ha organizzato prove di emergenza
«Siamo molto preoccupati per la riduzione degli interventi», ha commentato ad Ansa Adriana Bizzari, coordinatrice nazionale di Cittadinanzattiva. Dagli asili nido, sempre più abbandonati a loro stessi, ai lontani obiettivi europei. «Sin d’ora bisogna guardare al post Pnrr, con l’utilizzo di fondi ordinari nazionali ed europei per garantire il funzionamento delle nuove strutture, per investimenti mirati (ome i climatizzatori) e per assicurare continuità dei fondi all’edilizia scolastica».
Una apprensione che deriva dall’ultima revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ha previsto tagli delle previsioni di spesa dai nido ai licei. Il motivo, spiega Bizzari, è «l’aumento dei costi di costruzione. Lo stesso è accaduto con la ristrutturazione, sostituzione/ricostruzione, messa in sicurezza, adeguamento o miglioramento sismico e riqualificazione energetica degli edifici». Con il paradosso che più soldi (4.299 miliardi di euro, rispetto ai 3.9 miliardi previsti dal primo Pnrr) saranno usati per sistemare meno edifici.
(da agenzie)
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