Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
INTERVISTA A GIORGIA LINARDI, PORTAVOCE DI SEA WACHT ITALIA… I SOLITI SOVRANISTI VILI: SCARICARE SU ALTRI PAESI I SOCCORSI IN MARE ED EVITARE TESTIMONI SU COSA ACCADE NEL MEDITERRANEO
Il governo Meloni ha discusso ieri, senza arrivare all’approvazione, un nuovo decreto
Flussi che riguarda in realtà molti aspetti diversi delle politiche migratorie. Non solo una stretta sui trattenimenti e il diritto d’asilo, ma anche nuove e specifiche regole per gli aerei delle Ong che operano nel Mediterraneo. Anche se il via libera è rimandato al prossimo Cdm, e alcuni dettagli potrebbero cambiare, la linea sembra chiara.
Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italia, ha spiegato a Fanpage.it perché questo intervento ricalca il decreto Piantedosi dello scorso anno (che aveva dato indicazioni simili alle navi) e quali sono i suoi due obiettivi.
Da una parte, ancora una volta, cercare di scaricare sulla Libia o la Tunisia tutte le responsabilità per i soccorsi in mare, nonostante non siano Paesi sicuri, e obbligare gli aerei a seguire solo le loro indicazioni (cosa che va contro il diritto internazionale).
Dall’altra, togliere di mezzo “testimoni scomodi” che possano osservare e riportare “l’altissimo costo in termini di vite umane” delle politiche migratorie italiane ed europee.
“Noi per prassi già informiamo tutte le autorità competenti. Anzi, il problema che riscontriamo è quello opposto: nonostante i nostri tentativi di avvisarle, spesso i soccorsi repentini non avvengono”.
Allora perché aggiungere un obbligo simile?
C’è una tendenza a favorire l’intervento libico, e anche questa norma va in quella direzione. Si insiste sul coordinamento dell’autorità “responsabile” per l’area Sar [area di ricerca e soccorso, ndr] in cui avviene l’avvistamento. Quindi, in moltissimi casi, l’autorità libica.
E non è giusto che a intervenire sia lo Stato nelle cui acque si trovano le imbarcazioni di persone migranti?
Questo è molto importante da sottolineare: per come sono formulate queste norme sembrerebbe che le aree Sar siano come dei territori di sovranità nazionale. Ma non è così. Le aree Sar sono aree di responsabilità (infatti si parla di autorità “responsabili” per quella zona), ma non di giurisdizione.
Quindi, solo perché una barca in difficoltà si trova in area Sar libica non vuol dire che solo le autorità della Libia debbano intervenire?
Assolutamente. Non si parla di acque libiche, ma di acque internazionali. Però dall’accordo Italia-Libia del 2017, c’è una tendenza in corso: creando nuove aree Sar, si cerca di fare in modo che le autorità europee non abbiano più alcuna competenza. La tendenza si sta sviluppando anche con l’accordo con la Tunisia, e non a caso negli scorsi mesi è stata creata l’area Sar tunisina.
Le autorità europee, incluse quelle italiane, cercano di ‘scaricare’ le responsabilità su quelle nordafricane, come Tunisia e Libia
Sì. Tutto nasce da una condanna storica che l’Italia ha subito nel 2012: prima, l’Italia aveva un altro accordo con la Libia, per cui poteva intercettare le persone in mare e portarle in Libia con le proprie navi militari. Ma le persone che erano state respinte in Libia fecero ricorso alla Corte europea per i diritti umani, e la Corte condannò l’Italia per i respingimenti collettivi.
Per questo, qualche anno dopo, l’accordo con la Libia è cambiato?
Non a caso nel 2017, con la nuova intesa, l’Italia ha cominciato a formare la cosiddetta Guardia costiera libica, a donare motovedette… tutto quello che serve per far sì che siano i libici a interagire con le persone migranti.
E questo come si collega questa tendenza al nuovo decreto (ancora in bozza) del governo Meloni?
Le Ong che operano in mare creano un ‘legame’ tra le persone migranti (che hanno il diritto di essere soccorse e fare richiesta di asilo) e l’Italia, che ha delle responsabilità previste dal diritto internazionale. Questo decreto cerca di tagliare quel legame.
Obbligando anche i vostri aerei a rivolgersi alla Libia?
Si vuole dare alla Libia tutta la responsabilità per il soccorso di queste persone. L’idea è di applicare la famosa legge Piantedosi del 2023, che riguarda le nostre navi, anche agli aerei. Ma si ignora che questo coordinamento non può avvenire.
Perché?
Perché obbedire ai libici significherebbe rendersi complici di una violazione del diritto internazionale, cioè favorire il respingimento coatto di queste persone in un Paese in cui la loro vita è a rischio. Il fatto che la Libia non sia un Paese sicuro è riconosciuto dalla comunità internazionale. Per la Tunisia la situazione è più delicata, ma ci sono sempre più evidenze di veri e propri pogrom e deportazioni nel deserto.
Questo vuol dire che, legalmente, non potete essere obbligati ad ascoltare gli ordini delle autorità libiche?
Il diritto internazionale viene prima di qualunque decreto o legge nazionale. Anche quelle che cercano di distorcerlo. Durante le operazioni dei nostri aerei noi richiediamo il coordinamento con le autorità responsabili: ma poi se tu avvisi i libici e i libici non intervengono, oppure arrivano ma il loro intervento si conclude con una violazione del diritto internazionale, a quel punto tu hai il dovere di rivolgerti a qualcun altro. Tanto più che la Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo promuove la collaborazione tra Stati per salvaguardare la vita in mare ed effettuare i soccorsi nel più breve tempo possibile. Il governo può cercare in tutti i modi di imporre una barriera di separazione, a dire “qualsiasi cosa avvenga in quel pezzo di mare, non ci riguarda e ve la sbrigate con i libici”. Ma non funziona così.
Quando si parla di “coordinarsi con i libici”, concretamente cosa significa?
Noi abbiamo mostrato negli anni in tutte le sedi possibili – dal Parlamento europeo alle commissioni Difesa e diritti umani del Parlamento in Italia – le condotte delle autorità libiche, e ultimamente anche tunisine. Spari, violenze fisiche, di tutto e di più. Di recente, la nave Geo Barents di Medici senza frontiere ha addirittura subito minacce di uso della forza. Sono “autorità” spesso formate da criminali, e anche questo è stato ampiamente dimostrato. E a noi viene chiesto di obbedirgli.
L’obiettivo di fondo di un decreto come quello discusso ieri in Cdm qual è
È l’ennesimo tentativo di liberarsi di un testimone scomodo in mare. Ostacolare il più possibile la presenza delle Ong. Non solo per evitare di prendersi le responsabilità delle persone da soccorrere, come dicevo. Ma anche evitare che i nostri aerei mostrino gli effetti delle politiche italiane ed europee nel Mediterraneo.
Quali sono questi effetti?
Un altissimo costo in termine di vite umane. Prendo un esempio recente: il naufragio del 4 settembre. Sono sopravvissute sette persone, e 21 sono morte. Noi abbiamo condiviso delle immagini che con tutta probabilità (sarà la magistratura ad accertare) mostrano che quelle persone erano state avvistate dal nostro aereo già due giorni prima. E non è il primo caso. Testimoniamo situazioni di non intervento, di abbandono in mare.
La bozza del decreto prevede anche sanzioni per i piloti di aerei che non obbediscono: una multa fino a 10mila euro. Poi scatta il fermo dell’aereo, e in caso di reiterazione c’è il sequestro. Ma soprattutto, si accorciano i tempi per fare ricorso contro questo fermo: solo dieci giorni, invece di due mesi. È grave per voi?
In generale è gravissimo che si restringa la possibilità di fare ricorso alla giustizia. Anche se non si parlasse nello specifico di Ong e delle nostre attività, tutti gli italiani dovrebbero essere preoccupati da fatto che si riducano i tempi per ricorrere contro le sanzioni amministrative.
Perché accorciare questi tempi proprio per voi?
Perché, nonostante la legge Piantedosi del febbraio 2023 sia relativamente giovane, sono già diversi i casi in cui, dopo un ricorso, i tribunali hanno sospeso il fermo delle navi. Questo escamotage vuole ridurre le possibilità di rivolgersi alla giustizia, per ridurre le possibilità che il tribunale sospenda il fermo, e quindi indebolisca questo decreto, mostrandone l’ingiustizia. È la stessa cosa che hanno fatto con l’accordo Italia-Albania.
In che senso?
Dopo le raffiche di decisioni dei tribunali italiani, che hanno massacrato letteralmente la legge Cutro per quello che riguarda i trattenimenti di richiedenti asilo, guarda caso il governo è saltato fuori con l’idea di spostare il sistema dei centri dei trattenimento in un altro territorio.
Nei centri in Albania però, ha insistito il governo Meloni, si applicheranno comunque le leggi italiane.
In teoria sì, ma non è ancora chiaro quale sarà il ruolo della giustizia italiana. Certamente sarà più facile sfuggire al monitoraggio della corretta applicazione della legge.
Il resto del decreto – di nuovo, ancora in bozza – contiene una serie di norme che complicano l’accesso alle domande di asilo e facilitano i trattenimenti di cui parlava. Si inseriscono nello stesso ‘disegno’?
Sì, in linea con le politiche che l’Italia sta già mettendo in atto. Le procedure accelerate alla frontiera, con un’analisi più sommaria per decidere chi può avere accesso all’asilo. Più detenzioni, anche per famiglie e minori. Più possibilità di deportazione o rimpatrio in Paesi non sicuri. Anche a livello europeo, il nuovo Patto su migrazione e asilo (che nei prossimi due anni gli Stati Ue metteranno in pratica) legittima politiche come queste. Il diritto all’asilo è fondamentale per godere di tutti i propri diritti umani. E quindi è naturale che venga ristretto da un governo che certamente non ha a cuore i diritti umani.
(da Fanpage)
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Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
SU 4,2 MILIARDI FINALMENTE STANZIATI I PAGAMENTI SONO STATI FINORA SOLO PER 276,18 MILIONI
Venerdì 26 settembre è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto ministeriale che stanzia 20 milioni di aiuti per le province dell’Emilia-Romagna colpite dalla nuova alluvione iniziata il 17 settembre scorso. Per i due grandi eventi alluvionali del 2023 con due decreti-legge il governo di Giorgia Meloni aveva stanziato prima 1,6 e poi 2,7 miliardi per un totale di 4,3 miliardi che erano circa la metà degli 8,5 miliardi di danni stimati nell’immediato.
La struttura commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo ha avuto a disposizione per tutte le categorie che ne avevano diritto 1,6 miliardi di euro come ha comunicato la sua struttura.
I fondi erogati però a metà settembre 2024 secondo un report della struttura commissariale ammontano solo a 276,18 milioni di euro.
Il report dettagliato sugli stanziamenti elenca anche tutti i beneficiari dei risarcimenti ottenuti. Nella maggiore parte dei casi si tratta di enti locali, istituzioni pubbliche o municipalizzate e società private che hanno dovuto rimettere in sesto la rete energetica.
Ad esempio, al solo gruppo Hera che opera in quelle province sono stati erogati 45.942.220,32 euro, pari al 16,63% dei risarcimenti pagati.
Solo ad aprile la struttura di Figliuolo ha erogato direttamente i risarcimenti a 23 famiglie (202 mila euro in tutto) e a qualche impresa. Poi l’incarico di pagare sia le famiglie che le imprese danneggiate è stato affidato grazie alla firma di una convenzione alla concessionaria pubblica Consap, che ha varato decreti di stanziamento riportati in modo collettivo a “famiglie” o a “imprese” senza indicare nel report i nomi dei singoli beneficiari.
Alle famiglie in 16 mesi arrivati solo 7,1 milioni, alle imprese poco più della metà
Ci è voluto dunque più di un anno per arrivare ai risarcimenti ai privati, persone fisiche o giuridiche che siano. Ma i fondi arrivati a destinazione sono davvero pochi.
Complessivamente alle famiglie in 16 mesi sono arrivati risarcimenti per 7.151.677,97 euro, pari al 2,66% dei pagamenti effettuati elencati nel report.
Alle imprese private è andata perfino peggio: arrivati nello stesso arco di tempo 3.783.061,67 euro, pari all’1,37% dei pagamenti effettuati fino alla metà del mese di settembre 2024.
Ha fatto prima la nuova alluvione a portarsi via il poco che era stato risistemato della burocrazia italiana a rifondere quanto promesso e dovuto. Una situazione che peraltro hanno vissuto allo stesso modo e anche peggio tutti i cittadini italiani messi ko da eventi atmosferici straordinari come alluvioni, frane e terremoti.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
NEL MARZO 2021, NEL PIENO DEL COVID, IPOTIZZÒ DI ORDINARE AI VERTICI MILITARI DI PIANIFICARE UN RAID IN UNA FABBRICA OLANDESE PER METTERE IN SICUREZZA 5 MILIONI DI VACCINI ASTRAZENECA, LA CUI ESPORTAZIONE IN GRAN BRETAGNA ERA BLOCCATA DALL’UNIONE EUROPEA
Alle stravaganze e agli scandali l’ex premier britannico Boris Johnson aveva abituato gli
inglesi. E sa di folcloristico il racconto che il conservatore fa in un estratto delle sue memorie, pubblicato Daily Mail di sabato e ripreso da Guardian, Reuters, Sky e altre testate.
L’ex primo ministro sostiene di aver ordinato ai vertici militari di pianificare un raid in una fabbrica olandese nel marzo 2021 per mettere in sicurezza 5 milioni di vaccini Covid, la cui esportazione in Gran Bretagna era bloccata dall’Unione Europea. Come è noto i primi vaccini anti Covid – quelli a vettore virale – erano stati sviluppati dall’Università di Oxford e da AstraZeneca, ma le dosi venivano prodotte da subappaltatori nei Paesi Bassi e in Gran Bretagna.
Il politico ha raccontato che l’allora vice capo di Stato maggiore della difesa, il generale Doug Chalmers, gli aveva detto che sarebbe stato possibile un raid con piccole imbarcazioni per attraversare la Manica e navigare nei canali olandesi, ma lo aveva messo in guardia dalle ripercussioni diplomatiche. Non sarebbe stato possibile portare a termine la missione senza essere scoperti e che “se venissimo scoperti, dovremmo spiegare perché stiamo di fatto invadendo un alleato di lunga data della Nato”.
“In segreto ero d’accordo con quello che tutti pensavano, ma non volevo dirlo ad alta voce: che tutta questa faccenda era una follia“, ha detto Johnson Né il Ministero della Difesa britannico né Chalmers hanno rilasciato dichiarazioni immediate in merito al racconto di Johnson.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
“IL PD HA CEDUTO AL RICATTO DELL’ULTIMA ORA DEL M5S”… LA RICOSTRUZIONE DEL RESPONSABILE REGIONALE DI + EUROPA
“+Europa, 3.5% in Liguria alle elezioni politiche, non parteciperà alle prossime elezioni regionali”. A confermalo in una nota stampa Mauro Gradi, Coordinatore Regionale e Membro Segreteria Nazionale di +Europa, a seguito della rottura tra Italia Viva e Partito Democratico per il sostegno di Andrea Orlando come candidato alla presidenza di Regione Liguria.
“Come già reso pubblico nei giorni scorsi ed approvato dalla Direzione Nazionale, +Europa ha promosso la Lista Riformisti uniti per la Liguria insieme ad Italia Viva e al Psi – si legge nella nota – A lista completa in tutte e quattro le province, pronta per il deposito già ieri (venerdì), con tanto di collegamento alla propria coalizione già rilasciato dal candidato-presidente Andrea Orlando, a poche ore dalla presentazione, dopo settimane di intenso lavoro e coinvolgimento di 30 candidati con relative accettazioni e avvio della propaganda elettorale, il candidato-presidente ha ritirato il predetto apparentamento e, quindi, escluso dalla coalizione la lista Riformisti uniti per la Liguria, in quanto indotto da un Partito Democratico Nazionale piegato al ricatto dell’ultima ora del Movimento 5 Stelle”
“Personalmente considero tutto ciò una follia votata alla sconfitta e un’operazione di killeraggio politico che +Europa proprio non meritava per la sua lealtà e correttezza – conclude Gradi – ricordo che, alle elezioni politiche di due anni fa, nonostante lo sfilamento di Calenda con il quale eravamo legati da patto federativo, noi, invece, tenemmo fede all’accordo con il Pd e scendemmo coraggiosamente in campo con la lista +Europa che con il suo quasi 3% nazionale ha consentito al Pd di eleggere oltre 12 parlamentari. Gli elettori sapranno giudicare”.
(da Genova24)
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Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
C’È IL SOSPETTO CHE GLI ESAMI VENNERO MANIPOLATI E CHE LA SUA CORSA FU FERMATA DALLA CAMORRA CHE AVREBBE DOVUTO PAGARE DIVERSI MILIARDI IN SCOMMESSE CLANDESTINE
Proseguono le indagini della Procura di Trento sul caso Marco Pantani, con la
magistratura che sta cercando di approfondire i fatti avvenuti a Madonna di Campiglio durante il Giro d’Italia del 1999. Secondo quanto riferito da LaPresse, la pm Patrizia Foiero, titolare dell’inchiesta, ha sentito una decina di persone informate sui fatti. L’ipotesi di reato su cui indaga la procura è quella di «associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine e collegata al decesso del ciclista».
Infatti, a due tappe dal termine del Giro d’Italia, «il Pirata» si trovava saldamente in testa alla classifica generale con quasi sei minuti di vantaggio. In altre parole, sembrava avere la vittoria in tasca. Tuttavia, la mattina del 5 giugno di 25 anni fa Pantani venne fermato perché nel suo sangue venne trovato un tasso di ematocrito (la quantità di globuli rossi) oltre i limiti consentiti.
Eppure, c’è il sospetto che gli esami vennero manipolati proprio con l’intento di fermare il campione della Mercatone Uno che era lanciato verso la vittoria finale. L’ipotesi è che sia intervenuta addirittura la camorra con i Casalesi, i capi di Afragola, di Portici e l’alleanza di Secondigliano uniti per incastrare Marco Pantani.
L’agenzia di stampa LaPresse, che ha preso visione dei verbali della Commissione antimafia, riporta quanto riferito ai carabinieri dal capo clan di Mondragone, nel frattempo diventato collaboratore di giustizia. «Se Pantani vinceva il Giro il banco saltava — avrebbe riferito il pentito di mafia — e la camorra avrebbe dovuto pagare diversi miliardi in scommesse clandestine e rischiava la bancarotta».
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
ENTRAMBI GLI SCHIERAMENTI AVRANNO BISOGNO DI UNA COALIZIONE PER GOVERNARE
Domenica si terranno le elezioni parlamentari in Austria e si prevedono risultati ravvicinati tra i conservatori di Övp e il partito populista di estrema destra Partito della Libertà (Fpö).
Diversi sondaggi assegnano la vittoria a Fpö, che simpatizza con il partito ungherese Fidesz e con quello ceco Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Ano), entrambi di matrice fortemente populista. I tre partiti hanno creato a giugno di quest’anno un gruppo chiamato “Patrioti per l’Europa” al Parlamento europeo.
Qualunque sarà l’esito delle elezioni austriache, quello che è certo è che gli elettori sono alla ricerca di un cambiamento nel governo. Ma entrambi i possibili vincitori avranno difficoltà a trovare partner politici nella Camera bassa del Parlamento di Vienna.
La politica austriaca subirà un forte cambiamento se Fpö riuscirà a ottenere un numero di seggi sufficiente a vincere le elezioni. È anche possibile che il leader del partito, Herbert Kickl, nonostante una vittoria, non riesca a ottenere il cancellierato.
Kickl guida Fpö dal 2021, sfruttando la paura e la rabbia per la pandemia da Covid-19, l’inflazione e la guerra in Ucraina. È riuscito a scaricare la colpa dei problemi economici sull’immigrazione.
Il suo avversario, il partito conservatore Övp, che fa parte del governo austriaco dal 1987, ha visto un declino dopo le ultime elezioni del 2019 e attualmente guida il Paese in una coalizione con i Verdi
Nel frattempo, Fpö ha guadagnato molti consensi e popolarità negli ultimi anni. Se riuscisse a vincere, sarebbe la prima vittoria dell’estrema destra nella storia dell’Austria.
La leadership del partito Övp ha dichiarato che non si unirà all’estrema destra in una ipotetica coalizione. In questo caso, la nuova coalizione potrebbe essere nuovamente guidata dall’Övp con liberali e socialdemocratici.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
“I NOSTRI VOTI SONO DECISIVI MA SI INFRANGONO SUL TEMA DEI VETI”
“È una rottura definitiva in Liguria. Siamo fuori dalla campagna elettorale. Che perda il
peggiore”. A dirlo il leader di Italia viva, Matteo Renzi, arrivando all’assemblea nazionale del partito. Malgrado la rottura ligure, spiega l’ex premier, “siamo disponibili a fare un centrosinistra alternativo alla Meloni, ma non col cappello in mano. Siamo disponibili a dialogare, ma non a far decidere Conte”.
Renzi, nel commentare il risultato elettorale di Italia Viva alle scorse Europee spiega: “Dobbiamo prendere atto di un risultato fallimentare alle europee, ma i numeri dicono che senza questa comunità non si vincono le politiche. Il risultato delle politiche, che sarà sull’ 1 o 2 per cento si giocherà sul filo dei voti, sull’impegno dei candidati. I nostri voti sono decisivi ma si infrangono sul tema dei veti”.
“Come ho sempre detto – aggiunge Renzi -, se c’è lo spazio per fare il centrosinistra insieme si fa e se no… nessuno di noi rinuncia alla dignità. Capisco che per Conte è difficile da capire, perché per noi la dignità vale più di una poltrona, per uno come Conte la poltrona vale più di tutto”. Il leader di Italia Viva prosegue: “L’obiettivo di Conte è mettere in discussione la leadership di Schlein perché ritiene che Schlein possa fare la presidente del Consiglio e lui no”.
Il leader di Italia Viva ne ha anche per la premier Giorgia Meloni: “Giorgia gioca un altro campionato rispetto alla presidenza del Consiglio, punta a fare l’influencer, ha colto l’eredità di Chiara Ferragni non di Alcide de Gasperi – afferma -. Lei è una vera influencer”. Renzi continua: “L’immagine con Elon Musk in America è solo una “foto opportunity” e arriverà anche per lei presto il pandoro come per la Ferragni”.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA STRONCA IL DDL SICUREZZA
“Nel ddl sicurezza alcune misure prese dal governo sono inaccettabili, altre misure sono carenti. Una misura inaccettabile è quella che condanna quasi a morte chi fa un corteo o un blocco stradale. Se quelli che non hanno il pane alla fine del mese non possono neanche manifestare, poi non è che avremo qualche corteo in più o qualche blocco stradale. Avremo la lotta armata. Non so se è chiaro il messaggio”.
Così, nella sua consueta diretta Facebook del venerdì, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca stronca il ddl sicurezza del governo Meloni, aggiungendo: “I blocchi stradali ovviamente vanno evitati per quanto possibile, ma in una democrazia gli operai di una fabbrica che perdono il lavoro e il pane non è che possono battersi lanciando petali di rose in giro, quando si trovano di fronte un muro di gomma di insensibilità – continua – Tante volte sono obbligati a scendere in piazza per lottare e per sensibilizzare le controparti, ma anche le istituzioni. Allora stiamo attenti, la democrazia vive anche della possibilità che ha soprattutto la povera gente di poter battersi e manifestare. La democrazia deve anche consentire possibilità di difesa per chi vede negati i propri diritti fondamentali”.
De Luca, che mostra più condivisione per le pene destinate a chi occupa abusivamente le case, rimbrotta poi il governo per non aver introdotto misure efficaci: “Innanzitutto andava introdotta una punizione rigorosa a quelli che vanno in giro coi coltelli in tasca, come i giovani che hanno assunto l’abitudine di sfidarsi a duello nelle ore della movida. La prima volta si fa una diffida con una sanzione pecuniaria, la seconda volta gli si dà un anno di carcere, punto. Questa è una misura repressiva ed educativa che dovrebbe essere presa, ma non viene adottata”.
Il politico propone, infine, il pugno di ferro per i parcheggiatori abusivi: “Danno fastidio soprattutto alle donne quando parcheggiano. Anche in questo caso prima una diffida, poi repressione. Queste sono norme di sicurezza più efficaci da inserire nel decreto sicurezza, ma invece non ci sono. A volte, questi decreti sicurezza di positivo hanno solo il titolo, i contenuti sono peggiorativi e in qualche caso finiscono per accrescere la congestione nelle carceri per stupidaggini“.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2024 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DI GIORGIO BONI CHE HA MESSO IN SALVO LA SUA CLASSE PRIMA CHE IL SOFFITTO CADESSE SUI BANCHI
Ha udito uno scricchiolio simile al vetro che si graffia e ha visto la venatura. Troppi
elementi pericolosi colti dall’occhio dell’ingegnere e professore che, ieri mattina mentre faceva lezione ad una quinta del Capellini Sauro, ha dato l’allarme: un’azione che ha permesso agli studenti di mettersi in salvo senza conseguenze. Si è svolto tutto in pochissimi secondi: il professore Giorgio Boni ha gridato e mentre i ventitré ragazzi erano già in sicurezza, il controsoffitto è crollato dalla parte centrale travolgendo alcune postazioni del laboratorio.
Questo il racconto di quanto successo ieri mattina a La Spezia, dove il contro soffitto di un’aula dell’istituto Capellini è crollato all’improvviso, cadendo sulle postazioni dove, fino a pochi instanti prima, gli alunni stavano seguendo la lezione.
Da una prima ricognizione sembrerebbe che la struttura interessata, prima di oggi, non avesse dato nessun segno “premonitore” e tra le cause sarebbero da escludere le infiltrazioni. Per fare ulteriore chiarezza solo delle verifiche strutturali approfondite potranno spiegare cosa sia accaduto in quel laboratorio costruito una trentina d’anni fa. Gli approfondimenti del caso sono in corso e l’auspicio è che tutto possa tornare alla normalità nel minor tempo possibile.
La paura però è stata tanta, sia per i ragazzi della 5A meccanici che per il professore. In una manciata di secondi sarebbe potuta verificarsi un’autentica tragedia. La posizione dei detriti e della plafoniera lasciano poco spazio alla fantasia. Ora al loro posto sono stati installati i trabattelli per procedere con gli approfondimenti. “Io non ho avuto paura per me – ha detto il professor Giorgio Boni – ma per i ragazzi ai quali va riconosciuta la grande capacità di aver reagito nel modo corretto mettendo in pratica, in maniera puntuale quello che avevano imparato nelle prove di evacuazione. Erano preparati, hanno lasciato i cellulari sui banchi e si sono allontanati dalla zona di pericolo, al sicuro. Io dal canto mio ho urlato, anche se sono abituati al mio tono di voce – scherza il professore – ma poi hanno visto anche la mia faccia. Sono stati davvero bravi. Io certamente ricorderò quello stridore, simile ad un vetro che si graffia e quella venatura”.
(da agenzie)
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