Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
ALLORA, LA DUCETTA REALIZZÒ UN VIDEO IN CUI, IN MEZZO ALLE SOLITE FACCETTE, FACEVA I CONTI E CHIEDEVA DI RIDURRE LE ACCISE: “SU CINQUANTA EURO, TRENTACINQUE VANNO ALLO STATO TRA IVA E LE FAMOSE ACCISE SULLA BENZINA”… UNA STANGATA DA 3 MILIARDI PER AUTOMOBILISTI E CAMIONISTI
L’azzardo vale tre miliardi. Tre miliardi e cento milioni per la precisione, quantomai necessari per un governo che affanna nella ricerca delle coperture per la legge di bilancio.
Ma la decisione di riallineare le accise sul diesel a quelle, più alte, della benzina, e quindi di aumentarle, contempla anche un seconda conseguenza, questa volta tutt’altro che conveniente per Giorgia Meloni: la sconfessione di convinzioni e promesse.
Perché un intervento sulle accise era sì previsto, ma in ben altra direzione. “Noi pretendiamo che le accise vengano progressivamente abolite”, disse la premier in un video, realizzato nel 2019, che la ritraeva a bordo di una macchina in una stazione di rifornimento.
Il dietrofront affiora nel Piano strutturale di bilancio 2025-2029, il documento che inquadra la politica economica dei prossimi anni. Non c’è solo la correzione dei conti da fare. Per spalmare l’aggiustamento su 7 anni, invece che su quattro, l’Italia dovrà fare anche le riforme.
Tra le priorità indicate nel Psb c’è l’accelerazione dell’attuazione della riforma fiscale. E tra le indicazioni operative di questa volontà compare il riordino delle spese fiscali, le cosiddette tax expenditures. Il faro è puntato su “determinati ambiti di tassazione”. Ed è in questo passaggio che si fa riferimento all’allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina.
Il riallineamento implica un’equiparazione delle aliquote delle accise che oggi hanno un peso diverso. In pratica si punta a riportarle entrambe sullo stesso livello. L’accisa altro non è che un’imposta fissa inclusa nel prezzo del carburante che si paga quando si fa rifornimento dal benzinaio. Quella sulla benzina è pari a circa 73 centesimi su un litro di carburante, mentre quella sul diesel (noto anche come gasolio) è di circa 62 centesimi.
L’aumento delle accise sul diesel andrebbe a ricadere sui possessori di auto a gasolio, ma soprattutto sul settore dell’autotrasporto, dove questa tipologia di carburante è più utilizzata. Le associazioni dei consumatori hanno già calcolato l’impatto della misura: “Si rischia una stangata da 3,1 miliardi sugli automobilisti”, denuncia Assoutenti
Nel video del 2019, la leader di Fratelli d’Italia faceva i conti sul peso delle accise: “Su cinquanta euro, quindici vanno alla benzina e al benzinaio, mentre trentacinque vanno allo Stato tra Iva e le famose accise sulla benzina”. Disse che era “una vergogna” e che Fratelli d’Italia non solo chiedeva di non aumentare le accise, ma anche di ridurle progressivamente
Gennaio 2023. Il governo Meloni non rinnova il taglio delle accise deciso dal governo Draghi. Nuovo video, questa volta da Palazzo Chigi. “Sono ancora convinta che sarebbe ottima cosa tagliare le accise sulla benzina, il punto è che si fanno i conti con la realtà con la quale ci si misura”. Poi una nuova promessa: “Sono convinta che prima o poi riusciremo a fare un taglio strutturale delle accise”. Intanto le accise vanno su.
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
LA BOCCIATURA ANCHE SOLO DI UNA PARTE DELLA LEGGE FERMEREBBE LA CORSA DEL CARROCCIO E DEI GOVERNATORI PER APPLICARE LA RIFORMA, E FAREBBE SALTARE IL REFERENDUM, VERA SPADA DI DAMOCLE SUL GOVERNO
L’autonomia differenziata è un problema per tutti. La maggioranza teme di perdere consensi nel Mezzogiorno, l’opposizione prepara la lunga campagna del referendum sapendo che, ammesso che la Corte costituzionale dia il via libera ai quesiti, raggiungere il quorum sarà difficilissimo. La Lega coglie nell’aria la diffidenza generale, anche degli alleati e prova a forzare la mano.
Luca Zaia oggi sarà a Roma dal ministro Roberto Calderoli, padre della legge, per un incontro che ha lo scopo dichiarato di passare dalle parole ai fatti nel trasferimento di poteri dallo Stato alle Regioni
Calderoli con Zaia aprirà di fatto il negoziato tra Stato e Regioni sulla richiesta di queste ultime di acquisire le competenze, delle cosiddette “materie non Lep” , ovvero quegli ambiti per i quali il trasferimento agli enti locali non è subordinato alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Su queste otto materie, tra le quali la protezione civile, il commercio estero e le professioni, insomma si può andare spediti e la Lega (con Calderoli in testa) intende farlo. Forza Italia, esplicitamente e Fratelli d’Italia, più discretamente, hanno però indicato un altro criterio: prima si stabiliscono i Lep e poi si procede con la devoluzione
Difficile trovare una mediazione, perché la Lega chiede semplicemente di applicare ciò che la legge, approvata subito dopo le Europee, prevede. Anche se su questi accordi bilaterali l’ultima parola spetterà a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni sa di essere in una situazione oggettivamente complicata.
Un’opportunità per evitare imbarazzi e ostacoli potrebbe arrivare dalla Corte costituzionale. Ieri, è arrivata la conferma di una notizia che circolava da giorni: la Consulta, presieduta da Augusto Barbera, ha anticipato al 12 novembre l’udienza pubblica sui ricorsi contro la legge sull’Autonomia differenziata presentati dalla Puglia e la Toscana, mentre analoghe iniziative sono state prese dalla Campania e Sardegna. La sentenza che ne uscirà determinerà i passaggi successivi
A Palazzo Chigi, e ovviamente anche in Forza Italia, non vedrebbero negativamente un’eventuale bocciatura, anche solo di una parte della legge. Uno stop della Consulta (sul quale molti parlamentari scommettono), infatti, avrebbe come effetto non solo quello di fermare la corsa di Calderoli e dei governatori, ma anche quello di far saltare il referendum.
I quesiti a quel punto, infatti, andrebbero riformulati e nel caso di quello abrogativo, cancellati del tutto. Rendendo inutile l’altra sentenza, sull’ammissibilità dei referendum. Nel centrodestra quello della consultazione popolare è un tema delicato, non tanto per il rischio di una sconfitta alle urne, quanto per la risonanza che avrebbe una campagna referendaria che mobiliterebbe il Sud (bacino di voti fondamentale, in particolare per Forza Italia) e che potrebbe unire delle opposizioni oggi profondamente divise.
(da La Stampa)
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Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
L’OBIETTIVO DI CONTE E’ LOGORARE LA LEADERSHIP DELLA SCHLEIN E FARE UN FAVORE A MELONI IN CAMBIO DI QUALCHE POLTRONA
«Bisogna scavallare le regionali, nessuna polemica». I conti, semmai, si faranno dopo. È la consegna che Elly Schlein ha dato ai suoi. Mentre il mondo brucia, con elezioni così importanti alle porte, impelagarsi in una rissa sul perimetro della coalizione con il (fu?) principale alleato, oltre che senza senso, è del tutto controproducente. In particolare per il Pd, il partito che più ha da perdere alle prossime regionali.
E dunque, nel day after della rottura annunciata da Giuseppe Conte in tv, la leader dem riunisce sì la segreteria al Nazareno, ma per parlare del dramma mediorientale e tornare a chiedere l’immediato cessate il fuoco. Nessuna battuta, neppure di sfuggita, sullo strappo consumato a tradimento dal leader 5S.
Tanto i giochi nelle tre regioni chiamate al voto sono praticamente fatti: in Liguria le liste sono chiuse da un pezzo, in Umbria ed Emilia-Romagna manca pochissimo. Infiammare la campagna elettorale con liti da cortile rischia solo di creare disaffezione, allontanare chi aveva deciso di votare per il centrosinistra.
Nel frattempo, a poche centinaia di metri dalla sede del Pd, il leader 5S vede il suo stato maggiore nel quartier generale di via di Campo Marzio. Dove resta blindato tutto il giorno senza neanche farsi vedere a Montecitorio, per non rischiare di incrociare la leader dem con la quale i contatti sono interrotti. Sul tavolo, un unico tema: le alleanze.
L’ex premier giallorosso contesta a Schlein di aver dato spazio «all’abbraccio mortale di Renzi». E resta convinto, malgrado i sondaggi dicano altro, che il M5S sia determinante per vincere in Emilia.
Riflessione da cui è scaturita la strategia della rottura che, riferiscono i fedelissimi, suona più o meno così: «Se Elly preferirà far correre Iv con il suo simbolo, noi non faremo parte della coalizione. Il Pd dovrà fare i conti con una sconfitta, forse non la sola, e capirà di non poter fare a meno del Movimento». Il tutto accompagnato da un non detto: logorare la leadership dell’alleata.
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
UN’INDICAZIONE CHE ARRIVA ALLA VIGILIA DELLE ELEZIONI REGIONALI IN LIGURIA…IERI APONTE HA INCONTRATO IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA, IL SINDACO DI GENOVA, MARCO BUCCI, IL CANDIDATO DEI POTERI FORTI
Il Comandante è uomo di poche parole, ma che si fa capire bene. Al suo primo giorno da editore, di fronte alla redazione del Secolo XIX, Gianluigi Aponte ha riassunto così la sua idea di giornale: “Dobbiamo essere più tolleranti nei confronti dei politici e degli imprenditori che favoriscono lo sviluppo”.
Un’entrata a gamba tesa sulla linea editoriale, in cui ogni riferimento a fatti o persone non è casuale. Negli ultimi cinque mesi il quotidiano genovese ha raccontato in modo puntuale l’inchiesta che ha travolto il sistema Toti
A giudicare dai primi segnali, quel tipo di giornalismo è stato archiviato il 29 settembre, con il cambio di proprietà e soprattutto della direttrice Stefania Aloia. Una spina nel fianco per Toti, che prima del terremoto giudiziario aveva provato a far vendere il XIX ad Aldo Spinelli.
Il Secolo è stata l’ultima testata ceduta dal gruppo Gedi (Repubblica e La Stampa), protagonista della più significativa concentrazione editoriale del Paese, seguita da un altrettanto rapido smembramento. E a chi era abituato agli interventi felpati di John Elkann, attentissimo (almeno nelle forme) a evitare l’impressione di ingerenze sui contenuti editoriali, le parole di Aponte devono essere sembrate quasi brutali.
In un successivo incontro, con il Cdr, l’armatore è stato anche più diretto e ha chiesto più tolleranza nei confronti di quei politici e quegli imprenditori “che hanno risollevato la città dopo il crollo del viadotto Morandi”. Un identikit che porta facilmente a Marco Bucci, sindaco di Genova e “uomo del ponte” scelto dal centrodestra per far dimenticare il fresco patteggiamento di Toti.
Al primo giorno di campagna elettorale, con la ruvidezza che lo contraddistingue, Bucci ha dichiarato pubblicamente che non avrebbe più dato interviste ai giornalisti del quotidiano cittadino finché non fossero cambiati proprietà e direttrice. Una profezia che sembra prossima all’avveramento: subito dopo la presentazione in redazione Aponte ha incontrato Bucci.
A suggerirlo non è solo il fatto che il nuovo editore abbia incontrato personalmente uno dei due candidati in corsa per delle elezioni regionali che avranno un importante ricaduta sulla politica nazionale.
Aponte è uno dei cinquanta uomini più ricchi del mondo, alla guida della più importante compagnia di movimentazione merci al mondo. A Genova ha forti interessi, dal porto all’aeroporto. Ma le dimensioni del suo impero sono tali da suggerire che l’avventura editoriale potrebbe non fermarsi qui.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
ORA ARRIVA IL NAVIGATISSIMO ORFEO (EX DG RAI, GIÀ DIRETTORE DI TG1,TG3, “IL MATTINO”, “IL MESSAGGERO”), ADATTO AD AMMANSIRE IL RIOTTOSO CORPACCIONE DI “REPUBBLICA”,,,, ORFEO SI È MOSSO APPENA PRIMA DI ESSERE SILURATO DAL TG3, CHE ORA FINIRÀ AL M5S. CONTE È PRONTO A VOTARE LA AGNES ALLA PRESIDENZA RAI
Largo Fochetti, si cambia! L’immarscebile Mario Orfeo sarà il nuovo direttore di “Repubblica”. La notizia è stata comunicata dalla proprietà ai cdr di “Repubblica” e della “Stampa”. Maurizio Molinari resterà come collaboratore ed editorialista ma non come direttore editoriale del gruppo.
ohn Elkann lascia la presidenza del gruppo Gedi al fedelissimo Maurizio Scanavino, al cui posto, come ad, arriverà Gabriele Comuzzo.
Molinari paga il non essere riuscito a evitare i due giorni di sciopero della redazione della scorsa settimana.
A fregarlo è stata la coincidenza con l’Italian Tech Week, l’evento sull’intelligenza artificiale a cui Yaki teneva moltissimo: è lì che il nipote di Gianni Agnelli ha annunciato l’accordo con OpenAi, alla presenza di Sam Altman.
Ora arriva un uomo navigatissimo: il 58enne Mario Orfeo a “Repubblica” è stato caporedattore, poi ha diretto praticamente tutto: “il Mattino”, “il Messaggero”, Tg1, Tg3, è stato dg Rai, eccetera. È considerato adatto ad ammansire il riottoso corpaccione di “Repubblica”.
Orfeo si è mosso appena prima di essere silurato dal Tg3, che ora finirà ai 5 stelle. Conte è già pronto a votare Simona Agnes alla presidenza Rai
(da Dagoreport)
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Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
CINQUE PICCOLI AZIONISTI HANNO CHIESTO DI ESSERE AMMESSI COME PARTI CIVILI … I PM CHIEDONO IL RINVIO A GIUDIZIO PER LA MINISTRA, IL COMPAGNO DIMITRI KUNZ E LA SORELLA… LA DECISIONE DEL GUP È ATTESA ENTRO DICEMBRE
Sono cinque i piccoli azionisti che hanno chiesto, con due istanze separate, di essere parti civili all’udienza preliminare in corso a Milano davanti alla gup Anna Magelli sul caso Visibilia a che vede imputati per falso in bilancio la ministra Daniela Santanchè e altre 16 persone e tre società. Sulla richiesta dei risparmiatori, guidati da Giuseppe Zeno, promotori per altro anche di una causa civile, il giudice deciderà oggi.
Sempre per oggi è prevista la discussione dei pubblici ministeri Marina Gravina e Luigi Luzi, i quali ribadiranno la loro richiesta di rinvio a giudizio per la senatrice e i suoi computati, tra cui il compagno Dimitri Kunz e la sorella. Inoltre un ex consigliere di una delle società ha chiesto di patteggiare e una posizione è stata stralciata per un legittimo impedimento per motivi di salute. Sono state fissate udienze fino al 26 novembre.
È iniziata al settimo piano del Palazzo di Giustizia di Milano, davanti alla gup Anna Magelli, l’udienza preliminare a carico della ministra del Turismo Daniela Santanchè e di altre 16 persone, tra cui il compagno Dimitri Kunz, la sorella Fiorella Garnero e la nipote Silvia Garnero, e per tre società nel filone del procedimento per falso in bilancio sul caso Visibilia, il gruppo fondato dalla senatrice di FdI e dal quale ha dismesso cariche e quote nel 2022.
La ministra, difesa dal legale Nicolò Pelanda, non è presente in aula, mentre c’e’ Giuseppe Zeno, per i piccoli azionisti, con l’avvocato Antonio Piantadosi, che chiederanno di costituirsi parti civili e che con un procedimento civile hanno portato ad una ispezione sui conti e alla amministrazione giudiziaria di Visibila Editore spa.
Nei mesi scorsi i pm Marina Gravina e Luigi Luzi hanno inoltrato la richiesta di processo e spetterà al gup decidere sul rinvio a giudizio o meno nelle prossime udienze, probabilmente entro dicembre. Nella prima tranche sulla vicenda Visibilia, che vede imputati, per truffa aggravata all’Inps sulla cassa integrazione nel periodo Covid, Santanchè e altre due persone, tra cui Kunz, e due società, l’udienza preliminare iniziera’ il 9 ottobre davanti alla gup Tiziana Gueli.
(da agenzie)
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Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“IO CANDIDATA? NO, SAREBBE BELLO SE LO FACESSE PIER SILVIO O MARINA. FORZA ITALIA APPARTIENE A LORO CON I 90 MILIONI DI FIDEIUSSIONE. NON È DI RONZULLI, NÉ DI GASPARRI, NÉ DI SALVINI, CHE HA DISPREZZATO L’ESSERE UMANO”
Nel giorno in cui Silvio Berlusconi avrebbe compiuto 88 anni – è il 29 settembre – la sua ex fidanzata, quella Francesca Pascale che da giovanissima sbarcò ad Arcore e ci rimase per quasi 12 anni, mi apre le porte di casa sua a Roma, a pochi passi da Piazza di Spagna. È una dimora di lusso, appena ristrutturata, tutta rifinita in oro e mobili di design, come si confà a una ex (quasi) first lady che da Napoli con furore è arrivata fino alla stanza dei bottoni, che nel suo caso era la residenza di Berlusconi ad Arcore, ma anche Villa Maria, la villa in Brianza che valeva svariati milioni di euro, comprata e poi regalata a lei dall’ex premier
Siamo qui perché da quando la Pascale si è separata dalla moglie Paola Turci – è avvenuto in maniera ufficiale a luglio a 5 anni dal loro incontro – la sua presenza in tv e sui giornali è diventata sempre più ingombrante. Francesca, da sempre antiproibizionista, si fumerà anche una canna durante il nostro servizio fotografico. E, come scopriremo presto, ha anche voglia di togliersi qualche sassolino dalla scarpa.
Come ha festeggiato il compleanno di Silvio oggi?
«Ho postato un video in cui diceva “Forza Napoli”. Diceva sempre che era un napoletano nato al nord».
Tra i due la gelosa era lei.
«Gelosissima. Era tremendo (ride, ndr). Un giorno tornai a casa prima del tempo e non lo trovai solo. Mi disse: “È colpa tua, sei rientrata prima!”».
Un ricordo che le è caro di quando vivevate insieme?
«La colazione. Sul tavolo c’erano mille quotidiani e ogni mattina bisognava leggerli tutti. Lui iniziava sempre da Il Fatto. Secondo me Travaglio e il dottore alla fine si sono anche un po’ voluti bene»
Il dottore?
«Non sono mai riuscita a chiamarlo Silvio. Non so perché».
Come lo chiamava?
«Dottore. Presidente. Berlusconi».
E nell’intimità?
«Mi imbarazza dirlo. Mi faccio rossa, lo vede? Lo chiamavo amore. Mi manca. Mi manca ogni giorno».
Però quando la vostra storia finì ufficialmente con un comunicato stampa nel marzo del 2020, poco dopo fu paparazzata a baciarsi con la Turci…
«Era già da un po’ che mi avevano allontanata dal dottore. L’ho salutato nella bara. Io che gli sono stata accanto tutti quegli anni».
Chi l’ha estromessa?
«Licia Ronzulli. Lei e altri dicevano che ero un problema. Perché sostenevo i gay, parlavo a favore dei diritti civili, perché ero contraria al fatto che Forza Italia andasse nella pancia di Salvini, come invece voleva e fece poi la Ronzulli. Facevo rumore, casino, non stavo zitta. Forza Italia doveva far sentire la sua anima liberale, pensavo. Lo penso ancora».
Lei e Berlusconi parlavate di politica?
«Sempre. La mia militanza iniziò che avevo 18 anni. La Ronzulli invece la conobbi che era infermiera. Poi la ritrovai ad Arcore».
Perché Silvio non la difese?
«Era stato operato al cuore, era stanco. Forza Italia perdeva voti. La Ronzulli si insinuò, consegnò il partito a Salvini. È una persona cattiva. Ho subito delle malignità da questa donna».
Fu proprio la Ronzulli a presentare Marta Fascina a Berlusconi, che entrò ad Arcore come sua assistente.
La cosa non mi stupisce, ma della Fascina non parlo».
Parliamo del suo matrimonio con la Turci?
«Le voglio bene. Ma quando il sentimento non è reciproco, bisogna rendersene conto sennò ti fai male».
Di chi è la colpa
«Preferisco parlare dei miei errori. Quando mi sono messa con Paola non potevo vedere più il Presidente, e per me è stato un trauma. Mi sono buttata in questa relazione: abbiamo vissuto un anno a Villa Maria. Poi a Siena, in campagna, a casa mia. Poi al mare. Il matrimonio è stato bellissimo. Poi bisogna arrendersi alle evidenze. Adesso sono nella fase della libertà. Ho bisogno di capirmi, sono in analisi sul lettino».
Cosa ha capito
«Che con le donne ho più empatia, vado più d’accordo. Gli uomini o ti fanno la paternale o vogliono educarti.
Nella vita ha più tradito o è stata tradita?
«Tradita, direi. Sempre».
Ora le è venuta la voglia di impegnarsi politicamente.
«Il mio impegno c’è sempre stato. Ma è vero che adesso vorrei che il mio partito, che è Forza Italia, ritrovasse lo spirito liberale del suo fondatore e che guardasse ai diritti civili e sociali, all’eutanasia, all’aborto»
Vuole spostarlo a sinistra?
«Ma chi l’ha detto che i diritti degli omosessuali sono di sinistra? Lo stato deve garantire e rappresentare tutti i cittadini. Meloni vede l’omofobia stando al governo, vede i ragazzi in difficoltà e non fa niente. Questa è la cosa più triste».
Marina Berlusconi ha detto che si sente più vicina ai valori della sinistra. Pier Silvio pare che scenderà in campo a giugno. Vi siete messi d’accordo?
«I rapporti con Marina sono belli, ho immensa gratitudine per la famiglia, che mi ha accolta quando ero così giovane e che si è presa cura di me».
Si favoleggia di una buonuscita di 20 milioni, oltre a un milione all’anno per lei dopo la rottura con Silvio.
«Ma chi le ha messe in giro queste cifre? Mi vengono sempre rinfacciate: “Ma non ti vergogni? Che femminista sei?”. No, non mi vergogno, per Berlusconi è stato naturale prendersi cura di me dopo tutti gli anni assieme».
Torniamo a Forza Italia. Si candiderebbe?
“No. Sarebbe bello se lo facesse Pier Silvio, oppure Marina. È uguale al papà. Forza Italia del resto appartiene a loro, i 90 milioni di fideiussione della famiglia. Forza Italia non è di Ronzulli, né di Gasparri, né tantomeno di Salvini, che ha disprezzato l’essere umano, ha respinto una barca piena di disperati, donne e bambini e si dice cristiano. Pure con la cannabis light ce l’ha, e così 11 mila posti di lavoro sono a rischio. Se alla Lega ci fosse Zaia, sarebbe tutto diverso»
Chi le piacerebbe in Forza Italia?
«Vorrei che Mara Carfagna tornasse: ci ha dato la legge sullo stalking. E che tornasse anche Stefania Prestigiacomo, donna colta e liberale
Lei ha mai pensato a fare un figlio?
«Ogni tanto ci penso. Magari da sola, magari in coppia, mi piacerebbe fare delle scelte senza avere il mio Stato contro.».
(da Gente)
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Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
ELLY VUOLE L’ALLEANZA PD-M5S PERCHE’ SA CHE CON QUESTA LEGGE ELETTORALE SOLO STANDO UNITI SI VINCE… A CONTE IL CAMPO LARGO VA BENE SOLO SE E’ LUI IL PREMIER: IN EMILIA E UMBRIA FARA’ IL GIOCO DEI SOVRANISTI (COME HA FATTO IN BASILICATA)
Il famoso campo largo Giuseppe Conte l’ha storpiato in campo coeso, campo ristretto, persino campo di battaglia. Poteva mai funzionare se il disaccordo verteva persino sul nome?
Che fatica a sinistra! Fuoriclasse nel dividersi. Eterni distinguo. Campioni olimpionici di paranoie. Ricordate gli psicodrammi sulla Cosa di Occhetto? E poi l’Unione di Romano Prodi, che Bertinotti definì «poeta morente». No, vabbé. Ci si sente male. Perché passano le stagioni, cambiano gli interpreti, ma un Turigliatto pronto a sabotare il fronte democratico non manca mai.
Con la pazienza di Giobbe, Elly Schlein sta cercando da mesi di tenere unita la coalizione, mordendosi le labbra ogni volta che Conte parla. Non risponde mai, a costo di passare per noiosissima. Per il bene supremo, ché con questa legge elettorale solo stando uniti si riuscirà ad avere una chance per provare a battere i populisti.
Conte, il Jep Gambardella di Volturara Appula, vuole solo rovinare le feste. Quindi ha ordinato di estromettere i renziani dalla coalizione in Liguria, col rischio concreto di perdere, ripetendo così lo scherzetto fatto a febbraio in Basilicata, dove infatti hanno vinto gli altri.
Sia mai che il Pd si affermi nelle tre regioni al voto in autunno, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria. Pure sulla Rai ha fatto di testa sua.
La verità è che Giuseppi è come il Giufà delle favole arabe. Sul campo largo dice da anni tutto e il contrario di tutto. «È sicuramente il nostro orizzonte», annunciò il 2 novembre 2021. Venti giorni dopo aveva già cambiato idea, ribattezzandolo “campo di battaglia”. Il 19 maggio 2022, parlando alla convention dell’AdnKronos, disse che «non è in discussione il percorso comune col Pd». Due mesi dopo il voltafaccia: «Noi siamo altro dal campo largo». E già l’11 giugno 2023 definì il campo largo «una formula che non esiste». Camposanto. E ci fermiamo qui con l’elencazione
Campo largo l’ha veicolato Enrico Letta, sostiene la Treccani. In realtà è un’espressione che usavano già D’Alema, Veltroni, Franceschini. Bersani ne fece una parola d’ordine. Goffredo Bettini la utilizzò per invitare il partito ad allargarsi e intercettare «le nuove solitudini» in un intervento nella direzione Pd del 20 ottobre 2014. Dieci anni fa! Che malinconia. Perché è sempre Renzi contro Calenda. Calenda contro Conte. Riformisti contro Schlein.
Se lo indicassero candidato premier, Conte cesserebbe ogni ostilità, si capisce. Se c’è in campo un suo esponente, come Alessandra Todde in Sardegna, ripone le armi. Ma la bravissima governatrice lì ha vinto soprattutto grazie ai tanti voti del Pd.
Per il resto è il trionfo della tattica. Come a Bari quando rovesciò insulti sanguinosi sui democratici, presentando un proprio candidato. «E pensare che qui alla Camera i deputati cinquestelle sono in maggioranza per l’accordo», diceva ieri una fonte in Transatlantico.
Il che rende questa vicenda ancora più kafkiana. Forse ha ragione Dino Amenduni di Proforma: «Il campo largo è stato un’allucinazione collettiva».
(da La Repubblica)
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Ottobre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
IL PD ATTACCA: “DOVE SONO FINITE LE PROMESSE ESTIVE SULLA RISOLUZIONE DEL PRECARIATO?”
La Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver posto fine all’«uso abusivo di contratti a tempo determinato» e a condizioni discriminatorie nelle scuole. A finire nel mirino dell’esecutivo comunitario, e ora anche dei giudici di Lussemburgo, sono gli stipendi degli insegnanti che lavorano nelle scuole pubbliche italiane e sono assunti a tempo determinato. I loro contratti, spiega la Commissione europea, «non prevedono una progressione salariale» basata sugli anni di servizio. E questo, continua la nota dell’esecutivo Ue, costituisce una vera propria discriminazione rispetto a chi è assunto a tempo indeterminato.
L’abuso dei contratti a termine
La questione relativa agli insegnanti precari è solo una delle questioni su cui Bruxelles critica l’Italia. L’altra ha a che fare con «l’uso abusivo di contratti successivi di lavoro a tempo determinato» per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario delle scuole pubbliche. Lo Stato italiano è accusato di aver violato le normative europee sul lavoro a termine e la Commissione ritiene che «gli sforzi delle autorità sono stati finora insufficienti».
Sindacati all’attacco
La procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia è stata aperta dieci anni fa, ma solo oggi la Commissione europea ha deciso di procedere allo stadio successivo, ossia deferire lo Stato italiano alla Corte di giustizia Ue. Una decisione che i sindacati si aspettavano da tempo. «È evidente che dopo 25 anni dall’approvazione della direttiva, ancora oggi in Italia non si rispetta la norma europea: sono più di 400mila i docenti con più di 36 mesi di servizio che hanno subito questo abuso», commenta Marcello Pacifico, segretario del sindacato Anief. «La Commissione – aggiunge il sindacalista, interpellato dall’Ansa – chiede misure che prevengano questo abuso: per noi si tratta del doppio canale di reclutamento e deve essere introdotto il principio di non discriminazione che pretende lo stanziamento di risorse straordinarie anche in vista del nuovo contratto».
Il Pd incalza il governo
A intervenire sulla decisione della Commissione europea sono anche le opposizioni. In particolare il Partito democratico, che si dice «molto preoccupato» e invita il ministro Giuseppe Valditara a intervenire. «Nel 2017, grazie al lavoro del Pd , avevamo predisposto delle norme che avrebbero garantito di ridurre progressivamente il numero dei docenti precari, attraverso un sistema di formazione e reclutamento ben strutturato contestuale a una serie di concorsi volti alla stabilizzazione del personale. Purtroppo, per ragioni ideologiche e di bandiera, quel sistema è stato abolito dal ministro leghista Bussetti e da allora la destra non è stata in grado di elaborare alcuna proposta alternativa», ricorda Irene Manzi, responsabile nazionale scuola del Pd. La deputata dem poi aggiunge: «Dopo gli impegni solenni e le promesse estive del ministro Valditara sulla risoluzione del precariato, vorremmo conoscere le proposte del governo per affrontare un tema che anche quest’anno sta pesantemente incidendo sul buon avvio dell’anno scolastico».
(da Open)
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