Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
GUIDO CROSETTO ANNUNCIA UN ESPOSTO IN TRIBUNALE PER “VIOLAZIONE DEL SEGRETO DI CORRISPONDENZA”, DOPO LA FUGA DI NOTIZIE SUL VOTO PER LA CONSULTA E LA CONSEGUENTE INCAZZATURA DI GIORGIA MELONI (“ALLA FINE MOLLERÒ PER L’INFAMIA DI POCHI”) … NESSUNO SI FIDA PIÙ DEGLI ALTRI, NEMMENO I MEMBRI STORICI DEL PARTITO, E NELLE CHAT SCATTA IL PANICO
Cercare e punire gli “spioni”. Con un esposto alla magistratura per denunciare i compagni di partito che fanno uscire le notizie sui giornali. Ad annunciare la “vendetta” nei confronti delle “talpe” dentro Fratelli d’Italia non è un parlamentare qualsiasi, ma il ministro della Difesa Guido Crosetto.
Quest’ultimo ieri ha scritto un messaggio durissimo nella chat dei parlamentari di Fratelli d’Italia: “Siccome tanto ci ho preso la mano, lunedì farò un esposto. Perché una chat privata è privata e tale deve rimanere. E per definire come sia diventata pubblica, visto che si parla di chat che coinvolgono le istituzioni”, scrive il ministro della Difesa nel messaggio che Il Fatto pubblica in anteprima.
Tutto era iniziato nel pomeriggio di venerdì quando Meloni aveva deciso di sfogarsi coi suoi parlamentari per una fuga di notizie che riguardava la convocazione per votare il nuovo giudice della Consulta. La premier aveva scritto messaggi durissimi minacciando le dimissioni: “Io alla fine mollerò. Perché fare ’sta vita per far eleggere ’sta gente anche no. L’infamia di pochi mi costringe a non avere più rapporti con i gruppi”. Ieri Il Fatto ha riportato integralmente la conversazione, aggiungendo i messaggi di alcuni dirigenti di FdI, tra cui Crosetto, per cercare “l’infame”.
Ieri mattina alle 8.04 il ministro della Difesa allega l’articolo del nostro giornale e annuncia l’esposto: “Chiunque voglia associarsi può contattarmi in privato”. Parlamentari e dirigenti di partito – da Carolina Varchi a Sasso Deidda, passando per Wanda Ferro e Federico Mollicone – dicono che lo firmeranno.
Walter Rizzetto si permette di dire che “le chat sono qualcosa di incontrollabile”, ma Crosetto lo fulmina inoltrando un messaggio in cui spiega per quale reato vuole presentare la denuncia ai magistrati, cioè la “violazione del segreto di corrispondenza” punito con la reclusione fino a un anno. Nello specifico, scrive Crosetto, i messaggi di Whatsapp “se inoltrati al numero chiuso di persone come le chat private” devono essere “considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile”. Quindi, “chi rivela a terzi il contenuto della chat o del gruppo Whatsapp commette un reato”.
Il messaggio minaccioso di Crosetto dà l’idea del clima che si respira in FdI: il ministro vuole fare una denuncia ai pm per individuare l’autore di un reato tra i parlamentari del suo partito, con staff e collaboratori annessi. Tanto più che nella chat composta da 66 membri (è legata alla vecchia legislatura) la maggior parte sono eletti che godono dell’immunità.
Al messaggio di Crosetto si uniscono dirigenti e ministri che mettono in piedi una sorta di processo in chat, oltre a diversi insulti nei confronti del Fatto. Tra questi c’è Francesco Lollobrigida che, rispondendo a Crosetto, scrive: “Va be’, ma Gola Profonda non ha bisogno del penale, basta lo specchio al mattino”. Replica Crosetto: “Vero ma il penale aiuta”. Il capogruppo Tommaso Foti dice: “Ha ragione Guido (…). Questa è la chat storica: mai avrei pensato che l’infame si annidasse qui”.
A non essere d’accordo è il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli secondo cui bisogna “evitare di rilanciare ulteriormente la notizia e le polemiche”. Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli è duro: “Sarei felice che una volta per tutte si possa sapere chi parla a sproposito, chi consegna veline, chi colpisce a far male Giorgia.L’esposto è la svolta per chiarire chi si nasconde dietro l’infamia”.
Ieri la premier ha taciuto per evitare di rilanciare la questione ma Il Fatto può dare conto di un altro messaggio che aveva mandato giovedì, stavolta nella chat della legislatura attuale, composta da 157 membri. Qui Meloni si limita a inoltrare due articoli sulla convocazione dei parlamentari per il voto della Consulta aggiungendo un messaggio duro ma sintetico: “Meglio di qualsiasi ufficio stampa”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BOCCHINO RIESCE A FARSI RICONOSCERE
“Sei un povero deficiente… ti do uno schiaffo io e finisce la giornata”. Giovedì 3 ottobre, alla fine della presentazione del libro di Italo Bocchino Perché l’Italia è di destra. Contro le bugie della sinistra, contestata da metà dei dipendenti della Galleria e chiusasi senza la possibilità di fare domande, c’è una frase pesante che vola contro Giuseppe Pedroni, dipendente della Gnam e Rsu che rivendicava la possibilità di fare domande a chi aveva presentato il libro (oltre a Bocchino, anche Ignazio La Russa e Arianna Meloni).
A pronunciarla è una persona “invitata” come lui stesso rivendica al telefono col Fatto: Domenico Gramazio. Ex Msi – “camerata Pinguino” il suo nome di battaglia – ex senatore con Alleanza Nazionale e poi Pdl, oggi considerato l’anello di congiunzione tra la destra istituzionale di FdI e quella extraparlamentare.
Gramazio è socio dell’associazione Acca Larentia, vicina a Casapound, che anche coi soldi della Fondazione An ha acquistato l’edificio della storica sezione dell’Msi. Era anche citato nelle carte dell’inchiesta “Mondo di mezzo” (che ha visto il figlio Luca condannato in via definitiva), dove venivano cristallizzati i rapporti tra parte della sua famiglia e l’ex Nar Massimo Carminati.
Come spiega lui stesso, Gramazio era lì perché invitato dalla casa editrice di Bocchino, Solferino, “a differenza di quella persona che voleva parlare”. Gramazio al Fatto spiega: “Non so chi era, voleva parlare, nessuno interveniva, gli ho detto che doveva andare via. Poi due agenti di polizia l’hanno portato via, e devo dire che hanno fatto bene, perché sennò l’avrei schiaffeggiato – chiarisce. – Chi interrompe una pubblica manifestazione deve essere allontanato e identificato”.
L’ex Msi ribadisce: “Non poteva parlare, non era previsto il dibattito, nell’invito non c’era. Uno non può venire a casa d’altri e parlare quando non è invitato. Non devo chiedere scusa io, si deve scusare chi viene a dare fastidio a una pubblica manifestazione”.
L’uomo, che in realtà è intervenuto solo alla fine della presentazione rivendicando il diritto a porre delle domande agli ospiti, è appunto un dipendente della Galleria, uno dei 40 che due giorni prima aveva chiesto alla direttrice Cristina Mazzantini di annullare la presentazione del libro, giudicato troppo propagandistico. La direttrice ha risposto a quella richiesta comunicando i nomi dei firmatari al ministero della Cultura e ad “autorità competenti” (prefetto, questore, commissariato). Negare la possibilità di fare domande ha esacerbato gli animi: in tutte le altre – tante – presentazioni precedenti con politici, era sempre stato garantito lo spazio per gli interventi del pubblico, come sul momento ha ricordato Pedroni.
La Galleria nazionale d’arte moderna, già nella bufera per una mostra sul Futurismo organizzata senza comitato scientifico (l’apertura è stata rinviata dal 30 ottobre al 2 dicembre) sul momento non ha condannato il comportamento di Gramazio.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
“AMADEUS? PER GLI ASCOLTI CI VUOLE TEMPO”
«La rivincita sarebbe un sentimento legittimo, ma a una certa età si impara a non cadere in queste trappole. Qui si respira un’aria di ritrovata leggerezza di cui avevo bisogno». Fabio Fazio non parla di rivincita nell’intervista al Corriere della Sera a poche ore dalla prima puntata della seconda stagione di Che Tempo Che Fa traslocato dalla Rai al Nove lo scorso anno. Per la rete che lo ha accolto a braccia aperte però solo parole al miele: «Qui mi sento più libero, in Rai mi sono toccate transumanze da una rete all’altra con infinite polemiche, ho vissuto momenti non facili, in cui ci si trova da soli. Ora finalmente posso pensare non a quello che c’è intorno, ma a fare al meglio il programma, una cosa che avevo dimenticato». D’altra parte ha chiuso la prima stagione con una media di oltre 2 milioni di spettatori e il 10,5% di share, un successo che non era scontato e che certifica il legame con il suo pubblico che lo ha seguito fino al canale Nove. Della sua esperienza quarantennale in Rai gli rimane l’attitudine a fare televisione pubblica, di servizio: «È un modo di essere, non cambia a seconda del luogo dove vai». Oltre ai compagni di avventura, come Luciana Littizzetto, con cui prosegue il legame artistico: «Per lei ho un’ammirazione assoluta, è una donna coraggiosissima e molto forte».
I risultati deludenti di Amadeus
Anche Amadeus ha lasciato la Rai per Discovery dopo quasi 25 anni sulla tv pubblica, ma i risultati finora non sono entusiasmanti. Fazio difende il lavoro del collega e nell’intervista di Renato Franco spiega qual è la differenza tra i due: «Ci vuole tempo, la tv è innanzitutto abitudine. Costruire l’abitudine su una rete che non ha mai avuto un game non è immediato, la tv non è trasferimento di pezzi da una parte all’altra, è la costruzione di un racconto. Dategli tempo, la tv non è per niente facile». Poi aggiunge: «Ci sentiamo spesso, parliamo soprattutto di figli. Per il resto lo vedo tranquillo, l’ho sentito molto più triste per il derby perso dall’Inter che per gli ascolti».
(da Open)
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Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
L’EX PREMIER CHE HA DISERTATO L’EVENTO DEL PD CONTRO L’AUTONOMIA, NON VUOLE ESSERE ACCUSATO DI AVER INFLUITO CON IL SUO “CONGRESSO” NELLE PROBABILI SCONFITTE. MA COSÌ, PERMETTE A GRILLO DI LOGORARLO PIÙ A LUNGO
Giuseppe Conte si ritiene offeso e non si fa vedere accanto a Elly Schlein, nel sabato in cui tutte le opposizioni fanno quadrato contro l’autonomia differenziata, a Roma. A separarli è ancora l’uomo a cui a naso non dispiace farlo, Matteo Renzi, che alla sala congressi invia Maria Elena Boschi. Ma ad alimentare la distanza c’è anche l’esigenza dell’avvocato di non sembrare “un cespuglio del Pd” in vista dell’assemblea costituente dei 5 Stelle.
Evento che ora Conte medita di far slittare ulteriormente a fine novembre – la nuova data ufficiosa era attorno al 9 novembre –, cioè dopo il voto in Emilia-Romagna e Umbria, così da schivare l’accusa di aver inciso con il simil-congresso su eventuali sconfitte elettorali.
Anche se allungare i tempi può alimentare la guerriglia di Beppe Grillo, che ieri ha punto anche il veterano Roberto Fico. “Guardare indietro per andare avanti” inizia il suo post, che riprende il tweet del giorno prima di Fico. Segue sarcasmo: “Proponiamo alla comunità dei cristiani un processo democratico per la revisione dei dieci comandamenti. Può votare solo chi si è registrato il 15 settembre alle 23.50”.
Ma i 5 Stelle devono pensare anche alle Regionali. Giorni fa l’avvocato ha giurato che non presenterà mai il simbolo del Movimento accanto a quello di Italia Viva, ma in Emilia-Romagna si tratta ancora per scongiurare la rottura. La speranza dei 5 Stelle – e di buona parte del Pd – è che Renzi non abbia abbastanza nomi e forza per presentare una propria lista. Ergo, che accetti di mettere solo alcuni nomi in una civica
Schlein invece schiva l’argomento. Al fattoquotidiano.it che le chiede dell’assenza dell’avvocato, la segretaria dem risponde parlando d’altro, ossia “della grande mobilitazione contro l’autonomia. Però la 5 Stelle Alessandra Maiorino, presente proprio al posto di Conte, rilancia: “Una derenzizzazione farebbe bene anche al Pd”.
(da Fatto quotidiano)
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Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
“VADO AVANTI, SARÒ QUI ANCORA A LUNGO”…A SALVARLA, IL COSIDDETTO “LODO SALVINI”: SE IL LEGHISTA SARÀ CONDANNATO PER LA OPEN ARMS E NON LASCERÀ, PERCHÉ DOVREBBE FARLO LEI PER UN PROCESSO ANCORA DA AFFRONTARE? LA MELONI, PUR TRA L’IMBARAZZO, SI EVITEREBBE IL TERZO CAMBIO DI MINISTRI
Dribblato un vassoio di cassatelle di Agira, profferta gastronomica dei meloniani dell’Ennese, «perché io a ottobre non mangio mai, voglio restare magra», Daniela Santanchè fa capire che non ha alcuna intenzione di liberare la scrivania, se fra pochi giorni, l’11 ottobre, sarà rinviata a giudizio per truffa ai danni dell’Inps.
La ministra del Turismo è a Brucoli, nel Siracusano, per partecipare alla tre giorni di assemblea dei parlamentari di FdI. Era l’ospite d’onore, anche perché il titolo della kermesse strizza l’occhio alla sua delega, “Italia, le radici della bellezza”. Ma i Fratelli l’aspettavano per capire cosa abbia in testa, se si arriverà al patatrac giudiziario.
Fino a un paio di settimane fa a via della Scrofa come nei corridoi del governo circolava la stessa linea, attribuita da più fonti alla premier Giorgia Meloni: se sarà rinviata a giudizio, lascerà. Invece qualcosa pare cambiato, perché a domanda diretta sulle dimissioni in caso di processo, Santanchè coi microfoni sotto al naso scandisce: «Vado avanti».
Non ripete più formule di rito già spese in questi mesi tribolati e cioè che non prende nemmeno in considerazione un verdetto sfavorevole del Gup, perché «fiduciosa nella giustizia». Santanché dice così: «Non ho nessun tipo di reato attinente la mia attività politica. Sono tranquilla, vado avanti, mi troverete ancora a lungo con voi. Non c’è problema, mi troverete qui fino alla fine».
L’ex ministro Sangiuliano, si è dimesso per molto meno. «E quindi, cosa c’entra?», risponde la “Santa” di FdI, determinatissima a restare dov’è, coi galloni ministeriali appuntati sulle camicie animalier.
Il resto dello stato maggiore di FdI, sull’argomento dimissioni, resta con la bocca cucita. Però a microfoni spenti, c’è chi ammette che un cambio d’impostazione potrebbe esserci. Che se il rinvio a giudizio arrivasse davvero, il finale del film potrebbe non essere già scritto.
Chi asseconda questa narrazione, lo fa accompagnandola a un esempio: il processo Open Arms contro Matteo Salvini. Il vicepremier leghista, per cui i pm hanno chiesto 6 anni di reclusione per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio, ha già ripetuto più volte che se venisse condannato non lascerebbe l’incarico al Mit. Almeno fino alla Cassazione, quindi campa cavallo. FdI, insieme a Forza Italia, ha immediatamente espresso solidarietà. E allora è il “lodo Salvini” che potrebbe salvare Santanché.
«Perché se non si dimette lui, da condannato per i suoi atti politici, perché dovrebbe farlo Daniela per un processo ancora da affrontare? », ragiona un esponente di peso della fiamma.
Santanché è blindata dall’amicizia con Ignazio La Russa. Soprattutto, se restasse al suo posto, la premier potrebbe evitare di avvicendare tre ministri in pochi mesi, visto l’addio imprevisto di Sangiuliano e quello a stretto giro di Raffaele Fitto
(da la Repubblica)
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Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
UN VERO IMPRENDITORE CHE HA SAPUTO CONIUGARE CAPACITA’ INDUSTRIALE, DIRITTI DEI LAVORATORI E SENSO DELLO STATO
Con Francesco Merloni se ne è andato l’ultimo di coloro che hanno fatto la ricostruzione del Paese non solo col lavoro delle proprie industrie, con la loro tenacia di imprenditori, ma sulla base del pilastro della solidarietà. Merloni non concepiva sviluppo se non nel quadro di uno Stato nel senso che la nostra Costituzione delinea: uno Stato responsabile nel rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono una reale, non formale libertà. I grandi industriali, per Francesco Merloni, non erano tenuti soltanto a sostenere una tale strategia politica, a sollecitare lo Stato in questo senso, ma dovevano aiutarlo fattivamente a realizzarla, esigendola anzitutto da se stessi, dalle loro stesse azioni, nella contrattazione sindacale, in materia fiscale, nelle opere pubbliche di interesse generale.
La stagione neo-liberista ha spazzato via questa cultura – perfino in vasti settori della fu-sinistra! Francesco ne soffriva e ha lottato fin quando ha potuto per contrastare questa debacle. Tutte le volte che ci siamo incontrati – poche, ma per me assolutamente significative – dopo esserci conosciuti alla fine degli anni ’70 come deputati (e lui, più tardi, ministro e presidente di Confindustria) ci interrogavamo sulle cause di questa sconfitta e se fosse possibile un contraccolpo… Francesco non era cambiato. Era lo stesso imprenditore serio, colto, responsabile, che avevo conosciuto mezzo secolo prima. Un grande borghese, vorrei dire. Ora il genere non esiste più; è scomparso come è scomparsa la «classe operaia». Ora comprendiamo che il loro conflitto era storicamente coincidentia oppositorum! Ciò che ne è seguito è solo appetito egoistico, è solo moltitudine mediocre rappresentata da demagoghi. Verso dove ci guidano dovrebbe risultare chiaro dalle tragedie che stiamo vivendo.
(da lastampa.it)
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Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
CHE BELLA IMMAGINE: SUL PALCO UNITI UN CRIMINALE E UN COCAINOMANE
Show di Donald Trump e Elon Musk in Pennsylvania, in quella Butler dove il 13 luglio Thomas Crooks cercò di uccidere l’ex presidente. Fra imponenti misure di sicurezza, Trump sale sul palco e ricorda il “mostro feroce” che ha aperto il fuoco, ferito all’orecchio Trump e ucciso l’ex pompiere Corey Comperatore, deceduto per salvare la sua famiglia seduta in prima fila.
“Torno a Butler con un messaggio semplice per la Pennsylvania e l’America”: il nostro movimento “è più che mai vicino alla vittoria”, ha detto l’ex presidente chiedendo al pubblico di osservare un minuto di silenzio in onore di Comperatore. Poi ha ripreso la parola e si è scagliato contro i democratici.
“Negli ultimi otto anni coloro che volevano fermarci, mi hanno accusato, incriminato e cercato di cacciarmi dalle urne e, chissà, forse anche cercato di uccidermi. Ma io non mi fermo e non fermerò”, ha assicurato.
“Meritate un Paese che vi difenda e che sia rispettato come lo era quattro anni fa. Ora ci ridono dietro”, ha quindi aggiunto l’ex presidente lodando il suo vice JD Vance. “Avete visto quanto è stato bravo al dibattito” contro Tim Walz?, ha chiesto Trump ai presenti.
L’ex presidente ha poi invitato sul palco Elon Musk. Maglietta nera ‘Occupy Mars’, cappellino con visiera nero e giacca nera – “sono un Dark Maga”, ha scherzato -, il miliardario si è detto onorato di partecipare all’evento.
(da agenzie)
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Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
KAMALA HARRIS MANTIENE IL VANTAGGIO DI TRE PUNTI IN TERMINI DI PERCENTUALE ASSOLUTA MA CONTANO GLI STATI CHIAVE… MICHIGAN, NEVADA E WISCONSIS VERSO KAMALA, PENNSYLVANIA ALLA PARI. TRUMP IN LEGGERO VANTAGGIO IN GEORGIA, ARIZONA E NORD CAROLINA… NEL GRADIMENTO PERSONALE HARRIS BATTE TRUMP 47 A 43 E WALTZ BATTE VANCE 40 A 35
Manca un mese al voto statunitense. Harris mantiene in termini percentuali un vantaggio lieve a livello nazionale, che non le consente di ottenere un chiaro status di “favorita” nell’avvicinamento a novembre.
Infatti, da un lato Trump ha dimostrato di essere in grado di mobilitare l’elettorato repubblicano, raggiungendo sempre risultati superiori (spesso inattesi) rispetto ai sondaggi, dall’altro gli stati chiave in questa elezione hanno un orientamento più conservatore in confronto alla media nazionale: i circa tre punti che separano Harris da Trump (2.7 secondo FiveThirtyEight, 3.4 per Nate Silver) non le garantiscono quindi una maggioranza sicura dei voti elettorali, decisivi per diventare Presidente.
La situazione nei cosiddetti swing states è estremamente equilibrata. Michigan e Wisconsin, pur mantenendosi in bilico, sembrano sorridere maggiormente alla candidata democratica, tuttavia, sempre rimanendo nella rust belt, la Pennsylvania si conferma sempre più il vero stato chiave di questo voto, e probabilmente chi prevarrà in questo stato, lo farà per pochissimi voti, come già accadde nelle ultime due tornate elettorali.
A ovest, il Nevada vede avanti di poco Harris, mentre nel Sud i sondaggi attribuiscono a Trump un leggero vantaggio in Georgia, in Arizona e in Nord Carolina, dove la candidata democratica mantiene comunque fiducia riguardo a una eventuale rimonta.
Il successo nell’unico dibattito presidenziale fino ad ora tenutosi (e destinato verosimilmente a rimanere l’unico) aveva portato Harris a staccare Trump di diversi punti ma questo effetto di rimbalzo si è già oramai esaurito, rilanciando il candidato conservatore, che sogna di fare il pieno al sud e di strappare ai democratici la decisiva Pennsylvania, come già fece nel 2016.
Eppure, se guardassimo il solo gradimento personale dei candidati e dei loro numeri due, non ci sarebbe partita: secondo FiveThirtyEight, il 47% degli americani ha un’opinione positiva di Harris, contro il 46% che ne ha un’idea negativa; sul fronte opposto, solo un 43% apprezza Donald Trump, contro il 52,5% di giudizi negativi su di lui.
I loro candidati alla Vice Presidenza mostrano un trend simile: i giudizi per Waltz sono decisamente buoni, è apprezzato da più del 40% degli americani, mentre lo boccia il 36%, quando invece JD Vance ottiene un 35% di giudizi positivi e un 45% di bocciature.
Ciò che dà forza a Trump e che lo mantiene competitivo fino all’ultimo in questo decisivo testa a testa nonostante il gradimento personale assai problematico è la sua maggiore credibilità su tre temi fondamentali per gli americani: l’immigrazione, la sicurezza e l’economia.
Harris, dal canto suo, fornisce maggiori garanzie alla middle class relativamente al “lottare per difendere le persone come noi”, e viene percepita come più forte sulla tutela dei valori democratici e soprattutto sul tema dell’aborto
(da agenzie)
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Ottobre 6th, 2024 Riccardo Fucile
LE RAGIONI DIETRO ALLA SCONFITTA DELL’IMBARCAZIONE ITALIANA, TRA PREVISIONI METEO SBALLATE, ROTTURE INASPETTATE E FATTORE UMANO
La Coppa America è un gioco complicato in cui entrano in campo fattori molto diversi, il design degli scafi, la tecnologia, la meteorologia, il management, l’equipaggio, gli allenatori, la squadra a terra, la logistica. Ma è anche un gioco psicologico difficile e duro.
Può succedere di avere una barca veloce e le migliori vele, come in questa 37ª Coppa di Barcellona è successo agli italiani e di non riuscire nemmeno a conquistare la Louis Vuitton Cup
Bisogna anche considerare che le regate di selezione da disputare per arrivare a essere lo sfidante ufficiale sono il primo momento di incontro tra imbarcazioni che possono essere molto diverse. Molti degli AC75 impegnati erano addirittura stati varati poche settimane prima di essere imbarcati per Barcellona. Questo vuol dire che un equipaggio ha davvero poco tempo per imparare a far funzionare al meglio la sua barca.
Inoltre, è molto più facile imparare ad usare al meglio barche dalle linee più «normali», come Luna Rossa o Alinghi, mentre disegni più «difficili» come American Magic o Ineos Britannia, a cui hanno lavorato team di designer della Formula 1, richiedono un periodo maggiore per l’apprendimento.
Quindi i pessimi risultati iniziali di Ineos sono imputabili a una barca difficile che l’equipaggio si è impegnato a fondo a conoscere e migliorare. E questo ha permesso di raggiungere performance che non ci aspettavamo. Gli inglesi erano stati molto accorti a non far trapelare una notizia interessante. Due mesi prima dell’inizio delle regate, Dylan Fletcher (36 anni, oro a Tokyo nei 49er) aveva cominciato ad allenarsi al ruolo di 2° timoniere mentre come titolare era stato presentato Giles Scott. Dylan è 20 kg più leggero di Giles, e su scafi così tirati questo conta. Il team non lo ha comunicato che il 21 agosto, il giorno in cui sono iniziate le regate preliminari.
Non si è ancora ben capito se Ineos sia uno scafo più adatto a venti leggeri o a venti forti con molta onda. Nelle due regate del giorno 2 ottobre, corse con vento teso e mare formato a onda incrociata, si è potuta vedere la capacità dello scafo inglese in questa situazione.
Il fatto di essere partiti così male nelle prime regate è stato un grande stimolo per l’equipaggio di Ineos, che si è sentito ancora più motivato e coeso mentre una serie di regate tutte vincenti non è stata la cosa migliore che potesse capitare ai nostri, che non si sono temprati.
Ben Ainslie dopo queste gare perse arrivava alla mixed zone molto arrabbiato anche perché è uno abituato a dare il massimo e, se la barca non era adatta ai venti leggeri, Ainslie coi suoi 47 anni ha mostrato l’esperienza di un grande velista (4 ori olimpici) proprio nelle condizioni di vento leggero, chiazzato e variabile: vedeva il vento, partiva in modo aggressivo (anche a costo di qualche penalità), sceglieva il lato giusto e coprendo l’avversario.
È necessario rilevare che a bordo di Ineos il ruolo di trimmer è stato coperto da due velisti che sono stati con Ben anche nelle due precedenti edizioni della Coppa: alla dritta Bleddy Mon, 31 anni, e alla sinistra Leigh McMillan, 44 anni. Entrambi hanno dimostrato una grande abilità nel ruolo di controllori del volo e, dalla prima regata all’ultima, la barca ha acquisito la stabilità che Luna Rossa aveva già all’inizio.
Questa Vuitton Cup di Luna Rossa è stata purtroppo condizionata dalle rotture a bordo e da errori nella scelta della vela di prua mentre su Ineos nulla è stato rotto e non si sono viste vele di prua inadeguate al vento.
Viene da chiedersi chi abbia dato previsioni meteo non corrette al team di Luna Rossa, che si è trovato con un fiocco da vento forte, quando il vento addirittura era in calando (vedi prima regata del 2 ottobre), quindi un fiocco che non aveva abbastanza potenza per superare l’avversario di bolina e che non permetteva di raggiungere la massima velocità in poppa. Molti dubbi rimangono sull’attendibilità delle previsioni meteo di cui il team disponeva. Non si può prevedere vento ben superiore ai 20 nodi e poi averne 17.
Per quanto riguarda le rotture, il primo problema non aveva fermato Luna Rossa. L’incepparsi del meccanismo di movimento dell’ala era dovuto a un pezzo e al software fornito a tutti i team dai neozelandesi. Mentre quella della rotaia della randa fa pensare ad alcune possibili cause: il pezzo difettoso, una non corretta manutenzione preventiva o un design estremo che non ha valutato correttamente le forze in gioco in quel punto.
Quella delle stecche della randa, che ci ha fatto perdere una regata, nasce forse da una causa banale. Il 29 settembre con vento e mare incrociato, mente si era in attesa che venisse dato il via, Luna Rossa è rimasta ferma di fianco alla barca appoggio, l’andamento continuo e convulso del mare si è trasferito alla barca e all’albero provocando movimenti anomali della randa.
La rottura in coperta del 2 ottobre dopo un nose diving disastroso è stata invece causata da un errore di manovra del braccio del foil. In quell’occasione l’equipaggio ha dimostrato una grande abilità ad intervenire nell’emergenza ma una regata è stata comunque persa. Chi vincerà la Coppa dovrà comunque intervenire sul Protocollo e sul regolamento.
(da Il Corriere della Sera)
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