Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
OLTRE META’ DELLE DICHIARAZIONI NON SONO VERE MA VENGONO AMPLIFICATE DAI MEDIA SENZA VERIFICA
Imprecisa o inattendibile una volta su due, anzi, ancora di più. Pagella Politica ha ripercorso i due anni di governo e sentenzia che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha rilasciato dichiarazioni “poco o per nulla attendibili” in più della metà dei casi analizzati dal sito di fact-checking.
Su un campione di oltre 100 affermazioni pubbliche, il 61% è stato etichettato come fuorviante o non rispondente alla realtà.
Il dato non scritto che impressiona è che le dichiarazioni della premier sono state comunque con leggerezza amplificate dai media e la sua proverbiale ritrosia al confronto con i giornalisti ha impedito una reale verifica delle sue parole.
Promesse sul lavoro: dati o illusione?
Un esempio frequente di incongruenze riguarda le dichiarazioni sul lavoro. Meloni ha dichiarato più volte che l’Italia sta vivendo un boom occupazionale grazie alle sue politiche, definendo l’attuale livello di occupazione un “record storico”.
Tuttavia, l’Istat indica che, pur in presenza di un aumento occupazionale, questo non è un record assoluto, né è attribuibile in modo esclusivo al suo governo. L’analisi di Pagella Politica smentisce dunque un quadro di crescita eccezionale, evidenziando che l’incremento è limitato e riflette tendenze economiche già in corso.
L’immigrazione è il tema su cui Meloni ha commesso più errori, con un 58% di informazioni non attendibili. Ad esempio, ha ripetutamente affermato che l’Italia sta affrontando un afflusso “senza precedenti” di migranti, suggerendo che le misure attuali non bastino per contenere l’emergenza. Tuttavia, Pagella Politica dimostra che, pur esistendo picchi locali, i numeri non mostrano un fenomeno anomalo rispetto ai flussi degli anni precedenti. Numerosi errori anche sulle interpretazioni delle leggi internazionali, smentite dai giudici.
Meloni tra energia e realtà distorte
La gestione della crisi energetica rappresenta un altro ambito controverso. Meloni ha più volte dichiarato che grazie alla sua azione politica i costi per i cittadini sarebbero diminuiti in modo significativo. Nonostante i tentativi del governo di contenere le bollette, il risparmio per le famiglie italiane è stato inferiore rispetto alle previsioni. I dati sui costi energetici, incrociati con le politiche attuate, mostrano infatti solo un leggero calo dei prezzi, non sufficiente a giustificare le dichiarazioni più ottimistiche rilasciate dalla premier. Molto più del governo in questo ambito ha fatto l’uscita dalla crisi energetica vissuta all’inizio dell’invasione russa in Ucraina.
Pagella Politica ha diviso le 402 dichiarazioni verificate della presidente del Consiglio sulla base di tre giudizi: le dichiarazioni “attendibili”, quelle “imprecise” e quelle “poco o per nulla attendibili”. Le dichiarazioni “attendibili” sono quelle corrette o con lievi omissioni; le dichiarazioni “imprecise” sono quelle in cui Meloni ha commesso alcuni errori o ha omesso alcuni dettagli importanti; le dichiarazioni “poco o per nulla attendibili” sono quelle quasi o del tutto scorrette.
Fact-checking alla mano, le dichiarazioni “attendibili” sono state 157 (il 39 per cento sul totale), le dichiarazioni “imprecise” 102 (il 25,4 per cento), le dichiarazioni “poco o per nulla attendibili” 143 (il 35,6 per cento). Insomma, oltre metà delle dichiarazioni di Meloni tra quelle verificate nei suoi primi due anni di governo è risultata imprecisa o poco o per nulla attendibile.
Il dato del 61% di dichiarazioni inattendibili o imprecise fornisce un bilancio significativo dei primi due anni di governo Meloni. La rilevazione di Pagella Politica indica che l’imprecisione non è un fenomeno isolato o circoscritto ma una tendenza ricorrente, con impatti tangibili sulla percezione del pubblico. Forse anche una vera e propria strategia di governo. Per questo servirebbero più confronti con i giornalisti.
(da lanotiziagiornale.it)
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Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
LA RIVELAZIONE DI ALEX FIUMARA, IL PAPARAZZO AUTORE DELLE FOTO-SCOOP A SANREMO: ‘MI CHIAMA UNA DONNA CON ACCENTO ROMANO E MI DICE CHE IL MINISTRO SANGIULIANO HA L’AMANTE, È DENTRO IL MINISTERO E STA METTENDO IN DIFFICOLTÀ MOLTE PERSONE. NOI ABBIAMO PROVATO A FERMARLA IN TUTTI I MODI”
Cosa legava Gennaro Sangiuliano a Maria Rosaria Boccia? Cosa dice la donna negli audio, del tutto inediti, sulla loro presunta relazione? A ricostruire l’intera vicenda è Alessandro Sortino, nel servizio de “Le Iene” in onda stasera, domenica 3 novembre, in prima serata, su Italia 1, con una serie di esclusive.
Sangiuliano ha confessato in tv di avere avuto una relazione con Maria Rosaria Boccia ma, negli audio esclusivi in possesso della trasmissione di Italia 1, la donna nega di aver avuto col ministro una vera e propria intimità. Parlando con Pasquale Aliberti, il sindaco di Scafati, la cittadina che confina con Pompei, la Boccia è un fiume in piena. Prima gli dice: «Guarda, non c’è stato neanche un bacio tra me e il ministro.». Poi, aggiunge: «Ti dico una cosa, domani escono delle foto su Oggi, te le posso anticipare dove Oggi dice che è uno scoop, no? Dove, in nessuna foto ci baciamo, ci abbracciamo, io ho dei fogli in mano del lavoro, lui va avanti e io vado dietro come si fa sempre con i ministri.». Non solo la donna nega l’esistenza di una relazione, rivendica di non essere stata lei a parlarne, anzi si sente vittima di una indebita violazione della sua privacy. E sembra che abbia tenuto il punto anche nelle sue conversazioni col sindaco.
Aliberti racconta a Sortino: «Io non faccio nessuna domanda, è lei che mi dice esplicitamente che non ha avuto nessuna relazione col ministro Sangiuliano. Ma, dico, non vi siete neanche baciati?». La Boccia gli risponde: «No. Lui come prova che abbiamo avuto una storia? Abbiamo dormito insieme? Me lo dimostri.».
La donna continua: «Secondo te, ci fosse stato una sola foto, una compromettente, non sarebbe già uscita? È uscita quella sulla piscina…E te l’ho detto, non eravamo fidanzati, perché ti devo portare fuori pista?». «E vi siete mai dati un bacio?». Le chiede il sindaco. «No», risponde lei. «Quindi non sei stata mai fidanzata con questo?», rincara lui ma la Boccia risponde di no anche questa volta.
E aggiunge: «…Perché io con il mio fidanzato non mi mando solo il bacetto, perché io con un uomo con cui ho una relazione mi mando messaggi tipo sto andando qua, sto andando là, gli potrei anche mandare qualche messaggio piccante, potrei fare quel che ca**o voglio e noi ci siamo mandati solo alcuni messaggini, cuoricini, eccetera. Lui non mi ha mai chiamata amante e non mi ha mai detto abbiamo una relazione. Io, punto per punto, ogni giorno, ho smentito quello che lui ha detto. Lui sa benissimo che io ho le prove di tutto. Io potrei dire veramente tantissime cose e io gliel’ho detto a lui: “io non le dico però tu mi devi chiedere scusa perché mi hai buttato in una situazione non vera”.»
Infine, conclude la donna: «Ascolta bene queste parole che ho detto fin troppo.».
Boccia annuncia sui social di aver ricevuto una nomina nel momento in cui ha capito che l’iter di quella nomina non si sarebbe perfezionato, ma è anche vero che quel l’iter era stato davvero avviato e che risulta che quel ruolo, nei fatti, lei lo avesse davvero svolto, come testimoniato anche da uomini delle istituzioni, come il sindaco di Pompei, Carmine Lo Sapio: «(Sangiuliano, ndr.) Sempre lui è venuto insieme ad uno staff di persone, tra i quali la Boccia.», Sortino chiede se lei fosse nello staff: «Nello staff, sì», risponde.
Ricapitolando i fatti: il 16 luglio i due si trovano a Sanremo, dove il ministro è stato invitato per un convegno. A Sanremo ci sono anche due “paparazzi” che lo attendono, Max Scarfone e Alex Fiumara, autore delle prime foto che ritraevano Sangiuliano e la Boccia e che hanno dato vita allo scoop politico dell’estate.
Ma perché il 16 luglio Fiumara e Scarfone erano a Sanremo per seguire un anonimo convegno di un ministro? Il fotografo lo racconta, per la prima volta, all’inviato del programma: «Al 6 luglio ricevo una chiamata anonima dove la voce di una persona con forte accento romano mi fa: “Ti devo dare uno scoop enorme, pazzesco. Farai i soldi.” Pensavo fosse uno scherzo. Fa: “Guarda, a giorni ti chiamo, tieniti pronto perché ti faccio svoltare”. E mette giù.»
Due giorni dopo questa telefonata anonima ne arriva un’altra, è l’8 luglio. Fiumara racconta: «Sempre con chiamata anonima, una donna con accento romano: “Senti, prendi nota perché t’ha chiamato un mio collega per darti una notizia e senti le indicazioni che serviranno per fare questo servizio.” Mi dice: “senti, il ministro Sangiuliano ha l’amante.” E io rido. Rido perché non lo vedo uno che tradisce la moglie, è un buono, è bello carino… non me lo immagino!».
Stavolta le fonti fanno dei nomi: il ministro Sangiuliano avrebbe un amante. Non solo, questa amante avrebbe assunto un ruolo nelle stanze del Ministero che darebbe fastidio a qualcuno. Il paparazzo prosegue con il racconto: «Mi dice: “Guarda, la sua amante è una donna che è dentro il Ministero dove lui lavora, che sta mettendo in difficoltà molte persone perché fa come vuole all’interno degli uffici. Noi abbiamo provato a fermarla in tutti i modi, non c’è verso, adesso la diamo in pasto alla stampa, così vediamo se si ferma.”».
Ascoltando queste parole Sortino gli chiede se la sua impressione è che ci fosse qualcuno del ministero dietro questa telefonata. «Assolutamente sì», risponde Fiumara, aggiungendo anche altri dettagli della telefonata che riceve: «Questa situazione sta mettendo in difficoltà anche gli uomini della scorta».
Fiumara è perplesso. Spiega che Sangiuliano non è un nome che “tira” al contrario di altri, ma la chiamata anonima gli ha dato anche una dritta: «“Verranno a Sanremo insieme, te li troverai belli belli in vacanza perché devono fare una presentazione di un libro presso il Teatro del Casinò di Sanremo”.».
Sul profilo Instagram di Maria Rosaria Boccia ci sono parecchie foto con il ministro, ma in una Fiumara riconosce l’hotel di Sanremo dove la foto è scattata, quindi parte verso la città ligure, accompagnato dal suo collega, con lo scopo di immortalare la coppia. Nel primo hotel i fotografi non trovano nessuno, allora si appostano di fronte al casinò dove Sangiuliano dovrà presentare il libro. È lì che i due vengono fotografati per la prima volta. Fiumara dice: «Qui è l’arrivo, quindi prima impallinata, lei ha la cartellina a fianco a lui.».
L’occhio esperto dei fotografi nota che manca la fede nonostante il ministro sia sposato: «A un certo punto Max (Scarfone, ndr.) mi fa: “Anvedi non c’ha la fede”. Avevamo visto che aveva fatto un evento a Riva Ligure e lì la fede ce l’aveva. Max mi dice: “Questa è la prova del nove, sono insieme”.».
Sangiuliano e Boccia si dirigono poi in un hotel dove risulta che dispongono di due camere separate, per i paparazzi un buco nell’acqua. E infatti Fiumara racconta: «Il servizio così non valeva niente. Torniamo davanti all’albergo e ci mettiamo a vedere loro che escono.». Sono le 07:30 del mattino del 17 luglio. Fiumara conclude: «Questa è la prima mia foto del mattino, si nota il trolley. Lei completamente struccata. Un evidente vistoso graffio sulla testa del ministro, è successo qualcosa per forza, perché noi lo accompagniamo in albergo sano e mi esce bollato, fino quasi all’occhio.».
Subito dopo l’incidente il ministro corre in bagno, sta sanguinando, ma è abbastanza lucido da scattarsi delle foto con lo smartphone che ha la cover del ministero della cultura. Oltre alla ferita sanguinante sulla fronte, si nota anche del sangue sulla guancia sinistra, dei segni che sembrano graffi sul lato destro del collo, e del sangue sulle dita della mano destra. Poi, in basso, l’estremità di una borsetta femminile.
Gli autoscatti sono quattro, tutti a testimoniare la ferita di Sangiuliano, prodotti nella notte tra il 16 e il 17 luglio. A completare la storia della ferita, ci sono le foto scattate dal paparazzo Alex Fiumara il 17 mattina alle 7,30, la prima volta che il ministro appare in pubblico con un segno in testa. Poi le foto con la ferita in evidenza apparse su Report e poi riprese da giornali e siti con su scritto “prima” e “dopo”.
(da Le Iene)
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Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
TRA POCO PIÙ DI 40 GIORNI, SCADRANNO ALTRI TRE GIUDICI. PER QUESTO, LA DUCETTA HA DATO MANDATO AI SUOI DI TRATTARE SULLO SCHEMA PROPOSTO DA ELLY SCHLEIN: DUE POLTRONE AL CENTRODESTRA, UNA ALL’OPPOSIZIONE E UNA A UN TECNICO (IN POLE L’EX SOTTOSEGRETARIO DI DRAGHI, ROBERTO GAROFOLI)
Meloni sarebbe pronta ad accettare l’accordo proposto da Schlein per sbloccare le nomine dei giudici costituzionali, finite nel pantano dello scontro politico e dei veti parlamentari.
Tra poco più di quaranta giorni la Consulta perderà altri tre giudici per fine mandato. Uno di loro è il presidente, Augusto Barbera. In tutto – contando Silvana Sciarra, che ha concluso il suo incarico a fine 2023 – saranno quattro a lasciare la Corte.
E le Camere rischiano di arrivare a quella data frammentate e incapaci di scegliere i successori. Con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che potrebbe essere costretto a intervenire di nuovo, e che ha già informalmente fatto arrivare alla premier e ai leader dei partiti la preoccupazione per uno stallo istituzionale che si sta irresponsabilmente trascinando da troppo tempo.
Meloni ha insistito fino a che ha potuto, tentando un blitz per scardinare i numeri dell’elezione in seduta congiunta di deputati e senatori, e promuovere alla Corte il suo consigliere giuridico, Francesco Saverio Merini, una delle menti del premierato. L’Aventino delle opposizioni, uscite dall’Aula al momento del voto, ha sabotato questo tentativo e spinto Meloni a cambiare strategia.
I numeri non danno grandi speranze. E la strada, di fatto, diventa obbligata: la maggioranza deve accettare un compromesso con gli avversari. Meloni ha dato mandato agli uomini al vertice di Fratelli d’Italia di trattare sullo schema che propone Schlein e che prevede due giudici costituzionali – e non più tre – indicati dal centrodestra, uno dall’opposizione, e un “tecnico”, non affiliabile ad alcun partito.
Per quest’ultimo, secondo un’ipotesi anticipata ieri da Il Messaggero, la scelta potrebbe cadere su Roberto Garofoli, magistrato, ex presidente al Consiglio di Stato, ex capo gabinetto di diversi ministri dell’Economia ed ex sottosegretario della presidenza del Consiglio, quando a Palazzo Chigi sedeva Mario Draghi.
In cima alla lista dei profili vagliati da chi la segretaria ha delegato per lo scouting c’è Andrea Pertici, professore di Diritto costituzionale all’Università di Pisa, membro della direzione nazionale del Pd a guida Schlein. Un nome che non è così gradito all’area riformista dei democratici e su cui andrà misurata la tenuta del fragile asse ritrovato con Matteo Renzi.
Pertici nelle vesti di avvocato della Procura di Firenze ha difeso i pm di fronte alla Corte Costituzionale chiamata ad esprimersi sul conflitto di attribuzione sollevato da Renzi dopo l’acquisizione di chat e mail nell’inchiesta sulla Fondazione Open. Quasi inutile aggiungere, inoltre, che Pertici è un oppositore del premierato.
Attraverso Pertici si intravede il senso che può assumere l’operazione di Schlein: un patto con Meloni per favorire l’elezione dei due costituzionalisti più vicini alle leader.
(da La Stampa)
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Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
IL FILOSOFO MASSIMO ADINOLFI: “SONO BASTATE POCHE SETTIMANE PER SPINGERE IL MINISTRO A FARSI CONCAVO E PURE CONVESSO, E RAGIONARE NUOVAMENTE IN TERMINI DI POSIZIONI DA OCCUPARE”
Stéphane Verger non è stato riconfermato alla guida del Museo Nazionale Romano, nonostante sia stato, a detta di tutti, un ottimo direttore. Come lui, sono andati a scadenza la direttrice della Pinacoteca Nazionale di Bologna, il direttore di Palazzo Reale, a Napoli, e altri ancora.
Il miglior commento è nelle parole dello stesso Giuli, autore del saggio Gramsci è vivo. Sillabario per un’egemonia contemporanea. Scrive l’allora presidente del Maxxi che conquistare l’egemonia culturale non può più voler dire conquistare le casematte ideologiche del Paese: i giornali, la scuola, i tribunali.
Suppongo valga anche per i musei. Scrive ancora, il Giuli saggista, che la cultura non può essere il terreno di una guerra di trincea, per vincere la quale occorra occupare e mantenere gli avamposti strategici. Immagino che con queste parole si riferisse anche ai musei e alle altre istituzioni culturali del Paese.
E quando Giuli scrive che, benché sia comprensibile che la destra[…], arrivata finalmente al potere, “istintivamente miri a ribaltare i rapporti di forza e a spostare più avanti il fronte, occupando questa o quella torretta”, bisogna tuttavia “uscire da questa logica”, ebbene io presumo lo stesso, che cioè il ministro avesse in mente proprio cose come le nomine dei direttori dei poli museali più importanti d’Italia.
Come mai, allora, da questa logica non sembra ancora che Giuli si sia liberato? Può darsi che si proponesse qualcosa del genere quando, appena insediatosi a via del Collegio Romano, ha messo Francesco Spano a capo del gabinetto della Cultura. Mal gliene incolse, vista la canea che ha scatenato in quella zona d’ombra da cui sostiene che la destra sia uscita.
Evidentemente qualcuno è uscito davvero, qualcun altro no. In ogni caso, sono bastate poche settimane per spingere il ministro a ripiegare, a farsi concavo e pure convesso, e a ragionare nuovamente in termini di posizioni da conquistare e occupare.
Ora il ministro dice che «non ci sono giudizi di valore negativo» sui direttori non confermati, ma solo «ambizioni più alte»: chissà se si è accorto di fissare così l’asticella davvero molto in alto. […] È giusto, in effetti, pensare in grande, provare a rifondare i rapporti fra cultura e politica, ripensare la figura dell’intellettuale e cercare di portare fuori dalle sterili contrapposizioni ideologiche la destra e la sinistra.
Svincolarsi dal “capestro delle direttive di partito”, così scrive Giuli, seminare dubbi e invitare al dialogo. L’importante è, nel frattempo, non scivolare sulla buccia delle prime nomine, perché è un attimo e si ritorna nell’ombra.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“IL SERVIZIO PUBBLICO AIUTI IL SENSO DEL BENE COMUNE, IN UN TEMPO LUCCICANTE DI COMUNANZE SUPERFICIALI E DI POLLICI ABBASSATI E LINGUAGGI AGGRESSIVI”
“L’ethos nazionale non sarebbe lo stesso, il nostro Paese non sarebbe lo stesso e noi tutti non saremmo gli stessi, senza questi 70 anni di televisione. Un’intera generazione non sarebbe uscita dall’analfabetismo senza la televisione e l’Italia sarebbe stata meno unita senza questo immaginario comune che crea anche quel tanto che ci unisce. Guai a dividerlo o indebolirlo!”.
Lo ha detto il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi, nell’omelia della messa a Santa Maria in Trastevere, a Roma, dedicata alla Rai, per i 70 anni della tv e i 100 della radio.
“Il servizio pubblico deve aiutare “il senso del bene comune”. . Rivolgendosi agli addetti della Rai Zuppi ha sottolineato: “La tecnologia che progredisce continuamente chiede proprio quel ‘di più’ di valore che il servizio pubblico ha come impegno primario, proprio perché pubblico, per tutti, libero da motivi commerciali e interessi di mercato, per aiutare il senso del bene comune, per riannodare il gusto per i legami e per il dialogo in un tempo luccicante di like e di comunanze superficiali e di pollici abbassati, di linguaggi aggressivi, di amici senza amicizia e di nemici che si condannano senza conoscerli”.
“L’amore verso gli altri non è “privarsi di qualcosa”. “Amore per Dio e per il prossimo. Insieme. Come i nostri due occhi, servono tutti e due – io ne ho uno che funziona così e così e capisco quanto è importante che funzionino tutti e due – e si completano, uno vede con il cuore e nello spirito e l’altro la concretezza della vita. Amare il prossimo come sé stessi: non contro sé stessi, come se l’altruismo, cioè amare l’altro, fosse limitazione o privarsi di qualcosa. Solo se trovi l’altro trovi te stesso, trovi il tuo io. Fai all’altro quello che vuoi sia fatto a te – ha detto Zuppi nella messa per la Rai – e troverai anche quello che serve a te. L’amore per Dio e l’amore per il prossimo sono intrecciati e indivisibili”.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
IL RISCHIO O LO SCOPO È CHE I SERVIZI, CHE DIPENDONO DAL GOVERNO, POSSANO ACCEDERE ANCHE ALLE INDAGINI IN CORSO, CON LA SCUSA DELLA SICUREZZA NAZIONALE, PER CONTROLLARE I PM
Per l’opposizione è un modo per tenere sotto controllo le procure, per la maggioranza un modo per incentivare la sicurezza. Un piccolo caso si crea intorno a una norma del ddl Sicurezza – già approvato alla Camera, ora all’esame del Senato – che consente agli organi dei Servizi segreti di accedere al lavoro di tutte le pubbliche amministrazioni anche atti coperti da riservatezza.
E le pubbliche amministrazioni sono obbligate a collaborare. Tra gli uffici destinatari del provvedimento ci sono anche le procure. E il timore di chi osteggia la norma è che i Servizi – che dipendono dal governo – possano accedere al loro lavoro, anche a indagini in corso, non tanto per ragioni di sicurezza nazionale quanto per controllare i pm.
La norma era passata più o meno sotto silenzio, anche se l’opposizione nel corso del dibattito parlamentare aveva mostrato molte perplessità. In giorni in cui, però, si alza sempre di più lo scontro tra esecutivo e magistratura, ecco che la minoranza parlamentare alza il livello dell’allarme: “Il combinato disposto, delle norme contenute nella legge approvata a giugno sulla cyber-sicurezza con quelle previste nel ddl Sicurezza, crea un grave vulnus anche per i data-base delle Procure. Sarà possibile accedervi anche da parte di apparati governativi senza alcun controllo”, denuncia Ilaria Cucchi, di Avs.
“Contro la magistratura – osserva la senatrice – c’è un attacco costante in atto su più fronti”. Della stessa idea il senatore del Pd Walter Verini: “Anche questo è un nuovo capitolo di un attacco all’indipendenza della magistratura. Il rischio è quello di poter penetrare nelle banche dati della magistratura magari venendo a conoscenza anche di delicatissime indagini che invece vanno tutelate per mille e un motivo”.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
ALTRO CHE EVOLIANO AUTONOMO, E’ SOLO UN PATETICO SIGNORSI’ ATTACCATO ALLA POLTRONA… LA CURATRICE ALLONTANATA CON UN SMS
“Non c’era alcun sentore. Da nominata, il 2 novembre 2020, ho tirato su un museo non ancora autonomo dal nulla, combattendo con la carenza di personale. Era finito in un cono d’ombra”, sottolinea, dopo la notizia della sua rimozione decisa dal ministero della Cultura.
“Sono riuscita a contattare il direttore generale dei musei Massimo Osanna: ha detto che era dispiaciuto, ma che non c’era nulla da fare. Avrei voluto che a parlare per me fossero i fatti. Mi aspetto che l’ente per cui lavoro agisca con un rispetto adeguato, nel momento in cui finisce un rapporto di lavoro. Davvero hanno fatto tutto il possibile? Non lo so, non credo”.
Il mancato rinnovo arriva dopo che, da marzo, la Pinacoteca è stata accorpata con un’altra decina di siti per costituire i Musei Nazionali di Bologna – Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna, un istituto giuridicamente nuovo: “Ma di fatto, dallo stesso marzo, ne ero già la direttrice. Sono stata responsabile di tutti quei siti. Me ne sono occupata notte e giorno. Ho gestito aperture e alluvioni. Non li ho tenuti in stand by. Ci sono i progetti del Pnrr. L’istituto è diventato molto ampio. Per forza di cose, adesso l’attività di gestione rallenterà in attesa del nuovo direttore. Ci sono tante decisioni da prendere, sono impegni grossi da portare avanti nel vortice della riforma”.
Intervistata dall’edizione locale del Resto del Carlino, Pacelli sottolinea: “Uno degli obiettivi al cuore del mio lavoro era riconnettere la Pinacoteca con il quartiere e la città, valorizzando il grande patrimonio che contiene e riportare la gente, a cominciare dai bolognesi, dentro le sue sale. Un obiettivo a cui abbiamo lavorato molto, non solo con le mostre, che ci hanno dato grande soddisfazione, ma anche con le iniziative ‘a latere'”.
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
UNA STRATEGIA CHE, COME NEL 2020, POTREBBE AIZZARE ANCORA DI PIÙ I SUOI SOSTENITORI
Il governatore dello Stato di Washington ha attivato la Guardia Nazionale, nel caso ci fossero violenze durante le presidenziali.
Uno potrebbe accusarlo di esagerare, perché è un democratico e vuole alzare il livello della preoccupazione per Trump e gli effetti della sua retorica incendiaria. Però fonti vicine a Donald rivelano che lui si prepara a dichiarare in anticipo la vittoria, comunque vadano le cose il 5 novembre, creando così le condizioni per reazioni difficili da prevedere.
Venerdì sera Jay Inslee ha ordinato la mobilitazione della Guardia Nazionale, ossia le forze armate a disposizione dei governatori dei cinquanta Stati, dal 4 al 7 novembre. Lo scopo è aiutare le forze dell’ordine locali, se diventasse necessario.
Non siamo all’insurrezione e le forze dell’ordine ritengono improbabile la replica dell’assalto al Congresso avvenuto il 6 gennaio del 2020, però la tensione è alta e quindi Inslee non vuole correre rischi.
Ad alzarla contribuiscono non solo le parole di Trump, che due giorni fa ha suggerito il plotone d’esecuzione per educare la sua oppositrice Liz Cheney sui rischi della guerra, ma soprattutto le sue azioni.
Una fonte vicina all’ex presidente conferma che il suo piano è dichiarare vittoria la sera del 5 novembre, qualunque cosa dicano nel frattempo gli scrutatori. Questo perché sa che Harris è avanti nei voti anticipati consegnati via posta, e quindi recupererà terreno nel corso della conta.
Perciò se lui non avrà vinto grosso modo per le due del mattino italiano, quando avranno chiuso i seggi negli Stati chiave di Georgia, North Carolina, Pennsylvania e parte del Michigan, riuscirci dopo diventerà assai difficile. Quindi la strategia è dichiarare comunque vittoria, per poi poter denunciare brogli.
Una strategia del genere promette di incendiare gli animi e aizzare i suoi sostenitori, ancora più di quanto non lo siano già, ma anche il New York Times l’ha confermata
Secondo il giornale di Manhattan, il piano di Trump è simile a quello del 2020 e si basa su tre punti: primo, dichiarare vittoria; secondo, seminare dubbi sulla legalità del voto; terzo, ostacolare la trasmissione dei risultati dalle contee alle autorità centrali. Se ciò non basterà, seguiranno le cause legali
(da agenzie)
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Novembre 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“NESSUNO LE HA CONTESTATO IL FATTO DI ESSERE VICINA AI SUOI FIGLI, CI MANCHEREBBE. QUALSIASI SPECULAZIONE SU QUESTO È PURO SCIACALLAGGIO”
“In merito a quanto anticipato da Antonella Giuli, Report ribadisce che non ha alcuna morbosità nei suoi confronti, né nei confronti del fratello ministro. Non è neppure vero che è accusata di essere assente sul lavoro. L’inchiesta a firma del nostro Giorgio Mottola documenta come Antonella Giuli, pur essendo stata assunta per chiamata diretta presso l’ufficio Stampa della Camera dei Deputati, come altri colleghi di altri partiti, abbia continuato a occuparsi di comunicazione in favore di Fratelli d’Italia e in particolare di Arianna Meloni.
Circostanza espressamente vietata dal suo contratto, che richiedere l’esclusività e vieta ogni attività politica”.
È la precisazione del programma di Rai3, rilanciata sui social dal curatore e conduttore Sigfrido Ranucci. “Nessuno ha contestato ad Alessandra Giuli il fatto di essere vicina ai suoi figli, ci mancherebbe. Qualsiasi speculazione giornalistica su questo tipo di interpretazione è puro sciacallaggio”, conclude la precisazione.
(da agenzie)
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