Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
DOPO L’OSPITATA DURANTE LA MARATONA ELETTORALE A “RAINEWS24” E A “PORTA A PORTA” GENNY POTREBBE ESSERE INVIATO DALLA RAI NEGLI STATI UNITI – NEL FRATTEMPO SI È RIMESSO AL LAVORO COME EDITORIALISTA AL “GIORNALE”
A due mesi esatti dalle dimissioni da ministro della Cultura per il caso Boccia, precedute due giorni prima dall’intervista con il direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci, Gennaro Sangiuliano è tornato sugli schermi Rai da giornalista, per analizzare la vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane.
“Sono orgogliosamente dipendente della Rai, credo molto nel servizio pubblico e nei suoi valori. Voglio tornare a fare il mio lavoro e occuparmi di questioni che mi appassionano con impegno civile e rispetto dei valori del servizio pubblico. Quindi credo adesso di voltare pagina e puntare a questo”. Per Sangiuliano – l’ipotesi circola a viale Mazzini – potrebbe arrivare infatti un ruolo di corrispondente dagli Usa.
Intanto – ha annunciato – ha pronta la nuova edizione della sua biografia del tycoon, “Trump. Vita di un presidente contro tutti” (Mondadori) che avrà come sottotitolo “La rivincita”.
L’ex direttore del Tg2 è intervenuto in collegamento video, in qualità di “grande esperto di Stati Uniti”, con lo speciale del Tg1 sul voto Usa: “Trump – ha detto – ha sottolineato il senso coeso della comunità politica che lo circonda. Ha fatto un inno al buonsenso che sarà l’elemento regolatore della sua presidenza”, ha spiegato.
Poi è stato ospite in studio di Rainews 24 e Porta a Porta e ha parlato tra l’altro del suo ritorno in Rai dopo il periodo di aspettativa legato all’attività di governo
(da Dagoreport)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
IL LEADER FRANCESE DEL PARTITO, RAFAEL GLUCKSMANN, RIFILA UN CEFFONE PREVENTIVO AL COMMISSARIO ITALIANO DESIGNATO, CHE LA PROSSIMA SETTIMANA DOVRÀ SUPERARE L’ESAME DEL PARLAMENTO: “IL MIO GRUPPO NON HA CAMBIATO POSIZIONE. L’ALLEANZA CHE HA SOSTENUTO VON DER LEYEN A LUGLIO NON INCLUDE ECR E NON C’È MOTIVO DI DARGLI UNA VICEPRESIDENZA. SE POI VON DER LEYEN E MELONI HANNO FATTO UN NEGOZIATO PARALLELO, CHE CE LO DICANO, MA SE VUOLE CONTARE SULLA MAGGIORANZA CHE L’HA SOSTENUTA A LUGLIO, GLI ACCORDI SONO QUELLI DI LUGLIO”
“Per quel che mi riguarda Raffaele Fitto non deve essere vicepresidente della commissione Ue e per quel che so il mio gruppo non ha cambiato posizione a riguardo.
E’ semplice: l’alleanza che ha sostenuto von der Leyen a luglio non include Ecr e quindi non c’è motivo di dargli una vicepresidenza”.
Lo ha detto all’ANSA il leader dei socialisti francesi Rafael Glucksmann. “Se poi Von der leyen e Meloni hanno fatto un negoziato parallelo, allora che ce lo dicano, ma se vuole contare sulla maggioranza che l’ha sostenuta a luglio, gli accordi sono quelli di luglio”, ha spiegato Glucksmann.
(da agenzie)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
CONTE, ANZI “GIUSEPPI”, COME LO BATTEZZÒ TRUMP, SI E’ SUBITO CONGRATULATO CON “THE DONALD” MENTRE ELLY È ANDATA A TROVARE DRAGHI PER PARLARE DEL FUTURO DELL’UE
Una «brutta notizia per l’Europa e per l’Italia», come la legge Elly Schlein? Oppure una «lezione per tutti i finti progressisti liberisti e globalisti», come quasi gongolano dalle parti dei Cinquestelle? Quel che è certo è che la vittoria di Donald Trump finisce per spaccare di nuovo il fronte del centrosinistra.
Che le simpatie tra i rosso-gialli non fossero proprio le stesse non è un mistero: la segretaria del Pd, già volontaria per le due campagne di Barack Obama, non ha mai nascosto il tifo per Harris. Giuseppe Conte (anzi Giuseppi, come lo battezzò l’allora inquilino della Casa Bianca) si è rifiutato di fare endorsement. Anche per quel feeling con il tycoon, non foss’altro che per la sua promessa di mettere fine alla guerra in Ucraina.
Così ieri mattina, mentre nel Pd si leccavano le ferite, Conte non ha perso tempo a congratularsi: «Auguri di buon lavoro a Donald Trump, in virtù di una vittoria netta, estesa anche al voto popolare». Solo bon ton istituzionale da ex premier? Forse. Ma ancor più esplicito è il comunicato diffuso dal gruppo pentastellato in Ue, che a Bruxelles siede con la sinistra di The Left.
Così mentre i colleghi di banco si lanciavano contro un presidente «nemico delle donne, della libertà di stampa e del clima», ecco le «congratulazioni» dei 5S: la vittoria di The Donald affermano «è innanzitutto una lezione per tutti i finti progressisti liberisti e globalisti che hanno ammainato la bandiera della pace per sposare ogni spinta guerrafondaia». Più che un’analisi della sconfitta, un dito nell’occhio al Pd, in cui non è difficile leggere una certa soddisfazione per la sconfitta di una candidata che proprio come Biden dalle parti dei pentastellati non ha mai fatto breccia.
«Non c’è nulla di cui congratularsi», replicano sconsolati da Avs. E se Matteo Renzi si augura che «per l’Europa sia il momento della sveglia», Carlo Calenda arriva a evocare Churchill: «L’Occidente vive la sua ora più buia».
Anche Schlein non nasconde il pessimismo. La leader del Pd prende la parola solo nel pomeriggio, da Terni. E non lo fa per congratularsi: quella di ieri per la timoniera del Nazareno è «una brutta giornata» per l’Italia e l’Ue, affonda. E chi oggi festeggia il trionfo del tycoon «per ragioni di bandiera», mette in guardia Schlein puntando il dito contro Matteo Salvini, «smetterà presto, quando gli effetti di una nuova politica protezionistica colpiranno le imprese e in lavoratori in Europa e nel nostro Paese». Per la segretaria dem ora serve «uno slancio forte» dell’Ue. Che «rimetta al centro investimenti comuni» e che generi «una vera politica industriale», finora assente, su innovazione e transizione green. Ed è proprio di questo che Schlein nelle scorse ore ha avuto modo di discutere con un interlocutore non abituale, per lei: l’ex presidente del Consiglio ed ex numero uno della Bce Mario Draghi.
L’incontro, rivelato da Dagospia, è andato in scena due giorni fa, nella residenza romana ai Parioli dell’ex banchiere centrale. Al centro del colloquio, si limitano a far sapere dal Nazareno, il futuro dell’Unione europea alla luce del voto negli Usa e gli scenari economici italiani.
Ma quel che si sa è che la segretaria da qualche tempo aveva cercato un’occasione di incontro con l’ex premier, all’indomani della pubblicazione del suo rapporto sulla competitività dell’Europa e del colloquio di Draghi con Meloni subito dopo. E il faccia a faccia è caduto proprio mentre in Ue cresceva il timore per una possibile vittoria di Trump. Il che ha riportato alcune delle questioni sollevati da SuperMario nell’alveo della stretta attualità.
Schlein del resto non ha mai fatto mistero di apprezzare alcuni punti del Rapporto Draghi, a cominciare dalla necessità di investimenti più massicci sulla transizione energetica e soprattutto di una forte accelerazione sul debito comune, sul modello di quanto fatto con il Pnrr. L’incontro è stato una prima assoluta, visto che i due in passato avevano avuto contatti solo telefonici.
(da il Messaggero)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
IL GIUDICE HA ACCOLTO LA RICHIESTA DI CONVERSIONE DELLA PENA AI LAVORI DI PUBBLICA UTILITÀ PER IL FRATELLO DI FRANCESCA VERDINI, CAMPAGNA DI MATTEO SALVINI
Tommaso Verdini, figlio dell’ex parlamentare berlusconiano Denis Verdini , è stato condannato a due anni e nove mesi per il caso Anas, con pena patteggiata. Anche Denis è indagato, ma ha ricevuto la chiusura delle indagini recentemente. L’inchiesta ha rivelato un sistema di corruzione che coinvolge politici e grandi aziende, emerso da intercettazioni e indagini della Guardia di Finanza. Il 27 dicembre 2023, cinque persone, tra cui Tommaso e il socio Fabio Pileri, sono stati posti agli arresti domiciliari per corruzione e traffico di influenze, legati alla loro società di consulenza Inver.
L’inchiesta è quella sulle presunte irregolarità nell’affidamento di commesse all’Anas, tra cui una di 180 milioni di euro per il risanamento di gallerie. Il ‘via libera’ e’ stato dato oggi dal gup di Roma che ha accordato, per Verdini jr, difeso dall’avvocato Gildo Orsini, la ‘conversione nei lavori socialmente utili’.
Nel procedimento si contestano, a seconda delle posizioni, anche i reati di corruzione e turbativa d’asta. Il giudice ha accolto anche la richiesta di patteggiamento (a un anno e 9 mesi) per un altro indagato, difeso dall’avvocato Mario Antinucci.
Per questa vicenda Verdini fu raggiunto, il 28 dicembre scorso, dalla misura degli arresti domiciliari. Dalle carte dell’indagine e’ emerso il ‘sistema’ che ruotava intorno alla Inver: alcuni imprenditori si sono rivolti alla societa’ per ottenere, in cambio di utilita’, parte delle ricche commesse della società che si occupa di infrastrutture stradali e gestisce la rete di strade statali e autostrade di interesse nazionale
(da agenzie)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
I FRATELLI DEL SINDACO UCCISO: “E’ SOLO L’INIZIO”
“Sapere che le persone che ti devono difendere sono i presunti colpevoli di questo omicidio fa veramente male. È una realtà che non riguarda solo noi, figli e familiari, ma deve far male a tutto il Paese”. È il primo pensiero di Antonio Vassallo, figlio di Angelo, il sindaco di Pollica assassinato nel 2010, in merito agli arresti di oggi in relazione all’omicidio, che vedono due carabinieri tra i quattro indagati oggetto di misure cautelari .
“Fa veramente male sapere – dice Antonio all’Ansa – che le indagini siano state rallentate dal fatto che all’inizio una delle persone di cui non si sospettava era proprio la figura, che veniva elogiata, di questo colonnello Cagnazzo. Credo che questo ha rallentato molto le indagini. Molte cose non vere sono state dette proprio per rallentare le indagini stesse. Quindi approfondire anche questi punti, puntare il dito nei confronti di chi ha raccontato fandonie, di chi non ha collaborato, anche persone del mio stesso paese. Spero verranno portate alla luce tutte queste dinamiche”.
“Naturalmente – aggiunge Antonio Vassallo – un plauso va a chi ha lavorato a questa indagine, a chi ci ha sempre creduto, a chi veramente ci ha portato una forte verità dopo 14 anni. Noi in questo percorso siamo sempre stati di supporto agli inquirenti, abbiamo sempre dato fiducia allo Stato, non abbiamo mai chiesto niente se non questo: conoscere assolutamente la verità. Ed è questo che vogliamo ancora oggi. Oggi non abbiamo la verità assoluta su tutta la dinamica della vicenda ma abbiamo un punto importante, delle persone che sono in carcere, quindi bisogna partire da questo punto e capire cosa sia successo, per quale motivo è stato commesso questo omicidio. Lo abbiamo sempre chiesto e questo continueremo a chiedere”.
I fratelli del sindaco ucciso, Dario e Massimo Vassallo, attraverso la fondazione ‘Angelo Vassallo Sindaco Pescatore’ di cui sono rispettivamente presidente e vicepresidente, accolgono “con speranza l’annuncio degli arresti”. Anche loro rimarcano come “tra i quattro arrestati risultano anche due carabinieri, a conferma della pista che la Fondazione ha perseguito dal 2011. La nostra determinazione – dicono Dario e Massimo Vassallo – è stata ripagata dall’incontro con il procuratore Giuseppe Borrelli, che ha creduto in questo filone di indagine, portandoci finalmente alle prime svolte concrete in una vicenda drammatica che ha segnato la nostra famiglia e tutto il Cilento”.
“Siamo solo alle battute iniziali di una tragedia che ha sconvolto il territorio e per la quale chiediamo giustizia piena”, aggiungono. La Fondazione, inoltre, “chiede ufficialmente al ministro dell’Interno di disporre un’ispezione urgente presso il Comune di Pollica”. Perché, spiegano Dario e Massimo, “l’omicidio di Angelo Vassallo non si è fermato il 5 settembre 2010: i danni morali e materiali alla comunità e alla nostra terra continuano a distanza di 14 anni, due mesi e due giorni. In questo giorno importante, chiediamo allo Stato di fare piena luce, non solo sull’omicidio, ma anche sulle gestioni amministrative che hanno inciso profondamente sul Comune di Pollica e sul Cilento”. La Fondazione annuncia che “il proprio impegno proseguirà, insieme alla commissione d’indagine per il ‘Sistema Cilento e l’omicidio di Angelo Vassallo’, promossa dal senatore Antonio Iannone e dal deputato Pino Bicchielli”.
(da La Repubblica)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
“ELON MUSK E’ COME GLI OLIGARCHI RUSSI PER PUTIN”… “I DAZI? PEGGIORERANNO LE COSE ANZICHE’ RISOLVERE I PROBLEMI”
“La gente crede a quel che vede”. È lapidario il giornalista economico americano Alan Friedman nell’analizzare il voto americano che ha incoronato Donald Trump come 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America. Soprattutto lo è nell’analizzare perché, nonostante l’economia statunitense cresca del 3%, gli elettori della Rust Belt – la cintura di ruggine di cui fanno parte Wisconsin, Michigan e Pennsylvania, dove un tempo c’era il grosso dell’industria americana – ha voltato le spalle ai democratici e all’amministrazione Biden.
E cosa vede la gente, Friedman?
La gente vede che la benzina costa di più. Vede le aziende che non ci sono più. Vede i posti di lavoro che sono sempre meno.
Sbagliano?
Sbagliano a credere a Trump. Quando Trump dice che inflazione è colpa di Biden e Harris, la gente ci crede. Quando dice che i tassi d’interesse che crescono sono colpa di Biden e Harris la gente ci crede. Sono tutte falsità, ovviamente, ma la gente ci crede.
Perché ci credono?
Perché le persone non hanno gli strumenti per capire la teoria economica. Ma sanno chi sono: sono le vittime della globalizzazione. Sono il pezzo di ceto medio che vuole pagare meno tasse. Sono arrabbiati e cercano risposte rassicuranti. E Trump è stato abilissimo a dare quelle risposte.
Tra le risposte ci sono i dazi nei confronti delle esportazioni. Basteranno a ridare ricchezza e sicurezze sociali a quei ceti impoveriti…
Non scherziamo. Trump non ha mai capito il meccanismo dei dazi. Lui sostiene che coi dazi il governo americano avrò un sacco di soldi. In realtà i dazi si scaricano sul prezzo che pagheranno i consumatori…
Di fatto, faranno aumentare ancora di più i prezzi…
Si, i dazi aiutano l’inflazione. Non c’è mai stato protezionismo che non ha fatto crescere l’inflazione e n
on ha fatto calare il prodotto interno lordo. Succederà anche stavolta.
I dazi sulle esportazioni verso gli Usa potrebbero fare male pure a noi…
Io credo che Trump farà una forte guerra commerciale contro la Cina, ma arriverà anche a minacciare l’Europa. La politica dei dazi potrebbe colpire l’export europeo e italiano.
E questo per noi significa?
Calo delle esportazioni, dell’occupazione e della crescita del prodotto interno lordo.
È l’unico problema che potrebbe causarci Trump?
No, ne vedo almeno altri due. Il primo: perché sostenendo autocrati come i suoi amici Putin e Orban mina alle fondamenta i valori democratici dell’Occidente. Il secondo: perché darà carta bianca a Netanyahu.
A proposito di amici di Trump: che ne pensa di Elon Musk?
Elon Musk è una persona molto controversa. Molti ne parlano come un genio per Tesla e SpaceX, ma oggi è diventato un tycoon fascista e filoputinano. Accanto a Trump, le sue attività oscure e problematiche potranno solo moltiplicarsi. Musk vuole potere e contratti. Ora la Nasa dipende dai razzi di Musk e Musk è nella posizione di ricattare l’America.
C’è anche un discreto conflitto d’interessi, no?
Il suo conflitto d’interesse è grande come una casa: un tycoon miliardario che diventa il Raspuntin di Trump è una tragedia, un incubo. Musk sta a Trump come gli oligarchi russi stanno a Putin.
Lei ha recentemente pubblicato un libro che si intitola “Il declino dell’impero americano”.
Il declino americano non è solo colpa di Trump, ma sta in decenni di errori in politica esteri. Le guerre di Bush, la malagestione di Obama delle primavere arabe, l’isolazionismo filoputiniano del primo Trump, il ritiro dall’Afghanistan e l’impotenza geopolitica di Biden. Ora ci sono sfide globali enormi, e l’America si ritrova nel mezzo, incapace di gestirle. Oggi i grandi Paesi dalla Russia alla Cina, dall’Arabia al Brasile si stanno guardando attorno e provano a giocare una partita indipendente dagli Usa. Le divisioni interne in seno agli Usa acuiranno questa processo.
Secondo lei Trump come inciderà su questo declino?
Trump ritirerà gli Usa da tantissimi tavoli multilaterali e proseguirà sulla strada dell’isolamento. E se l’America abdica e si ritira, farà un danno enorme a se stessa come leader del mondo. Altro che “great again”.
(da Fanpage)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
IL GIUDIZIO SUL TRATTENIMENTO IN ARRIVO TRA DOMENICA E LUNEDI PUO’ CERTIFICARE IL FALLIMENTO DELLA STRATEGIA DEL GOVERNO… I VIAGGI POTREBBERO FERMARSI ALMENO FINO A DICEMBRE
Otto e non più di otto. Il nuovo viaggio della Libra verso l’Albania è cominciato con solo otto migranti a bordo. La nave della Marina militare arriverà oggi, 7 novembre, a Shengjn e Gjader. E il secondo trasferimento rischia di trasformarsi in un fallimento esattamente come il primo. Nonostante il decreto paesi sicuri che il governo Meloni ha licenziato.
Tra i naufraghi attualmente sulla nave ci sono cittadini egiziani e del Bangladesh. Il ministro Piantedosi avrebbe voluto una percentuale di riempimento molto più ampia. Anche per evitare eventuali accuse davanti alla Corte dei Conti. Invece il “carico” è la metà di quello precedente. Per un motivo ben preciso: i migranti sono stati portati a bordo lunedì 4 novembre. E trattenerli altro tempo poteva configurare un altro reato. Ma cosa succederà nei prossimi giorni?
Il giudizio sul trattenimento
Il primo giudizio che il governo dovrà affrontare è quello sul trattenimento. Che segue la procedura accelerata per l’esame della domanda di asilo. Si tratta della questione dei paesi sicuri che Giorgia Meloni pensava di aver risolto con il decreto. Anche se rimane il contrasto con la direttiva europea del 2013. E proprio questo è l’ostacolo di partenza che sarà difficile saltare. Perché i giudizi della commissione arriveranno dopo l’istruttoria. E subito dopo arriveranno i ricorsi in tribunale a Roma. Che rischiano di essere accolti.
Lasciando quindi il governo con l’obbligo di portare i migranti a Bari, come è successo un paio di settimane fa. Tecnicamente, quando gli otto arriveranno a Shengjin scatterà la stessa trafila del viaggio precedente. Si partirà con lo screening sanitario e con le procedure di identificazione. Poi il trasferimento a Gjader.
Il rischio flop
Nel Cpr vero e proprio saranno trattenuti in attesa dell’esito della domanda di asilo. Ma in occasione del precedente screening e della relativa identificazione è emerso che alcuni dei naufraghi erano minorenni e altri appartenevano alle categorie dei fragili. La stessa cosa potrebbe succedere con gli otto di oggi.
Poi ci sarà il giudizio sul trattenimento disposto dal questore di Roma. Per la convalida decideranno i magistrati della sezione immigrazione del tribunale della Capitale. Sempre sulla scorta della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. E la decisione potrebbe arrivare tra domenica e lunedì. Ma il 18 ottobre i giudici hanno già liberato i 12 che chiedevano asilo. A causa dell’«impossibilità di riconoscere come Paesi sicuri gli Stati di provenienza delle persone trattenute». E stavolta potrebbero concedere il bis. Anche sulla scorta delle decisioni precedenti.
I giudici e il Cpr
Dopo Bologna, Roma e Catania nei giorni scorsi, ieri infatti è stato il tribunale di Palermo a liberare due migranti. Chiedendo chiarimenti a Lussemburgo sulla nozione di paese sicuro. Perché si tratta di uno strumento che «permette di incanalare in modo rapido le domande proposte da richiedenti provenienti da un determinato paese nella procedura accelerata». Ma questo modo di procedere «non è giustificato per i Paesi che presentino situazioni critiche per il fatto che una parte della popolazione sia ordinariamente esposta a rischi di persecuzione». Intanto il Viminale ha fatto ricorso in Cassazione contro le decisioni del tribunale di Roma sui primi 12 migranti portati in Albania. E probabilmente lo farà anche nei casi successivi. Questa volta si rivolgerà alla Corte d’appello, come previsto dal dl sui paesi sicuri.
Il 4 dicembre
Ma una data importante è quella del 4 dicembre. Ovvero quando la Cassazione si dovranno pronunciare su un interpello avanzato proprio dai giudici della sezione immigrazione romana. Per decidere se possono mantenere una certa discrezionalità nella valutazione di un paese sicuro o dovranno semplicemente attenersi alla lista del ministero degli Esteri (ora in quella contenuta nel decreto legge).
Nel frattempo è però probabile che continueranno a non convalidare i trattenimenti. E questo lascia il governo di fronte a un bivio. Perché nel frattempo l’esecutivo attende, per gennaio, la nuova decisione della Grande Chambre. Che potrebbe anche chiudere definitivamente i giochi. Bocciando il decreto paesi sicuri. E lasciando il governo con il cerino acceso in mano.
L’ultimo viaggio (per ora)
Ecco perché quello della Libra potrebbe essere l’ultimo viaggio in Albania del mese. Perché in presenza di una nuova bocciatura della procedura il rischio è che la Marina si trasformi in un’agenzia turistica con viaggi obbligati: dal Mediterraneo all’Albania e da lì a Bari. Fino alla fine del mese, quindi, se non oltre in base alle decisioni dei giudici, l’Operazione Albania potrebbe fermarsi. Anche per evitare un altro flop ben più grave. In questo caso, probabilmente, Meloni ha già in mente un’exit strategy. Che si fonderà sulla polemica con i giudici. Che però potrebbe portare anche a un abbandono definitivo del progetto. L’alibi delle toghe reggerà?
(da Open)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
INTERVISTA ALLA GOVERNATRICE DELLA CAMPANIA: “TIFAVO HARRIS, LA NOSTRA CARTE DEI VALORI INDICA DA CHE PARTE STARE”
Nella sera in cui il mondo parla solo della vittoria di Donald Trump su Kamala Harris, cinque donne si ritrovano su un palco a Terni per cercare di evitare l’ennesimo disastro per il centrosinistra. Assieme, la candidata presidente in Umbria Stefania Proietti, la segretaria del Pd Elly Schlein, la deputata di Avs Elisabetta Piccolotti e la sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi. E poi lei, la presidente della Regione Sardegna, la 5Stelle Alessandra Todde.
Siete state su quel palco per provare che il centrosinistra esiste ancora?
C’è ancora un centrosinistra che è l’unica alternativa possibile alla destra, ma è un’alternativa che va costruita, a prescindere dai risultati elettorali.
Dopo la Liguria, una disfatta anche in Umbria sarebbe un macigno per le opposizioni.
Perdere o vincere è la normalità democratica. Noi dobbiamo lavorare per costruire un contesto condiviso, rispettando le reciproche differenze e facendo sintesi. In Sardegna ci siamo riusciti perché sia noi che il Pd eravamo stati all’opposizione. Le alleanze variabili solo a fini elettorali non funzionano.
Secondo Chiara Appendino, che le è subentrata come vicepresidente dei Cinque Stelle, “non è il momento di alleanze strutturali con il Pd”, anche perché “l’abbraccio con i dem è stato dannoso”.
Non sono d’accordo con Chiara, e lo dico con lo spirito di normale dialettica che ci deve essere in una forza politica. È evidente che, in vista dell’assemblea costituente, dobbiamo innanzitutto chiarire cosa sia oggi il M5S. Ma il campo dove dobbiamo giocare è quello progressista, senza mai essere subalterni, sia chiaro. Non siamo e non saremo mai cespugli del Pd. Ma la nostra Carta dei valori, come la nostra collocazione in Europa nel gruppo di The Left (La Sinistra) chiariscono quale sia la nostra parte. Possiamo anche litigare con i dem, ma il campo è quello.
A proposito di Europa: i vostri eletti a Bruxelles hanno commentato la vittoria di Trump come “una lezione per i finto-progressisti”. Condivide?
Ho vissuto negli Stati Uniti e sostenevo Harris, come ho apertamente detto. Non mi riconosco in una politica conservatrice.
Conte ha parlato di “vittoria netta”. Troppo cortese?
No, è un dato di fatto. Il sistema elettorale americano ha scelto così. Ora spero che il nuovo presidente si dia da fare per una tregua e un tavolo di pace in Ucraina. Ma la sua posizione verso Israele mi spaventa. A Gaza è in atto uno sterminio.
Le polemiche nel centrosinistra le hanno complicato la gestione della giunta sarda?
Con il Pd discutiamo in modo franco, talvolta acceso. Ma riesco sempre a fare sintesi.
Nelle elezioni locali il M5S crolla regolarmente. Le liste sono troppo fragili? O state semplicemente precipitando nei consensi?
Andiamo male perché non siamo radicati nei territori, e perché talvolta i gruppi locali sono autoreferenziali, chiusi all’esterno. Per creare consenso devi aprirti e parlare alle persone fuori del M5S, coinvolgerle.
Lei spalancherebbe le liste agli esterni, insomma.
Certo, ma sempre nel rispetto dei nostri valori. Però i gruppi territoriali vanno anche aiutati, perché ad oggi non hanno risorse per aprire sedi o organizzare eventi.
Vuole che il M5S diventi un partito, o la parola le fa paura?
Nessuna paura. Io voglio che il M5S sia un’organizzazione radicata sui territori.
C’è chi spinge per cambiare nome e simbolo…
Io non ho tabù. Per quanto mi riguarda possiamo toccare tutto, ma saranno i nostri iscritti a decidere, senza costrizioni o limiti. L’importante sarà stare comodi nel vestito che ci daremo.
Vincenzo De Luca si è fatto votare una legge per il terzo mandato in Campania. Che ne pensa?
Se c’è una regola nazionale, va rispettata da tutti. E poi da presidenti di Regione si ha molto potere. Due mandati sono sufficienti, ma la questione di De Luca è un problema del Pd, e dovranno gestirlo i dem.
(da ilfattoquotidiano)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
LUI COL CORNO CHE SI FA DA PARTE
Nel giorno in cui il mondo parla della presidenza recidiva di Trump, qui si narra di un esperimento genetico ben più sconvolgente: il sovranista di sinistra che è anche globalista di destra, il comunista reazionario, il bastian-contrario benpensante. Vincenzino De Luca, insomma, il Lavoratore Immane, come egli stesso ha appena avuto l’umiltà di definirsi.
L’unico politico maschio a detestare, ricambiato, sia la donna che guida il governo sia quella che guida l’opposizione. Un po’ Donald e un po’ Biden, ma soprattutto un po’ Fantastichini e un po’ Silvio Orlando, tanto che in «Ferie d’agosto» Virzì non avrebbe saputo in quale delle due villette collocarlo.
Può parlare forbito e poi esplodere in una parola volgare o in una smorfia da macchietta. Può citare Gramsci e subito dopo (o prima) Bugs Bunny. Ma quel che lo rende davvero diverso da tutti gli altri è che non considera il suo attuale incarico un trampolino di lancio. Lui non punta a salire di grado, ad andare altrove. Lui sta bene dove sta. Talmente bene che vorrebbe starci all’infinito.
La sua ambizione non è espandersi nello spazio, ma nel tempo. Non gli interessano Palazzo Chigi, la commissione di Bruxelles, il palazzo di vetro dell’Onu. De Luca vuole solo la Campania. Però la vuole per sempre. E non riesce sinceramente a capacitarsi che qualcuno abbia messo una norma così stupida da impedirglielo. Si considera in carica a vita come un Re, anzi come un Papa. Con una differenza: lui col corno che si dimette.
(da corriere.it)
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