Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
SONO AMICI DEI DITTATORI E LASCERANNO CHE CONTINUINO A FARE I LORO SPORCHI INTERESSI
Una quota maggioritaria dell’elettorato americano ha reagito al disagio economico e all’insicurezza con il medesimo spirito che ha fatto degli Stati Uniti la società con la più alta diffusione di armi da fuoco personali. Cioè ricorrendo alla guida dell’“uomo forte” che ha già dimostrato, facendo leva sulla “volontà popolare”, di saper forzare le regole della democrazia e intende stravolgerle a proprio vantaggio.
Solo degli ingenui possono credere che una potenza imperiale declinante, con tassi di violenza e conflittualità senza precedenti, il cui blocco militare industriale viene privatizzato nelle mani di nuovi monopolisti senza scrupoli, troverà nella presidenza isolazionista di Trump – o meglio nel binomio Trump&Musk – la via d’uscita dalle guerre in cui i suoi predecessori l’hanno incastrata.
Trump energumeno in grado di chiudere i conflitti planetari in cui l’America è impelagata? Suvvia.
Qualcosa del genere si diceva anche del suo piccolo grande partner Netanyahu: il premier israeliano talmente forte da non aver mai avuto bisogno di scendere in guerra aperta coi suoi nemici. Poi sappiamo com’è andata. Per l’appunto, il caso di scuola del “pacifismo” di Trump restano gli accordi di Abramo, da lui patrocinati (sulla pelle dei palestinesi) fra lo Stato ebraico e le ricche petro-monarchie del Golfo.
La guerra che infiamma il Medio Oriente dal 7 ottobre 2023 è la variabile che dall’alto dei loro soldi e del loro potere costoro neanche concepivano. Con la stessa disinvoltura Trump aveva calpestato l’autonomismo dei curdi, per non parlare di come predispose la ritirata dall’Afghanistan.
Ora la grande tentazione è assecondare Israele (con che tempismo Netanyahu s’è liberato del suo ministro della Difesa troppo legato all’Amministrazione Biden!) nel tentativo di rovesciare il regime degli ayatollah in Iran. Così da “lasciargli finire il lavoro” iniziato a Gaza, in Cisgiordania e in Libano, come cinicamente Trump va ripetendo nel mentre promette d’imporre la fine della guerra d’Ucraina, grazie ai buoni rapporti con Putin.
Disimpegno in Europa in contemporanea con l’avventuristico ridisegno armato degli equilibri mediorientali? Come se in quell’area due presidenti Usa (per inciso: padre e figlio Bush, entrambi repubblicani) non avessero già guidato altrettante guerre sanguinose ma fallimentari, senza contare quella che Reagan (altro repubblicano) commissionò a Saddam Hussein nel 1980 contro l’Iran.
Anziché illuderci che Trump sia in grado di mantenere la promessa ripetuta la sera della vittoria –“con me niente più guerre”, lui che predilige le guerre commerciali e la guerra agli immigrati – sarà meglio prepararci: a difendere gli interessi americani tenterà di mandare in prima linea altri, pagati o costretti, con le buone e con le cattive, europei compresi.
Esultano per la vittoria della coppia Trump&Musk un buon numero di tiranni e di leader sovranisti sparsi per il mondo. Vedono reimpossessarsi della superpotenza americana chi applica la regola aurea con cui anch’essi hanno sedotto i propri elettori: gli interessi della nazione devono sempre prevalere su qualsiasi regola comunitaria voglia subordinarli a vincoli esterni.
Tipico quel che sta succedendo fra Italia e Corte di Giustizia europea sui migranti. Tra chi festeggia il ritorno di Trump ci sono anche degli europeisti improvvisati dell’ultima ora che sostengono: finalmente l’Ue sarà costretta a diventare maggiorenne, rendendosi autonoma nel finanziamento dei suoi apparati militari. Sono frottole dette in malafede da chi sta già litigandosi un rapporto privilegiato con un capitalista in grado di asservire gli Stati qual è Elon Musk. Dovremmo averlo imparato: la proliferazione dei nazionalismi divide e contrappone i popoli, minaccia la pace e la democrazia.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
A QUEL PUNTO, CHE FARÀ L’UNIONE EUROPEA? E GIORGIA MELONI, DA BRAVA CAMALEONTE, S’ADEGUERÀ ALLA NUOVA LINEA TRUMPIANA
Giorgia Meloni ha incontrato a Palazzo Chigi il segretario generale della Nato, Mark Rutte. E nel giorno in cui l’America era impegnata nel decisivo voto per l’elezione del nuovo presidente, l’ex premier olandese ha rilasciato una dichiarazione che ha colpito molti osservatori: “Continueremo ad essere al fianco dell’Ucraina perché la lotta dell’Ucraina è la lotta di tutti noi. La Nato ha un concetto di sicurezza a 360 gradi”
Ma sa Rutte che il primo ”azionista” del Patto atlantico è Washington, e quindi, da gennaio il timone di comando e della cassa sarà nelle mani di Donald Trump, che sul destino dell’Ucraina ha idee molte diverse da quelle dell’Unione europea. I piani del tycoon per arrivare a una pace tra Kiev e Mosca potrebbero non piacere e Bruxelles e ai Paesi membri dell’Ue.
Trump proverà a chiudere il conflitto parlando direttamente con Putin e offrendogli Donbass e la Crimea (costringendo Zelensky alla pace, con la minaccia di togliergli armi e soldi). A quel punto, che farà l’Unione europea? E soprattutto, che posizione assumerà Giorgia Meloni? S’adeguerà alla nuova linea imposta dalla Casa Bianca, o spingerà, coerentemente con il suo iper-sostegno a Zelensky, per continuare a puntellare l’esercito ucraino? Se l’Unione europea vuole essere definitivamente autonoma dalle scelte degli Stati Uniti deve innanzitutto aprire il portafogli per finanziare la resistenza di Kiev.
E forse neanche basterebbe, visto che almeno il 60% delle armi ricevute da Kiev in questi ultimi anni arrivano dallo zio Sam. E se Washington chiude i rubinetti, il povero Zelensky finirebbe a combattere con fionde e cerbottane
Dunque l’Ue si troverebbe costretta non solo a pompare euro nelle casse dell’Ucraina ma a espandere la propria produzione militare oggi pericolosamente insufficiente rispetto alle esigenze
Questo scenario appare sin da ora di difficile realizzazione, se non economicante impossibile, dato che in molti paesi aleggia uno spirito paci-finto contrario a qualunque riarmo. In Italia, soprattutto, Lega, 5stelle, Avs si metterebbero di traverso bloccando ogni iniziativa in tal senso.
(da agenzie)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
PREVISTI TAGLI MILIARDARI NEI PROSSIMI ANNI AI MINISTERI E AGLI ENTI LOCALI
Nella manovra varata dal governo per il 2025 non c’è solo una pesante revisione della spesa, imposta a quasi tutti i ministeri, Difesa e Salute escusi. Per far quadrare i conti, il governo taglia un po’ ovunque: negli enti locali, nella spesa per il personale, negli investimenti. Le audizioni degli organismi tecnici alla Camera in vista del voto della legge di Bilancio sono servite anche a mettere in fila il menù ,di quella che si prospetta come una rinnovata stagione di austerity per le casse pubbliche, resa necessaria dalle nuove regole europee, che limitano le possibilità di spesa, per le articolazioni dello Stato
Gli effetti della manovra sugli enti locali
Uno dei capitoli più discussi davanti alla commissione Bilancio di Montecitorio è stato quello che riguarda gli enti territoriali. Il rappresentante dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) – il sindaco leghista di Novara Alessandro Canelli – ha cercato di minimizzare l’impatto dei sacrifici imposti dalla manovra ai primi cittadini. I partiti di opposizione però hanno sottolineato come le stesse tabelle fornite dall’Anci descrivano un quadro di tagli molto rilevante, con una riduzione dei trasferimenti statali ai comuni, per un totale di oltre otto miliardi da qui al 2037. Una sforbiciata che riguarderà tra l’altro le piccole e medie opere, la rigenerazione urbana, le risorse per le politiche abitative etc…
La manovra inoltre prevede per gli enti territoriali anche l’obbligo dal 2025 al 2029 di diminuire la spesa corrente, cioè quella destinata al funzionamento ordinario delle amministrazioni (stipendi, prestazioni sociali, consumi, etc). Per i Comuni la misura vale 430 milioni solo nel 2025, sommando gli effetti di questa legge di bilancio e di quella precedente. Questa cifra però rimarrà nelle casse dei sindaci e potrà essere utilizzata l’anno successivo, per finanziare investimenti o ridurre il disavanzo, nel caso di amministrazioni comunali con i bilanci in rosso. Secondo il rappresentante dell’Anci Canelli, questa possibilità attenuerebbe l’impatto della sforbiciata. E a rendere meno amara la pillola sarebbe anche la previsione di nuovi trasferimenti statali nelle casse comunali, come quelli per l’assistenza ai minori e al fondo di solidarietà comunale.
Enrico Flaccadoro – ascoltato in Commissione alla Camera in rappresentanza della Corte dei Conti – ha sottolineato però come l’operazione sia tutt’altro che neutra. La legge di bilancio infatti calcola una riduzione delle spesa corrente di 700 milioni tra il 2025 e il 2027. Di questa somma, solo 180 milioni si stima saranno utilizzati per maggiori investimenti. Il tutto a fronte di un taglio dei trasferimenti statali, che per le infrastrutture vale più di un miliardo. Inoltre, hanno osservato i magistrati contabili, il rischio è quello di aumentare i divari territoriali. Solo i Comuni con i conti in ordine infatti potranno usare i risparmi dalla spesa corrente, per aumentari gli investimenti, mentre gli altri dovranno usarli per ridurre il disavanzo. Ma spesso sono i centri con bilanci in rosso ad avere più bisogno di interventi infrastrutturali, per migliorare la qualità di vita dei cittadini.
Secondo le stime presentate alla Camera dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, nel periodo 2025-2034 i tagli ai trasferimenti per investimenti dallo Stato agli enti territoriali ammontano complessivamente 8,9 miliardi, mentre l’aumento derivante dall’utilizzo degli accantonamenti dalla spesa corrente è stimabile attorno a 4 miliardi, meno della metà. Anche dalla presidente dell’Upb Liliana Cavallari peraltro ha spiegato come questo sistema potrebbe penalizzare le aree più fragili del nostro Paese, mettendo a rischio ad esempio il rispetto del vincolo del 40 percento delle risorse da assegnare al Mezzogiorno.
Sul punto è intervenuto infine il rappresentante della Conferenza delle Regioni Marco Alparone (vicepresidente della Lombardia, in quota Fratelli d’Italia). Pur lodando l’incremento dei fondi destinati agli enti regionali per la sanità e per i trasporti, Alparone ha ammesso che l’imposizione di accantonare quote di spesa corrente potrebbe tradursi in una minore erogazione di servizi o in un aumento delle tasse, per compensare le perdite.
Meno assunzioni e investiementi
A tutto questo va aggiunto il nuovo parziale blocco delle assunzioni previsto dalla manovra, per cui dal prossimo anno le amministrazioni pubbliche potranno sostituire solo il 75 percento del personale in uscita. Per bocca del sindaco leghista di Novara Alessandro Canelli, l’Anci ha chiesto di rivedere una norma che “sballerebbe i piani di assunzioni dei Comuni, impedendo di sostituire tutto il personale, anche a chi ha spazio per farlo”. Su questo tema, la Corte dei Conti ha sottolineato come la legge di bilancio preveda tra le altre cose un taglio di quasi 8mila posti nelle scuole, tra insegnati e personale amministrativo. Una ghigliottina che – se non valutata per tempo – potrebbe mettere in dubbio il normale iter di formazione delle classi e di avvio del prossimo anno scolastico.
Per quanto riguarda la sepending review a livello di Stato centrale, poi, tutti gli esperti ascoltati in Commissione alla Camera hanno criticato la logica dei tagli lineari, che impone una riduzione media del 5 percento della spesa ai ministeri, senza farsi troppe domande su come conseguirla, privilegiando l’esigenza di garantirsi risorse certe, il prima possibile. Per Bankitalia “anziché procedere uniformemente su tutti i capitoli, sarebbe opportuno selezionare le voci interessate dai tagli e dalle rimodulazioni, sulla base di specifiche analisi”, così da valutare quali siano gli esborsi inefficienti da eliminare e quale no. In questo contesto, la Corte dei Conti calcola una diminuzione complessiva tra il 2025 al 2027 di 3,7 miliardi nella spesa per gli investimenti, interrompendo la crescita degli ultimi anni. A salvarsi sono solo gli appostamenti per per la Difesa e la sicurezza del territorio, mentre per gli altri dicasteri è stimata una riduzione media del 25 percento.
(da Fanpage)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
GLI STUDENTI DEL LICEO ARCHIMEDE SI MOBILITANO
Christian Raimo è stato sospeso dall’insegnamento per tre mesi, con al decurtazione del 50% dello stipendio. L’insegnante e scrittore è stato colpito dal provvedimento disciplinare, perché secondo l’Ufficio Scolastico Regionale, nel suo ruolo di docente non potrebbe criticare l’istituzione per la quale lavora.
Dopo le polemiche e l’ammonimentoper le parole sul caso di Ilaria Salis, nel mirino sono finite le dichiarazioni di Raimo durante un dibattito pubblico sulla scuola alla festa nazionale di Alleanza Verdi Sinistra, in cui parlava del ministero dell’Istruzione come il punto debole del governo su cui mobilitarsi (con un paragone con la “Morte Nera” di Star Wars), criticando duramente l’idea di scuola del ministro Giuseppe Valditara.
La notizia dell’istruttoria disciplinare nei confronti di Raimo lo scorso settembre, ha portato alla mobilitazione di intellettuali, attori, musicisti, scrittori, registi, che hanno reso pubblica una lettera di solidarietà denunciando il clima d’intimidazione nei confronti del dissenso. “Crediamo che la voce e la passione di Christian Raimo siano un valore importante per il dibattito sulla scuola pubblica, che è e deve restare luogo di confronto di idee e crescita democratica, e che per questo Raimo vada difeso da questo attacco. Crediamo soprattutto che, lungi dall’essere un caso personale, questo genere di norme e di provvedimenti – di cui il disegno di legge “Sicurezza” in via di approvazione è esempio tristemente calzante – assomiglino a quelle di governi che chiamiamo democrature. Cioè democrazie solo formali, sospese, regimi, e non democrazia liberali che abbiano a cuore la libertà di espressione e di critica come principio fondante”, si legge nella lettera firmata tra gli altri da Zerocalcare, Roberto Saviano, Nicola Lagioia, il premio Nobel Giorgio Parisi, Daria Bignardi, Vasco Brondi, Chiara Valerio, Sandro Veronesi, Matteo Garrone, Carlo Ginzburg e molti altri.
Alla notizia del provvedimento di sospensione, studentesse e studenti del liceo dove Raimo insegna, l’Archimede di via Vaglia in III Municipio, hanno deciso di mobilitarsi. All’ingresso hanno volantinato e affisso uno striscione con su scritto “Tre mesi di sospensione per un’opinione”, manifestando la loro solidarietà, poi hanno convocato un’assemblea d’istituto straordinaria per le 9.30, autorizzata dalla dirigente scolastica, per discutere di quanto accaduto.
(da agenzie)
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Novembre 7th, 2024 Riccardo Fucile
LA SVOLTA NELLE INDAGINI: IL COLONNELLO AVREBBE ORGANIZZATO IL DELITTO E PROVATO A CANCELLARE LE PROVE
Gli hanno perquisito la casa a Roma e poi lo hanno arrestato. Quattordici anni dopo l’omicidio del sindaco pescatore Angelo Vassallo, c’è un arresto eccellente. È finito in cella il colonnello Fabio Cagnazzo, per anni a capo della compagnia di Castello di Cisterna e da tutti ritenuto punta di diamante dei reparti investigativi dell’arma. È accusato di omicidio, per aver concorso nella realizzazione del delitto consumato il 5 settembre del 2010 ad Acciaroli. Una svolta attesa da tempo, che per altro era stata annunciata anche da un lungo interrogatorio sostenuto da Cagnazzo un anno fa. Difeso dalla penalista napoletana Ilaria Criscuolo, Cagnazzo ha sempre negato ogni responsabilità nel delitto. In un interrogatorio di otto ore, aveva spiegato le sue mosse in quella lunga notte cilentana, dove era solito trascorrere le vacanze. Ma veniamo anche alle accuse formalizzate nel corso di una ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del Tribunale di Salerno, su richiesta della procura di Giuseppe Borrelli.
Avrebbe organizzato il delitto e avrebbe anche provato a cancellare le prove, attraverso la rimozione di alcuni filmati di una telecamera: i supporti delle registrazioni delle videocamere vennero portati a Castello di cisterna, con una iniziativa formalmente al di fuori di ogni regola, dal momento che in quel momento Cagnazzo non aveva alcuna delega di indagine
Sul punto – tramite il suo legale – Cagnazzo ha sempre ricordato di aver voluto dare un contributo cattivo alle indagini. E si è sempre dichiarato innocente. Insieme con Cagnazzo, stati arrestati anche il figlio del boss nonché collaboratore di giustizia Romolo Ridosso del clan di Scafati Loreto-Ridosso, l’imprenditore Giuseppe Cipriano e l’ex brigadiere dell’Arma Lazzaro Cioffi. Il raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Roma ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare in carcere.
Il movente dell’omicidio Vassallo
Droga. Un grosso carico di droga sbarcato ad Acciaroli, la perla del Cilento. Il sindaco Angelo Vassallo si era opposto con tutte le sue forze, pronto a denunciare anche esponenti delle forze dell’ordine che lui riteneva collusi. Giunto sotto casa, quella notte, l’incontro con una persona che conosceva. L’omicidio. E il silenzio lungo 14 anni, rotto questa mattina dal blitz del Ros in casa Cagnazzo.
(da agenzie)
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