Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
“INACCETTABILE QUANTO ABBIAMO POTUTO OSSERVARE IN DIVERSE IMMAGINI, GLI AGENTI NON SIANO CARNE DA MACELLO PER ALTRI FINI”… IL SOLITO SCHEMA GIA’ VISTO IN PASSATO: IL GOVERNO PERMETTE PROVOCAZIONI, FOMENTA DISORDINI PER POI SPECULARCI SOPRA
“Condanniamo con fermezza la violenza, indipendentemente dalla sua origine. Tuttavia, riteniamo inaccettabile quanto abbiamo potuto osservare in alcune immagini che mostrano uno dei leader dei movimenti di estrema destra dare ordini ai funzionari responsabili dell’ordine pubblico”.
La denuncia della segreteria nazionale del Silp Cgil arriva quando la polemica è più che mai cruenta. E vi si legge nero su bianco, nella nota diffusa, che c’era qualcuno di Casapound o della Rete dei Patrioti che durante il corteo neofascista “dava ordini ai funzionari pubblici”.
Un fatto gravissimo che il sindacato dei poliziotti stigmatizza, aggiungendo che chi ha deciso di consentire la manifestazione neofascista, “non ha tenuto conto del contesto delicato in cui si sono svolte le manifestazioni e ha posto i presupposti per l’intensificarsi di scontri e tensioni”.
La segreteria nazionale del sindacato ricorda che la sicurezza pubblica deve essere assicurata “senza infiltrazioni né pressioni esterne da alcun gruppo o movimento politico”. Il sindacato fa appello all’unita delle forze dell’ordine, “che per altro non vanno mai neppure tirate per la giacchetta”.
E ancora, il Silp Cgil esprime “la propria solidarietà alle poliziotte e ai poliziotti che sono stati coinvolti nei gravi incidenti avvenuti a Bologna, in occasione della manifestazione di movimenti neofascisti, di estrema destra e di gruppi antagonisti”. E ricorda come “questi eventi inaccettabili riportino purtroppo a situazione già conosciute, dove le lavoratrici e i lavoratori in divisa si trovano spesso a dover affrontare le conseguenze di tensioni sociali e scontri pubblici, senza che vengano adeguatamente protetti e rispettati”.
I poliziotti della Cgil attaccano ricordando che gli agenti “non sono carne da macello”, e sottolineano come “la concessione di spazi di manifestazione a movimenti con forti connotazioni fasciste, specialmente in luoghi simbolici come piazza XX Settembre a Bologna, che ricorda alcuni tra i più gravi episodi di violenza neofascista della storia italiana, appaia non solo inopportuna, ma anche irresponsabile”.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
CAMPAGNA DI PRESENZA E ASCOLTO NELLE STAZIONI FERROVIARIE CONTRO I PERENNI RITARDI DEI TRENI… NON SI VOTA SOLO CONTRO, OGNI NO DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA UNA PROPOSTA ALTERNATIVA
Elly Schlein, che oltretutto è mezza americana e conosce bene quel Paese, non fa che pensare e ripensare a ciò che è accaduto nel martedì maledetto per i progressisti di tutto il mondo.
I ragionamenti che si fanno al Nazareno, per evitare che la destra spadroneggi anche qui, ma intanto governa, sono di questo tipo: ritrovare il rapporto con la gente, parlare dei bisogni delle persone, insistere sul temi forti di interesse quotidiano dei cittadini: sanità uber alles (ossia attese ospedaliere, tagli nel welfare e ieri ha avvertito: «Stiamo raggiungendo il minimo storico di spese sanitarie») e trasporti che non funzionano (eccola infatti l’altro giorno al presidio dei conducenti dei bus in sciopero). Elly come sinistra al caviale? Macchè!
La nuova fase di Schlein è quella dell’orizzontalità al massimo livello e nel massimo sforzo. E del format pop e laburista. La vedremo dunque alla manifestazione della Cgil e della Uil, il 29 novembre per lo sciopero generale? Non ha ancora deciso la segretaria del Pd se essere affianco a Maurizio Landini, ma ci sta pensando.
La sua strategia del, chiamiamolo gergalmente così, “gentismo” ossia calarsi nella vita vera delle persone e nelle loro esigenze quotidiane perché come s’è visto anche negli Stati Uniti a favore di Trump è l’unica strategia che funziona (ma Gramsci c’era arrivato prima di The Donald quando parlò della necessità della «connessione sentimentale» tra partito e popolo), farebbe pensare che andrà in piazza. Anche perché potrebbe esserci Conte con Landini ed è meglio marcare il territorio.
Questo si vedrà. Intanto, tra la sconfitta di Kamala, le elezioni in Umbria e in Emilia Romagna (in questi giorni sta facendo la spola), le difficoltà di Conte che portano sconquasso nell’ex campo largo, la segretaria del Pd ha bisogno di ridefinire il profilo della sua leadership.
La lotta sulla manovra economica, e si sta lavorando a emendamenti comuni con le altre opposizioni, al Nazareno la considerano un passaggio fondamentale. «Non dobbiamo essere soltanto contro ma che pro», è la linea che ha tracciato Schlein. Significa che per ogni critica alla legge di stabilità verrà presentata in Parlamento e nelle piazze una controproposta sostenibile, cioè basata sulla chiarezza del dove e come verranno trovate le risorse per concretizzarla.
Schlein in direzione del partito ha chiesto a tutti i dirigenti e militanti del Pd si sparpagliarsi nei centri minori dell’Italia profonda, nelle cosiddette aree interne, nell’enorme periferia del Paese – che non è ztl e che in piccolo è l’equivalente dell’America dove ha vinto Trump – per ascoltare, proporre e sforzarsi di recuperare alla sinistra il non voto dilagante.
C’è un report che sui tavoli del nazareno viene letto e riletto che dice infatti questo: l’astensionismo riguarda soprattutto le aree dove i servizi sono meno garantiti. E queste non sono certamente i centri della grandi città.
In questa strategia nazional-popolare sono state individuate le stazioni dei treni come un luogo cruciale. La prossima settimana, sul modello del Pd Toscana che ha già cominciato questa campagna di ascolto del malcontento dei viaggiatori, è prevista una riunione dei responsabili della comunicazione delle varie federazioni locali del partito proprio per allestire la lotta contro i ritardi nei trasporti ferroviari. Quelli che, da Nord a Sud, penalizzano la vita degli studenti e dei pendolari.
Il diritto alla mobilità, ossia a una migliore qualità di vita per le persone e per le famiglie, come uno dei diritti civili in cima all’agenda Schlein. Il Nazareno ha questo frame: «Il nostro è un Paese in cui ogni giorno c’è qualcuno che parte con un’ora di ritardo».
(da Il Messaggero)
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Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
IL CRIMINALE SOSTIENE CHE NON ESISTE EMERGENZA CLIMATICA… NESSUNA LACRIMA PER LE VITTIME FUTURE DI CHI L’HA VOTATO, PER NOI POTETE SCHIANTARE
Donald Trump firmerà un ordine esecutivo che ritirerà ancora una volta gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima. E potrebbe farlo già nel suo primo giorno nello Studio Ovale, anticipa il Wall Street Journal citando figure vicine al presidente Usa in pectore, già al lavoro per redigere le bozze dei decreti.
Trump nelle scorse settimane ha ribadito la sua intenzione di non vincolare gli Stati Uniti ad alcuna riduzione delle emissioni di gas serra o ad altri impegni per la salvaguardia del clima e della natura. Il presidente uscente Joe Biden nel suo primo giorno in carica aveva riportato gli Stati Uniti nell’accordo firmato nell’era Obama, dopo che Trump l’aveva stralciato una prima volta nel 2019. Funzionari vicini a Trump hanno detto che l’ordine è stato redatto e sarà pronto per essere firmato nel suo primo giorno in carica alla Casa Bianca.
Cop29 e l’accordo di Parigi del 2015
L’indiscrezione arriva alla vigilia dell’inizio di Cop29, la nuova edizione della conferenza delle Nazioni Unite sul clima che proprio nel 2015 aveva dato vita al documento globale di Parigi. Con esso gli Stati firmatari si sono impegnati a mantenere il riscaldamento globale «ben al di sotto dei 2°C» e comunque a non discostarsi eccessivamente dagli 1,5°C rispetto al periodo preindustriale.
Nove Cop dopo, il 2024 si appresta ad essere il primo anno in cui la temperatura globale ha superato questa soglia, che gli scienziati considerano sicura per evitare le conseguenze più catastrofiche della crisi climatica. Secondo gli esperti, seguendo il trend attuale, entro fine secolo la Terra sarà di circa 3°C più calda del periodo preindustriale.
Donald Trump nega il cambiamento climatico
Durante la campagna elettorale, Trump ha fatto capire che l’economia statunitense del prossimo quadriennio sarà «svincolata», con meno regole e meno tasse. «Drill baby, drill» è il suo motto per il settore energetico, che nella visione del presidente in pectore deve aumentare il proprio consumo di combustibili fossili. Politica industriale “vecchio stampo” che va a braccetto con il negazionismo del cambiamento climatico di cui Trump è un noto esponente. Secondo lui, infatti, le sempre più evidenti catastrofi climatiche dovute all’impatto delle attività umane sulla temperature terrestre sono semplicemente un «complotto inventato dai cinesi». «Sotto la presidenza Trump, gli Stati Uniti sono diventati il produttore numero uno di petrolio e gas naturale al mondo, e presto torneremo a esserlo ponendo fine al Green New Deal socialista», si legge nel documento programmatico dei Repubblicani.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
“UNA COSA È LA CRITICA E UN’ALTRA COSA È LA RAPPRESENTAZIONE DI UN POTERE CHE ESONDA E DIVENTA ARBITRARIO ED EVERSIVO. TUTTO QUESTO È INACCETTABILE”
“Non c’è una soluzione di continuità, tutto sembra procedere come un canovaccio che avevamo tentato di abbandonare con un nuovo dibattito con le forze politiche sui temi che riguardano la giurisdizione. Direi che è addirittura peggiorato: prima erano i pubblici ministeri le toghe rosse e ora le toghe rosse ci sono invece dappertutto, anche nei tribunali civili che si occupano di immigrazione”. Così il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, a margine della sua partecipazione al convegno di Magistratura Democratica, rispondendo a chi gli chiedeva se il livello di conflitti con l’Esecutivo fosse cambiato rispetto ai tempi del governo Berlusconi.
“Una cosa è la critica e un’altra cosa è la rappresentazione di un potere che esonda e diventa arbitrario ed eversivo. Tutto questo è inaccettabile – ha aggiunto Santalucia – Noi critichiamo i disegni di legge quando sono in corso di elaborazione e questo accresce la qualità della nostra democrazia in quanto rende più ricco il dibattito, che deve portare a una decisione politica che non contestiamo mai. Il decisore politico è il Parlamento e noi ne rispettiamo la sovranità.
Quando interpretiamo la legge quello è il nostro compito, se c’è da criticare una legge nel senso di farne emergere le incompletezze, le carenze e le difformità dalla Costituzione o dal diritto sovranazionale lì non c’è da arretrare, c’è da tenere la posizione, perché questo è il nostro compito”.
Per Santalucia “un minimo di tensione conflittuale tra poteri contrapposti fa parte della dinamica della democrazia, certo quando una tensione conflittuale diventa scontro c’è qualcosa di patologico. Purtroppo non credo riguardi solo l’Italia. C’è un’insofferenza verso i giudici in varie democrazie anche nell’Occidente, è un momento difficile, bisogna adoperare tutti saggezza nel confronto e nella comprensione dei reciproci ruoli”.
“Temo che possa reinnescarsi una polemica che non giova a nessuno e confido che ciò che è stato scritto nei provvedimenti già emersi possa essere letto, compreso. Si può dissentire o meno, la parola la diranno la Corte di Cassazione e quella di Giustizia ma non c’è nessuna volontà di politicizzazione o di innescare uno scontro con le forze politiche”. Così il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, a margine della sua partecipazione al convegno di Magistratura Democratica, rispondendo in merito a possibili scenari dopo le ordinanze del tribunale di Roma domani sul trattenimento di nuovi migranti in Albania.
(da agenzie)
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Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
LO STAFF DEL CRIMINALE AL LAVORO: VUOLE DEPORTARE 13 MILIONI DI PERSONE, IL PIL AMERICANO SCENDERA’ DAL 4% AL 6%
Un piano per realizzare “la più grande deportazione di massa”. Mentre Donald Trump si prepara al tradizionale passaggio di consegne, che si terrà la prossima settimana con il presidente uscente Joe Biden, lo staff del tycoon sarebbe a lavoro su un costoso programma di espulsioni dei migranti irregolari presenti nel Paese.
A meno di una settimana dalle elezioni presidenziali americane che hanno consegnato la vittoria al leader repubblicano, il team di Trump starebbe studiando diverse ipotesi per realizzare la promessa del tycoon di deportare oltre 13 milioni di immigrati.
Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, l’idea della futura amministrazione Trump sarebbe quella di emettere nel primo giorno di insediamento – ovvero il 20 gennaio 2025 – una dichiarazione di emergenza nazionale, che autorizzerebbe l’utilizzo di fondi del Pentagono per il piano anti-migranti. Non solo, la dichiarazione permetterebbe di usufruire di strutture e mezzi militari per il trasferimento e la detenzione degli immigrati.In cosa consiste il piano anti-migranti di Trump
Il piano a cui starebbero lavorando i membri dello staff di Trump appare piuttosto complesso da attuare per una serie di ostacoli, di natura economica e legale.
In primo luogo, nelle intenzioni del tycoon ci sarebbe impiegare l’esercito statunitense per le attività di deportazione dei migranti e allo stesso tempo, eliminare dal Pentagono tutti quei dipendenti a lui ostili. Durante la prima presidenza Trump infatti, la relazione con i capi dell’esercito non è mai stata liscia e ora tra i vertici delle forze armate statunitensi c’è chi teme per il peggio. “Ci stiamo preparando per l’ipotesi peggiore anche se per ora non sappiamo cosa succederà”, avrebbe dichiarato alla Cnn un funzionario del Pentagono.
Il futuro presidente degli Stati Uniti sarebbe pronto inoltre, a forzare le leggi federali che vietano di ricorrere, senza un’autorizzazione del Congresso, ai corpi militari per mansioni spettanti alle forze di polizia, e obbligare così l’esercito a scovare e deportare i migranti irregolari.
Il programma al vaglio dello staff di Trump coinvolgerebbe anche i diplomatici americani presenti nei Paesi di provenienza delle persone destinatarie dei provvedimenti di espulsione.
Un altro ostacolo riguarda i costi del piano, che si preannunciano essere molto elevati. Secondo i calcoli dell’organizzazione no-profit American Immigration Council, deportare 13,3 milioni di migranti costerà alla Casa Bianca 315 miliardi di dollari, con ricadute dirette anche sulle tasche dei cittadini americani.
Dal momento che i migranti irregolari presenti sul Paese con il loro lavoro partecipano all’economia statunitense, secondo diversi analisti, la loro espulsione comporterebbe una perdita di circa 47 miliardi di dollari in tasse. A questo si aggiunge l’impatto negativo sul Pil, con un calo stimato tra il 4 e il 6%.
(da Fanpage)
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Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
“IN TASCA NON ABBIAMO IL LBRETTO DI MAO NE’ IL CAPITALE DI MARX, MA LA COSTITUZIONE”
«Non ho nessuna intenzione di andare allo scontro con il governo, è il governo che vuole fare uno scontro con me e io voglio sottrarmi. C’è stata una personalizzazione insopportabile. Ci sono dei giudici che cercano di fare il loro lavoro e c’è stato un pronunciamento unanime di tutte le comunità dei giuristi, dall’Unione delle camere penali alle associazioni dei professori di diritto dell’Unione europea: tutti hanno sostenuto che sulla supremazia del diritto europeo non ci si può fare nulla».
Queste le parole della presidente di Magistratura Democratica Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del tribunale di Roma, a margine del convegno di Magistratura Democratica a Roma. «Il fatto che chi cerca di applicare la Costituzione venga appellato come ‘giudice comunista’ mi preoccupa molto per lo stato della nostra democrazia e per il suo futuro. In tasca non abbiamo il libretto di Mao nè il Capitale di Marx, ma la Costituzione», ha precisato la toga.
da agenzie)
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Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
E PENSA A UN BLITZ PER L’ASSEMBLEA M5S
«Che sorpresa!». Beppe Grillo e i suoi fedelissimi giocano con l’ironia per commentare il report del Movimento 5 Stelle che propone di dimezzare i poteri del garante o eliminarlo del tutto. Il fondatore attende la Costituente di fine novembre e prepara le sue mosse. «Non c’è motivo per essere stupiti. Si tratta di un percorso scritto, già deciso», è il ragionamento che filtra dall’ala movimentista. Lo scontro con Giuseppe Conte, il tentativo di «grillicidio» sta per diventare realtà.
I report sono solo un antipasto: già domani il consiglio nazionale del Movimento si riunirà per definire l’ordine del giorno della kermesse. Se la strada è tracciata è altrettanto vero che il garante però non ha intenzione di darsi per vinto. Grillo medita come reagire e progetta il suo futuro. Una sola è la certezza: il fondatore del Movimento 5 Stelle ha chiaro in testa di voler continuare le sue battaglie. E vuole rilanciare il suo blog. Non a caso è stato avvistato questa settimana a Rimini alla fiera di Ecomondo. Alla manifestazione — dedicata ai temi ambientali, da sempre uno dei cavalli di battaglia del Movimento — Grillo ha dedicato un paio di giorni, visitando la fiera quasi «in incognito» (gli organizzatori hanno saputo della sua presenza quando già passeggiava tra i padiglioni).
C’è stato anche il rischio, sfiorato, di un incontro con Conte tra gli stand. L’ex premier era atteso venerdì alla kermesse (a Ravenna e Reggio Emilia), ma ha annullato all’ultimo i suoi impegni. Il duello è solo rimandato. Alla manifestazione in programma a Roma a fine novembre mancano un paio di settimane. E controbattere a ogni mossa — come ad esempio la pubblicazione dei report — non è nemmeno dirimente in questa fase. Grillo cerca nuovi spunti e nuovi rapporti. Anche con le aziende. Insomma, prova ad andare oltre lo scontro con il Movimento contiano e a ripartire dal lavoro. Perché? Anzitutto perché il fondatore, che propone un ritorno alle origini anche per i 5 Stelle, vuole risvegliare le coscienze della «sua» base.
Il fondatore non ha ancora sciolto la riserva se prendere parte o meno con un blitz alla Costituente. L’idea è in campo da mesi ma con tutta probabilità Grillo deciderà all’ultimo. Un effetto sorpresa. «Lui è uno showman, non un calcolatore — dice chi lo conosce bene —. Decide lui quando si accendono le luci e quando si spengono. E il discorso vale anche per il Movimento». Proprio per questo motivo è presumibile che Grillo intervenga ancora, sia prima dell’assemblea sia dopo. «Parlerà ai veri movimentisti, a chi ha creduto in quei valori e in quel progetto», assicurano. L’idea è fare presa il più possibile sulla base.
Una tappa importante potrebbe essere l’esito delle prossime Regionali in Emilia-Romagna e Umbria: un pessimo risultato potrebbe essere usato come megafono dal garante per interrogare gli iscritti sulle prospettive del progetto contiano. In ogni caso, il braccio di ferro non si esaurirà con le votazioni della Costituente. E nemmeno con eventuali (ma al momento ancora lontane) querelle legali. Il nodo diventa per Grillo identitario-politico. Le battaglie vanno oltre il M5S. D’altronde lui stesso ha detto che il Movimento è «compostabile». Insomma, comunque vada a finire, il fondatore si ritaglierà uno spazio da «coscienza critica».
Nonostante tenti di far buon viso a cattiva sorte, l’ala movimentista mastica amaro: vede nella Costituente uno schiaffo al fondatore e la fine di un progetto in cui alcuni hanno investito tre-quattro lustri. C’è chi ricorda l’aforisma tanto caro a Gianroberto Casaleggio: «Non si può sconfiggere una persona che non si arrende mai». L’impressione è che alla fine, dopo parole e proclami, ci sarà davvero una conta sugli iscritti. Un motivo in più per Grillo per risvegliare il suo popolo e rispolverare vecchie battaglie. «D’altronde — ripetono le persone che lo conoscono —: è lui lo showman, è lui che decide quando cala il sipario».
(da corriere.it)
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Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
LA BASE PROPONE UNO STRAPPO NETTO… MOLTI NON VOGLIONO PERO’ TOCCARE IL LOGO: “RISCHIOSO, PUO’ ESSERE UN FAVORE A GRILLO”
Non ora, non qui, non così. L’ipotesi di cambiare il simbolo e soprattutto il nome del Movimento trabocca dai tavoli della Costituente, riversata nella relazione della società Avventura Urbana che ieri ha ufficialmente riassunto il lavoro dei 330 sorteggiati – iscritti e simpatizzanti – che dovevano ripensare l’identità e la rotta dei Cinque Stelle. Ma diversi big del M5S, che da settimane ne discutevano riservatamente anche con Giuseppe Conte, respingono – e temono – l’ipotesi di cambiare sigla sociale. “Una scelta del genere potrebbe portarci un mare di guai” sussurra un contiano di lungo corso.
Troppo presto, è l’idea diffusa ai piani alti, per fare un salto del genere, che richiederebbe tempo per far assimilare il nuovo nome, assieme a un bel po’ di risorse economiche per diffonderne notizia. E poi rinunciare alle Cinque Stelle o al nome Movimento sarebbe un assist al nemico, cioè all’ancora garante Beppe Grillo (ma gli iscritti propongono di eliminare la sua carica o quanto meno di ridurne i poteri e soprattutto la durata, ad oggi vitalizia). Secondo Conte e i suoi non ha più diritti sull’uso del simbolo, causa l’accorso sui 300 mila euro l’anno come consulente della comunicazione. Ma vai a litigare, in caso di frattura e annessa rinuncia alla sigla. Però la proposta se ne sta lì, nel report sulla Costituente. E in teoria potrebbe finire tra i quesiti che verranno messi in votazione per gli iscritti. Una mina, piazzata sul web. Nell’attesa, c’è già chi dice no. Come il capogruppo alla Camera, Francesco Silvestri, a Sky Tg24: “Dopo l’assemblea costituente il M5S si chiamerà Movimento 5 Stelle, avrà sempre la V rossa al centro del simbolo, le cinque stelle, e soprattutto avrà Conte come leader politico”. Mentre la vicepresidente Chiara Appendino lo aveva già detto al Fatto lunedì scorso: “Penso che il simbolo non si debba toccare”. E anche sul nome, l’ex sindaca è per rimanere così. Ma c’è anche chi non si pone confini. Per esempio la presidente della Regione Sardegna, la contiana Alessandra Todde, che sempre sul Fatto venerdì è stata chiara: “Cambiare nome? Io non ho tabù”.
In queste settimane c’è chi internamente ha teorizzato il coraggio di cambiare tutto, per segnare la cesura con l’epoca di Grillo e dei Casaleggio. Insistendo. Conte ha ascoltato le varie posizioni in campo. Ma è attendista e in linea generale scettico, rispetto a una rivoluzione che comunque dovrebbe passare per gli iscritti. Compresi alcuni di quei 330 sorteggiati che sul cambio di simbolo hanno formulato una selva di proposte. Partendo da quella che sembra quasi naturale, ossia l’eliminazione dal simbolo della dicitura blogdellestelle.it, che non ha più alcun collegamento con il M5S. E atterrando poi sulla possibilità di adattarlo a “battaglie politiche attuali”, come è successo per le Europee, dove al simbolo è stata aggiunta la scritta “pace”.
Però il vero punto cruciale ad oggi sono i quesiti da porre in votazione tra gli iscritti. Perché, ovviamente, come verranno scritti farà la differenza. “L’ultima parola su questo spetterà al presidente”, ricordano dal Movimento. Ossia a Conte, consapevole che i parlamentari sono molto agitati sul tema. Non a caso, domani mattina è prevista una riunione del Consiglio nazionale, che raduna i dirigenti a vario titolo del M5S, per discutere dell’ordine del giorno dell’assemblea costituente a Roma del 23 e 24 novembre. Ovvero dei quesiti da mettere sulla piattaforma. Da scrivere con cura anche per schivare eventuali ricorsi. Il nervosismo dei parlamentari è comprensibile, visto che al voto finirà anche la modifica della regola totem dei due mandati, su cui è possibile un quesito multiplo. Perché tra le varie opzioni la base ha proposto innanzitutto un lodo su cui Conte ragiona da tempo, ossia la possibilità di “due mandati per ciascun livello amministrativo”, assieme alla cancellazione dei limiti per le cariche di sindaco o presidente di regione. Ma tra le proposte c’è anche quella di deroghe ai due mandati, “che siano proposte dai vertici o dal basso e ratificate con una votazione dall’assemblea degli iscritti”. Altra idea che potrebbe tornare utile, magari solo per i parlamentari, combinandola con l’abolizione dei limiti per le candidature a livello locale. E sarebbe un’altra soluzione gradita all’ex premier, raccontano voci di dentro.
A guardare da fuori c’è anche la segretaria del Pd Elly Schlein. Diversi 5 Stelle raccontano di colloqui informali, in cui la dem avrebbe formulato per la Costituente grande “attenzione”, da tradursi con preoccupazione. “Se non tiene la leadership di Conte, per lei sarebbe un problema gigantesco” sostiene un contiano. Nonostante le polemiche nel post Liguria sui rispettivi rapporti, Schlein deve ancora scommettere sull’avvocato, che vuole tenere i 5 Stelle con i progressisti. Nonostante tutti i rancori incrociati.
(ilfattoquotidiano.it)
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Novembre 10th, 2024 Riccardo Fucile
GIOVANISSIMI OSSESSIONATI DALL’ASPETTO FISICO E DAI GIOIELLI DIVENTANO CRIMINALI, LA CAMORRA LASCIA FARE, TUTTO LE TORNA UTILE
Emanuele ammazzato il 24 ottobre, Santo ammazzato il 2 novembre, Arcangelo ammazzato il 9 novembre. Emanuele aveva 15 anni, Santo 19, Arcangelo 18. E’ questa l’età in cui si muore ammazzati. Non vi stupisce il silenzio del governo? Del governo comunale, regionale, nazionale? Non mi stupisce, la risposta del resto quale dovrebbe essere, la solita: «Più polizia, più posti di blocco».
Da quanto si fa così senza risolvere molto, anzi quasi nulla? Da sempre. Eppure quello che sta accadendo non è qualcosa di inaspettato, o nuovo, semplicemente è inosservato. Perché si muore così giovani? Perché così tante vittime? Non è una singola faida, non sono tutti collegati nello stesso conflitto. Facciamo ordine: cosa conta oggi? Cosa conta per un ragazzino (in realtà per tutti) più di ogni cosa? Il denaro. Cosa porta il denaro? Bellezza, stile, essere figo, essere carismatico. Cosa porta carisma e denaro? Comandare, poter sedurre, piacere. E come fai ad arrivarci in una realtà dove non esistono contratti, dove il lavoro nero è per sempre, dove ogni risparmio e ogni progetto spesso sono impossibili? Entri in una paranza, o inizi ad atteggiarti a gran duro per promuoverti e provare a trovare uno spazio. Scegli di avere una pistola, uccidere ed essere ucciso il destino.
Ovvio che non tutti fanno questa scelta, ovvio che c’è chi in miseria e difficoltà non diventa un paranzino, un killer, un camorrista, ma la forza di una catena si misura sul suo anello più debole. Vi immaginate esseri violenti, da favela, strafatti di cocaina e crack. Nulla di tutto questo. Sono ragazzini che passano la vita ad ascoltare brani che parlano d’amore e tradimento, ossessionati dall’aspetto fisico e dall’essere brillanti, in continuo corteggiamento con le ragazzine e i loro amici, nel sogno di essere considerati i più simpatici, diventare i più ricchi, essere temuti dai più fessi. Questo sono, e queste fragili ambizioni li portano dritti nella scalata criminale.
Vittime, spesso colpevoli, ma sempre vittime. Le vittime colpevoli sono coloro che scelgono di uccidere, di spacciare, di fare del male ma si ritrovano trascinati dalla violenza che loro stessi credono di scegliere. E ormai stiamo assistendo all’emergere di faide su faide, tutte combattute da ragazzini, anche se spesso nessuno di loro viene da famiglie camorriste.
Arcangelo Correa è stato ucciso da una pistola che passava di mano in mani tra ragazzini. Era incensurato, i suoi genitori commerciati con un negozio di vestiti, suo cugino Luigi Caiafa nel 2020 era stato ucciso a 17 anni dai falchi della polizia. Aveva tentato una rapina con una pistola finta e nell’inseguimento venne ammazzato: secondo le dichiarazioni della polizia aveva puntato la pistola finta contro di loro, secondo gli avvocati dei familiari la polizia gli aveva scaricato addosso proiettili per costringerlo a fermarsi. Proprio il fratello di Luigi si è costituito, lui ha sparato in fronte al cugino, dichiara per errore. Armi in mano, armi nei jeans sul coccige; tenute assicurate al corpo dall’elastico della mutanda e dalla cintura. Armi che sparano e uccidono per gioco.
Una situazione di guerra costante dove il rischio della morte non esiste, c’è la certezza di morte. Questo è il valore aggiunto che hanno nella prassi criminale i ragazzini, nessuna paura di morire, la leggerezza con cui considerano il carcere come una necessità per diventare uomini.
Anche quando non sono camorristi ambiscono ad esserlo: c’è una foto pubblicata sul Corriere della Sera di qualche giorno fa che ritrae il 20enne assassino Francesco Pio Valda (che uccise nel marzo 2023 l’innocente 18enne Francesco Pio Maimone) insieme al presunto assassino diciassettenne di Santo Romano (ucciso a San Sebastiano al Vesuvio) che condividono una magnum di Champagne con uno dei figli dei capi del clan Aprea di Barra. I riferimenti sono sempre loro, i vincenti, i ricchi, coloro che dispensano generosità e condanne: presto vivere, presto morire.
Ma le vecchie famiglie? Le famiglie camorriste fanno fare, usano e gestiscono, le paranze sono utili sia governate da loro sia quando lasciano fare per poi aggiustare gli equilibri, affiliarli o farli arrestare, sparare loro per uno sgarro o farli crescere. Non dimenticando che molti dei loro figli, intendo delle famiglie storiche, sono proprio loro parte delle paranze. Arcangelo è morto al centro storico, il luogo dove nacque dieci anni fa la prima paranza, «la paranza dei bambini» il primo gruppo camorristico strutturato composto da ragazzini.
Oggi l’imperativo dev’essere disarmare Napoli, togliere armi in circolazione ma investire, investire, investire. Formazione, scuole aperte tutto il giorno, assumere e trasformare professori disponibili in maestri di strada, e ancora corsi, corsi e corsi professionali. Questo per iniziare a sottrarre una prima leva di ragazzini pronti a sparare. Il modello Caivano proposto dal governo non solo è stato inefficace ma ha peggiorato la situazione portando in carcere una massa di minorenni e di fatto «professionalizzandoli» al crimine. Queste morti continueranno, e le faide con il progressivo crescere della miseria saranno sempre più feroci: cocaina, erba, eroina e anfetamina i turisti, non vogliono altro e le paranze non vedono l’ora di potergliele vendere. Questa realtà non è Napoli, questa realtà è il mondo.
Roberto Saviano
(da corriere.it)
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