Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
IL NODO DEL REFERENDUM: SARÀ LA CASSAZIONE, ENTRO METÀ DICEMBRE, A DECIDERE SE SONO AMMISSIBILI… ESULTANO LE OPPOSIZIONI. SCHLEIN: “SALVINI VOLEVA REGALARMI UNA COPIA DELLA COSTITUZIONE, PUO’ TENERSELA E REGALARLA ALLA MELONI”… “L’AUTONOMIA L’HANNO SCRITTA GLI STESSI DELL’ALBANIA”
Le norme dichiarate illegittime cadono, non sono più in vigore. Essendo soltanto una parte della legge, che per il resto rimane valida, e trattandosi di una parte importante – perché riguarda, tra l’altro, l’attribuzione delle competenze alle Regioni e la definizione dei Lep (Livelli essenziali di prestazioni) – la Consulta invita il Parlamento a intervenire per colmare i vuoti creati: così com’è dopo i «tagli» la legge non potrebbe funzionare.
Per le opposizioni, è un giorno di rivalsa.
Le opposizioni festeggiano la bocciatura da parte della Consulta di gran parte dell’impianto dell’autonomia differenziata. Ma la sentenza della Corte potrebbe sottrarre al centrosinistra l”arma’ del referendum. Rischiano di essere superati? Per capirlo, dice a caldo il costituzionalista Stefano Ceccanti, occorrerà aspettare la “sentenza definitiva” che uscirà solo nelle prossime settimane.
Attorno alla raccolta firme per il referendum si era realizzato nei mesi scorsi in uno pochi momenti di unità delle opposizioni con tanto di manifestazione in piazza Santi Apostoli con tutti i leader.
Nell’attesa di capire se il referendum si potrà fare o meno, Italia Viva comunque continua a spingere per la consultazione e “cancellare” definitivamente la riforma Calderoli.
Azione invece invita ad aprire “una riflessione seria”, ora che la Consulta “ha demolito” la legge, in Parlamento visto che il provvedimento è stato rispedito alle Camere per le correzioni necessarie rilevate dai giudici costituzionali. Al di là delle differenziazioni, tutte le opposizioni esultano per lo stop.
Con il Pd a rimarcare ‘ve lo avevamo detto’ che così la legge non sarebbe passata. “Qualche mese fa il ministro Salvini si è rivolto a me dicendo che l’autonomia è prevista nella Costituzione e me ne avrebbe regalato una. Può tenersela e regalarla alla Meloni, che se la rileggano insieme. Bastava leggere insieme la Costituzione per evitare l’ennesimo flop, e non è l’unico”, sottolinea Elly Schlein.
Per Giuseppe Conte “Meloni, Salvini e Tajani volevano fare a pezzi il tricolore e la nostra unità. L’Italia è una e solidale, la difenderemo sempre, con la massima determinazione. Con la più intensa passione. Se ne facciano una ragione”.
E ancora Nicola Fratoianni: “Finisce malissimo lo Spacca Italia. La Corte costituzionale ha letteralmente fatto a pezzi la legge voluta a tutti i costi dalla destra facendone emergere tutte le caratteristiche antidemocratiche e pericolose per la tenuta del Paese”.
Mentre Angelo Bonelli rimarca: “La sentenza è una demolizione della legge Calderoli e lo stop del mercimonio politico tra Meloni e Salvini, che scambiano il premierato con l’autonomia differenziata. L’Italia non è in vendita”. Per il responsabile Riforme Pd, Alessandro Alfieri “la Corte Costituzionale riconosce molte delle questioni che come Partito Democratico abbiamo sollevato e sono state oggetto di aspro confronto parlamentare con la maggioranza”, compresa quella della clausola “di invarianza finanziaria, una solenne presa in giro, non si fanno le nozze coi fichi secchi.Che dire? Colpita e affondata”. Per Dario Nardella si tratta di uno “schiaffo all’arroganza del Governo Meloni e al disegno perverso di smantellamento del sistema istituzionale italiano. Prevarrà ora finalmente la ragionevolezza di fermare completamente questa riforma assurda?”.
Mentre Marco Sarracino, responsabile Sud della segreteria Schlein, mette sul tavolo le dimissioni di Roberto Calderoli. Una richiesta rilanciata anche da Peppe Provenzano: “‘L’autonomia differenziata del governo Meloni fa la fine che doveva fare: bocciata per incostituzionalità. Tutte le norme più rilevanti della legge sono state dichiarate illegittime dalla Consulta. Ora, la Calderoli deve tornare in Parlamento. Il Calderoli dovrebbe andare a casa”. Ironizza Filippo Sensi: “Mi sa che st’autonomia l’hanno scritta gli stessi dell’Albania…”.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
E LA SPESA PER L’OPERA INUTILE E PERICOLOSA SALE A 14,7 MILIARDI (PER ORA…)…BONELLI: “UN GOLPE CONTRO LE PRIORITA’ DEL SUD”
Al pronti via, incassato il primo via libera dal ministero dell’Ambiente, il progetto del Ponte lievita nei costi a carico dello Stato. Ma c’è di più. La spesa sarà per quasi a metà tutta a carico del Fondo di sviluppo e coesione i fondi destinati a ridurre di divari infrastrutturali e sociali nel Paese. Soldi che servivano per una miriade di opere e interventi nel Mezzogiorno soprattutto.
La Lega, a firma del capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, ha presentato una emendamento che rimodula i costi per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. L’emendamento prevede 1,2 miliardi in più rispetto ai 13,5 previsti con la manovra economica dello scorso anno. Si legge nel testo: “Al fine di consentire l’approvazione da parte del Cipess, entro l’anno 2024, del progetto definitivo del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, nelle more dell’individuazione di fonti di finanziamento atte a ridurre l’onere a carico del bilancio dello Stato, è autorizzata la spesa complessiva di 6,9 miliardi di euro”, più “6,1 miliardi” più “1,6 miliardi”. Totale, 14,7. Ma c’è di più. Con un tratto di penna vengono impegnati per 6,1 miliardi i Fondi di sviluppo e coesione: nella scorsa manovra di questi fondi per il Ponte l’impegno era di meno di un miliardo.
Insomma, il Ponte porterà a minori investimenti su altre opere e progetti destinati a ridurre divari territoriali, secondo questo emendamento. Protesta l’opposizione, a partire da Alleanza verdi e sinistra: “Un golpe contro le priorità del sud – dice Angelo Bonelli – prosciugano il fondo di sviluppo e coesione che serve per fare scuole, ospedali, per dare ancora soldi al ponte. L’unica opera che rimarrà in piedi secondo Salvini in caso di sisma perché tutto il resto andrà in macerie. Siamo nelle mani di irresponsabili. Con il precedente finanziamento hanno azzerato il fondo nazionale per il trasporto rapido di massa ora prosciugano il fondo di sviluppo e coesione”.
(da La Repubblica)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
SMONTATI I NODI PRINCIPALI DELLA LEGGE CALDEROLI
Più che uno stop, uno schiaffo sull’autonomia differenziata. La Corte costituzionale, che ha chiuso in serata la camera di consiglio durata due giorni sui rilievi posti dai ricorsi delle regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge, ma – come ci si attendeva – smonta alcuni dei nodi principali della legge Calderoli e “ravvisa l’incostituzionalità” di sette profili di legge.
La sentenza appena comunicata dalla Corte riserva dunque un esito ben più pesante di quanto temesse la Lega. Le motivazioni saranno depositate entro le prossime settimane, ma in due dense pagine i giudici spiegano in sintesi i contenuti della scelta.
“Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge – si spiega nella premessa – La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale”.
Sono aspetti centrali della legge quelli che appaiono demoliti o drasticamente penalizzati dall’analisi della Consulta.
In sintesi: “La possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà”; il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei cosiddetti Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni, “concernenti i diritti civili e sociali priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento”.
E ancora: “La previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) a determinare l’aggiornamento dei Lep”.
In altri termini, i Lep non possono essere determinati da un Dpcm, né sembra che avrebbe mai potuto raggiungere l’obiettivo l’attivismo del comitato voluto dal ministro Calderoli per fissare, in così breve tempo, da parte di giuristi ed esperti, i costi standard per servizi e diritti che aspettavano da venti anni di essere definiti.
Ma il comunicato della Consulta passa a esaminare gli altri profili di incostituzionalità accolti nella loro pronuncia: “La possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni”.
La Corte poi rimette al centro il principio di sussidiarietà. E sottolinea che la distribuzione delle funzioni legislativa e amministrative tra Stato e Regioni “non” deve “corrispondere all’esigenza di un riparto di poteri tra i diversi segmenti del sistema politico” ma deve avvenire “in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione”. È, dunque, “il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni”.
Poiché il fine dell’autonomia non è certo di aderire alle pretese delle Regioni ma “deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini”.
Specie in un Paese gravato dall’aumento dei divari.
(da La Repubblica)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
IL CARROCCIO SI È PRESO UNA QUARANTINA DI POLTRONE, AI MELONIANI SONO ANDATI I POSTI DI MAGGIORE PESO NELLE PARTECIPATE… GLI AZZURRI DI TAJANI SI CONSOLANO CON LE CONSULENZE… TUTTI I NOMI
La prima nomina del “governo del merito” è stata quella di Claudio Anastasio alla presidenza della società informatica di Stato 3-I. Amico della nipote del Duce, Rachele Mussolini che lo presenta alle sorelle Meloni per l’incarico di prestigio. Si dimetterà qualche settimana dopo, travolto dalle polemiche per aver citato in mail aziendali il discorso pronunciato da Benito Mussolini dopo l’assassinio di Matteotti.
Tra la prima nomina e le ultime, due anni di retorica sulla «fine dell’amichettismo», frase ripetuta fino a qualche giorno fa da Arianna Meloni. E una novantina tra ex deputati e dirigenti di partito di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia piazzati nei cda di enti, società di Stato e nei ministeri come esperti: seguendo sempre lo slogan caro alla premier sul «merito finalmente al governo».
Nel borsino degli incarichi affidati a politici in testa c’è la Lega con quaranta e più nominati, seguita da FdI con quasi trenta promossi e Forza Italia con una ventina di azzurri piazzati nel folto e ricco sottobosco di Stato. Il partito della Meloni con suoi dirigenti ha occupato le poltrone di maggior peso. In casa FdI basta essere anche solo amministratori locali per ambire a ruoli di tutto rispetto.
Così nella commissione Via del ministero dell’Ambiente sono andati tre consiglieri comunali di Perugia, Pisa e Albano Laziale: Margherita Scoccia, Raffaele Latrofa e Roberto Cuccioleta. Qualche settimana prima, invece, il governo aveva nominato Giovanni Quarzo nel cda del Gestore servizi energetici (Gse). Quarzo è il presidente del gruppo consiliare di FdI a Roma e, nelle grandi aziende di Stato, non è il solo consigliere comunale piazzato da FdI.
I meloniani però si sono concentrati soprattutto sulle grandi spa di Stato. Francesco Macrì, consigliere comunale uscente di Arezzo, è stato indicato nel cda di Leonardo. Alessandro Zehentner, candidato per i meloniani al Senato ma non eletto, è stato ricompensato con una posto di peso nel cda di Enel. Mentre Paolo Perrone, ex sindaco di Lecce, è stato scelto per la guida dell’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato.
Un pallino della Meloni, e del suo cerchio magico, è quello di prendersi spazio nei settori culturali di governo: ed ecco quindi la nomina del vicesindaco di Frosinone, e amico di Arianna, Fabio Tagliaferri ad Ales, società che gestisce i musei di Stato
Senza contare poi parenti e affini promossi a occupare poltrone, come il figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa, Geronimo, al Piccolo di Milano: nominato dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano, dimessosi dopo il caso Boccia
A proposito di conferme sulla «fine dell’amichettismo», in casa Lega non si contano i dirigenti riciclati nel sottogoverno: ed ecco così, solo per fare degli esempi, l’ex candidato sindaco a Verona, Roberto Mantonavelli, nominato nel cda di Sogesid; l’ex responsabile organizzazione della Lega nel Lazio, Isabella Cioffi, indicata nel cda di Cinecittà; l’ex senatore Paolo Arrigoni nel cda del Gse; Paolo Marchioni, ex sindaco di Omegna, nel cda di Poste
E, ancora, per il partito di Salvini, abbiamo l’ex consigliera regionale Francesca Attilia Brianza alla presidenza di Equitalia giustizia e l’ex segretario della Lega a Pavia Jacopo Vignati nel cda di Sogin.
Il Capitano ha poi piazzato, restando nell’ambito delle competenze del suo ministero, il consigliere di Aosta, Roberto Togni, nel cda della Società per il traforo, l’ex deputato Giovanni Battista Tombolato nell’assemblea Aci e il commissario della Lega in Calabria, Francesco Saccomanno, nel cda della società Stretto di Messina che deve realizzare il Ponte, la sua grande ossessione.
Gli azzurri di Forza Italia sono la terza gamba della coalizione e quindi arrancano sulle nomine.
Ma il segretario Antonio Tajani qualche colpo lo ha piazzato: come quello dell’ex deputato Giuseppe Moles nel cda del Gse, insieme all’ex senatrice Roberta Toffanin. E senza fare molto clamore Pichetto Fratin ha poi indicato l’ex deputato Marino Zorzato nella commissione Autorizzazioni integrate del ministero.
Tra gli azzurri non rieletti, e sono tanti, molti hanno ricevuto consulenze: l’ex deputata Maria Spena ha avuto un contratto dal vicepremier Tajani come esperta per «le filiere produttive», l’ex deputato Carmine De Angelis come «consigliere per le politiche degli enti locali», solo per citarne alcuni. Proprio il governo del merito.
(da La Repubblica)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
LEVANTE LOGISTICA, CHE OPERA TRA LE PROVINCE DI PISA E LUCA IN SUBAPPALTO PER AMAZON, LO HA LASCIATO A CASA PERCHÉ È RIENTRATO IN MAGAZZINO CON ALCUNI PACCHI NEL FURGONE
Doveva consegnare centocinquanta pacchi al giorno in circa sei ore di lavoro. Valter De Cillis, corriere tra Pisa e Lucca, ha trent’anni e non ha più un lavoro. Levante Logistica, che opera tra le province di Pisa e Luca in subappalto per Amazon, lo ha licenziato. Il motivo? De Cillis sarebbe tornato al magazzino con alcuni pacchi ancora nel furgone e non consegnati
I ritmi erano frenetici, si tratta di una consegna ogni due minuti e mezzo circa in un’area di più di quattromila chilometri quadrati. Numeri che, va da sé, non hanno permesso al giovane operaio di adempiere a tutti i suoi compiti. Ma ci sarebbe di più, come pubblicato in un video da Usb Pisa. A dirlo è lo stesso De Cillis: “Sono rimasto senza lavoro perché non mi limito a fare il corriere, sono pure sindacalista e lotto per migliorare le condizioni di lavoro mie e dei colleghi”.
Il corriere, racconta, è stato richiamato (circa una trentina di volte), poi sospeso e infine licenziato, secondo quanto detto da lui stesso, forse proprio per la sua attività nel sindacato Unione Sindacale di Base. De Cillis stesso ha parlato anche di “tre anni di vessazioni” da parte dell’azienda, nata in Puglia e con succursali in Toscana.
“Nel contratto nazionale con cui siamo inquadrati c’è la clausola del regime della discontinuità, che individua non meglio specificati momenti di inattività nella giornata di lavoro che non vengono retribuiti. L’orario si allunga così a nove ore. Un’ora in più di lavoro al giorno è dunque gratis”.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
LA MAGGIORANZA URSULA SI SPACCA SU UNO DEI PILASTRI DEL GREEN DEAL… COSA VOLETE ASPETTARVI DAI COLLUSI CON GLI INQUINATORI?
È stata posticipata di un anno l’entrata in vigore dello Eudr, la legge europea contro la deforestazione. Oggi, giovedì 14 novembre, il Parlamento europeo ha votato per rinviare l’attuazione delle nuove regole. La proposta è passata con 371 voti a favore, 240 contrari e 30 astenuti dopo l’inserimento di alcune modifiche al testo proposte dai Popolari. Tra queste, la richiesta di aggiungere una categoria di «Paesi a rischio zero» a cui garantire requisiti semplificati. Ma la vera novità non riguarda la legge in senso stretto, quanto il significato politico che porta con sé. Il rinvio del regolamento contro la deforestazione è passato infatti con i voti dei Popolari, dei Conservatori e dell’ultradestra dei Patrioti. Si è spaccata, insomma, la «maggioranza Ursula», già ai ferri corti sulle nomine dei vicepresidenti della Commissione europea. Nello scrutinio finale, Socialisti, Verdi e una parte dei Liberali si sono opposti al rinvio dello Eudr.
La mossa a sorpresa del Ppe
A ottobre, cedendo alle pressioni di partner internazionali e del Ppe, la Commissione europea aveva proposto il rinvio di un anno dell’attuazione dello Eudr. La nuova legge – che attende ora il via libera definitivo del Consiglio Ue – entrerà dunque in vigore il 30 dicembre 2025 per le grandi aziende e il 30 giugno 2026 per le Pmi, anziché rispettivamente il 30 dicembre 2024 e il 30 giugno 2025. La richiesta di Ursula von der Leyen di posticipare lo Eudr era stata accolta tutto sommato con favore anche dai Liberali e da una parte dei Socialisti, ossia gli altri due gruppi politici che fanno parte della maggioranza insieme al Ppe. I Popolari, però, hanno deciso di forzare la mano, presentando a sorpresa una quindicina di emendamenti volti ad ammorbidire ancora di più il testo della legge. C’è una richiesta, in particolare, che ha fatto infuriare i Socialisti: la proposta di rinviare il regolamento di due anni, invece di uno.
L’ennesima spaccatura tra Popolari e Socialisti
Alla fine, il Ppe si è convinto a ritirare alcuni degli emendamenti più controversi, ma non è bastato per placare l’ira degli alleati di maggioranza, assieme ai quali continuano (a fatica) i negoziati sulle nomine dei vicepresidenti della Commissione europea. Dopo il voto in plenaria sul rinvio del regolamento contro la deforestazione, i Socialisti hanno lanciato un appello alla stessa von der Leyen, in cui chiedono alla Commissione di ritirare la sua proposta di rinvio. «In coalizione con l’estrema destra, il Ppe ha indebolito le disposizioni chiave del regolamento Ue contro deforestazione», si legge in una nota diffusa dal gruppo, che parla di un «significativo passo indietro per gli impegni ambientali dell’Ue». Sulla stessa linea anche i Verdi, secondo cui gli emendamenti approvati oggi in aula «sventrano il regolamento sulla deforestazione». Anche il gruppo ecologista si appella a von der Leyen affinché si esponga pubblicamente in difesa della legge e ritiri la proposta di rinvio.
Cosa prevede il regolamento Ue contro la deforestazione
Lo Eudr, già formalmente entrato in vigore a fine giugno 2023 ma ancora non attuato, rafforza i controlli dell’Ue sugli operatori o commercianti che devono poter dimostrare che alcuni prodotti immessi sul mercato Ue – tra cui caffè, cacao e olio di palma – non arrivano da terreni recentemente disboscati né hanno contribuito in qualche modo al degrado forestale. La Fao stima che 420 milioni di ettari di foresta, un’area più grande dell’intera Unione europea, siano andati persi a causa della deforestazione tra il 1990 e il 2020. I consumi del Vecchio Continente sono responsabili di circa il 10% della deforestazione mondiale, con olio di palma e soia che da soli rappresentano più di due terzi dei terreni andati persi. Si stima che in Italia siano circa 200mila le aziende che saranno coinvolte dal nuovo regolamento, con impatti molto diversi tra grandi e piccoli operatori.
(da Open)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
MA SERVIRANNO ALMENO 60 MODIFICHE AL PROGETTO E SI RISCHIA UNA VALANGA DI RICORSI… RESTA IL NODO DEI RISCHI SISMICI NELL’AREA DELL’INFRASTRUTTURA: IL PRESIDENTE DELL’INGV, CARLO DOGLIONI, HA SMENTITO DI AVERE FIRMATO QUALSIASI “STUDIO APPROFONDITO”
Un via libera “condizionato”, ma pur sempre un via libera: il ministero dell’Ambiente dà il disco verde al progetto Ponte sullo Stretto di Messina. La notizia è arrivata ieri in serata quando fonti del dicastero guidato da Gilberto Pichetto Fratin hanno fatto sapere che la Commissione Via-Vas ha dato parere positivo sulla compatibilità ambientale dell’opera.
Matteo Salvini esulta: “Grande soddisfazione, l’Italia può guardare al futuro”, fa sapere il ministro. Ora parte la corsa a far resuscitare il contratto con il costruttore Eurolink, capeggiato dal colosso Webuild, con le sue penali miliardarie
Il parere positivo arriva dopo mesi di polemiche, che hanno travolto anche la nuova Commissione, insediatasi nei mesi scorsi e infarcita di “tecnici” scelti – è l’accusa delle associazioni – soprattutto in base all’appartenenza politica, molti nomi di Fdi, Lega e FI.
“È incredibile. La Commissione Via, la cui composizione è stata modificata pochi giorni fa con esponenti di partito, ha dato parere favorevole al ponte. Ora voglio leggere il verbale della commissione. Se pensano che ci fermeremo se lo scordano”, attacca il leader dei verdi Angelo Bonelli.
L’approvazione sarebbe arrivata all’unanimità ed è condizionata “al rispetto delle condizioni ambientali prescritte che dovranno essere ottemperate perlopiù nella fase della presentazione del progetto esecutivo”, fanno sapere dal ministero. Circa 60 integrazioni che spaziano tra aspetti diversi: “L’ambiente naturale, terrestre, marino e agricolo, ma anche aspetti relativi a progettazione di dettaglio per le opere a terra”
Dovranno essere chiariti moltissimi aspetti, aggiornati e approfonditi gli studi sulla flora e la fauna ma anche sulle caratteristiche tecniche dell’opera. Il parere arriva dopo una battaglia di carte bollate, centinaia di pagine di osservazioni presentate dalle parti pubbliche e 239 obiezioni sollevate dalla precedente Commissione Via (scaduta a maggio). Il sospetto è che possano essere pesanti e tali da aprire le porte ai ricorsi.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
“BISOGNA EVITARE CHE POCHE GRANDI MULTINAZIONALI POSSANO CONDIZIONARE IL MERCATO DELLA POLITICA”. IMPOSSIBILE NON PENSARE AL SISTEMA SATELLITARE STARLINK, CHE MUSK VORREBBE IMPORRE AL GOVERNO
Già un anno fa Mattarella — senza mai nominarlo — aveva messo in guardia contro il «sistema Musk». Era il 20 dicembre. Tradizionale discorso prenatalizio con le alte cariche dello Stato, l’establishment al gran completo. Pochi giorni prima Musk era stato accolto come una star ad Atreju, la festa di FdI a Castel Sant’Angelo. Il presidente — nella sorpresa generale — aveva citato Orwell: «Bisogna evitare che poche grandi multinazionali possano condizionare il mercato della politica».
Mise in guardia contro «la presunzione di divenire loro i protagonisti che dettano le regole anziché essere destinatari di regolamentazione».
Quindi aveva espressamente citato «gli oligarchi di diversa estrazione che si sfidano nell’esplorazione sottomarina, in nuove missioni spaziali, nella messa a punto di costosissimi sistemi satellitari (con implicazioni militari) e nel controllo di piattaforme di comunicazione social, agendo, sempre più spesso, come veri e propri contropoteri».
Impossibile non pensare al sistema satellitare Starlink, che Musk ora vorrebbe imporre al governo. «Sono in gioco i presupposti della sovranità dei cittadini». 1984, Orwell.
(da La Repubblica)
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Novembre 14th, 2024 Riccardo Fucile
GAETZ E’ STATO OGGETTO DI UN’INDAGINE, POI ARCHIVIATA PER “SCARSA AFFIDABILITÀ DEI TESTIMONI”, PER RAPPORTI SESSUALI A PAGAMENTO CON VARIE DONNE E CON MINORENNI, PER L’ASSUNZIONE DI DROGHE E PER AVER RICEVUTO REGALI IN CAMBIO DI FAVORI … TY COBB, EX AVVOCATO DELL’AMMINISTRAZIONE TRUMP, CI VA GIU’ DURO: “E’ UN VAFFANCULO ALL’AMERICA” – ESULTA MUSK: “LA SCURE DELLA GIUSTIZIA STA ARRIVANDO”
La nomina del controverso Matt Gaetz a capo del dipartimento di Giustizia sta già suscitando l’irritazione di alcuni repubblicani che, secondo quanto riferito da Axios, sarebbero “disgustati” dalla scelta di Donald Trump. “Lo volevamo fuori dalla Camera”, ha detto un deputato del Grand old party che è voluto restare anonimo.
“Ci sono stati molti attriti tra i membri del Senato e Gaetz”, ha commentato il senatore del North Carolina Thom Tillis, membro della commissione giustizia del Senato, riferendosi al ruolo del deputato nella cacciata dell’allora speaker della Camera Kevin McCarthy
“Gaetz ha più possibilità di cenare con la regina Elisabetta II che di essere confermato dal Senato”, ha sostenuto il deputato repubblicano dell’Ohio Max Miller. Gaetz avrà bisogno del voto di almeno 50 senatori per essere confermato, il che significa che può permettersi di perdere solo i voti di tre repubblicani della Camera Alta. “Saranno sollevate molte domande sulla sua nomina”, ha affermato la senatrice del Maine Susan Collins dicendosi “scioccata” dalla scelta.
lo all’America’. Così Ty Cobb, ex avvocato dell’amministrazione Trump, ha definito la nomina del controverso deputato Matt Gaetz a segretario alla Giustizia americano, unendosi a un coro di voci repubblicane critiche nei confronti di questa scelta.
Matt Gaetz si è dimesso dalla Camera americana dopo essere stato nominato da Donald Trump alla guida del dipartimento della Giustizia. Lo riferisce la Cnn. Oggetto di un’indagine, poi archiviata per “scarsa affidabilità dei testimoni”, per rapporti sessuali a pagamento con varie donne e con minorenni, per l’assunzione di droghe e per aver ricevuto regali in cambio di favori, dallo scorso giugno il deputato è sotto esame della Commissione etica della Camera che ha deciso di riaprire alcuni filoni dell’inchiesta per ulteriori provvedimenti.
“La scure della Giustiza sta arrivando”. Così Elon Musk ha commentato la nomina di Matt Gaetz a segretario alla Giustizia americano, che sta suscitando polemiche e sconcerto all’interno del partito repubblicano. Il patron di Tesla ha poi ripubblicato sul suo account X un post del procuratore generale del Texas, Ken Paxton, che definisce il neo attorney general “la persona di cui si fida di più per mettere fine al “potere oscuro dello Stato e alla politicizzazione della giustizia”.
Donald Trump sta valutando la possibilità di nominare il suo avvocato Todd Blanche come vice del procuratore generale Usa. Lo riferiscono due fonti informate alla Cnn. Blanche ha rappresentato Trump nel processo per i pagamenti alla porno star Stormy Daniels ed è considerato una delle persone più vicine al tycoon. Il legale è un ex procuratore federale del distretto sud di New York e poi ha lavorato come socio presso un importante studio di Manhattan, prima di lasciare per rappresentare Trump.
(da Open)
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