Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
“IL RITORNO AL DOPPIO GRADO DI MERITO SUI RICHIEDENTI ASILO METTERA’ IN GINOCCHIO LE CORTI TERRITORIALI”… SALVINI ATTACCA I GIUDICI PERCHE’ SA CHE LA SUA FINE SARA’ A SAN VITTORE DOVE POTRA’ MISURARE I CONFINI DELLA CASA CIRCONDARIALE
Quello «di una certa politica» è «un attacco alla giurisdizione strumentale a screditare la magistratura per preparare il terreno a riforme che tendono ad assoggettare alla politica il controllo di legalità affidato dalla Costituzione alla magistratura».
Lo si legge in un documento, dal titolo ‘Il linguaggio della democrazia’, approvato dal Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati nella riunione di oggi.
È «grave la preoccupazione» dell’Anm per l’impatto di due misure: la reintroduzione del reclamo in Corte di appello contro i provvedimenti dei tribunali sui richiedenti asilo e l’emendamento al decreto flussi che attribuisce la competenza sulla convalida dei trattenimenti alle Corti di appello.
Nel documento approvato dal Consiglio direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati, il ritorno al doppio grado di merito sui richiedenti asilo «metterà in ginocchio le Corti territoriali. La definizione rapida dei processi d’appello sarà resa più difficoltosa in quanto dalle prime stime si prevede che le Corti saranno gravate da sopravvenienze di 30.000 procedimenti all’anno, da definire peraltro in tempi ristrettissimi».
Allungamento delle procedure
«L’inserimento di un nuovo grado di impugnazione – spiega l’Anm – allungherà inoltre l’iter d’accertamento dello status dell’immigrato e determinerà il rischio di una permanenza maggiore in Italia di chi potrebbe non avere diritto a soggiornarvi».
L’emendamento sulle convalide dei trattenimenti, poi, segnala ancora il documento, «aggraverà la situazione organizzativa delle Corti di appello, che saranno chiamate, per decisione che appare priva di ragionevolezza, a svolgere, senza corrispondenti aumenti dell’organico, le attribuzioni che fino ad oggi sono di competenza, per ovvia coerenza sistematica, delle sezioni specializzate dei Tribunali».
Appello al ministro della Giustizia
Il Comitato direttivo centrale invita quindi «il ministro della Giustizia ad adoperarsi per scongiurare il rischio di un irragionevole aggravamento della già fragile struttura organizzativa delle Corti di appello, al fine di non condannare al fallimento lo straordinario impegno degli uffici giudiziari per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr».
Separazione dei poteri
L’Anm in uno dei documenti approvati dal Comitato direttivo centrale nella riunione di oggi dichiara anche che «È prerogativa della giurisdizione l’interpretazione delle leggi, tenendo conto della gerarchia di valori espressa dalla Carta costituzionale tra i quali i principi di primazia del diritto europeo e di separazione dei poteri. A questi attacchi sono seguite operazioni di indebita ricostruzione della vita privata dei magistrati autori di quelle decisioni finalizzate a selezionare e rendere pubbliche scelte personali ritenute correlate ai provvedimenti adottati».
Libertà di pensiero
«La libertà di manifestazione del pensiero appartiene al magistrato anche quale cittadino, che la esercita, anche nel dibattito pubblico, con senso di responsabilità e rispetto dell’elevata funzione giurisdizionale svolta. – si legge ancora nel documento approvato dall’Anm – Sostenere, senza alcun fondamento, che un magistrato ha adottato un provvedimento per perseguire finalità diverse da quelle proprie dell’esercizio della giurisdizione è un’accusa grave che non può più essere tollerata, poiché mina i diritti fondamentali dei singoli magistrati coinvolti e della giurisdizione: delegittimare la magistratura è operazione che lede la tenuta democratica del Paese».
Il ruolo dei media
«Il linciaggio mediatico cui un certo giornalismo si è prestato ha colpito i giudici e la loro naturale tensione a decidere liberi dalle proprie convinzioni e passioni: scrutare la vita delle persone, riportando le loro vicende intime, del tutto prive di rilevanza pubblica, è condotta non in linea con l’etica giornalistica», si legge nel testo.
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
QUANDO CADRA’ PRIMA O POI, GIREREMO COME SEMPRE LA TESTA, SMARRITI, ALLA RICERCA DI UN ALTRO CHE VIVA LOTTI E VINCA PER NOI
Dietro l’adorazione mondiale ma specificamente nostrana per la figura di Jannik Sinner ci nasconde come sempre l’immensa infinita plurimillenaria delega dell’italiano/a per l’Uomo Forte. Deleghiamo a questo ragazzo roscio tutt’altro che delicato la nostra capacita’ di vincere, di operare con attenzione maniacale, di sgobbare.Sinner ci sostituisce nella nostra inedia, pigrizia, dismissione dall’agire nel contesto pubblico. Ci sostituisce nella disciplina di noi stessi, che lasciamo a lui.
Persino nella capacita’ di far denaro, che nel suo caso e’ strabordante. Inimmaginabile rispetto all’impeccabile stile malva (tutto Nike, ma fin qui..) che ricorda le sue origini montane e insieme una sala operatoria con attrezzature di nuova generazione. Sinner taglia teste con la racchetta come un killer senza cuore. Uccide per noi. Non ha tatuaggi, non ha mascella, non fa la spaccata: e’ il contrario del maschio medio trionfante esteticamente negli ultimi 25 anni, ovvero noi (inutile fare differenze).
E’ il nostro doppio apparentemente pulito, persino con un senso per la famiglia e i suoi affetti (impossibile da criticare). Sembra fedele con la sua faccetta pulita e i riccetti ed e’ sempre fidanzato, mai playboy. Peccato che le promesse durino poco, ma e’ una legittima vorticosità che non viene registrata, per non scalfire la mascolinita’ soft o post-patriarcale per il quale viene adorato. Il contrario della nostra (chi piu’ chi meno). Jannik e’ il nostro doppio pulito, il punto e’ sempre quello.
Simile a Valentino Rossi per la popolarita’ generale e totale sull’intera nazione, ma per nulla ruspante e novecentesco come era il romagnolo ai tempi del trionfo. Sinner e’ il capitale digitale- immacolato e spietato- dei nostri anni venti, che quando scende un tantino in borsa mette alla porta dipartimenti interi, impassibile. Popolo dicevamo, perche’ di quello ancora si parla, pecorone, che non vede l’ora di adorare.
Le sue immagini sono ovunque, legate a decine di brand. Non e’ mai mancata una sua effige gigantesca e dominante nelle grandi stazioni nell’ultimo anno. Sinner, ma -a dispetto dell’etimologia inglese- mai peccatore. Mai. Quando cadra’ prima o poi, gireremo come sempre la testa, smarriti, alla ricerca di un altro doppio che viva lotti e vinca per noi. Altra faccia (la sua, stavolta), ma stessa razza. Noi, sempre gli stessi.
(da Dagospia)
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Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DEGLI ESTERI MENA DURO SULLA RIFORMA BANDIERA DEL CARROCCIO: “CI SONO DEI RILIEVI DELLA CORTE COSTITUZIONALE CHE VANNO NELLA DIREZIONE DELLE NOSTRE PREOCCUPAZIONI. GIUSTO AFFRONTARE IN PARLAMENTO IL TEMA”
“Calderoli? Quel linguaggio non mi appartiene, non è il mio linguaggio, ma comunque mi sembrava più un messaggio politico e non di odio personale. Abbiamo detto sull’autonomia cosa pensiamo, dobbiamo essere sempre prudenti. Calderoli difende la sua riforma, è stato anche attaccato in maniera anche abbastanza pesante, ma io uso un altro linguaggio”. Così il ministro degli Esteri Antonio Tajani a margine di un evento di FI a Milano, rispondendo a chi gli chiede un commento alla frase di Roberto Calderoli sul fatto che farà “tesoro degli indirizzi della Consulta” e che a quel punto “le opposizioni” si augura “taceranno per sempre”
“Abbiamo votato tutti quanti per l’autonomia differenziata e siamo favorevoli. Noi di Forza Italia abbiamo sempre detto che avremmo vigilato per come veniva applicata, ci sono dei rilievi della Corte Costituzionale che vanno nella direzione delle nostre preoccupazioni e quindi tornare alla centralità del Parlamento, affrontare il tema dei Lep con serietà con un forte ruolo del Parlamento mi sembra che sia la giusta strada da percorrere”.
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO È ACCUSATO DI AVER TRASFERITO ALL’ESTERO SENZA AUTORIZZAZIONE IL DIPINTO “CONCERTO CON BEVITORE” DEL VALORE DI 5 MILIONI E 500 MILA EURO
Il pubblico ministero Francesca Dentis ha citato direttamente a giudizio Vittorio Sgarbi, critico d’Arte, ex Ministro, accusato di esportazione illecita di beni culturali per il trasferimento all’estero, a Montecarlo, in assenza dell’attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, del dipinto «concerto con bevitore» di Valentin de Boulougne del valore di 5 milioni e 500 mila euro.
L’udienza predibattimentale, in tribunale a Imperia, davanti alla giudice Eleonora Billeri, è stata fissata per il prossimo 12 febbraio, in pieno Festival di Sanremo. Insieme a Sgarbi compariranno in aula la convivente Sabrina Colle e due collaboratori, Gianni Filippini e Maria Caradonna.
Vittorio Sgarbi, difeso dagli avvocati Giampaolo Cicconi e Alfonso Furgiele, è accusato di aver dato incarico a Sabrina Colle, amministratore unico della Hestia Srl, società che ha come oggetto sociale la prestazione di servizi di consulenza nel campo dell’arte, di occuparsi della valutazione e della vendita delle opere d’arte di sua proprietà, tra cui il dipinto «concerto con bevitore» di Valentin de Boulougne.
Sabrina Colle, difesa dall’avvocato Giampaolo Cicconi, è accusata, facendosi portavoce di Vittorio Sgarbi, di aver concordato con Gianni Filippini la vendita all’estero dell’opera, nella consapevolezza dell’assenza dell’attestato di libera circolazione e di aver concordato il contratto di deposito e vendita del dipinto.
Gianni Filippini, difeso dagli avvocati Stefano Rametta e Marco Bosio, del foro di Imperia, è accusato di aver preso contatti con Maria Caradonna, alla quale avrebbe dato incarico di effettuare il trasporto, e di aver messo in contatto tra loro Sabrina Colle con Mirella Setzu , commerciante di oggetti d’arte, incaricata dal Filippini di vendere all’estero il dipinto, organizzando le operazioni necessarie al trasferimento e alla successiva collocazione sul mercato estero dell’opera.
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
SONO GIA’ 18 MILIONI I NUOVI ISCRITTI ALLA PIATTAFORMA
Dall’uccellino azzurro di Twitter, poi soppiantato da X, alla farfalla di Bluesky. Sono in migliaia gli utenti che si stanno spostando dal social controllato dall’imprenditore e prossimo funzionario alla Casa Bianca Elon Musk alla piattaforma di microblogging creata nel 2021.
Come scrive il Corriere, si viaggia al ritmo di 11,7 nuovi iscritti al secondo e siamo a oltre 18 milioni di iscritti su Bluesky. Sempre più persone hanno deciso di abbandonare X dopo la vittoria di Donald Trump. Che sia per l’ambiente tossico – come denunciato dalla testata britannica Guardian – o per la paura del potere accumulato dal patron di Tesla e SpaceX, Bluesky è considerato il nuovo social media dove traslocare ed è già stato ribattezzato il «Twitter libero».
Che cos’è Bluesky?
Il soprannome non si allontana molto dalle origini della piattaforma. Questo perché Bluesky è un “figlio” di Jack Dorsey, il creatore ed ex capo di Twitter. Il progetto nasce nel 2019 per volontà dello stesso Dorsey, ma con l’acquisto di Twitter da parte di Musk, Bluesky si stacca e si rende indipendente nel 2021 diventando un social di microblogging. Sempre quell’anno si costituisce come Public Benefit Limited Liability Company (PBLLC) per permettere agli utenti di controllare con più efficacia i propri contenuti e per promuovere la privacy e la libertà di espressione. Dorsey però ha abbandonato ben presto la sua creatura: nel 2024 ha lasciato il consiglio di amministrazione di Bluesky e al contempo ha definito X la «tecnologia della libertà». Un endorsement che non poteva di certo far decollare l’entusiasmo per la neonata creatura social. E infatti così è stato fino alla vittoria di Trump. Ora Bluesky è gestita da una società indipendente.
Come funziona?
Innanzitutto è bene chiarire che per microblogging si intende la pubblicazione di brevi contenuti in rete: come immagini, foto e testi. In questo Bluesky non ha nulla di originale rispetto ai rivali ben più conosciuti, X e Threads.
Ma allora perché la piattaforma viene definita più libera rispetto alle controparti? A connotare Bluesky è la decentralizzazione. Al contrario dei social media più noti, centralizzati e sotto il controllo di un’unica entità, la piattaforma con la farfalla bianca è costruita sul protocollo AT, un sistema open-source che permette a diverse applicazioni di dialogare tra loro.
Ciò fa sì che BlueSky permetta ai suoi utenti di condividere post anche da altre reti che sfruttano lo stesso protocollo. Un esempio, Mastodon. Così si può avere un maggiore controllo sui propri dati e non si è vincolati a una singola piattaforma.
(da Open)
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Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
“RICORDO DUE RAGAZZI DI 20 ANNI CHE CAMMINAVANO PER STRADA, HO VISTO LE LORO GAMBE SALTARE PER RIA E RIDOTTE A BRANDELLI”… UN GOVERNO DI CRIMINALI CON LICENZA DI UCCIDERE
È tornato il sole a Siracusa, dopo giorni di bufera. Chi lavora sulle navi umanitarie sa che il bel tempo vuol dire una sola cosa: nuove partenze, tante persone in mare. Così l’equipaggio di Humanity 1, la nave umanitaria dell’ong tedesca Sos Humanity ormeggiata nel porto della città, si prepara a salpare. Tra loro c’è la dottoressa Jannet Hall. Operatrice umanitaria australiana, mette in ordine le sue cose prima della partenza. Scarpe, maglietta, radio, e caschetto, è tutto pronto ma una parte di sé Jannet l’ha lasciata per sempre sull’altra sponda del Mediterraneo, quella del vicino oriente, dentro la striscia di Gaza.
“Sono andata a Gaza perché non potevo più stare a casa mia a guardare i bambini sotto le macerie, e sentivo di voler mostrare loro che al resto del mondo importa della loro vita”: dice a Fanpage.it Jannet, che si emoziona a parlarne mentre continua a sistemare le sue cose dentro la borsa. “Sono entrata con una ong tedesca, insieme ad un team di medici d’emergenza, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Inizialmente avevamo due mandati: uno era il trasporto medico, con ambulanze, paramedici e medici, dei feriti gravi dal Nord al Sud della Striscia, fino al confine con l’Egitto. Dopo due settimane però, il valico di Rafah è stato chiuso, e qualsiasi operazione è stata interrotta. Il secondo obiettivo era creare punti di stabilizzazione del trauma in zone più vicine alla linea del fronte, per stabilizzare le condizioni dei feriti in attesa dell’arrivo in ospedale. Abbiamo collaborato con ospedali locali come Al Awda e Al Aqsa. Ma poi la situazione è peggiorata. Le evacuazioni erano sempre più difficili e limitate e gli ospedali venivano continuamente colpiti”.
Jannet sarebbe dovuta rimanere per una rotazione di tre settimane, ma alla fine è rimasta a Gaza un mese e mezzo, non per sua scelta ma perché l’esercito israeliano, subito dopo aver preso Rafah, ha negato l’uscita e l’entrata di beni e persone, per almeno due settimane.
“Gli ospedali non avevano attrezzature, non c’erano analgesici e chiunque entrasse in ospedale veniva operato senza anestesia. Ricordo le urla dei bambini che arrivavano con ustioni gravissime e che avevano bisogno di essere medicati immediatamente, a cui non potevamo dare alcun tipo di sollievo dal dolore perché non l’avevamo. Noi avevamo portato le nostre attrezzature, ma i medici locali non avevano nulla. Alcuni di loro erano riusciti a portare dei macchinari fuori dagli ospedali che, come Al Aqsa, sono stati completamente distrutti. Chi c’è stato dentro mi ha raccontato che l’ospedale non è stato solo bombardato, i militari israeliani ci sono entrati e hanno spaccato tutti gli apparecchi ad ultrasuoni, distrutto i vetri dei macchinari a raggi X, e tagliato i cavi. Hanno girato dentro l’ospedale distruggendo tutto per far sì che i medici non potessero più utilizzare quelle cose. Questo non ha niente a che vedere con il cercare i terroristi di Hamas”, ha aggiunto.
La dottoressa fatica a continuare il racconto mentre le tornano alla mente le immagini di quei giorni infiniti dentro Gaza: “Ricordo due ragazzi di 20 anni che camminavano per strada per cercare la connessione internet e ad un certo punto ho visto le loro gambe saltare in aria e ridotte a brandelli. Erano stati colpiti dai droni quadricotteri, capaci di mirare direttamente ad un obiettivo. O ancora un ragazzo stava camminando per strada per comprare il pane e i cecchini gli hanno sparato alla testa. E così suo fratello è andato a recuperare il corpo e hanno sparato anche a lui. Quindi la famiglia ha recuperato il figlio ancora in vita, l’ha messo sul retro di un carretto trainato da asini e l’ha portato da noi. L’abbiamo stabilizzato prima di mandarlo all’ospedale Al Aqsa, quando ancora funzionava”.
“Sai qual è la cosa che mi preoccupa di più? – continua la donna -. È che chi non morirà per le bombe morirà per malattia. Adesso c’è la polio. Tutti hanno l’epatite, credimi tutti. La carenza di acqua e le scarsissime condizioni igienico-sanitarie causano continue infezioni renali e alle vie urinarie. Le case a Gaza sono costruite con l’amianto, c’è amianto in tutti gli edifici, che è pericolosissimo se in forma di polvere. Questo sarà un grande problema in futuro. Tutti prenderanno l’asbestosi”. Secondo i dati del servizio Onu per l’azione contro le mine e gli ordigni inesplosi (UNMAS), si stima, infatti, che tra i 37 milioni di tonnellate di macerie di Gaza ci siano oltre 800mila tonnellate di amianto.
“Ci vorranno non meno di 14 anni per eliminare le macerie – continua Jannet – e un secolo per poi ricostruire tutto, ma c’è una cosa che non potrà mai essere ricostruita: la psiche di un’intera popolazione. Israele sta creando una generazione di bambini privati dei propri diritti fondamentali e del proprio futuro. In particolare gli uomini cresceranno con la rabbia e si vorranno vendicare. Le famiglie mi ripetevano continuamente ‘come puoi sederti qui e guardarci? Hanno preso la nostra acqua, hanno preso il nostro cibo, stanno bombardando le nostre case. I nostri bambini non possono andare a scuola. Come è possibile che il mondo lasci che questo accada?’. Voglio dire, come puoi rimanere mentalmente stabile stando lì?”.
A Gaza, intanto, continua l’assedio dentro l’assedio, il Nord è ormai da più di un mese completamente isolato dal resto della Striscia che a sua volta resta isolata dal resto del mondo. Il rischio di carestia è altissimo, lo ha dichiarato il Famine Review Committee (Frc) – parte della Integrated Food Security Phase Classification, che monitora la sicurezza alimentare nel mondo – che ha definito la situazione nel nord della Striscia “estremamente grave e in rapido deterioramento” e ha chiesto a tutte le parti di agire “entro giorni, non settimane” per evitare un disastro. Contemporaneamente, una commissione speciale delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto che equipara le operazioni militari israeliane al crimine più grave del diritto internazionale: il genocidio. Gli esperti hanno documentato bombardamenti indiscriminati sui civili e l’uso sistematico della fame come arma di guerra.
“Ciò che mi ha scioccata di più è come si possa stare a guardare la carneficina di esseri umani e la completa distruzione delle loro vite, pensando che vada tutto bene. Questa non è una guerra contro un altro esercito, questo è un massacro di civili. Non c’è niente che giustifichi mirare a due ragazzi di vent’anni che stavano solo camminando per strada; non erano combattenti, non erano soldati, indossavano una canottiera e un paio di pantaloni sporchi, senza scarpe, e hanno perso le gambe. Sarebbero potuti essere i miei figli. Quando queste scene le vedi davanti ai tuoi occhi, capisci che non potrà mai esserci alcun tipo di giustificazione”, conclude la dottoressa prima di partire verso la sua prossima missione.
(da Fanpage)
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Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
E PESA LA GUERRA DI NETANYAHU
La sondaggista Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, a La Stampa presenta i dati sul campione italiano: emerge l’antisemitismo politico, come reazione indiscriminata alle decisioni del premier israeliano
Per un italiano su due l’antisemitismo è un fenomeno diffuso nel Paese, in crescita e in buona parte alimentato dalla guerra in Medio Oriente. Alessandra Ghisleri presenta su La Stampa il risultato di un sondaggio realizzato lo scorso 12 novembre che evidenzia le differenze tra gli elettori dei vari partiti sulla percezione dell’antisemitismo e le sue cause. Stoircamente ha radici profonde, che risalgono indietro nel tempo e si aggrovigliano in una matassa di odio religioso, diffidenze, pregiudizi, stereotipi. Alimentati da fattori economici e sociali che si influenzano a vicenda. La storia italiana ne è stata teatro anche e soprattutto in periodi recenti, con l’adozione nel 1938 delle leggi razziali da parte del regime fascista, la saldatura dell’alleanza con la Germania nazista, le deportazioni di massa. Un passato che a volte riaffiora con dinamiche note e che altera anche la percezione sulla presenza e l’impatto dell’odio verso gli ebrei. Sono soprattutto gli uomini (53%) e gli over 45 a riconoscere che il fenomeno è molto diffuso in Italia, rispetto alle donne (42%). Differenze che ritroviamo anche tra gli elettori dei diversi partiti. Quelli più convinti di una sua diffusione nel nostro Paese sono gli elettori di Forza Italia (64,1%), seguiti da Avs (57%) e Pd (50,6%). Sia i dem sia i 5 Stelle hanno alte percentuali anche di elettori che la pensano in maniera opposta (rispettivamente 50% contro 45%, 44% contro 48%). I più scettici risultano i sostenitori della Lega (44% crede che antisemitismo non sia diffuso) e di Fratelli d’Italia (50,1%).
L’antisemitismo politico
Il secondo quesito riguarda la guerra in Medio Oriente, ossia se il conflitto dell’ultimo anno ma che affonda anch’esso le radici nel passato, contribuisce a generare antisemitismo. Ne sono convinti 4 uomini su 5 e 3 donne su 5, la percentuale più bassa che emerge dal campione è nella fascia d’età 25-44 anni (63,8%). C’è addirittura unanimità in tal senso tra gli elettori di Azione, ma le percentuali sono alte per tutti i partiti e oscillano tra il 67% (Avs) e l’84,9% (Forza Italia). Fanno eccezione gli elettori della Lega, secondo i quali la guerra ha meno impatto sulla diffusione del fenomeno: solo un elettore su ritiene che contribuisca ad alimentare l’antisemitismo. In più, il 41,9& del campione ha visto aumentare il fenomeno nel nostro Paese, mentre il 40,9& crede che non abbia subito alcuna influenza dalla guerra. Come evidenzia Ghisleri comunque, emerge un antisemitismo politico. Ossia una parte di popolazione, che si dichiara contraria a quanto sta avvenendo sulla Striscia di Gaza e nell’area mediorientale, generalizza la propria opposizione alle decisioni politiche del premier israeliano Benjamin Netanyahu accusando un popolo intero. Nel giudicare negativamente la guerra portata avanti dal premier di destra, ritiene responsabili i cittadini di Israle e più in generale tutti gli ebrei, demonizzando un’intera comunità religiosa.
(da Open)
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Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
NEL LIBRO IN USCITA MARTEDI PER IL GIUBILEO, IL PONTEFICE RAGIONA SUI GRANDI TEMI DEL NOSTRO TEMPO
«A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali». È un passaggio del libro di Papa Francesco, La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore, pensato per anticipare il Giubileo 2025 e che uscirà martedì 19 novembre in Italia. La Stampa ne ha pubblicato in anteprima un estratto. Un passaggio destinato a far rumore, tra riflessioni su famiglia ed educazione, migrazioni, crisi climatica, guerre e altri temi di stretta attualità. È proprio ragionando di migrazioni, anche dovute ai conflitti, che il Pontefice si sofferma su quanto sta avvenendo a Gaza e in Medio Oriente. Alla «globalizzazione dell’indifferenza dobbiamo rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione», scrive il Papa nell’estratto pubblicato dal quotidiano torinese, «pensiamo agli esempi recenti che abbiamo visto in Europa. La ferita ancora aperta della guerra in Ucraina ha portato migliaia di persone ad abbandonare le proprie case, soprattutto durante i primi mesi del conflitto. Ma abbiamo anche assistito all’accoglienza senza restrizioni di molti Paesi di confine, come nel caso della Polonia».
La richiesta di indagine sulla Striscia di Gaza
Poi la riflessione sulla Striscia di Gaza, che dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 è sta l’obiettivo di intensi bombardamenti da parte delle forze israeliane, ormai da oltre un anno. «Qualcosa di simile è accaduto in Medio Oriente», aggiunge il Pontefice, «dove le porte aperte di nazioni come la Giordania o il Libano continuano a essere la salvezza per milioni di persone in fuga dai conflitti della zona». Quindi il passaggio sulla Striscia: «Penso soprattutto a chi lascia Gaza nel pieno della carestia che ha colpito i fratelli palestinesi a fronte della difficoltà di far arrivare cibo e aiuti nel loro territorio». Sono queste le frasi immediatamente precedenti alle riflessioni sul possibile genocidio in atto nei territori palestinesi, senza citare Israele, che suggeriscono un’inchiesta internazionale indipendente su quanto sta avvenendo in quell’area. A partire non solo dagli attacchi missilistici, ma sopratutto sulle condizioni della popolazione, da mesi costretta muoversi internamente nella Striscia per allontanarsi dai bersagli dichiarati della guerra di Tel Aviv ai terroristi di Hamas.
(da agenzie)
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Novembre 17th, 2024 Riccardo Fucile
LA “DIVINA”, CHE PORTÒ ALLA RIBALTA NELLA SECONDA METÀ DEGLI ANNI VENTI LA “QUESTIONE DI GENERE”, RIFIUTÒ LA MATERNITÀ E NON SI VOLLE SPOSARE – DI SÉ DISSE: “SONO UN UOMO CHE SOFFRE D’INSONNIA”, OPPURE “FUMO FIN DA QUANDO ERO UN RAGAZZO”
Poco più di cento anni fa, nel marzo del 1924, usciva nelle sale cinematografiche in Svezia il film “La Saga” di Gösta Berling, con la regia di Mauritz Stiller. La protagonista femminile si chiamava Greta Lovisa Gustafsson. Ma da quel momento per tutti fu ufficialmente Greta Garbo.
L’avvio della straordinaria carriera di quella che è considerata universalmente la più grande diva del cinema mondiale, la Divina, è raccontato, insieme a tutti gli episodi cruciali e i retroscena più piccanti della sua vita, da “SeGreta Garbo” (Aliberti editore, in libreria da oggi). Si tratta di un poderoso volume (come si addice alle biografie dei grandi personaggi) firmato da Stefano Mastrosimone, autore di punta nel panorama della TV italiana e appassionato “garbologo”.
È la storia dell’incredibile ascesa di una ragazza nata nel 1905 in un sobborgo operaio di Stoccolma da una famiglia umile, ma capace di diventare – grazie alla propria determinazione e al proprio talento – una vera e propria icona glamour di eleganza e modernità.
E di fluidità. La Divina fu straordinaria anche in questo: anticipò i tempi, portando alla ribalta – nella seconda metà degli anni Venti – quella che oggi chiamiamo la “questione di genere”.
Garbo che fumava, guidava la macchina, parlava di sé al maschile. Garbo che, fuori dal set, fatta eccezione per qualche occasione ufficiale, indossava pantaloni, scarpe basse, cravatte, camicie e giacche di foggia maschile, e per la notte comodi pigiami da uomo, a righe.
Stefano Mastrosimone ci consegna un ritratto senza reticenze di una diva che ha voluto tenacemente essere sempre sé stessa. La stella più indipendente e anticonformista dello star system, che non rinunciò mai ad affermare la sua “diversità” in un mondo totalmente dominato dal potere e dall’immaginario maschile.
Greta Garbo è stata un’autentica leggenda del cinema, al pari di pochissimi altri suoi colleghi dello stesso periodo (gli anni della cosiddetta “età dell’oro” di Hollywood): Rodolfo Valentino, Marlene Dietrich e Charlie Chaplin.
Altri attori di quel tempo, artisti straordinari, sono invece oggi quasi del tutto dimenticati: Pola Negri, Erich Von Stroheim, Louise Brooks, Buster Keaton, Clara Bow, Douglas Fairbanks, Mary Pickford, Lewis Stone, Norma Shearer e altri ancora
Greta Garbo è stata la Diva per eccellenza, anzi la “Divina”, come cominciarono a chiamarla in tutto il mondo, dopo soli sei o sette film girati dall’attrice; una carriera fulminante, cominciando da zero quando era ancora minorenne, senza alcun tipo di facilitazione, provvista unicamente di talento e determinazione.
«Sa recitare, non sa recitare, è solo un volto, no è un’artista straordinaria», tutti argomenti un po’ oziosi perché, con soli ventotto film, Greta Garbo diventa l’ossessione di milioni e milioni di spettatori osannanti, scatenando un’isteria collettiva che aveva conosciuto un solo precedente di quella portata: Rodolfo Valentino.
I critici cinematografici impazziscono per lei, le attribuiscono alcuni fantasiosi soprannomi, oltre al già citato “Divina” (la prima e unica Divina di tutta la storia del cinema) che diventa il suo marchio di fabbrica, viene soprannominata anche “Sfinge svedese”, “timida Valchiria”, “Principessa nordica” per quella sua aria misteriosa e distaccata, e ancora “First Lady di Hollywood”, “Cigno svedese”, “Mistero artico”, “Enigma abbagliante” e perfino “l’Incomparabile”
La Garbo è una donna indipendente e determinata, rifiuta con fermezza l’idea di realizzarsi come donna attraverso la maternità né le interessa sposarsi, per giunta è assolutamente un’anti-diva; nella seconda metà degli anni Venti, pone inconsapevolmente una questione di genere: si percepisce al maschile e spesso parla di sé in questi termini: «fumo fin da quando ero un ragazzo» oppure «sono un uomo che soffre d’insonnia» o ancora «dai a questo vecchio una tazza di tè».
(da fattoquotidiano.it)
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