Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
COSA CAMBIA
Accogliendo le richieste del procuratore generale Karim Khan, la Corte penale internazionale ha emesso due mandati di arresto per il premier Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, licenziato dal capo del governo lo scorso 26 marzo.
Secondo le indagini della procura dell’Aja, sarebbero i responsabili di crimini di guerra per la conduzione del conflitto sulla Striscia di Gaza, con i bombardamenti iniziati dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023.
La Camera preliminare I della Corte dell’Aja ha spiccato i mandati «per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024», giorno in cui la Procura ha depositato le domande di mandato di arresto, «per un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza».
Netanyahu: «È antisemitismo, un moderno processo Dreyfus»
La reazione di Netanyahu non si è fatta attendere, e il tono è quanto più duro possibile. La decisione della Corte è definita «antisemita»
Cpi anche contro Hamas: Deif raggiunto dal mandato
La Cpi ha anche emesso mandati di arresto «all’unanimità» anche per Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, noto come Deif e leader delle Brigate Al-Qassem di Hamas che Israele sostiene di aver ucciso in un raid sulla Striscia di Gaza lo scorso 13 luglio 2024. Nella nota pubblicata dalla Corte penale internazionale si specifica che «non è in grado di stabilire se Deif sia stato ucciso o sia ancora in vita».
La motivazione è simile a quella fornita per Netanyahu e Gallant: «Presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi sul territorio dello Stato di Israele e dello Stato di Palestina almeno dal 7 ottobre 2023». Nella nota del tribunale dell’Aia viene ricordato anche che non sono state approfondite le richieste di mandato di arresto ai danni di altri due leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Yayha Sinwar, a causa della loro morte. Ma la questione non sembra chiusa qui: «L’accusa prevede che verranno presentate ulteriori domande di mandato d’arresto».
Le indagini di Karim Khan e il team di esperti
A iniziare tutto il procedimento, il 29 ottobre 2023, era stato il procuratore della Cpi Karim Khan, a seguito di una visita al valico di Rafah, dove milioni di sfollati palestinesi si sono rifugiati per scappare dai bombardamenti israeliani. L’indagine era attiva su entrambi i fronti: quello di Hamas e quello del governo di Tel Aviv, perché «le istituzioni internazionali costruite sulle macerie della Seconda guerra mondiale devono assicurare che non si ripetano mai più abomini».
Il 20 maggio 2024, in anteprima a Cnn e dopo indagini durate mesi, lo stesso Khan aveva rivelato l’intenzione di chiedere il mandato di arresto per Netanyahu, Gallant, Deif, Sinwar e Haniyeh. Le accuse contro Netanyahu e Gallant erano pesantissime. Li si accusa in particolare di «aver causato lo sterminio, usato la fame come metodo di guerra – inclusa la negazione degli aiuti umanitari – e preso di mira deliberatamente i civili durante il conflitto».
Per stilare queste accuse, Khan aveva raccontato di essersi avvalso della consulenza dei massimi esperti di diritto internazionale. Tra questi anche Amal Clooney, avvocata libanese-britannica specializzata in diritti umani e moglie dell’attore George.
Cosa cambia ora?
E ora cosa cambia? Raggiunto dal mandato d’arresto, Netanyahu ora è bollato di un «marchio di infamia globale», come quello che grava su Vladimir Putin. Nella praticità, ogni qual volta dovesse viaggiare in Paesi che hanno aderito alla Cpi, rischierebbe di finire in manette.
I 124 Stati firmatari avrebbero, in teoria, l’obbligo giuridico di eseguire qualunque sentenza del tribunale dell’Aia. Gli Stati Uniti non hanno mai accettato di aderire alla Corte, i 27 Paesi dell’Unione europea sì (tra questi l’Italia). I Paesi Bassi hanno già annunciato, tramite il ministro degli Esteri Caspar Veldkamp, «piena collaborazione con la Cpi». A Washington, da cui Biden aveva già condannato la mossa della Corte, Netanyahu avrà invece campo libero.
(da Open)
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Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
“CIRIANI DICE DI ESSERE UN EX MISSINO. IO CI SONO NATA IN QUESTO PARTITO MA NON ME LO RICORDO”
”Può sembrare assurdo, tutto sommato a me sta bene che tolgano la fiamma, perché così almeno finisce questa presa in giro…”, dice all’Adnkronos Giuliana de’ Medici Almirante, figlia dello storico leader missino Giorgio e di Donna Assunta.
”Ci stanno prendendo in giro con questa fiammella, la lasci stare -avverte Giuliana dè Medici, attuale segretario generale della Fondazione Almirante- chi ormai non ha più niente a che vedere con il Movimento sociale italiano né nel modo di essere e di fare, né per le idee che portano avanti. Almeno usciamo da questo equivoco finalmente, una volta per tutte”.
Per la figlia dell’ex leader missino chi vuol spegnere la fiamma, vuol dimenticare il passato e la figura di Almirante. ”A questo punto -si sfoga- è inutile dire che la fiamma è di An o di Fdi. La fiamma è di tutti quelli che ci credono e ne portano avanti i valori. Ho letto le dichiarazioni di Ciriani. Lui dice di esser un missino. Io ci sono nata in questo partito ma francamente non me lo ricordo… Questa proposta che ha fatto non mi sembra una sua idea, ma un’apripista, della serie: buttiamola lì e vediamo che succede..
Il ministro ha menzionato Pinuccio Tatarella, definendolo il padre di questa nuova destra ma vorrei ricordare semplicemente che l’unico vero padre della destra italiana è un signore che si chiama Giorgio Almirante, che ha vissuto per l’Msi, ha lavorato tutta la sua vita per questo partito, l’ha fondato e portato avanti arrivando ad avere anche 100 parlamentari”.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
“UNO STRANIERO E’ IL PRIMO CHE FINISCE SUI GIORNALI, MA QUANTI CASI RESTANO SOMMERSI?”
La consigliera regionale della lista di Luca Zaia Silvia Cestaro, 51 anni, di Selva di Cadore (Belluno), ha confessato in Aula di aver subito abusi sessuali. E oggi in una serie di interviste racconta i dettagli di ciò che le è accaduto. E anche per dire che «Giuseppe Valditara sbaglia. Non è colpa solo degli immigrati. Nel mio caso era uno del paese».
Mentre Filippo Turetta «è un ragazzo padovano di buona famiglia. Invito tutti a rivedere lo stereotipo del cattivo. Il male può arrivare da qualsiasi parte». Come quello che è successo a lei: «Sono passati tanti anni, non provo odio. È un fatto che mi ha segnata dentro ma ho superato tutto. Queste devono essere battaglie di tutti, non solo di una parte politica. E anche il mio partito, la Lega, condivide questi obiettivi».
15 anni
Cestaro racconta a Repubblica per sommi capi il suo caso: «Avevo 15 anni e, appunto, non era uno straniero. Si pensa sempre che la violenza possa arrivare da un uomo straniero che vive sulla strada, ma è uno stereotipo. Uno straniero è il primo che finisce sui giornali, ma quanti casi restano sommersi?». E ancora: «Non faceva parte della mia cerchia familiare. Posso dire che abitava in paese e frequentava casa mia. Non lo sapevano i miei figli e nemmeno mio padre. L’ho fatto per lanciare un segnale alle donne». Dice di aver telefonato proprio al genitore appena uscita dall’aula. E ai suoi figli ha detto che questo non è odio, ma «amore nei confronti delle donne che subiscono».
Alla Stampa invece Cestaro dice che «la famosa favola che ci hanno raccontato del “cattivo” che rientra sempre in un certo stereotipo va sfatata, perché il male può arrivare da qualsiasi parte».
Gli stereotipi e la realtà
E ancora: «È possibile che certi tipi di cultura “autorizzino” a compiere determinate azioni e a queste persone va fatto capire che certi comportamenti non sono accettabili. Ma i numeri parlano chiaro e dicono altro: non possiamo incolpare le persone per partito preso. Molto spesso chi ci farà più male è proprio la persona della quale ci fidiamo».
Al Quotidiano Nazionale invece Cestaro dice che «l’ho vissuta io quella violenza. E negli anni anche tante amiche. Ho fatto uno sforzo enorme ma lo scopo era sensibilizzare e spingere a farsi sentire tante donne che stanno patendo, in scenari differenti». E conclude: «Ho cercato di dare coraggio a chi non lo ha ancora trovato. Dico alle donne di denunciare. E agli uomini di non chiudere gli occhi».
(da Open)
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Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA SCIENTIFICO CATTANEO: “L’ERRORE DI MOLTIPLICARE PER 4 NON E’ AMMESSO NEANCHE IN QUINTA ELEMENTARE”
Tra le novità più rilevanti del nuovo Codice della strada, approvato nelle scorse ore da Camera e Senato, c’è sicuramente la tolleranza zero per chi guida sotto effetto di droghe o alcol.
I limiti alcolemici sono rimasti invariati, ma le sanzioni sono più severe. Mentre su cosa e quanto si può bere prima di mettersi dietro il volante sembra esserci ancora un po’ di confusione.
Su X sono diventati virali gli scambi di Claudio Borghi, senatore della Lega, con alcuni utenti. «Non posso più prendere una bottiglia di vino al ristorante con la mia ragazza», si lamenta un utente social. La risposta di Borghi non si fa attendere: «Se te la scoli da solo ti sconsiglierei di guidare ma anche scolandotela da solo non arrivi a 0,8 perché una bottiglia non è un litro, ma 75 cl».
Le tabelle dell’Iss su quanto vino si può bere prima di mettersi alla guida
Il messaggio di Borghi è chiaro: anche bevendo un’intera bottiglia di vino non si supera il limite consentito dalla legge per mettersi alla guida. Peccato che il ragionamento del senatore leghista sia totalmente sbagliato. «Apparentemente, il senatore è persuaso che il tasso alcolemico si misuri in litri di vino anziché in grammi per litro di sangue. E c’è pure chi gli dà credito quando parla di modelli climatici», fa notare il giornalista scientifico Marco Cattaneo. E a guardare bene, è lo stesso Istituto superiore di sanità a smentire quanto detto da Borghi. Nelle tabelle dell’Iss, la dose di riferimento per un vino da dodici gradi è 125 centilitri. Una cifra ben lontana dai 750 centilitri di cui parla il senatore leghista.
La discussione sui social
Borghi però non demorde: «Abbia pazienza. Lei fa un messaggio dicendo che confondo una bottiglia da 0.7 con un tasso alcolemico dello 0.8 e quindi penso che siano litri invece di grammi/litro. Le dimostro che ha detto una cretinata e vuole avere ragione?», scrive il senatore leghista in risposta a Cattaneo.
Ma a questo punto la sezione commenti è ormai piena di critiche a Borghi: «Cos’è più grave? Un utente di X che non legge il post precedente, o un senatore che non sa fare una moltiplicazione?», si chiede un utente con un pizzico di sarcasmo.
E lo stesso Cattaneo infine aggiunge: «Senatore, ma lo ammette o no che moltiplicare per quattro non era proprio corretto? No, perché non è ammesso nemmeno in quinta elementare…».
(da Open)
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Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
CONTE: “NESSUNO VUOL FARSI FAGOCITARE DAL PD MA LA DENUNCIA DEL RISCHIO NON PUÒ COSTITUIRE DI PER SÉ UN PROGRAMMA POLITICO”… “LA SENSAZIONE DI ISOLAMENTO L’AVVERTE CHI PONTIFICA DAL DIVANO VAGHEGGIANDO UN ILLUSORIO RITORNO ALLE ORIGINI MENTRE HA RINUNCIATO DA TEMPO A VOTARE E PORTARE AVANTI IL PROGETTO DEL MOVIMENTO. L’ULTIMO GIAPPONESE RISCHIA DI ESSERE GRILLO”
«Da oggi a domenica i nostri iscritti potranno votare online e decidere quel che saremo. Abbiamo un obiettivo ambizioso, che culminerà con l’assemblea costituente di sabato e domenica: rigenerarci, scuoterci, dare nuove idee al Movimento, riaccendendo l’entusiasmo e facendo sentire tutti protagonisti del nuovo percorso. Nessuno lo ha fatto con coraggio e umiltà, come stiamo facendo noi».
Presidente Giuseppe Conte, prima lei deve fare chiarezza: cosa intende dire quando sostiene che “se sarà messo in discussione il percorso fatto finora” ne trarrà le conseguenze?
«Mi sembra evidente che se dalla costituente dovesse emergere una traiettoria politica opposta a quella portata avanti finora dalla mia leadership, mi farei da parte. Si chiama coerenza».
E qual è la traiettoria?
«Sia chiaro. Ci teniamo strette le radici, dalle quali discende la radicalità delle nostre battaglie. Ma nel 2021, raccogliendo centinaia di suggerimenti, ho elaborato e messo ai voti una carta dei principi e dei valori approvata a larghissima maggioranza dalla comunità degli iscritti. È un manifesto progressista che marca una distanza netta da questa destra che persegue la frammentazione dell’Italia, la mordacchia ai giudici, l’abbattimento degli equilibri costituzionali con una chiara deriva autocratica».
Lo rimetterà ai voti, insomma?
«Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader».
L’indicazione porta a un’alleanza col Partito democratico.
«Su questo, la mia linea è stata molto chiara. Non ho mai parlato di alleanza organica o strutturata col Pd, non sarebbe compatibile con il dna del M5S. Ho sempre ragionato di un dialogo da coltivare con le forze del campo progressista per valutare intese, stando sempre attento a difendere la nostra identità e le nostre battaglie».
Chiara Appendino sostiene che rischiate di essere “fagocitati” da Schlein e dai suoi.
«Non possiamo avere paura di confrontarci anche con il Pd. Nessun iscritto al M5S aspira a lasciarsi fagocitare, ma la denuncia di questo rischio non può costituire di per sé un programma politico. Dobbiamo avere piuttosto l’orgoglio di rivendicare le nostre battaglie. Su alcune ci siamo battuti con tale tenacia da convincere altri partiti prima scettici: è successo anche con il Pd, che ha cambiato idea su salario minimo e jobs act. Poi, il nostro programma passa dal no alla guerra e alle armi in Ucraina, dalla denuncia della condotta criminale che il governo Netanyahu sta realizzando a Gaza, dalle battaglie dalla parte dei più poveri e indifesi contro il caro vita, dal bisogno di sicurezza anche per quelli che non vivono in quartieri non residenziali: su questo, il governo sta fallendo».
Con la leadership, in assemblea saranno messi in discussione anche il simbolo e il nome?
«Gli iscritti sono chiamati a decidere e hanno la possibilità di cambiare tante cose. Sì, ci sono quesiti dedicati al nome, al simbolo, alla figura e ai poteri del presidente».
E al garante.
«Anche i quesiti sul garante sono stati decisi dalla base. Io non ho mai inteso alimentare questo scontro. Sono sinceramente dispiaciuto che in questi mesi abbia attaccato il Movimento utilizzando toni e argomenti simili a quelli del sistema mediatico e politico dei nostri avversari. Non posso accettare che qualcuno, fosse pure il fondatore, ponendosi su una posizione sopraelevata, provi a zittire la comunità degli iscritti schiacciandola, subordinandola».
Spera o teme che Grillo venga al palacongressi di Roma?
«Non lo temo. Se dovesse venire, potrà partecipare liberamente all’assemblea».
Si sente l’ultimo giapponese, come ironizzava ieri il garante con un post dei suoi?
«Non mi sento isolato. Perché io ci metto sì la faccia, ma combatto le nostre giuste battaglie accanto a tanti appassionati attivisti. Forse la sensazione di isolamento l’avverte chi pontifica dal divano vagheggiando un illusorio ritorno alle origini mentre ha rinunciato da tempo a votare e portare avanti il progetto del Movimento. L’ultimo giapponese rischia di essere lui, ponendosi in contrasto con la comunità».
I suoi avversari interni possono far leva, ammetterà, sui numeri. Dal 15 per cento delle politiche 2022 siete passati al 9,9 delle Europee di quest’anno, fino alle soglie sotto il 5 delle tre regioni al voto questo mese. Come pensa di fermare l’emorragia?
«Un dato politico non va minimizzato: in Emilia-Romagna e Umbria le coalizioni di cui abbiamo fatto parte hanno vinto, fermando l’avanzata di Meloni. È innegabile che il M5S stia facendo molta fatica sui territori e dobbiamo capire perché questo accade da troppi anni. Per altro senza differenza se andiamo da soli o in coalizione, come comprovato dalle ultime elezioni».
Ecco, che spiegazione si è data?
«In un contesto di forte astensionismo, sicuramente è il voto di opinione sui territori, non collegato a strutture di potere e logiche clientelari, ad essere maggiormente penalizzato».
Non c’è via di scampo, insomma?
«Al contrario. Abbiamo costituito dei gruppi territoriali che hanno bisogno di tempo e dedizione per dispiegare la loro azione. Dobbiamo tornare ad ascoltare i bisogni delle comunità locali. E poi c’è la formazione delle liste, sulla quale dobbiamo essere più attenti: dobbiamo sperimentare nuove modalità di reclutamento, senza cadere nelle logiche clientelari che aborriamo».
A Roma invece battaglia comune con le opposizioni sulla manovra?
«È una manovra condizionata dal taglio di tredici miliardi l’anno firmato da Meloni in Europa, che si abbatte soprattutto su sanità e scuola, fondo per le disabilità, investimenti per il Sud e per l’industria dell’auto. Noi proponiamo uno scudo contro il caro vita e di recuperare risorse dal riarmo e dagli extraprofitti di banche e industrie delle armi».
Voterete Fitto e la commissione von der Leyen?
«È buio fitto in Europa, verrebbe da dire. Noi ci siamo già espressi rifiutando mercanteggiamenti e votando in modo coerente ai nostri principi».
Tanto si è detto sul suo rapporto con Trump. Cosa si attende dalla seconda presidenza del repubblicano?
«Troppo presto per fare previsioni. Ma sono preoccupato per la plutocrazia che sta prendendo forma nella democrazia americana. Aggravata dallo strapotere dei padroni del web che suscitano facili entusiasmi anche a casa nostra, ma esercitano una influenza nascosta sulle nostre esistenze».
(da La Repubblica)
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Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
MILEI VUOLE CREARE UNA LEGA CONSERVATRICE MONDIALE GUIDATA DA USA, ARGENTINA, ISRAELE E ITALIA, CONTRO LA “BARBARIE DEL SOCIALISMO”… CAZZO, CHE BELLA COMPAGNIA
La creazione di una Lega conservatrice mondiale guidata da Stati Uniti, Argentina, Israele e Italia per contrastare “la barbarie del socialismo” sarà tra i temi sul tavolo del vertice bilaterale di oggi tra il presidente argentino Javier Milei e la premier italiana Giorgia Meloni.
Lo sostengono alcuni analisti argentini che evidenziano come nel corso del suo intervento al forum della Conferenza di azione politica conservatrice (Cpac), organizzata a Mar-a-Lago per commemorare l’elezione di Donald Trump alla Casa bianca, Milei avesse anticipato la necessità di creare la “fratellanza” riunendo i Paesi impegnati nella “difesa delle idee di libertà” in una nuova “una battaglia culturale per appropriarsi del senso comune dei cittadini”.
Per il capo dello stato argentino solo la cooperazione tra Stati Uniti, Argentina, Italia e Israele sarebbe in grado di alimentare “una speranza globale per la pace e la prosperità”. Sempre stando agli osservatori l’idea potrebbe non essere tuttavia farina del sacco di Milei, quanto piuttosto sviluppata a seguito di un ‘suggerimento’ fatto al leader ultraliberista a margine del suo incontro con Trump da Matt Schlapp, organizzatore del vertice del Cpap e già direttore della Strategia Politica della Casa Bianca durante il mandato di George W. Bush.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
LA NOTTE DI CAPODANNO FERÌ UNO DEGLI INVITATI A UNA FESTA IN CUI ERA INVITATO ANCHE IL SOTTOSEGRETARIO ANDREA DELMASTRO
Il parlamentare Emanuele Pozzolo è stato rinviato a giudizio oggi per le imputazioni di porto illegale d’arma comune da sparo e porto illegale di munizionamento da guerra, mentre è stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere per lesioni colpose e accensioni ed esplosioni pericolose e omessa custodia di armi. Si è conclusa, così, l’udienza preliminare nei confronti del parlamentare Emanuele Pozzolo per lo sparo che la notte di Capodanno a Rosazza nel biellese, ferì a una coscia uno degli invitati ai festeggiamenti di fine anno, Luca Campana.
Come fa sapere una nota del procuratore di Biella facente funzioni Ruggero Mauro Crupi, “è stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere in relazione ai seguenti reati: lesioni colpose ai danni di Luca Campana per intervenuta remissione di querela” e “accensioni ed esplosioni pericolose e omessa custodia di armi, per intervenuta oblazione”, rende noto il procuratore.
“Invece, in relazione alle ulteriori imputazioni di porto illegale di arma comune da sparo e porto illegale di munizionamento da guerra – conclude – è stato disposto il rinvio a giudizio per l’udienza dibattimentale del 25 febbraio 2025 avanti al Tribunale di Biella in composizione monocratica”.
(da agenzie)
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Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
“IN CONFERENZA STAMPA, QUEL CHE MI HA PIÙ STUPITO È CHE SE QUESTA DESTRA DEVE RIPROPORCI UNA “SUA” CULTURA È COSTRETTA A TORNARE AL 1935..MA NEL FRATTEMPO NON POTEVA FARSI VENIRE QUALCHE IDEA?’’
Come un classico show del sabato sera di Pippo Baudo, sarà una Quadriennale “Fantastica”, quella che dall’ottobre 2025 al gennaio 2026 si svolgerà nel Palazzo delle Esposizioni di Roma, ma anche un po’ “fascista”.
Ieri, in conferenza stampa, il nuovo presidente della Quadriennale, nominato a suo tempo da Gennarino Sangiuliano, il torinese Luca Beatrice, spalleggiato dall’azzimato Federico Mollicone, ha squadernato l’esposizione in cinque diverse sezioni, ognuna data in appalto ad altrettanti curatori, tutti ben dotati di fervida fantasia.
Apre le danze Luca Massimo Barbero (“La mia immagine è ciò da cui mi faccio rappresentare: l’autoritratto Il cibo, i gatti, la palestra, me stesso, i viaggi e vari ammennicoli’’); continua Francesco Bonami (‘’Memoria piena. Una stanza solo per sé”); si fa sotto Emanuela Mazzonis di Pralafera (‘’Il tempo delle immagini. Immagini fuori controllo?”); s’avanza Francesco Stocchi (‘’Quadriennale 202’’); conclude Alessandra Troncone (‘’Il corpo incompiuto’’).
Beatrice ha sottolineato di “puntare su artisti che si sono affermati dopo il 2000, privilegiando le prime partecipazioni alla Quadriennale. Molte artiste donne e un’attenzione alla regionalità”. Toh! la regionalità… Infatti gli artisti italici sono sempre sbucati dalle città…
Se al primo piano del Palaexpo sfileranno i lavori dei Millennials, al secondo piano proporrà, curata da Walter Guadagnini, le opere presentate alla Quadriennale del 1935, per raccontare quella che è “passata alla storia come la più importante rassegna di arte italiana degli anni Trenta” e che aveva esposto Giorgio de Chirico, Scipione, Gino Severini, Marino Marini, Mario Mafai, Antonio Donghi, Arturo Martini, Corrado Cagli, Carlo Carrà.
A questo punto, si è levata sulla bacheca di Facebook la voce della giornalista e critica d’arte Alessandra Mammì: “Quel che mi ha più preoccupato in conferenza stampa è sentirgli dire che La Quadriennale del ‘35 è la più bella e importante mostra del Novecento italiano… e quel che mi ha più stupito è che se questa destra deve riproporci una “sua” cultura è costretta a tornare al 1935… ma nel frattempo non poteva farsi venire qualche idea?’’
(da Dagoreport)
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Novembre 21st, 2024 Riccardo Fucile
ORA FRATELLI D’ITALIA VOTERA’ A FAVORE DELLA COMMISSIONE MENTRE ECR AVRA’ LIBERTA’ DI VOTO… I POPOLARI SFRUTTERANNO IL COSIDDETTO “DOPPIO FORNO”: A SINISTRA CON S&D, A DESTRA CON I CONSERVATORI… I SOCIALISTI: “ABBIAMO SBLOCCATO UNA SITUAZIONE CHE STAVA METTENDO A RISCHIO LA STABILITA’ DELL’UE. ORA FITTO SIA INDIPENDENTE DAL GOVERNO ITALIANO”
Alla fine l’accordo è stato siglato. Anche Raffaele Fitto, insieme alla spagnola Teresa Ribera, ha ricevuto il via libera del Parlamento europeo per la carica di vicepresidente esecutivo. La nuova Commissione Ue di Ursula von der Leyen nascerà formalmente il prossimo 1 dicembre dopo aver conquistato la “fiducia” dell’Eurocamera mercoledì 27 novembre. Ma il patto è stato sottoscritto al fotofinish.
Nella notte tutto era stato rimesso in discussione. I Popolari avrebbero infatti voluto inserire una clausola formale nella promozione della spagnola che imponeva le dimissioni in caso di coinvolgimento in un’inchiesta (il riferimento era all’alluvione di Valencia).
Richiesta inaccettabile per i socialisti che hanno bloccato il via libera a Fitto fino a quando non è stato individuato un escamotage: i popolari allegheranno una lettera con la loro istanza e i socialisti con i liberali faranno altrettanto dichiarando inaccettabile la vicepresidenza per Fitto.
Ma saranno due missive senza alcun vincolo giuridico. In più la presidente della Commissione prima della fiducia spiegherà nell’aula dell’Eurocamera che se un commissario sarà condannato in primo grado, e non semplicemente indagato, dovrà abbandonare l’incarico.
Impasse dunque superata. L’accordo, però, ha avuto l’effetto di spaccare i socialisti lasciando un pò (solo un pò) di suspense per il voto di fiducia all’intero team di von der Leyen della prossima settimana.
L’intesa sui singoli commissari ieri è stata siglata dai gruppi Ppe, S&D (socialisti) e Renew (liberali) ricostituendo la tradizionale maggioranza comunitaria attraverso un documento che fissa le priorità programmatiche europeiste e conferma i confini politici dell’alleanza. Ossia l’Ecr di Meloni e tutte le destre ne resteranno fuori.
«Riaffermiamo il nostro impegno – si legge nel testo firmato da Weber, Garcia Perez e Hayer – a lavorare insieme con un approccio costruttivo per portare avanti un programma di riforme basato sugli orientamenti politici della presidente della Commissione europea del 18 luglio 2024». E poi si elencano i punti classici della tradizione europeista, si cita Mario Draghi e il suo rapporto sulla competitività, e si richiama il sostegno all’Ucraina.
Si tratta però di una base molto vaga. In cui i Popolari avranno ampio spazio per continuare a sfruttare il cosiddetto “doppio forno” con l’Ecr e i gruppi di destra.
Basta ascoltare quel che dice Manfred Weber, il capogruppo tedesco del Ppe: «L’Ecr è pienamente impegnato a sostenere tutti i candidati. È pronto a lavorare in modo costruttivo». E ancora: «Il governo italiano, anche sotto la guida di Giorgia Meloni, vuole contribuire a risolvere i problemi sulla base dei nostri valori». Una linea concordata nel weekend in un incontro a Monaco con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
Ma è proprio questo il nodo che sta stringendo il dibattito dentro S&D. Il confronto tra i socialisti è stato infatti faticosissimo.
E la pretesa avanzata nella notte su Ribera ha acuito le difficoltà. La delegazione francese, che conta tredici eurodeputati, ha già annunciato che voterà contro la fiducia alla squadra di von der Leyen proprio a causa del ruolo di vicepresidente esecutivo per Fitto.
I numeri però dovrebbero comunque essere sufficienti perché una parte dei Conservatori (di sicuro Fdi) si esprimerà a favore. Anche se, a differenza di luglio scorso, mancherà l’appoggio dei Verdi. La soglia di 361 sì appare raggiungibile a meno che dentro S&D non si crei una faglia molto larga o il Ppe non avanzi ulteriori richieste.
(da Repubblica)
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