Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
IL VICEMINISTRO DEGLI ESTERI (FDI) LA SPARA GROSSA ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BOCCHINO
Il viceministro degli Esteri, Edmondo Cirielli, esponente di Fratelli d’Italia, ha suscitato polemiche durante la presentazione del libro “Perché l’Italia è di destra” di Italo Bocchino, affermando che “il tratto distintivo più profondo del fascismo era uno spirito straordinario di libertà”.
Cirielli ha sottolineato come, a suo avviso, anche nel contesto di un regime totalitario come quello fascista, si potesse individuare una forma di “spirito individualista, libertario, contro l’autorità”, esistente nonostante il sistema autoritario.
Ha aggiunto che i valori della destra sono molteplici e non possono essere circoscritti a un unico periodo storico, leader o contesto: “Perfino della destra autoritaria, quella del periodo fascista. C’era una vastità di destre, c’era uno spirito di libertà straordinario”.
Le critiche
Le dichiarazioni, che reinterpretano il rapporto tra libertà e totalitarismo, stanno già generando ampie discussioni nel panorama politico e culturale italiano.
Questa visione, criticata da numerosi storici e osservatori politici, rischia di banalizzare o reinterpretare in modo revisionista le violazioni dei diritti umani avvenute sotto il regime fascista.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
FDI 27,5%, PD 24.2%, M5S 11,6%, LEGA 8,6%, FORZA ITALIA 7,8%, AVS 6%, AZIONE 3,5%, ITALIA VIVA 2,1%, + EUROPA 2%
Cala il consenso di Fratelli d’Italia e il Partito Democratico si avvicina. Adesso solo 3,3 punti percentuali separano i partiti di Giorgia Meloni ed Elly Schlein secondo l’ultimo sondaggio di Youtrend per Sky Tg24.
Non solo Fdi, a frenare sono tutte le forze del centrodestra e anche il Movimento 5 stelle.
Secondo le ultime rilevazioni delle intenzioni di voto di Youtrend, se si andasse a votare oggi Fratelli d’Italia rimane sempre il primo partito ma perde 0,8 punti percentuali (rispetto al 18 novembre scorso), scendendo al 27,5%. Il Pd, invece, recupera un punto percentuale raggiungendo il 24,2%.
Al terzo posto c’è sempre il Movimento di Giuseppe Conte, stimato all’11,6% (-0,3 punti percentuali rispetto a metà novembre).
Segue la Lega di Matteo Salvini all’8,6% (in calo di 0,4 punti percentuali). Forza Italia al 7,8% registra un calo dello 0,9%: in questo caso va però considerato che il partito di Antonio Tajani a novembre era sondato insieme a Noi Moderati (oggi all’1,1% e contato separatamente). A chiudere il quadro, quasi stabile Alleanza Verdi-Sinistra al 6% (-0,1%), sale invece Azione (3,5%, +0,5) mentre Italia Viva viene riconfermata al 2,1% e +Europa al 2% (+0,1%).
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
IL RITRATTO IMPIETOSO DI UNO CHE NON HA MAI INVENTATO NULLA E CHE TUTTO E’ MAI STATO SALVO CHE “POGRESSISTA”
L’ultima mossa indecente di Beppe Grillo – inviare a Elly Schlein una missiva diffamatoria su Giuseppe Conte – fornisce l’ennesima conferma riguardo alla natura del personaggio. Della serie colpi bassi e porcate (copy Walter Matthau in “Due sotto il divano”, 1980).
Facendo seguito alla pagliacciata del video sul carro funebre in cui inanella una serie di banalità ricicciate, dalla fiducia costruttiva alle norme anti trasformismo parlamentare, gabellandole da intuizioni straordinarie. Per cui bisognerebbe smetterla di definirlo un genio, specie da parte di chi ora se ne professa critico (e che in passato lucidava i suoi stivali agitando flabelli). E credo di poterlo dire in quanto sono tra i pochi che, pur dando largo credito al M5S, ha scritto peste e corna dei suoi presunti fondatori (ricevendo ondate di insulti proprio su questo blog da fanatici adoratori del duo) fin dalla nascita della loro creatura; dall’orripilante denominazione – Cinquestelle – più indicata per una balera romagnola.
Perché il ragionier Giuseppe Grillo in vita sua non ha mai inventato proprio niente. A parte riproporre il tradizionale mugugno genovese con voce lamentosa. E questo “niente” lo caratterizza fin dagli esordi, quando saccheggiava il repertorio dell’amico cabarettista Orlando Portento, cresciuto come lui nel quartiere popolare di San Fruttuoso. Poi, con i primi successi sotto la guida di Pippo Baudo, è tutto un rivolgersi a ghostwriter; tra cui spiccava l’attuale ormai malmostoso Michele Serra. E infine l’incontro decisivo con il perito informatico GianRoberto Casaleggio; un consulente di comunicazione politica che si era candidato una volta sola in una lista fiancheggiatrice di Forza Italia, incassando sei preferenze sei. L’illuminazione sulla via di Internet per chi sino a quel momento terminava i propri pistolotti distruggendo pc a bastonate.
Allora, sotto la guida ispirata del guru di provincia, Grillo potè atteggiarsi a profeta dell’online che schiuderà le porte della democrazia diretta autogestita. Mentre – nel frattempo – i signori del silicio si stavano impadronendo della rete per praticare l’esproprio digitale dei dati comportamentali dei visitatori, da trasformare in beni da rivendere sul mercato. Si chiama “capitalismo della sorveglianza”; ossia l’incombente minaccia per la democrazia in scivolata verso la post-democrazia e la democratura.
Ma agli apprendisti stregoni in fregola di trasformare lo show business in un movimento di massa poco importava. Le loro antenne hanno segnalato l’arrivo di uno tsunami che investirà l’intera area mediana della società occidentale, a seguito delle prime crisi sistemiche dell’ordine finanziarizzato banco-centrico. Quella che sarà l’ondata dei crolli partita da Wall Street nel 2007 e che quattro anni dopo vedrà sorgere i quartieri della protesta (movimento degli Indignati) in qualcosa come 950 città sulle due sponde dell’Atlantico. Un’insorgenza epocale su cui Grillo e Casaleggio mettono cappello l’8 settembre 2007 con il Vaffa Day bolognese. L’avvio della loro avventura come demiurghi di un movimento di AltraPolitica.
Con una profonda differenza rispetto ai soggetti che altrove hanno dato voce all’indignazione; da Podemos a Syriza a Occupy Wall Street: il loro palese orientamento destrorso, malamente camuffato nello slogan “né destra né sinistra”. Non a caso se suo fratello era segnalato vicino al Fuan (gli studenti del Msi), il giovane Beppe Grillo bazzicava gli ambienti più retrivi del Pli genovese.
Con questi precedenti non mi sono mai sorpreso se il soggetto politico partorito dalla strana coppia aveva marcati tratti iniziatici (con Grillo proprietario del marchio e Casaleggio a controllare la piattaforma Rousseau dove tutto veniva deciso). Per cui, quando trionfa nelle elezioni del marzo 2018, Grillo, ormai orfano di Casaleggio, si defila non sapendo che pesci prendere e passa l’incombenza a Conte.
Ora, scoprendosi marginalizzato, ha tentato di riprendersi il giocattolo coadiuvato dalla Corte dei Miracoli dei Toninelli e delle Raggi e i suoi tre amici al bar. O forse è solo una questione di soldi: i 300mila euro indebiti. L’ho già detto, anche all’Elevato di Sant’Ilario si confà il soprannome “avida dollars”: l’anagramma che il poeta surrealista André Breton escogitò per Salvador Dalì.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
L’ESPLOSIONE SAREBBE AVVENUTA A CAUSA DELLA PERDITA DI LIQUIDO DURANTE LE OPERAZIONI DI RICARICA DELLE AUTOBOTTI
Sono due morti e nove feriti, di cui due ustionati gravi, e tre dispersi, il bilancio dell’esplosione avvenuta stamane in una raffineria Eni, a Pratignone, frazione di Calenzano, in provincia di Firenze a metà strada verso Prato. Un bilancio provvisorio, mentre è stato identificato il corpo di una delle vittime individuate.
I morti e dispersi hanno tra i 45 e 62 anni. Non sono state ancora fornite le loro generalità. La procura di Prato ha aperto un inchiesta «per appurare eventuali responsabilità penali» e ha delegato le indagini al comando provinciale di Firenze dei carabinieri. Nominati anche, spiega sempre la procura, «alcuni medici legali e tre consulenti tecnici per accertare le cause dell’esplosione».
«Abbiamo richiesto intervento dell’Arpat e della Asl Toscana centro per evidenziare i profili di possibili responsabilità sul luogo teatro dell’esplosione», ha aggiunto il procuratore Tescaroli. L’area dell’esplosione si trova sotto sequestro. Secondo una prima ricostruzione l’esplosione sarebbe avvenuta a seguito della perdita di liquido durante le operazioni di ricarica delle autobotti. «Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato al presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, per avere informazioni sui feriti, per portare la solidarietà alle famiglie delle vittime e per ringraziare i soccorritori che sono intervenuti con grande professionalità», ha fatto sapere il Quirinale.
La dinamica
Intorno alle 10.15 di oggi, 9 dicembre, un potente boato è stato avvertito anche a decine di chilometri di distanza. I residenti dei comuni vicini hanno raccontato di aver sentito tremare i vetri delle finestre, mentre quelle delle aziende circostanti la raffineria sono andati in frantumi. «Sembrava una bomba», hanno dichiarato gli operai. Dal luogo dell’esplosione si è alzata una colonna di fumo imponente che si levava dall’incendio, domato in circa due ore e mezza dall’esplosione. Eni ha precisato che nell’incendio non sarebbero stati coinvolti i serbatoi di carburante del deposito, ma che le fiamme sarebbero confinate alle pensiline dove le autobotti fanno rifornimento.
L’inquinamento dopo l’esplosione nella raffineria a Calenzano
A causa delle sostanze inquinanti disperse nell’aria, la protezione civile ha diramato tramite It Alert un avviso a coloro che abitano in un raggio di cinque chilometri dall’area dell’esplosione chiedendo di tenere chiuse le finestre. Il comune di Calenzano ha invitato la popolazione a non avvicinarsi all’area dell’esplosione e a spegnere gli impianti di climatizzazione, mentre a chi è presente nell’area sono state distribuite mascherine. «Non ci sono rischi per la salute. Le concentrazioni in aria a livello del suolo a partire dalla conclusione delle operazioni di spegnimento sono da ritenersi trascurabili e la nube dell’incendio si è dispersa in quota in tempi relativamente brevi. Per tali motivi non si ravvisa la necessità di prelievo di campioni al suolo», ha poi precisato un monitoraggio di Arpat. Il comune di Calenzano su Facebook ha invece dichiarato che non ci sono problemi di potabilità dell’acqua: «Publiacqua Spa informa i cittadini dei Comuni di Calenzano, Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio e Prato che, in merito all’incidente verificatosi questa mattina all’impianto Eni di Calenzano, non si registrano problemi di potabilità sull’acqua del pubblico acquedotto. Publiacqua proseguirà comunque a monitorare l’evolversi della situazione anche nelle prossime ore e nei prossimi giorni, a garanzia della qualità dell’acqua erogata».
Il sindaco: «Qui è tutto distrutto»
«Ho visto una scena impressionante, c’è una distruzione totale. Immagino chi era lì a lavorare ed era lì vicino o sotto le infrastrutture di ricarica, quello dev’essere apparso come un inferno. La situazione è indescrivibile. Noi sappiamo che stamani nell’azienda erano stati effettuati 35 accessi”, ha dichiarato il sindaco di Calenzano Giuseppe Carovani, dopo un sopralluogo sul posto. «Nel piazzale esterno dello stabilimento c’era stato un episodio di incendio di un’autocisterna diversi anni fa, ma fino a ieri all’interno non si erano mai verificati episodi di questo tipo», ha aggiunto Carovani.
L’emergenza sanitaria dopo l’esplosione nella raffineria
Il governatore toscano ha attivato il sistema di emergenza sanitaria, allertando tutti gli ospedali della zona. Sul posto sono già intervenuti i Carabinieri, seguiti dai vigili del fuoco, le forze dell’ordine e dal personale medico-sanitario. L’ospedale Careggi di Firenze ha attivato il piano d’emergenza per gestire un possibile massiccio afflusso di feriti: l’attività ordinaria è stata sospesa e le sale del pronto soccorso sono state attrezzate per far fronte alla situazione. I feriti portati in ospedale riportavano due ustioni da codice rosso, due da codice giallo e un trauma cranico.
Proclamate 4 ore di sciopero
Per l’esplosione a Calenzano Cgil Firenze, Cisl Firenze Prato e Uil di Firenze proclamano uno sciopero generale provinciale di 4 ore (fine turno) per l’11 dicembre con manifestazione (14:30-16:30) a Calenzano. I sindacati esprimono «dolore per la tragedia, cordoglio per le vittime, vicinanza ai feriti e ai familiari, gratitudine verso i soccorritori, oltre a tanta rabbia» per «l’ennesima tragedia sul lavoro con dimensioni e risvolti ancora da capire su vari fronti». Quanto successo «è inaccettabile, attendiamo il lavoro degli inquirenti per fare luce». Senza sicurezza non c’è lavoro, non c’è dignità, non c’è vita».
Traffico stradale e ferroviario bloccato
A Sesto Fiorentino è stata evacuata l’università. In seguito allo scoppio, l’uscita di Calenzano dell’autostrada A1 è stata chiusa, mentre la circolazione stradale nei comuni di Calenzano e Sesto Fiorentino è completamente bloccata. Alle 15 «sulle linee convenzionali Firenze-Bologna e Firenze-Prato-Pistoia la circolazione ferroviaria è in graduale ripresa dopo un intervento dei Vigili del Fuoco e delle Forze dell’Ordine a seguito di una esplosione avvenuta al di fuori della sede ferroviaria in località Calenzano», spiega una nota di Rfi su infomobilità. La circolazione era stata interrotta intorno alle 10.22, con l’attivazione di un servizio sostitutivo con bus. Nel tratto interessato i treni procedono a velocità ridotta. Non solo: si registrano rallentamenti e possibili variazioni.
Il deposito esploso a Firenze ad «alto rischio»
L’esplosione sarebbe avvenuta nell’area di carico, dove le autobotti si riforniscono di carburante. Secondo quanto riportato da La Nazione, il deposito esploso era già stato considerato ad «alto rischio» ed era sotto osservazione da anni.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
“PUÒ UNA PERSONA CHE HA DIMOSTRATO UNA COSÌ PROFONDA MANCANZA DI RISPETTO PER LA VERITÀ, E CHE HA USATO IL PROPRIO RUOLO ISTITUZIONALE PER DIVULGARE MENZOGNE, TORNARE A LAVORARE NELLA TELEVISIONE PUBBLICA, PER DI PIÙ IN RUOLI VERTICISTICI?”
Dal profilo instagram di Maria Rosaria Boccia
Quello che è accaduto negli ultimi mesi è qualcosa che non avrei mai pensato di dover raccontare, ma è necessario fare chiarezza. Ho assistito a un uso distorto del servizio pubblico, il principale mezzo d’informazione del nostro Paese, per veicolare insinuazioni, gossip e menzogne nei confronti di una cittadina che chiedeva solo trasparenza. Una macchina del fango si è attivata senza scrupoli, dal mettere in dubbio i miei titoli, a minimizzare il lavoro che ho sempre svolto ed i risultati ottenuti a suon di sacrifici.
Ho persino assistito ad un’intervista nel corso del principale telegiornale nazionale, che si è rivelata totalmente fuori luogo, le cui risposte fornite dal Ministro ad un compiacente Direttore, risultano oggi pacificamente false e che pertanto si ponevano quale unico fine la mortificazione della mia persona e della dignità di donna. Addirittura dall’articolo de Il Giornale a firma di Hoara Borselli, si apprende di un appello per fermare “gli attacchi” a Sangiuliano il quale a detta di amici starebbe vivendo il tutto in modo “drammatico”.
Tuttavia, la stessa vicinanza e solidarietà “disinteressata” non è stata posta in essere nei miei confronti a fronte delle menzogne e delle falsità artatamente create per minare la mia credibilità e la mia onorabilità; nessuna donna rappresentante delle istituzioni, né dell’informazione, ha ritenuto opportuno porre l’accento su quanto ingiustamente da me subito, a differenza dei numerosi attestati ricevuti quotidianamente da donne “comuni”.
Dall’esplodere della vicenda c’è stata una vera e propria persecuzione, il susseguirsi delle falsità (smentite senza ricevere lo stesso eco mediatico delle fake news) ha avuto un impatto devastante, mi sono sentita stalkerizzata da questo atteggiamento avverso il quale non ho potuto combattere ad armi pari. Persino dall’Autorità del Garante non ho trovato immediata tutela rispetto al “trattamento” ricevuto dagli organi di informazione, nessuna posizione Ufficiale è stata presa nonostante le diverse istanze presentate. Nessuno si è interessato al mio stato di salute o al danno subito quando uscivano notizie false su di me
Nessuno si è fermato a considerare l’impatto umano di quelle falsità. E ora che la verità sta finalmente emergendo, c’è un’allarmante tendenza a minimizzare tutto, come se reagire fosse un accanimento inutile, come se le mie ferite non avessero importanza e la mia dignità non andasse difesa.
Non ho ricevuto alcuna scusa da chi ha causato tutto questo, né dall’ex Ministro, il quale si accingere a riprendere il proprio posto di comando presso l’azienda Pubblica, né da chi ha prestato il fianco alla campagna denigratoria nei miei confronti che puntualmente è stato smentito su ogni menzogna diffusa in prima pagina.
Ma la domanda più importante è un’altra: può una persona che ha dimostrato una così profonda mancanza di rispetto per la verità, e che ha usato il proprio ruolo istituzionale per divulgare menzogne, tornare a lavorare nella televisione pubblica, per di più in ruoli verticistici? È legittimo chiedersi se la Rai, in quanto servizio pubblico, non debba prendere provvedimenti contro chi ha abusato di un mezzo così potente ed amplificato per diffamare.
La verità non può essere manipolata senza conseguenze, e chi lavora in una posizione di tale responsabilità deve essere irreprensibile. Non si possono accettare passivamente atteggiamenti del genere, non è possibile non indignarsi e pretendere che la televisione pubblica non venga sottomessa e messa al servizio di qualcuno per mortificare una persona, chiunque essa sia.
Maria Rosaria Boccia
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
IL RISCHIO È IL CAOS NEI GRUPPI PARLAMENTARI: ALCUNI ELETTI AL PRIMO MANDATO SCALPITANO, QUATTRO O CINQUE POTREBBERO LASCIARE IL M5S NEI PROSSIMI MESI
Voltare pagina, da subito. E in fretta. Giuseppe Conte ha atteso il superamento del quorum come un passo necessario. Ieri ha commentato il voto a caldo. «Il M5S ha rivotato. Ha rivotato in massa: quorum ampiamente superato con una partecipazione addirittura più alta di due settimane fa. Questa è l’onda dirompente di una comunità che non conosce limiti e ostacoli, in cui tutti contano davvero», ha detto l’ex premier, che non ha nemmeno nominato Grillo.
E ha sottolineato: «Ora si volta pagina. Il Movimento si rifonda sulle indicazioni arrivate con Nova dagli iscritti. Andiamo avanti con grande forza, con l’orgoglio di quel che abbiamo fatto, ma lo sguardo fisso nel futuro». E ancora: «Abbiamo una passione immensa e tante battaglie da fare tutti insieme per cambiare il Paese».
Il primo passo il presidente M5S lo farà già oggi. Conte ha in programma nel pomeriggio una diretta sui social per parlare con la base del Movimento. La linea politico-strategica il leader l’ha già delineata nel suo intervento a Nova (il nome della kermesse conclusiva dell’assemblea costituente, ndr ), quello delle prossime ore è un intervento mirato ad abbracciare e unire la comunità M5S. «L’intenzione di Conte – spiegano fonti qualificate – è quella di coinvolgere, includere anche chi non ha preso parte al processo della Costituente».
«Voltare pagina», ha detto il leader e lo ripeterà ancora. «La nuova ripartenza deve coinvolgere tutti», il senso del suo discorso. Ed è proprio per questo motivo che Conte oggi risponderà anche alle domande e ai commenti dei militanti.
Il leader sa che il Movimento esce dal passaggio della Costituente con degli equilibri interni tutti da ridefinire. Non si tratta solo di una prospettiva strategica, come correre da soli o da alleati nella coalizione del centrosinistra. Sul tavolo ci sono punti vitali del nuovo M5S che il leader dovrà chiarire. Punti necessari per ritrovare compattezza e poter ripartire con orizzonti chiari.
Su tutti, il tema del terzo mandato. Finora, parlamentari ed ex big interessati hanno atteso, ma il pressing sul presidente inizia già a farsi sentire. «Ora Conte ha il potere di vita e di morte sul futuro politico di chi lo ha sostenuto», sottolinea una fonte autorevole. «Come declinerà la nuova norma servirà per plasmare i vertici del futuro. E per definire anche i suoi eventuali avversari interni».
Chiara Appendino, Virginia Raggi, ma anche il capogruppo Stefano Patuanelli – solo per fare qualche nome – saranno toccati da modi e tempi delle nuove regole. «Varranno anche per chi ha alle spalle il mandato zero?», la prima domanda che serpeggia tra i contiani. Ed è un dubbio che semina nuovi veleni.
La questione andrà chiarita in tempi relativamente brevi, anche per tenere le redini del gruppo parlamentare. Alcuni eletti al primo mandato scalpitano, quattro o cinque potrebbero anche lasciare il M5S nei prossimi mesi, sia per una differenza di vedute con l’attuale gestione sia perché il calo di consensi unito a una eventuale estensione dei mandati potrebbe far diminuire drasticamente le chance di una rielezione.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
ELLY ACCANTO AI 299 LAVORATORI DELLA FABBRICA DI FRIGORIFERI: “OGNI VOLTA CHE AVRETE BISOGNO DI NOI, NOI CI SAREMO”
“Ogni volta che avrete bisogno di noi, della nostra presenza fisica, della nostra voce, per difendere questo sito, la sua apertura e il futuro industriale del Paese, ci saremo”. Così il segretario del Pd Elly Schlein si è rivolto ai lavoratori senesi di Beko, davanti allo stabilimento di viale Toselli. Gli operai l’hanno accolta cantando “La gente come noi non molla mai” e gli hanno donato la lettera che l’azienda ha consegnato loro lo scorso 2 aprile, nel giorno in cui è entrata nello stabilimento.
“Questa domani la porti al tavolo” al Ministero, ha detto Schlein, dopo aver ricevuto la missiva, rivolgendosi ad un membro del suo staff. “Siamo arrivati qui ed abbiamo fatto smettere di piovere – è l’incipit del suo discorso -. Non ci sono dubbi che domani riusciremo a fare rimangiare quella data del 31 dicembre 2025” (quando la struttura senese dovrebbe chiudere, ndr.).
Poi il passaggio sul golden power “la questione è semplice: o hanno mentito alle istituzioni – dice il segretario parlando dell’Esecutivo -, in Parlamento e davanti agli italiani, su questa storia che avrebbe dovuto evitare i licenziamenti. Oppure siamo di fronte ad un Governo che si lascia calpestare dalla prima multinazionale che passa. In ogni caso vogliamo un impegno serio da parte di questo Governo, affinché rispetti la parola data: e cioè che non ci sarebbero stati licenziamenti e chiusure”. Per Schlein si avverte “un’assenza di politiche industriali. E dobbiamo fare autocritica, perché è una mancanza che non riguarda solo questo Esecutivo. Ma attenzione: almeno noi – continua – ci siamo battuti per ottenere fondi europei, come quelli del Next Generation EU, che dovrebbero servire proprio a questo scopo: una reindustrializzazione capace di innovare i processi e riprofessionalizzare i lavoratori”. Ed ancora: “Crediamo nel potenziale di questa battaglia – prosegue – che dimostra quanto vale il Paese. Quando mi trovo davanti a voi trovo persone che vogliono lavorare, e non voglio ammortizzatori sociali”
“Quando un’impresa firma un accordo ad aprile e a novembre annuncia la chiusura, significa che quell’accordo è stato stipulato in mala fede. E su questo dovranno rendere conto in ogni sede, perché è inaccettabile che nei mesi successivi un piano concordato venga ribaltato senza giustificazioni. Evidentemente faceva parte di una strategia fin dall’inizio. Per questo ci ribelliamo, e il Governo deve ribellarsi con noi”. Lo dice il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani durante il suo intervento davanti ai cancelli dello stabilimento Beko di Siena. “Siamo di fronte a un’operazione in cui si sottraggono quote di mercato, ma la cattiva fede era chiara fin dall’inizio – dice ancora – . È necessario far valere tutti gli strumenti e le norme previsti da quell’accordo, richiamando le istituzioni pubbliche al loro dovere. Chi ha firmato quell’accordo in cattiva fede deve assumersi le proprie responsabilità. In Italia non può accadere questo, e in Toscana non lo permetteremo”.
E prosegue: “Domani voglio essere a Roma con voi, perché rappresentate molto più di una fabbrica in crisi. Voi siete l’espressione di un sentimento, di un’identità, della forza della Toscana. Tutta la Toscana è con voi”. La vicenda Beko Europe, ha aggiunto, “deve diventare la bandiera di una regione che crede nell’industria, nei suoi operai e nella capacità di affrontare le difficoltà con determinazione. Da questa crisi deve partire una rigenerazione industriale, affinché questo stabilimento torni a vivere e rappresenti il simbolo di nuove prospettive per un’industria sostenibile, ecologicamente compatibile e capace di dare lavoro ai nostri figli”.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
LA SUA IDEA E’ DARE SERVIZI AL POPOLO; EVITARE DI ESSERE VISTI COME ESTREMISTI; MANTENERE FORTI RELAZIONI CON LE COMUNITÀ E CON GLI ALTRI GRUPPI COMBATTENTI; FOCALIZZARSI NELLA LOTTA CONTRO IL REGIME… PUNTA A UNO STATO ISLAMICO, IN CUI I VALORI DEL JIHAD VENGANO INTERIORIZZATI E NON SBANDIERATI… OFFRE UN’ALTERNATIVA VINCENTE AL SETTARISMO ARMATO
Abu Mohammed al Jolani non c’è più. Il leader jihadista che ha travolto il regime siriano non ha più bisogno di un nome di battaglia e ieri è entrato a Damasco con la sua vera identità: Ahmad al-Sharaa, ora osannato dalla folla come “il Conquistatore”.
«Questa vittoria, fratelli miei, è una vittoria per l’intera nazione islamica – ha dichiarato davanti ai suoi mujaheddin -. Questo trionfo segna un nuovo capitolo nella storia della regione». Ha pronunciato il discorso nell’antica moschea degli Omayaddi, la prima dinastia di califfi che tra il 661 e i 750 ha occupato le regioni più ricche dell’impero bizantino e di quello persiano.
Al-Sharaa ha studiato con attenzione la storia degli Omayaddi nel liceo di Damasco riservato ai figli della ricca borghesia e molti ritengono che sia l’ispirazione della sua strategia «Fratelli miei, ho lasciato questa terra più di venti anni fa e il mio cuore desiderava ardentemente questo momento», ha detto ieri il Conquistatore dopo avere baciato il prato davanti alla moschea. Ahmad al-Sharaa era diventato al Jolani nel 2003, quando a soli ventuno anni aveva raggiunto l’Iraq per combattere contro gli americani: un nome scelto in omaggio alla regione del Golan, da cui la famiglia dei suoi nonni era stata scacciata dagli israeliani dopo la guerra del 1967.
In questi due decenni di battaglie si è misurato con tanti nemici arabi, iraniani o occidentali. E ha fatto tesoro degli errori delle prime due generazioni di maestri del terrore, con cui ha collaborato passando da un conflitto all’altro: al-Zarqawi, al-Baghadi e al-Zawahiri. Il giovane stratega, ha solo 42 anni, invece è il capostipite di una terza generazione di jihadisti che potrebbe rivoluzionare il mondo musulmano.
Al Jolani ha capito che la creatura di Bin Laden era finita nel momento in cui aveva attaccato gli Stati Uniti, distruggendo le Torri Gemelle, mentre a provocare la sconfitta del Califfato di Mosul erano stati l’assolutismo e la brutalità, che gli avevano inimicato tutte le popolazioni fino a provocare l’intervento del Pentagono. Come ha sottolineato Hassan I. Hassan, fondatore e direttore di Newlinesmag: «Venti anni dopo l’11 Settembre, l’America non ha distrutto i gruppi jihadisti, ma ha modificato in maniera sostanziale il modo in cui pensano».
Al Jolani crede che le disfatte subite dagli eserciti islamisti possano essere riscattate aggiornando gli insegnamenti di un docente, Abu Musab al-Suri, che è stato tra gli ispiratori della rivolta soffocata nel sangue nel 1982 da Hafez al-Assad, il padre di Bashar: dare servizi al popolo; evitare di essere visti come estremisti; mantenere forti relazioni con le comunità e con gli altri gruppi combattenti; focalizzarsi nella lotta contro il regime
Così dal 2017 ha creato a Idlib il laboratorio del nuovo fondamentalismo, calibrato per conquistare la mente e il cuore prima dell’anima. Ha unito tredici formazioni in un’entità, politica e militare, poi ha costruito strade ed ospedali: l’embrione di uno Stato Islamico, in cui però i valori del jihad vengono interiorizzati e non sbandierati.
Ieri a Damasco ha ribadito il suo messaggio: vuole una Siria democratica, con spazio per ogni etnia e ogni religione. Sa che la gente è stufa di scontri: «Non c’è una sola famiglia in Siria che la guerra non abbia toccato. Il Paese è stato un parco giochi per le ambizioni iraniane, diffondendo settarismo e fomentando corruzione, ma ora viene purificato dalla grazia di Dio Onnipotente».
A Idlib il leader si è abituato a trattare con gli emissari di tutti gli altri Paesi della regione, turchi e sauditi, giordani ed emiratini: ha condotto negoziati nell’ombra con americani ed europei, persino con i servizi segreti italiani. Fa sapere sempre che non li considera nemici e non commetterà lo sbaglio di mettersi contro l’Occidente. Si è detto pronto a smantellare le armi chimiche catturate nelle caserme della dittatura: gli israeliani non si fidano e le stanno bombardando.
Il jihadista della terza generazione ha le idee chiare su come pacificare la Siria. Il suo fondamentalismo moderato, accompagnato dal buongoverno, è comunque rivoluzionario e fa più paura ai governi arabi che non i tagliagole dell’Isis: può diventare un esempio concreto per i salafiti egiziani, giordani, iracheni e sauditi, perché offre un’alternativa vincente al settarismo armato.
Il Conquistatore di Damasco adesso però dovrà misurarsi con un’impresa temeraria: tenere a freno la violenza delle due generazioni precedenti di jihadisti, terroristi liberati dalle prigioni del regime o membri delle bande tribali che si sono unite alla rivolta. Persone che vogliono subito vendette figlie del passato.
(da agenzie)
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Dicembre 9th, 2024 Riccardo Fucile
QUEL LOCALE RAPPRESENTAVA UNA DOPPIA SFIDA AL MORALISMO PAUPERISTA, MA ANCHE ALLA SOBRIA RISERVATEZZA DELLA VILLEGGIATURA BORGHESE
Di questo nostro mondo povero e sfarzoso il Twiga passato di mano è prisma, inganno, delizia, trappola, talismano e campo di battaglia. Oh, che esagerazione, diranno quanti giustamente diffidano dell’enfasi che il sistema dei media riserva ai luoghi idolatrici di questo tempo, spiagge, ristoranti, locali notturni esclusivissimi con garantita “experience”.
Quanto al suo valore, va considerato il potere fiabesco del brand. In questo Flavio Briatore, che all’inizio del secolo l’ha creato con Paolo Brosio, la famiglia juventina Lippi e la futura ministra Santanchè, conosce senz’altro il fatto suo. Nel 1998 aveva dato vita al Billionaire spiegando di aver scelto «questo nome arrogante perché funzionava».
Ma certo anche nel caso del suo fratello minore ha funzionato il tocco esotico battesimale giacché in lingua swahili “twiga” vuol dire giraffa, animale totemico che in macroscopica statua lignea si staglia sulla sabbia della Versilia, coerente con gli arredi etno-africani dei locali interni, ovviamente assai più coloniali che missionari, fascio- imperiali o neo Piano Mattei — ma tant’è, lì si va per divertirsi facendosi vedere e possibilmente notare.
L’idea di fondo era che il lusso dovesse mangiarsi tutto e con ragionevole probabilità tale provocatoria estetica ha contribuito al controverso successo del Twiga.
Vennero poi calciatori, campioni dello sport, nozze e gala di vips e aspiranti vips della tv, fra cui stelline, letterine e meteorine del berlusconismo maturo, ma ignaro dei suoi incombenti e incresciosissimi guai. Ma un giorno venne pure un vecchietto che abitava lì davanti e che per via del rumore tentò di dare fuoco al Twiga.
Furono registrati inesorabili abusi, fra cui la celebre Pagoda smobilitata sulla battigia fra gli alti lamenti di Santanchè. Colto da crocca mistica, Brosio si ritirò nel 2010. Ci fu un furto di champagne, per 25 mila bombi. Ci fu la rapina a mano armata con il bandito che a fine nottata indossava occhiali da sole d’ordinanza.
Ci fu la compilation di brani Twiga, ritmi deep e tropical house, in prestigiosa confezione premium con braccialetto personalizzato, a maggior gloria del marchio iconico eccetera.
In altre parole cominciò l’epopea dei ricconi e presunti tali asserragliati fra loro e lieti di spendere e spandere: dopo tutto che male c’era? Se provocati, sia pure a mezza bocca ricorrevano all’inedito, estremo e sdegnoso improperio dell’eterna, ma evoluta lotta di classe: «Ciao, poveri!».
Perché già allora quel benedetto locale pacchiano, energico e godereccio rappresentava, forse ancora a sua insaputa, una doppia sfida al moralismo pauperista, non di rado un po’ ipocrita, dei radical-chic di Capalbio, ma anche alla sobria riservatezza della villeggiatura borghese.
Di tanto in tanto si organizzavano al Twiga anche serate di solidarietà a scopo benefico, raccolta fondi sulla disabilità, le Olimpiadi del Cuore di Brosio: in fondo anche Briatore e Santanchè, ormai affiancata dallo pseudo principe d’Asburgo Kunz, “il Pitonesso”, avevano un cuore.
Quando nel 2023 una mareggiata spazzò via mezzo Twiga mettendo a repentaglio anche il simulacro della giraffona, i social progressisti graziosamente esultarono; al che, con la medesima grazia tribale, Briatore replicò chiamandoli «sfigati» e anche peggio.
Non molti mesi fa la polarizzazione portò lì davanti i superstiti comunisti di Rc a raccogliere firme per il salario minimo, poi anche un presidio contro la privatizzazione degli arenili. Nel frattempo Santanchè, nominata ministra proprio del Turismo, aveva mollato le sue quote a Kunz, forse illudendosi fosse una mossa decorosa e risolutiva.
L’ultima perlina del Twiga rimanda a una cena cui lieti parteciparono specchiati esponenti del renzismo (Boschi, Nobili e Bonifazi), per questo aspramente rimproverati da Calenda. Cronaca minima, appunto — sempre che questo tempo misero e sontuoso offra qualcosa di nobile, degno ed edificante.
(da la Repubblica)
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