Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
VARRÀ PER NOVE TRA MINISTRI E SOTTOSEGRETARI RISPETTO AI 18 CHE AVREBBERO BENEFICIATO DELLA NORMA ORIGINARIA… GIÀ ADESSO MINISTRI E SOTTOSEGRETARI GUADAGNANO 8308,24 EURO NETTI. POI CI SAREBBE ANCHE UNA DIARIA MENSILE
Alla fine il colpo gobbo che avrebbe fatto lievitare stabilmente di circa 5.000 euro al mese lo “stipendio” di tutti i ministri e sottosegretari non parlamentari, è sfumato. Ma gli aumenti, sebbene trasformati in rimborsi spese, restano, anche se non per tutti.
La nuova versione dell’emendamento alla manovra si riferisce infatti solo a quelli che non siano residenti a Roma. Fatto sta che oltre ai 110 mila euro lordi all’anno già previsti, avranno anche diritto al rimborso spese per trasferta “da e per il domicilio o la residenza”, che potrebbe valere 4.600 euro netti al mese a cranio in più.
Basta avere il requisito della residenza fuori dal Grande raccordo anulare, il che esclude papaveri del calibro di Guido Crosetto, Matteo Piantedosi, Giuseppe Valditara o anche la new entry Alessandro Giuli. Ne potranno invece beneficiare la ministra del Lavoro Elvira Calderone che, per quanto dotata di abitazione nella Capitale, risiede pur sempre a Cagliari.
O anche la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli che risiede a Como come pure una pattuglia di sottosegretari, dalla leghista Pina Castiello a Sandra Savino di Forza Italia residenti rispettivamente a Formia e a Trieste passando per il meloniano Claudio Barbaro che invece è di stanza a Formello (a un tiro di schioppo dalla Capitale) o anche Matteo Perego di Cremnago (FI) residente a Milano.
In teoria è sottosegretario non parlamentare e non residente a Roma anche Alfredo Mantovano (residente a Lecce) che però ha optato per mantenere il trattamento economico da magistrato di alto rango e dunque chissà se la nuova norma si applicherà anche a lui
Se vale il criterio della residenza in tutto la misura varrà per nove tra ministri e sottosegretari rispetto ai 18 che avrebbero beneficiato della norma originaria caduta sotto i colpi delle polemiche. Per questo lo stanziamento previsto scende, quasi dimezzandosi, da 1,3 milioni a 500 mila euro che verranno coperti a valere dal Fondo istituito al ministero dell’Economia per far fronte alle esigenze indifferibili.
Mezzo milione di euro che diviso per nove interessati (e per 12 mesi) fa la bellezza in teoria di 4629,62 euro (netti e naturalmente esentasse). A ogni modo con il nuovo assetto, sarà sicuramente più difficile marcare visita accampando a pretesto la scusa delle trasferte casa-lavoro, troppo costose.
In realtà già ora ministri e sottosegretari non parlamentari non se la passano male. Hanno diritto a un’indennità standard che vale 110,442 euro lordi all’anno che fa un mensile (al netto delle ritenute ai fini del trattamento di quiescenza e per il fondo credito), di 8308,24 euro come ha stabilito a dicembre 2022 la Ragioneria dello Stato.
E poi anche al rimborso delle missioni in Italia e all’estero che in alcuni casi è minima, ma in altri è di un certo rilievo: il sottosegretario al Made in Italy con residenza a Bologna Valentino Valentini per dire, solo tra maggio e giugno 2024 ha presentato una nota spese di 6.610 euro tra viaggi, alberghi, taxi e visti consolari.
E la ministra Calderone solo a novembre ha chiesto un rimborso da oltre 1.800 euro. Ma al netto delle missioni rimborsate, ci sarebbe per tutti anche una diaria mensile massima di 3.500 euro netti che dipende però dalle giornate di effettivo soggiorno a Roma
(da Il Fatto Quotidiano)
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Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
I MIRACOLATI FORSE AVREBBERO POTUTO ANCHE TASSARSI PER UNA CIFRA MAGGIORE, COSI’ FANNO LA FIGURA DEI PITOCCHI, POTEVANO AGGIUNGERE UN TRONO
Una colletta di partito per il regalo di Natale alla loro leader. Un letto. Questo il cadeaux che i parlamentari di Fratelli d’Italia avrebbero deciso di regalare per a Giorgia Meloni.
Da almeno una settimana, a quanto si apprende da fonti parlamentari di FdI, deputati e senatori hanno fatto una colletta, versando 50 euro a testa, per acquistare alla presidente del Consiglio uno dei più classici complementi di arredo per la nuova casa al Torrino, quartiere sud di Roma.
Meloni da circa un anno ha cambiato casa. Il quartiere a sud della Capitale è rimasto sempre lo stesso, la casa però è diventata più grande: la premier ora abita in una villa da 350 metri quadrati del valore totale di 1,1 milioni di euro. E tra qualche giorno si arricchirà del regalo del suo partito: un letto.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
SE TRE ANNI FA MONICA GIANDOTTI RIUSCIVA A PORTARSI A CASA IL 7.8%, GIÀ L’ANNO SCORSO CON IL CAMBIO ALLA CONDUZIONE SI ERA SCESI AL 6%, PER CROLLARE ROVINOSAMENTE AL 4.9% DI ADESSO
Ascolti in caduta libera per Agorà. Un tempo baluardo dell’informazione di Rai3 (e roccaforte della Sinistra), ora è stata “melonizzata” con inserimenti di nuovi autori di area Destra con risultati non esattamente eclatanti. Anzi.
Basta confrontare i dati di ascolto degli ultimi cinque anni per osservare il declino inesorabile del talk mattutino di Rai3 in onda dal lunedì al venerdì. In particolare modo negli ultimi due anni.
Agorà:
17 dicembre 2019 (conduzione Serena Bortone) 10.0%
17 dicembre 2020 (Luisella Costamagna) 8.7%
17 dicembre 2021 (Costamagna) 9.6%
Lunedi 19 dicembre 2022 (Monica Giandotti) 7.8%
Lunedì 18 dicembre 2023 (Roberto Inciocchi) 6%
17 dicembre 2024 (Inciocchi) 4.9% (Agorà Extra 4.2%).
Molti lamentano anche che la qualità degli ospiti in studio è peggiorata, con una presenza massiccia di terze e quarte file e volto sconosciuti. TeleMeloni colpisce ancora…
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
“SCHLEIN DOVREBBE NON LASCIARE IL TEMA DELLA NAZIONE ALLA DESTRA CHE HA DISTRUTTO QUESTO PAESE. LA NAZIONE IN ITALIA L’HA INVENTATA LA SINISTRA CON MAZZINI E GARIBALDI, LA RESISTENZA E LA COSTITUZIONE” … E SULLO IUS SOLI: “GIÀ ESISTE, OGGI È FISSATO A DIECI ANNI DI RESIDENZA, SI PUÒ RIDURRE QUEL TEMPO”
Claudio Martelli ha pubblicato, per la Nave di Teseo, un libro dal titolo «Il merito, il bisogno e il grande tumulto».
La base è l’importante discorso, per molti versi innovativo, che tenne alla conferenza programmatica di Rimini del 1982. Che cosa ha ancora di attuale quel testo?
«Rimane l’idea fondamentale che una posizione democratica, io dico anche socialista, non può non fondarsi su quei due pilastri, due coordinate del pensiero e dell’azione in una società evoluta come è quella che abitiamo.
Si fa riferimento alla natura umana: tutti abbiamo bisogni e, più o meno, tutti abbiamo anche dei meriti, delle capacità.
Quando io li ho pensati, questi due termini, erano anche ricchi di un contenuto positivo, costruttivo, due idee forza di sviluppo e equità. E, nel tempo, per me anche, due guide, due criteri per giudicare le politiche pubbliche. Hai soddisfatto i bisogni? Hai premiato i meriti?».
Il merito non ha bisogno della eguaglianza delle opportunità?
«Io non credo che tutto si possa risolvere dentro i confini del liberalismo, non lo credo né in termini di fatto né in principio. Quegli argini vanno rotti, non per approdare all’opposto, ma per ripensare il rapporto tra Stato e mercato nella nuova società».
Lo Stato non è un demone…
«No, assolutamente no, e poi dipende, non ha più senso la contrapposizione Stato-mercato, perché tutti i Paesi, tutte le nazioni, grandi o piccole, vivono integrando i due elementi, utilizzando gli uni e gli altri come il freno e l’acceleratore. Anche da noi, se guardi le grandi imprese che sono rimaste, sono tutte quelle statali: Eni, Enel, Ferrovie, Leonardo, Poste. Sono sorti pochi giganti privati come Del Vecchio e molte medie imprese che fanno il nostro export. Il resto svenduto negli anni Novanta e finito male».
Torniamo al discorso sulla fine delle ideologie.
«C’è stata una lotta molto dura tra ideologie irrigidite e obsolete come il comunismo o infragilite come il liberalismo e il socialismo. Infine è riemersa quella primigenia, il nazionalismo. Vorrei che non dimenticassimo la distinzione tra patriottismo e nazionalismo, il nazionalismo è l’avversione agli altri, è identificarti attraverso l’odio per chi non è come te, il patriottismo invece è l’amore per la tua casa, e questo è sacrosanto, è giusto che ci sia, e la sinistra dovrebbe non lasciare il tema della nazione alla destra».
Cosa pensi di questo governo?
«Secondo me si è un po’ troppo corrivi con la Meloni. Io non vedo tutti questi successi, neanche di politica internazionale. Certo è brava nelle relazioni personali, su questo non c’è ombra di dubbio, ma se poi si guarda al fondo delle questioni, quale è l’ispirazione che la guida? La nazione? Io l’ho sentita comiziare alla Camera, tre anni fa, attaccando la sinistra e dicendo che doveva fare autocritica per aver trascurato la nazione, che è il perno di tutto.
Sarà anche vero, però la nazione in Italia l’ha inventata la sinistra di Mazzini e Garibaldi, non la destra. Cavour per quei tempi era un uomo di sinistra, un liberale e il liberalismo all’epoca era la cosa più avanzata…
Poi l’ha reinventata con la Resistenza e la Costituzione. La destra, nella storia del Novecento, che cosa ha fatto per questo Paese? L’Italietta liberale disprezzata da Mussolini era anche geograficamente molto più grande di quella che lui ci ha lasciato, comprendeva l’Istria, il Dodecanneso. La destra ha distrutto questo Paese, l’ha stordito sotto un’ondata di retorica folle e di violenza, l’ha precipitato nella guerra, lo ha fatto occupare dagli stranieri».
Il problema della sicurezza e del suo rapporto con l’immigrazione, è un tema esclusivo della destra?
«L’immigrazione può essere una risorsa, ma è sempre un problema, difficilissimo da regolare, perché suscita forti emozioni, reazioni. Ma oggi chi la fa l’integrazione? Nessuno. Presentando la mia legge, che ha generato due milioni e mezzo di nuovi cittadini, io dicevo che bisognerebbe pensare all’integrazione come una forma di adozione. Arriva uno straniero, chi se ne occupa? Per il lavoro l’impresa, se è un bambino sarà la scuola o l’asilo, oppure la famiglia se è una colf, oppure la chiesa, il sindacato.
Devono venire per chiamata, per adozione. La destra ha cancellato sia il principio di adozione sia il principio dello sponsor, dicendo che era un trucco per farne venire di più. No, era un’assunzione di responsabilità. Colgo l’occasione per dire agli amici del Pd che lo Ius soli già esiste, oggi è fissato a dieci anni di residenza, si può ridurre quel tempo. Ho visto che c’è chi propone che dopo 10 anni di scuola i ragazzi diventino italiani. Ma è già così, 10 anni, però non deve valere soltanto per i ragazzi, anche per i genitori. Non si capisce perché il bambino può diventare italiano e il papà e la mamma che l’hanno portato qui no, con l’effetto di separare legalmente le famiglie. Ma perché?».
Il socialismo è finito nel 1900?
«All’origine della nostra vita, della nostra storia, c’è la società. La signora Thatcher diceva: “Io non vedo la società, vedo solo gli individui”. Ti sbagli cara, vedi male. La famiglia, come del resto dice anche la nostra Costituzione, è la società naturale. Natura e società esistono prima degli individui. Poi la mano pubblica agisce per diminuire, o incrementare, le differenze di partenza. Qual è lo scopo del socialismo? Secondo me è quello che diceva Pietro Nenni: “Portare avanti chi resta indietro”
Naturalmente non si può fare se la società deperisce, si impoverisce e quindi bisogna incrementare e premiare quanti sanno farla progredire. Io ero terrorizzato dal rischio che le persone di capacità e di merito venissero attratte e si sottomettessero ai capitalisti, volevo tenerle invece da questa parte della storia. E volevo che risarcire il bisogno e riconoscere i meriti fosse l’ossessione della sinistra. Se questa parola ha ancora un valore».
(da il Corriere della Sera)
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Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
LA CGIL ATTACCA: “SI PEGGIORANO I REQUISITI E SI RAFFORZANO LE INGIUSTIZIE”
Doveva essere un modo per la Lega di farsi perdonare la promessa tradita di abolire la legge Fornero e le tante strette di questi anni per scoraggiare le pensioni anticipate. E invece riesce a fare quasi peggio dell’anno scorso, quando ai Millennials fu imposto di uscire a 64 anni con 20 di contributi solo a patto di avere una pensione pari a 3 volte l’assegno sociale, anziché le 2,8 volte previste dalla Fornero, 1.600 euro. Roba da ricchi, si disse. Ecco allora la soluzione.
Anziché abbassare quel valore soglia proibitivo senza un lavoro stabile e ben retribuito, dal prossimo anno (ma i primi effetti si vedranno dal 2027) sarà possibile cumulare la pensione pubblica con la rendita maturata dai fondi pensione per raggiungere il requisito delle 3 volte. Gli anni di contributi aumentano però da 20 a 25. E poi ancora a 30 anni dal 2030.
Sempre dal 2030 sale pure il valore soglia a 3,2 volte. Serviranno cioè 1.710 euro di pensione (ai valori di oggi) per uscire a 64 anni. Non solo per chi cumula, ma per tutti. Anche per chi non vuole o può cumulare, perché non ha un fondo pensione o non riesce ad alimentarlo per via di un salario troppo basso.
L’emendamento alla manovra, a prima firma della deputata leghista Tiziana Nisini, approvato ieri, ha avuto una lunga gestazione. La soluzione del cumulo pubblico-privato era stata a suo tempo illustrata ai sindacati dal sottosegretario al Lavoro del Carroccio Claudio Durigon nel lontano settembre 2023: l’ultimo tavolo sulle pensioni.
Spiegata come un modo per aiutare le nuove generazioni, favorire la flessibilità e anche spingere il secondo pilastro della previdenza, quello privato. Di lì a due mesi il governo Meloni prese un’altra strada. Quella delle strette. Valore soglia spinto su a 3 volte. Addio cumulo.
Arriva ora, ma con requisiti stringenti. Ferita sanata con i “contributivi puri”, quanti cioè hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e che oggi sono la classe media del Paese? Probabilmente no. Vedremo con i più giovani, nel mirino di una campagna governativa per promuovere i fondi. Fatto sta che il canale anticipato a 64 anni più 20 di contributi rimane, anzi si consolida, come un “canale da ricchi”. A maggior ragione visto che tra cinque anni serviranno almeno 1.700 euro di pensione per uscire (significa stipendi buoni per trent’anni). Se si vuole integrare con la rendita, bisogna invece accettare di lavorare di più: 25 anni dal 2025 e poi 30 anni dal 2030.
A regime dunque, dal 2030, si vengono a creare due canali di pensione anticipata: 64 anni più 20 di contributi e 64 anni più 30. Ma in entrambi i casi il multiplo per accedere al pensionamento sale a 3,2 volte.
Niente di nuovo, rispetto a quanto visto nelle tre manovre del governo Meloni piene di penalizzazioni, che hanno svuotato tutti i canali anticipati, da Quota 103 a Opzione donna.
La segretaria confederale della Cgil, Laura Ghiglione, giudica la norma un «peggioramento della Fornero, crescono le ingiustizie ». Anziché «rimuovere i valori soglia, ormai irraggiungibili per la maggior parte dei lavoratori, il governo inasprisce i requisiti».
E fa un esempio: «Basta pensare ai 4 milioni di lavoratrici in part-time che, pur lavorando una vita, anche con 40 anni di contribuzione rischiano di andare in pensione solo dopo i 71 anni». Traguardo che anche molti Millennials e giovani guardano con timore.
(da agenzie)
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Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
GOFFREDO BETTINI PARTE DALLE PAROLE DELL’ARCIVESCOVO DI MILANO, MARIO DELPINI SULLA “GENTE STANCA PERCHÉ DERUBATA DELL’‘OLTRE’, PER LANCIARE UN MESSAGGIO IN VISTA DELLA COSTRUZIONE DI UNA “ALTERNATIVA” AI MALDESTRI
“La gente non è stanca della vita, perché la vita è un dono di Dio che continua a essere motivo di stupore e di gratitudine. La gente è stanca di una vita senza senso, che è interpretata come un ineluttabile andare verso la morte. È stanca di una previsione di futuro che non lascia speranza. È stanca di una vita appiattita sulla terra, tra le cose ridotte a oggetti, nei rapporti ridotti a esperimenti precari.
È stanca perché è stata derubata dell’‘oltre’ che dà senso al presente, sostanza al desiderio, significato al futuro”. Sono le parole dell’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, in occasione del Discorso alla Città del 6 dicembre, alle quali segue una declinazione dei temi specifici, illuminati da questa ispirazione e prospettiva.
Interessante assonanza con gli ultimi pensieri, prima della morte, di Mario Tronti, il filosofo politico che ho amato di più: […] ci è rimasto un solo modo di stare in questo mondo e in questa vita: starci da stranieri, come in esilio, in attiva attesa di altro”. Di conserva, mi è capitato di scrivere: “Immaginare un ‘oltre’ non come un disegno definito. Piuttosto come un impulso incancellabile e insopprimibile alla libertà. Occorrono profeti […] come testimoni di un possibile altro luogo, in grado di mettere in tensione il presente”.
Sono sprazzi che mettono in discussione gli elementi essenziali della contemporaneità. La velocità massima, l’innovazione permanente per produrre, distribuire, consumare sempre di più. Il vortice malato, che impedisce la peculiarità degli esseri umani: pensare, riflettere, dialogare, ricordare e progettare. La cancellazione dell’“indugio” che allena l’animo a una dimensione non solo materiale, fisica e corporea, piuttosto al mistero che unisce in noi la terra e il cielo. Siamo, così, travolti da un ritmo insensato che ci rende pezzi morti di una macchina che non controlliamo. Ben più del povero Charlot, in Tempi moderni, che subiva tale condizione alla catena di montaggio della fabbrica fordista. No
Qui è tutto il tessuto esistenziale che ci ha conformato a scopi alienati dalla nostra essenza. Sembra che il tema per tutti (a partire dalla politica) sia come adattarsi a tutto ciò. Ecco perché l’invocazione dell’“oltre”, quasi messianica, è un atto in sé di opposizione, resistenza, ricerca di una via nuova
La premessa di ogni autentico cambiamento, qualsiasi dimensione abbia e qualsiasi ambizione persegua. Interrompe l’idea falsa di progresso, che appare sfrecciare nel tempo e nello spazio, ma che in verità è un calpestare la stessa mattonella della storia, in modo nevrotico e regressivo. Una coazione a ripetere che, come dice l’arcivescovo Delpini, appare l’attesa nichilista della morte. “Anzi, direbbe Freud, un attivo istinto di morte”.
Come si può attingere a questi pensieri? Ed è utile farlo? Non ho certezze. Sicuramente, tuttavia, quando ci muoviamo nel solco di questa ispirazione, non facciamo chiacchiere inutili; non rimandiamo i problemi concreti per divagare; non ci ritiriamo dalla scena del mondo. Questo non ha capito la politica di oggi: la speranza, il ricordo e l’immaginazione, sono forze concrete e materiali, che agiscono in modo straordinariamente efficace nel presente. Danno vita alla vita. Nel momento in cui la coscienza ne è coinvolta, cambia qualcosa da subito dentro le persone. Le spinge a dialogare con l’altro per condividere il “sogno” di qualcosa; dà loro senso, motivazione, gratificazione.
La destra che governa l’Italia è scalcinata e pericolosa. Ma la pericolosità non sta tanto nelle sue bandiere di un tempo, quanto nel suo gettarsi a capofitto nell’obbedienza alle compatibilità date, ai poteri che comandano, al senso comune più rozzo e volgare. Rinuncia alla sua stessa costellazione valoriale, nefasta per me, ma pur sempre valoriale.
Con l’ansia di una contraddittoria legittimazione, ricercata tuttavia con i suoi “tic” ineliminabili, la prepotenza e l’intolleranza illiberale che, pur senza bandiere, le sono rimaste ben addosso dal passato.
Combatto da anni per l’unità delle forze progressiste e apprezzo anche su questo la testardaggine della segretaria del mio partito, Elly Schlein. Questa unità va realizzata sui singoli capitoli di un programma, nel rispetto dell’identità di ciascuno. Sarebbe, tuttavia, vana, se non approdasse a un punto di vista sul mondo. Alla consapevolezza che si va verso il totalitarismo di una democrazia svuotata, che sempre più si allontana dall’ancoraggio benefico alla Costituzione italiana.
Oggi anche gli spiriti più liberali e moderati sono allarmati. E (al di là dei tentativi legittimi per resuscitare vecchi contenitori), il pensiero cristiano si interroga sulla natura del turbocapitalismo. E la sinistra critica intende chiudere con una condotta emergenziale più o meno subalterna. Così, cristianesimo e sinistra, ormai oltre i rispettivi catechismi, possono essere i grandi vettori di un nuovo messaggio di salvezza, contro il degrado persino antropologico che ci coinvolge.
Goffredo Bettini
(da Dagoreport)
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Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
SARA’ ASSEGNATO A UFFICIO STAMPA E PUBBLICHE RELAZIONI MA ANCHE ACCOMPAGNAMENTO MALATI
Si è chiuso questa mattina con la sentenza del giudice Matteo Buffoni il patteggiamento per Giovanni Toti. L’ex governatore – non presente in aula – ha patteggiato una pena a due anni e tre mesi convertita in 1620 ore di lavori socialmente utili che svolgerà, come ufficio stampa e pubbliche relazioni, nella sede della Lega italiana per la Lotta contro i Tumori.
Il giudice ha dato il via libera nella sentenza allo svolgimento da parte di Toti di un numero di ore anche superiori alle 15 ore settimanali previste dalla normativa sui lavori socialmente utili.
Toti svolgerà attività di ufficio stampa, pubbliche relazioni ma anche eventuale accompagnamento di pazienti oncologici. E potrà svolgere la sua attività non solo da Genova su tutto il territorio nazionale, per esempio curando eventuali campagne informative della Lega tumori a livello nazionale.
Con lui hanno patteggiato l’ex presidente dell’autorità portuale Paolo Emilio Signorini (tre anni e cinque mesi e 28 giorni) e l’imprenditore portuale Aldo Spinelli (tre anni e tre mesi).
Toti ha patteggiato l’accusa di corruzione per l’esercizio della propria funzione e finanziamento illecito ai partiti. All’udienza del 30 ottobre i pm Luca Monteverde e Federico Manotti avevano contestato nuove accuse, che avevano fatto alzare le pene dei tre imputati: la corruzione da 91 mila euro a Toti con l’imprenditore nautico Luigi Alberto Amico, l’occupazione abusiva delle aree ex Carbonile a Spinelli e l’omessa denuncia a Signorini.
Se per Toti i lavori socialmente utili potranno cominciare subito, per Spinelli e Signorini occorrerà attendere che la sentenza vada in esecuzione in modo che gli avvocati possano chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali al tribunale di sorveglianza. Per Toti con il patteggiamento – ricordiamo – scatta anche la legge Severino che impedisce possa ricandidarsi per almeno sei anni.
Il giudice: “Toti dovrà accompagnare i pazienti oncologici nei reparti”
I lavori socialmente utili di Toti, spiega il giudice Buffoni nella sentenza consisteranno nell’assistere i pazienti “che usufruiscono dei servizi della L I L T mediante attività di segreteria, archiviazione dati, invio di documentazione, attività di front office, accoglienza,refertazione dei prelievi e invio degli stessi al laboratorio di analisi, invio degli esiti ai pazienti, cali e recali per promuovere la corretta cadenza delle visite di screening”.
Attività che svolgerà presso la sede Lilt di via Bosco ma anche “presso i presidi sanitari, compreso il point emato-oncologico dell’Ospedale San Martino di Genova”. Anzi, il giudice raccomanda che “che presso il suddetto point emato-oncologico l’imputato svolga una parte significativa della propria attività, per un ammontare di ore non inferiore al 10% del totale. Qui egli si occuperà dell’accoglienza dei pazienti (ed eventualmente dei loro familiari) e di erogare loro le pertinenti informazioni; inoltre, compatibilmente con le disposizioni della direzione sanitaria, si occuperà di accompagnare i pazienti presso i reparti di destinazione o quantomeno di instradarli correttamente”.
Nella sentenza tuttavia il giudice indica che questo secondo tipo di attività cominci fra almeno due mesi, “quando il clamore mediatico della vicenda giudiziaria sarà scemato”.
(da genova24)
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Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
L’ESPLOSIVO, IL TELECOMANDO, LA TRAPPOLA ATTIVATA DA UN AGENTE: L’OPERAZIONE RIENTRA NELLA STRATEGIA UCRAINA DI COLPIRE IL NEMICO LONTANO DAL FRONTE
Una guerra «segreta», l’estensione del conflitto che distrugge migliaia di vite sul fronte orientale, nella regione di Kursk e nelle città sotto i bombardamenti. Uno scontro che oppone Russia e Ucraina. L’agguato contro il generale Kirillov rientra nella campagna decisa dagli uomini di Zelensky dopo l’invasione, Mosca risponde dietro le linee, anche con i sabotaggi in Occidente.
Kiev ha adottato, da tempo, la tattica degli israeliani nei confronti dell’Iran e dei suoi partner, con colpi lontani dal teatro bellico principale. In alcuni casi il coinvolgimento è reale, in altri lascia che gli venga attribuita la responsabilità perché è comunque utile per la propaganda.
Negli ultimi due anni è stata segnalata la presenza di forze speciali ucraine in Sudan e nel Sahel per attaccare i mercenari della Wagner.
Più di recente, ricostruzioni dei media hanno indicato il presunto supporto ai ribelli siriani nell’uso di droni. Sono attività riservate ma che il capo dell’intelligence militare Budanov ha annunciato in diverse interviste.
Nel caso di Kirillov c’era persino un atto giudiziario con la sua incriminazione da parte dell’Ucraina appena un giorno prima della sua fine. Misura motivata dall’uso di armi chimiche ordinato dall’alto ufficiale. Evidente il messaggio, con una sentenza di morte eseguita a Mosca
L’ordigno è stato nascosto in un monopattino elettrico, forse legato con un adesivo al manubrio. Secondo l’agenzia Tass era composto da circa un chilogrammo d’esplosivo e magari con l’aggiunta di biglie di ferro.
Esperti citati dalla Bbc hanno pareri diversi sulle caratteristiche: uno ritiene che si sia trattato di una carica «artigianale» comunque potente, un altro propende per una miscela di qualità più elevata, compreso il plastico e ha citato — solo come esempio — il «cecoslovacco» Semtex, famigerato negli anni del terrorismo.
La trappola è stata attivata da un «agente» (uomo o donna che sia) appostato in modo da avere un’ottima visuale senza, però, creare allarme. È evidente che il generale è stato seguito, per capire dove fosse il varco migliore lo hanno individuato nel posto più scontato: il palazzo dove abitava. Così hanno sistemato il monopattino a pochi metri dall’ingresso, un «mezzo» che non suscitava sospetti e forse Kirillov non temeva per la sua vita. Il video registrato dalle telecamere di sicurezza lo mostra uscire dall’edificio insieme al suo collaboratore, compie pochi passi verso la vettura che lo aspetta ed è investito dalla deflagrazione. In apparenza non c’era alcuna vigilanza estesa.
L’utilizzo delle «due ruote» come «contenitore» di trappole esplosive è parte del modus operandi di molte «organizzazioni». È un mezzo agile, ormai comune, che può essere sistemato ovunque. L’alternativa alla bomba all’interno di una vettura o di un pacco — metodi adottati dai due contendenti —, all’imboscata di un killer.
(da il Corriere della Sera)
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Dicembre 18th, 2024 Riccardo Fucile
IL VINCITORE ANNUNCIATO, IL CRISTIANO DEMOCRATICO FRIEDRICH MERZ, VORREBBE EVITARE L’ENNESIMA “GROSSE KOALITION” CON I SOCIALDEMOCRATICI. MA TUTTO DIPENDERÀ DAI NUMERI DEL VOTO DEL 23 FEBBRAIO… L’ESTREMA DESTRA DELL’AFD CHE VIAGGIA AL 20% DEI CONSENSI, MA NON HA POSSIBILITÀ DI CONDIZIONARE IL PROSSIMO GOVERNO
Il giorno dopo, meno di 24 ore dopo la sfiducia a Olaf Scholz, i tre principali partiti tedeschi quasi in contemporanea presentano il proprio programma. Lo fanno di buona mattina, quasi a mostrare come la politica tedesca — quella che avrà possibilità e ambizioni di governo — sia una pratica ristretta a un terzetto: la Cdu (al 31% nei sondaggi), la Spd (17%) e i Verdi (13%).
Chi governerà la Germania dipenderà in ultima analisi dalla combinazione dei risultati elettorali. Per essere più precisi: potrà la Cdu (i cristiano-democratici), che si appresta a tornare al governo dopo il breve esilio seguito alla fine dell’era Merkel, scegliere tra due partner? O sarà invece costretta a riformare una grande coalizione con la Spd, perché i numeri non consentiranno altre maggioranze? L’elezione del 23 febbraio — dove il vincitore è preannunciato, e porta il nome del leader della Cdu, Friedrich Merz — si gioca quasi tutta su questo dilemma.
Ieri mattina, Friedrich Merz e l’alleato bavarese Markus Söder, grande capo della Csu, hanno presentato il programma. In 79 pagine spiegano la «controproposta al Semaforo fallito», invocano il «cambiamento politico» e una «inversione di fondo».
Tre modi per indicare che la Cdu/Csu a guida Merz sarà più conservatrice di quella di Angela Merkel. Centrale sarà per Merz il rilancio economico, che punterà sugli sgravi fiscali alle aziende: Merz è più liberista degli altri capi della Cdu, ha anche scritto un libro, Osare più capitalismo .
Ma siccome Merz insiste che la Schuldenbremse (il freno al debito) non si tocca e che il bilancio dello Stato deve essere in pareggio, molti economisti hanno già cominciato a domandarsi come farà a far quadrare il cerchio. Più lineare invece il programma sulla sicurezza: qui ha prevalso nettamente la politica della Csu, che da anni vuole ridurre l’immigrazione e riprendere il controllo dei confini.
In sostanza, rovesciare la Willkommenskultur (la cultura dell’accoglienza) di Angela Merkel. E ieri Markus Söder, che ha il dono della sintesi efficace, l’ha spiegato così: “È tornato — ha detto — il law and order”.
Può questo programma coesistere con la Spd e anche con i Verdi, che lanciano l’idea di un «fondo per la Germania» che spinga grandi investimenti pubblici e privati? Si negozierà dopo il voto, quel che i numeri consentiranno.
Ma se nelle dichiarazioni ufficiali la Csu bavarese ritiene un’alleanza con i Verdi innaturale e continua ad attaccarli, in privato molti nella Cdu la ritengono preferibile a quella con la Spd. Più moderna, perfettamente compatibile sulla politica estera (filo-Usa, anti-russa): però con il grosso scoglio dei temi sociali.
Esiste, ovviamente, il convitato di pietra di queste elezioni: l’estrema destra dell’Afd.
Ma per quanto il partito abbia radicalizzato e cambiato la politica tedesca, importando tesi dalle quali la Germania si credeva immune, è bene ricordare che il suo impatto resta limitato. Viaggia in seconda posizione, al 20% dei consensi, ma non ha nessuna possibilità di condizionare il prossimo governo.
(da Corriere della Sera)
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