Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
“QUANDO MI HANNO CHIAMATO A DIRIGERE L’ORCHESTRA DI CHICAGO, USCIVO E C’ERANO 30 GRADI SOTTOZERO, MA IO AVEVO UN GRANDE CALORE DENTRO PERCHE’ AL MUSEO DI CHICAGO SONO SCOLPITI I NOMI DI MICHELANGELO E RAFFAELLO”
Siparietto Riccardo Muti-senatori al Senato. Il maestro dirige Beethoven e Bizet e suona un cellulare. “Stutatelo ‘sto telefono” (spegnete il telefono), risponde Muti interrompendo per una frazione di secondo il concerto.
L’Aula del Senato ha reso omaggio al maestro Riccardo Muti con una standing ovation al termine del programma del concerto di Natale. Ospiti e autorità istituzionali, prima fra tutti il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con i presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, si sono alzati in piedi per riservare un applauso scrosciante al maestro e alla giovane orchestra Cherubini da lui fondata: “E’ per me un onore, alla presenza del presidente della Repubblica – che mi permetto di ringraziare con un applauso – di consegnare al maestro Muti in segno di gratitudine e ammirazione la campanella con cui si cerca di riportare alla tranquillità il Senato quando è un po’ in ebollizione, ma nelle sue mani può diventare un suono dolcissimo”, ha detto Ignazio La Russa facendo dono della campanella a Muti.
Il maestro ha prima chiesto, ironico, se la campanella fosse d’oro. Poi ha sottolineato: “Io non ho preparato un discorso e quando non lo faccio nessuno può prevedere cosa esce dalla mia bocca. Avete ascoltato due composizioni estremamente complesse suonate dal fiore della gioventù italiana. Io ho fondato venti anni fa l’orchestra Cherubini per tramandare gli insegnamenti che ho ricevuto. Non vengo da orchestre blasonate, ma vengo dalla scuola italiana. Sono direttore emerito dell’orchestra di Chicago e a trenta gradi sotto zero, quando uscivo, avevo sempre un grande calore dentro di me perché al museo di Chicago ci sono i nomi scolpiti di Michelangelo e Raffaello. Nessuno possiede la verità dentro di sé, nemmeno i critici: questo dico ai giovani dell’orchestra”, ha aggiunto Muti. “Il lavoro in un orchestra è estremamente difficile quando lo si voglia fare bene. Nelle orchestre e nelle nostre amate bande locali. Io ho cominciato ascoltando la banda di Molfetta, durante un corteo funebre. Non il migliore degli esordi. Ma questa è la parte più preziosa della nostra Italia. Questa è l’arte. Quando sono stato a Scampia sono andato a trattenermi per ore con dei ragazzini che si sono messi a suonare in una stanzetta quasi senza aria. Non perché qualcuno l’avesse loro imposto, ma perché volevano trovare libertà e bellezza. Questa è la bellezza della nostra Italia”
E il maestro conclude con un proverbio cinese: “E’ a forza di pensare ai fiori che i fiori crescono”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
E SUL SEQUESTRO DI PERSONA NEGATO, UNA TESI ORIGINALE SULLA “LIBERTA’ DI MUOVERSI NELLO SPAZIO”, LA FILOSOFIA HA SOSTITUITO IL DIRITTO… OVVERO SE AL POSTO DI SALVINI C’ERA UN POVERETTO SI BECCAVA 15 ANNI DI CARCERE
Come è noto, il 20 agosto 2019 la Procura di Agrigento dispose il sequestro della nave Open Arms, facendo sbarcare circa 150 migranti, costretti a vivere per 20 giorni sotto il sole, ammassati sulla tolda dell’imbarcazione, con soli due bagni alla turca, in condizioni disumane perché un ordine del ministro dell’Interno Matteo Salvini ne aveva vietato lo sbarco
In seguito all’autorizzazione del Senato, l’allora ministro di Polizia è stato portato a giudizio del Tribunale per rispondere dei reati di sequestro plurimo di persona e di omissione continuata di atti di ufficio.
Il Tribunale di Palermo l’altroieri ha assolto l’imputato perché “il fatto non sussiste”, riscuotendo il plauso di quelle forze politiche e dell’esecutivo che da tempo attaccano la magistratura, rea di emettere “sentenze politiche”. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha parlato, a proposito dei giudici di Palermo, di “magistrati coraggiosi”. In attesa di leggere le motivazioni della sentenza, è possibile già fare qualche considerazione.
Innanzitutto, va rilevato che il Tribunale non ha fatto propria la tesi di Salvini di aver agito “per difendere i confini nazionali” e di avere, quindi, “fatto il suo dovere di ministro”. Ove il Tribunale avesse accolto tale impostazione, avrebbe assolto l’imputato perché “il fatto non costituisce reato”, in quanto persona non punibile per la sussistenza della scriminante prevista dall’art. 51 del Codice penale: “esercizio di un diritto o adempimento di un dovere”. Il Tribunale l’ha, invece, assolto con ampia formula e ciò suscita qualche perplessità.
È vero che la contestazione del delitto di sequestro di persona può essere discutibile alla stregua della giurisprudenza della Cassazione, secondo cui “l’elemento oggettivo di tale reato consiste nella privazione della libertà personale intesa come libertà di muoversi nello spazio”.
Ma non è meno vero che la condotta di Salvini integrasse in pieno la fattispecie del reato di abuso di atti di ufficio, avendo l’allora ministro dell’Interno esercitato i suoi poteri non solo in contrasto con l’art. 10 della Costituzione che tutela il diritto di asilo, ma anche in violazione dei diritti fondamentali: in particolare del “principio di non respingimento” e delle convenzioni internazionali, tra le quali quella Onu sui diritti del mare, che prevede l’obbligo di salvare chiunque sia in difficoltà e di sbarcarlo in un porto sicuro.
Del resto, l’esercizio arbitrario e illegale dei poteri di ministro è conclamato dalle seguenti inoppugnabili circostanze: a) ordinanza del Tar Lazio che il 14 agosto 2019 sospendeva – per violazione delle norme di diritto internazionale in materia di soccorso – l’efficacia del decreto di divieto di ingresso nelle acque italiane per la nave Open Arms, che da tredici giorni chiedeva di poter sbarcare; b) inottemperanza a tale provvedimento del giudice, poiché veniva impedita – con la presenza di forze dell’ordine sulla banchina del porto di Lampedusa (e quindi manu militari) – l’esecuzione dell’ordine del giudice amministrativo; c) provvedimento di sequestro della nave emesso il 20 agosto dal procuratore di Agrigento che, consentendo lo sbarco, impediva la prosecuzione dell’abuso in atto; d) provvedimento del Tar Lazio del 21 agosto che, attesa l’inottemperanza alla precedente ordinanza, disponeva lo sbarco dei naufraghi (che, nel frattempo, era in corso per l’avvenuto sequestro della nave da parte della Procura).
Ne consegue, che ove il Tribunale di Palermo dovesse ritenere legittimo il comportamento del ministro che ha impedito lo sbarco, ne scaturirebbe illegittimità dei provvedimenti del Tar e della Procura di Agrigento che consentivano lo sbarco, il che sarebbe francamente inaccettabile.
Non vi è, quindi, alcun dubbio circa la violazione di norme e l’inosservanza di decisioni dei giudici da parte del ministro, con conseguente danno per coloro che si trovavano a bordo della nave Open Arms.
Una decisione più corretta e più conforme a giustizia sarebbe stata, allora, quella di derubricare il delitto di sequestro di persona in quello di abuso di atti di ufficio – che avrebbe assorbito il reato di omissione di un atto doveroso dell’ufficio – e assolvere l’imputato perché “il fatto non è più preveduto dalla legge come reato” a seguito della abrogatio criminis per la “riforma” Nordio.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
120.000 LAVORATORI IN PIU’ IN CASSA INTEGRAZIONE
Da gennaio a settembre 2024 le assunzioni nel privato sono state meno di quante fossero state nello stesso periodo del 2023. Rispetto ad allora, in questi nove mesi ci sono stati meno contratti a tempo indeterminato, mentre sono cresciuti quelli intermittenti e anche gli stagionali.
Per di più, è aumentato di oltre 120mila persone la conta dei lavoratori in cassa integrazione. A riportarlo è il nuovo rapporto dell’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Inps.
Meno contratti a tempo indeterminato, più intermittenti
Nei primi nove mesi dell’anno ci sono stati 6 milioni e 221mila assunzioni nel privato. È un numero significativo, anche se più basso dell’1,7% rispetto al 2023. Facendo la differenza assunzioni e licenziamenti, il bilancio è comunque positivo: a settembre 2024 c’erano 406mila persone in più con un lavoro rispetto a un anno prima. Anche qui, però, c’è un motivo se l’Inps parla di un andamento positivo “anche se in rallentamento”. A marzo, il saldo positivo era di oltre 500mila persone occupate.
È sceso il numero di nuovi contratti a tempo indeterminato: sono stati circa 986mila, il 5,8% in meno dell’anno prima. Scesi anche gli apprendistati (-9,6%) e i contratti a somministrazione (-3,2%), in leggero calo anche quelli a tempo determinato che sono la maggior parte (2,78 milioni, l’1,1% in meno).
Al contrario, l’aumento si è registrato in due categorie di contratti precari e che offrono meno garanzie ai lavoratori. Infatti, i rapporti di lavoro stagionale sono aumentati (lievemente, dello 0,5%) e lo stesso vale per quelli intermittenti: +4,7%. È sceso anche il numero di contratti a tempo determinato trasformati in tempo indeterminato: -5% rispetto al 2023, per un totale di 557mila.
Il numero di rapporti di lavoro terminati è rimasto più o meno lo stesso, circa 5,6 milioni. Ma in questa platea sono diminuite sia le dimissioni (-3%) che i licenziamenti disciplinari (-5%), mentre sono cresciuti i licenziamenti legati a difficoltà o esigenze economiche dell’azienda (+7%).
Cassa integrazione e lavoro part time
Un aspetto che viene talvolta dimenticato, nei numeri sull’occupazione, è quello dei lavoratori in cassa integrazione. A settembre 2024 erano ben 345mila i cassaintegrati. Un anno prima, a settembre del 2023, erano 217mila.
Resta piuttosto alta la percentuale di contratti part time. Tra i contratti a termine è cresciuta al 38%, mentre tra quelli a tempo indeterminato è rimasta stabile al 32%. Guardando solamente al periodo da luglio a settembre di quest’anno, la percentuale è stata alta decisamente elevata: il 39,95% di tutti i nuovi contratti, praticamente uno su quattro. È un dato leggermente più alto dello stesso periodo del 2023, quando la percentuale era stata del 38,67%.
Quali settori assumono di più
L’Inps fa anche sapere quali sono i settori in cui ci sono state più assunzioni. Si tratta, spesso, di quegli ambiti in cui c’è più rotazione, quindi il numero di assunzioni è particolarmente alto. Al primo posto ci sono alberghi e ristoranti, con 92mila persone. Segue il terziario professionale con 77mila, poi il commercio con 74mila. Si è ridotto, invece, il numero di assunti nell’edilizia: ‘solo’ 44mila.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
LO HA VOLUTO FORTEMENTE GIORGIA MELONI, RIMASTA STREGATA DAL PIGLIO MARZIALE DEL GENERALE…LA NOMINA, ”VOLATA” SOPRA CARAVELLI E MANTOVANO, FA STORCERE IL NASO ANCHE A VARIE FORZE MILITARI
Francesco Paolo Figliuolo è il nuovo vicedirettore dell’Aise, l’agenzia di intelligence per l’estero guidata da Giovanni Caravelli. È stata la premier Giorgia Meloni a firmare il Dpcm con cui il generale degli Alpini, già commissario straordinario per l’alluvione in Romagna e prima ancora commissario per l’emergenza Covid (scelto dal governo Draghi) è promosso a numero due dei servizi segreti esteri. L’incarico avrà durata di due anni. Figliuolo prende il posto di Nicola Boeri, che lascerà per andare in pensione.
Una vita di ruoli in ambiti cruciali e per il generale di Corpo d’Armata dell’Esercito italiano. Nato a Potenza, due figli, Figliuolo ha maturato esperienze in tutti gli ambiti delle forze armate: dal Comando Sfor in Bosnia-Herzegovina nel 1999 al comando del Gruppo “Aosta”, in cui conduce l’unità in missione in Kosovo.
Nel 2004 è in Afghanistan, responsabile del contingente italiano. Poi i ruoli nella pianificazione operativa in ambito Nato e nelle logistica: capo Reparto Logistico dello Stato maggiore dell’Esercito dall’agosto 2015 al maggio 2016. Poi capo ufficio generale del capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziano. Nel 2018 la nomina a comandante logistico dell’Esercito, tre anni dopo la guida del Covi e la prima esperienza da commissario straordinario del governo.
(da “Il Messaggero”)
argomento: Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
SOTTO ACCUSA TRA GLI ALTRI GIUSEPPE MANGIALAVORI PER I MILIONI DESTINATI ALLA “SUA” CALABRIA E ROBERTO PELLA PER I 7 MILIONI ALLA LEGA DEL CICLISMO PROFESSIONISTICO, DI CUI È PRESIDENTE
Sul banco degli imputati finiscono in quattro. Fanno tutti parte della commissione Bilancio della Camera, lì dove si sono decisi i giochi della manovra. E soprattutto la spartizione delle risorse, è l’accusa rivolta ai deputati di Forza Italia in questione da alcuni colleghi di partito. Il rimprovero: troppa autonomia a danno del gruppo. Scelte solitarie, sbagliate.
I quattro, dunque. Il presidente della quinta commissione di Montecitorio, Giuseppe Mangialavori, insieme a Roberto Pella, Francesco Cannizzaro e Mauro D’Attis, quest’ultimo anche relatore alla Finanziaria.
Nelle ultime ore sono finiti al centro di critiche che corrono sulle chat WhatsApp dei “dissidenti”. «Solo Peppe si è preso cinque milioni per la Calabria», è uno dei messaggi che tirano in ballo Mangialavori. Calabrese, come Cannizzaro, anche lui bersaglio dei rimbrotti per aver destinato dieci milioni alla sua regione.
Altri quattro milioni, in tre anni, andranno all’università di Reggio Calabria per acquistare e ristrutturare immobili da destinare alla realizzazione del progetto «Campus universitario del Mediterraneo». Nella lista ci sono anche 3,8 milioni per la riqualificazione di immobili e il rifacimento di strade nei comuni della Vallata del Gallico (Rc).
A Pella, invece, viene rimproverato di aver destinato 7 milioni alla Lega del ciclismo professionistico, di cui tra l’altro è presidente. Risorse che, come si legge nel testo licenziato dalla Camera, puntano a «valorizzare e promuovere il territorio italiano e le singole regioni».
Lui, Pella, si difende. Ai suoi collaboratori ha ribadito l’importanza di questa misura: le risorse andranno a 70 gare di ciclismo che hanno grande visibilità, non a micro misure come le tante, è il ragionamento, che anche Forza Italia ha chiesto e ottenuto con gli ordini del giorno.
Tutte le misure dei quattro deputati sono entrate dentro la manovra attraverso gli emendamenti approvati in commissione. Ma questo non è bastato a tenerli al riparto dalle critiche.
Per chi non ha gradito questa impostazione è un problema di metodo: le decisioni, è il rilievo, dovevano essere collegiali.
Non è stato gradito neppure il merito della questione: «Facciamo ogni giorno sforzi per parlare con le categorie e dare risposte strutturali e poi per un paio di mancette rischiamo di apparire come il partito che pensa al campanile della chiesa», annota una fonte azzurra lontana dai microfoni. Nessuno esce allo scoperto, ma dentro il partito il gruppetto di 3-4 deputati “contestatori” sono capeggiati da Maurizio Casasco, l’ex presidente di Confapi.
In ogni caso, ragionano i quattro deputati, si è sempre fatto così. Insomma – è il ragionamento – chi siede in commissione Bilancio ha una sua “quota” da spendere, che per questa manovra sarebbe stata pari a 40 milioni, dieci a testa quindi. Ma evidentemente lo schema non regge più.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
LA STRADA SI APRIREBBE SE PIANTEDOSI DOVESSE CANDIDARSI A PRESIDENTE DELLA REGIONE CAMPANIA NEL 2026. MA GIORGIA MELONI NON È AFFATTO CONVINTA… E TAJANI È PREOCCUPATO DALL’ATTIVISMO DI SALVINI IN FUNZIONE ANTI-TOGHE
Qualcuno, probabilmente, e cinicamente, sperava in una condanna: in quel modo Salvini avrebbe potuto montare la grande operazione di propaganda anti-giudici. Era stata preparata anche una manifestazione alla Camera, in caso di sentenza negativa. Ma venerdì sera, tra una dichiarazione di voto e l’altra, i leghisti che si ritrovano alla buvette sono soddisfatti ugualmente.
Poco prima del voto finale al bancone del bar di Montecitorio ci sono i leghisti Anastasio Carrà, sindaco di Motta Sant’Anastasia (Catania) e noto per aver rivelato a Salvini il nome della giudice Iolanda Apostolico in piazza contro le politiche anti-migranti, il vicesegretario Andrea Crippa e il coordinatore della Lega in Campania, Giampiero Zinzi.
Scherzano ma fanno una analisi dopo l’assoluzione di Salvini. “Be’ adesso, dopo l’assoluzione di Matteo, dobbiamo risalire almeno un punticino nei sondaggi, anche sugli altri…”, dice Carrà rivolto ai colleghi. Ovvio che, pur senza dirlo apertamente, il riferimento del deputato leghista è agli alleati di centrodestra, a partire dalla premier Giorgia Meloni che in questi anni gli ha rubato proprio il tema dell’immigrazione.
“Un punto? – replica Crippa – speriamo anche due…”. Che il leghista voglia sfruttare politicamente l’assoluzione lo si è capito anche ieri. Prima ha sentito al telefono Pier Silvio Berlusconi con cui ha avuto una telefonata “cordiale” e, fanno sapere dalla Lega, i due hanno ricordato le battaglie “per la giustizia giusta” del padre Silvio.
Poi nel pomeriggio il leghista è andato a un banchetto del Carroccio a largo di Torre Argentina e ha fatto capire che, dopo l’assoluzione, sogna di tornare al ministero dell’Interno come nel 2019. “Sto bene dove sto, per ora. Poi Piantedosi è un fratello e non corro per sostituire nessuno” ha spiegato Salvini. Che poi però ha aggiunto: “Se qualcuno negli anni scorsi era convinto che non potevo tornare al Viminale perché ero un potenziale sequestratore e delinquente, adesso questa cosa cade”.
Nel caso in cui il titolare del Viminale dovesse candidarsi a presidente della Regione Campania nel 2026, però questa possibilità si aprirebbe. La premier Giorgia Meloni però non è convinta e, spiega un dirigente ai vertici di Fratelli d’Italia, non vorrebbe dare a Salvini la stessa possibilità del 2019.
Ai piani alti del governo si spiega che l’approccio di Meloni sulle politiche migratorie è diverso da quello di Salvini (vedi il “modello Albania”) e tornare all’era dei porti chiusi non è più praticabile.
Resta, nel medio periodo, la volontà del leader del Carroccio di sfruttare politicamente l’assoluzione per rilanciare sulla riforma della separazione delle carriere, in teoria una bandiera di Forza Italia. “Ora la riforma della separazione delle carriere e della responsabilità civile dei magistrati è più urgente che mai – ha spiegato il segretario del Carroccio con i militanti al banchetto nel centro di Roma con cui si è fatto fotografare con uno striscione emblematico (‘Il fatto non sussiste’) – il processo Open Arms è costato milioni di euro, ora serve una vera riforma della giustizia”.
I forzisti adesso sono preoccupati dall’attivismo di Salvini in funzione anti-toghe e il segretario Antonio Tajani lo ha spiegato nelle ultime settimane ai suoi fedelissimi: “Non dobbiamo permettere che Salvini ci rubi la battaglia sulla giustizia”, ha spiegato.
(da agenzie”
argomento: Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
“LO SMEMORATO E’ LUI, NON IO”
Sulla vicenda Open arms “lo smemorato è lui”, cioè Matteo Salvini. A dirlo a In Onda su La 7 è il leader di M5s Giuseppe Conte, presidente del Consiglio nel 2019, che dice di non “accettare battute” da Salvini. Il leader della Lega lo aveva definito “Conte lo smemorato”.
Conte ha raccontato lo scambio di lettere intercorso allora tra i due, quando da premier si sarebbe dissociato dalle iniziative dell’allora ministro dell’Interno. Conte ha esordito augurando a Salvini buon Natale, e dicendosi contento dell’assoluzione: “non auguro una condanna a nessuno, nemmeno all’avversario politico”.
“Ma se si parla di memoria – ha subito aggiunto – non consento a nessuno di scherzare. Il sottoscritto da quando ha iniziato l’impegno politico ci ha sempre messo la faccia, perché la trasparenza è centrale davanti ai cittadini”.
“Oggi – ha detto ancora – ho letto ricostruzioni imbecilli, per le quali con questo processo io mi sarei vendicato di Salvini. Io non dispongo di nessuna sintonia col potere giudiziario. Io sono sempre andato, quando mi hanno chiamato, davanti ai giudici e mi sono sempre difeso portando le carte, mai mettendo in discussione il loro potere autonomo”.
Rispondendo alla domanda sui due voti diversi di M5s su vicende analoghe, come quella della Nave Diciotti e quella di Open arms, Conte ha sottolineato che “non si possono associare”. Se parliamo di vicende penali, parliamo di vicende specifiche rispetto a fatti specifici. Se un giudice ritiene di imbastire un processo lo decide sulla base di fatti specifici”.
“Sono arrabbiatissimo – ha proseguito con tono contrariato – Salvini parla di memoria e smemoratezza, è una scorrettezza, sono fatti documentali. Io come presidente del Consiglio ho scritto a Salvini quell’estate in una situazione critica, faccio riferimento a due lettere precedenti, mettendolo in guardia che stava gestendo la vicenda rischiando di violare le convenzioni nazionali e internazionali e la nostra giurisprudenza consolidata, perché c’erano dei minori a bordo e io gli dicevo che almeno i minori andavano fatti sbarcare. Salvini che fa lui lo smemorato, mi rispose alla prima lettera e disse che anche i minori potevano rimanere a bordo. Quindi io mi sono dissociato non come cittadino, ma come Presidente del Consiglio e lui come ministro – era l’estate del Papeete – ne approfitta per fare propaganda perché sentiva il clima elettorale”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
L’ALFA E L’OMEGA NELL’ERA DEL FINTO MARTIRIO
Tony Effe e Matteo Salvini: ovvero, l’Alfa e l’Omega nell’era del finto martirio. Da una parte il rapper che approda a un insperato successo grazie a dei testi vomitevoli che sarebbero rimasti tali senza la sollevazione delle donne del Pd, con avvenuta esclusione del reietto dal concertone di Capodanno.
Dall’altra, il leader leghista lasciato solo dagli elettori che abbandona ogni speranza di rinascita per colpa delle maledette toghe rosse: assolvendolo da accuse infamanti gli hanno fatto l’ultimo dispetto. Infatti, la lagna è un’arma a doppio taglio che ubbidisce a poche ma basilari regole. Occorre prima di tutto sapere usare ai propri fini il contesto contemporaneo basato sull’esibizionismo e dunque: a) sull’azzeramento del senso del pudore; b) vale qualsiasi sconcezza a patto che gli altri ti trovino interessante.
Per esempio, i testi vomitevoli del cantante erano conosciuti nella cerchia dei cultori della materia finché la politica indignata non li ha sventolati sui giornali rendendoli di dominio pubblico.
Per esempio, la costante nonché molesta autocommiserazione del persecutore di migranti, che si assume senza vergogna “la colpa di aver difeso i confini nazionali”, non l’ha raccolta nessuno.
Altra regola della recriminazione autocompatita consiste nel saper produrre, in automatico, solidarietà, consenso e quattrini. Nel caso del rapper, ecco l’altrui esibizionismo che coincide con la corsa alla visibilità da parte di chi pensa di non averne abbastanza. Da qui lo sdegnoso rifiuto opposto dagli altri cantanti arruolati dal Campidoglio cui ha fatto seguito l’accalcarsi anche di mezze calzette musicali, sovente scese in piazza a difesa della dignità della donna, contro la censura di versi memorabili (“Ti sputo in faccia solo per condire il sesso”, oppure: “Ti piace solamente quando divento violento”).
Mentre, duole dirlo, a favore del Salvini a piede libero si sono udite distratte parole di circostanza, se si eccettua il plauso di Elon Musk, di significato equivalente a un editto di Erode a favore dell’infanzia abbandonata.
Infine, tutto sta nella capacità di volgere a proprio vantaggio la cosiddetta persecuzione. Tony il Furbacchione ha preso l’infamia al balzo e l’ha trasformata in una esibizione al Palasport, prezzi scontati per ottomila paganti e subito “sold out”.
Il fu Capitano e attuale Capitone si culla nella speranza che l’esito del processo palermitano segni un nuovo inizio: “Da oggi siamo più forti e lo vedranno”, gorgoglia abbracciato al ministro Valditara.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Dicembre 22nd, 2024 Riccardo Fucile
SALVINI E LA STRETTA AUTORITARIA, LA VOGLIA ITALICA DELL’UOMO O DELLA DONNA “FORTE”, I LIBRI PIU’ AMATI, IL NATALE NORMALE IN FAMIGLIA
Nell’introduzione al lungo racconto sulla sua infanzia che troverete nelle pagine di Robinson in edicola per tutta questa settimana (se leggete solo online giovedì 26 dicembre lo troverete anche in homepage di Repubblica), Vasco dice di sé di essere «la rivincita dell’uomo comune». Sembra un paradosso ma non lo è. Questo, chi lo ascolta con attenzione, lo sa bene. Ma come fa l’uomo che ha battuto tutti i record per i concerti, una delle più grandi rockstar del pianeta, a essere al tempo stesso «la rivincita dell’uomo comune»? Probabilmente perché non sembra cambiato rispetto a quel ragazzo che quarant’anni fa saliva su palchi dove ogni notte doveva combattere una battaglia con un pubblico che non era né condiscendente né, tantomeno, adorante come oggi, ma che lo sfidava tirandogli addosso di tutto, fischiandolo quando faceva pezzi più lenti per cui la band doveva rispondere con la forza del rock’n’roll.
La sua credibilità nasce da lì, da quella lunga gavetta on the road, quando aveva tutto contro: il perbenismo dei benpensanti, il luogo comune da “maledetto” che gli veniva affibbiato, le critiche paludate di chi non capiva o non voleva capire. La credibilità Vasco se l’è conquistata chilometro per chilometro. Ogni concerto un rito potente e selvaggio con un officiante carismatico ma al tempo stesso onesto, sincero, vero. Con la stessa onestà e la stessa voglia di sfidare il potere che abbiamo ritrovato pochi giorni fa quando sui social ha attaccato Matteo Salvini «che ha fatto in modo che se avete fumato una canna, anche una settimana prima, potete essere arrestati immediatamente e la patente vi viene ritirata per tre anni. Tutto questo per il vostro bene, naturalmente». Molti artisti oggi preferiscono stare zitti per non rischiare: non si sa mai. Una parte di pubblico potrebbe non apprezzare, la forza del potere potrebbe mettere i bastoni tra le ruote. E nell’Italia dei burocrati di modi ce ne sono tanti. Quelli più diretti, come querelare per una critica giornalisti e scrittori non allineati, ma anche indiretti: cavilli vari, permessi non concessi. Ritroviamo Vasco per parlare di questo e di molto altro.
Sei tornato da poco dagli Stati Uniti.
«Da pochi giorni. Ho ancora addosso il clima caldo di Los Angeles nella testa ed è strano trovare il freddo. Ma sono contento di essere tornato a casa in questo splendido Paese. Un paesello, nel senso di “piccolo paese”, rispetto all’altro che è enorme».
Qual è la differenza più grande tra America e Italia?
«La differenza è che i piccoli cialtroni che abbiamo qua, là sono cialtroni huge».
Ho visto che hai provato delle macchine strane.
«Sì: la macchina senza autista. All’inizio ero scettico ma era talmente sicura nei movimenti che ti dimentichi subito che non c’è nessuno alla guida. Là le strade poi sono tutte dritte, con pochi semafori, per cui ti dà una sensazione di sicurezza incredibile. Funziona solo in certe zone di Los Angeles, non va sulle colline per esempio, ma ce ne sono già molte in giro…».
La questione di Salvini, con la nuova legge per cui ti arrestano subito e ti ritirano la patente se hai fumato una canna anche alcuni giorni prima, in questo modo sarebbe già risolta.
«Non vorrei aggiungere altro, perché vengo solo strumentalizzato. Ma ho voluto provocare il dibattito e attirare l’attenzione sperando ancora che il ministro ci ripensi e rinunci a quella assurda, propagandistica modifica della vecchia legge che prevedeva già il ritiro della patente per chi guida sotto l’effetto di cannabis. Ma dopo una settimana si guida perfettamente lucidi. È una cosa inaccettabile che dovrebbe essere evidente a chiunque! Qui non si salvano vite, ma se ne rovinano molte altre. Viene introdotta una ingiusta caccia a comportamenti, peraltro perfettamente legali, come l’utilizzo della cannabis a scopo terapeutico».
Hai provato anche un’altra macchina, il CyberTruck «dell’amico di Giorgia, Elon Musk» e hai detto che è molto utile per portare «olive, pere cotte, moto d’acqua, tronchi d’albero» e…
«Casse di mitragliatori (ride). Esatto. Quello è proprio molto di moda, se ne vedono un casino che girano per le strade e la prima volta che l’ho visto non ci volevo credere perché… era bruttissimo, sembrava uno scherzo! Credevo che avesse chissà che a livello tecnologico, che so: batterie solari che si ricaricano da sole, cose così… Poi quando l’ho provata ho scoperto che c’è anche un bel cassone dietro dove tu puoi caricare casse di frutta, animali uccisi a caccia, alberi e perché no? Fucili, mitragliatori e armi di ogni tipo (ride)».
A te però comunque piace molto andare in America, forse perché lì puoi vivere una vita normale. Però poi torni sempre per Natale, per le feste…
«Certo: io vado là per un mese circa ma solo per fare vacanza da Vasco Rossi. Potrei andare anche solo in Spagna, per la verità, ma sono abituato ad andar là e vado là, almeno finché mi fanno entrare, perché non si sa cosa succederà adesso: i più impresentabili sono diventati i capi. Viene da ridere per non piangere…».
Non che qui siamo messi molto bene.
«Anche là però hai questa sensazione che i progressisti comunque non riescono a dare una visione. Di che cosa non lo so neanche bene… Un senso di sicurezza forse, che faccia sentire un po’ meglio soprattutto le classi meno abbienti, che poi sono le vittime delle cosiddette fake news provenienti dai social, ma anche da certe tv per cui la gente diventa rimbecillita perché è sempre messa in ansia da presunte minacce assurde e si sente sempre più confusa. Così finiscono per affidarsi al personaggio “forte”, a quello che le spara più grosse. Io poi credevo che una donna avesse più chance, mi sembrava davvero una grande occasione per Kamala Harris, e invece è andato tutto in un’altra direzione che non mi aspettavo assolutamente».
Le paure funzionano sempre molto bene.
«La microcriminalità è un problema che spaventa molto la gente: le strade non sono sicure. Ma sulla soluzione di questo problema dovremmo essere tutti d’accordo che è una questione di ordine pubblico, non di politica. Aveva proprio ragione Spinoza quando diceva che il potere ha sempre bisogno che la gente sia affetta da tristezza e da paura… Così giustifica se stesso e quindi ne semina sempre di più».
Torniamo a Vasco rockstar: è appena stata pubblicata una nuova edizione del tuo primo live, “Va bene, va bene così” che, quarant’anni fa, aveva subito venduto più di un milione di copie.
«E che adesso è finalmente uscito con le altre canzoni che non erano mai state pubblicate, così c’è praticamente l’intero concerto che avevamo registrato nel 1983, tanto che quando l’ho risentito tutto insieme sono rimasto veramente allibito dalla potenza e dalla precisione della band di allora. L’abbiamo ristampato proprio come era stato registrato in origine, non è mica stato risuonato niente! Sono rimasto proprio molto piacevolmente colpito da come suonava il gruppo, dal tiro che aveva, dalla convinzione e anche dalla mia voce: non me l’aspettavo! All’inizio ho detto “Vah beh, adesso sentiamo” ma senza aspettarmi granché perché non c’era la tecnologia di adesso e di quei tempi mi ricordavo soprattutto un gran casino: sentivo solo il volume della chitarra di Solieri a mille che mi suonava nell’orecchio e quello della batteria. E invece no: anche basso e batteria suonavano da dio. Eravamo arrivati a un livello di coesione, di affiatamento della madonna».
Ma se la versione originale aveva venduto un milione di copie, come mai la seconda non l’avete pubblicata subito? Perché aspettare quarant’anni?
«Mah, forse semplicemente non ci abbiamo pensato: sai a quei tempi il disco usciva per una piccola etichetta per cui non è che ci fossero grandi strategie. Di certo io non ci pensavo: avevo altri problemi (ride)».
Fu proprio in quel periodo, poco dopo l’uscita del disco, che finisti in prigione.
«Sì infatti stava benissimo il mio inciso “va bene bene va bene va bene va bene così, va bene va bene va bene telefonami” (Vasco canta)».
A proposito di sberleffo, secondo me, appunto in questa seconda parte ci sono un sacco di canzoni molto divertenti in apparenza ma che in realtà nascondono significati importanti, per esempio “Asilo Republic”: una canzone punk!
«Ma proprio punk punk (ride) perché io mi divertivo a fare una canzone per ogni genere, infatti c’è questa che è punk e poi, nell’album ripubblicato, c’è anche Voglio andare al mare che invece è reggae. Mi divertivo molto a fare una canzone per ogni genere: ma solo una eh…».
“Asilo Republic” è ancora molto moderna: sembra proprio che parli di oggi…
«Sì, perché se, come dice il testo, “i bambini dell’asilo stanno facendo casino, ci vorrebbe un dolcino”, è come se dicesse che ci vuole qualcosa per addormentare le masse, così se ne stanno buone. E poi: “Certo che lavorare in un asilo dove c’è sempre casino/ tranquilli qui non si può stare/ per niente/ ci vuole un agente/ ci vuole un agente/ allora vedrete che con la polizia/ la situazione ritornerà come prima/ più di prima/ t’amerò… yeah… t’amerò…. /più di prima ci sarà ordine e disciplina/ e chi non vuole restare qui/ vada in collina”. Ci vuole uno stato autoritario, no?».
“Ordine e disciplina” ricorda qualcosa.
«Certo. Ricorda che oggi, ancora più di prima, cioè di un tempo, ci vuole l’uomo di potere. O la donna di potere. Tutto quello che è autoritarismo insomma. Che adesso mi sembra sia arrivato proprio al governo del Paese. Molti, che lo hanno provato “prima”, a quanto pare oggi lo “amano”, appunto, ancora “più di prima”, come dice la canzone».
Tra gli inediti ripescati c’è “Silvia”. Che però a volte la suonavi e a volte no: perché?
«Perché a quei tempi con il pubblico era sempre una guerra: se mettevi dei pezzi più lenti, delle ballate, a volte la gente si calmava e altre invece si incazzava. Allora facevamo pezzi più rock per aggredirli e così eliminavamo i pezzi più dolci come Silvia».
Questo 2024 è stato ancora una volta un anno di record con sette concerti a San Siro lo scorso giugno per più di 400mila spettatori: il 28 dicembre verrà raccontato anche in uno speciale in prima serata su Canale 5 con Claudio Amendola. E il 2025?
«Sarà uno speciale di Giorgio Verdelli sui “Magnifici sette di San Siro”. Sarebbero potuti essere anche di più. Comunque sì, questo è un antipasto in attesa dei concerti del 2025: ci sono già le date. Ovviamente andremo in posti non coperti nello scorso tour così da dare a tutti la possibilità di vederli».
Quindi il 28 sarai davanti allo schermo?
«No, assolutamente».
Come mai?
«Verdelli e i suoi sono bravissimi e avranno fatto le cose bene, però io sto meglio a non vedermi».
Davvero?
«Preferisco immaginarmi (ride)».
Hai scritto anche un libro.
«Sì, Vivere/Living. Per farlo ho passato un pomeriggio insieme a poeti come Nanni Cagnone, Paul Vangelisti e Mariangela Gualtieri e mi sono sentito molto bene perché è gente veramente libera, come sono io. Non avrei mai immaginato che Paul Vangelisti, un grande poeta della beat generation con cui sono cresciuto, mi definisse a sua volta “poeta”. Non posso negare che mi ha fatto davvero un grande piacere. Quando facevo teatro sperimentale a 17-18 anni leggevo Ginsberg, Kerouac, Ferlinghetti quindi per me è stato come vincere un premio Nobel».
Come è nato?
«L’opera è stata voluta da Emilio Mazzoli, un gallerista e una persona coltissima con cui è stato un piacere parlare. Incredibilmente conosce le mie canzoni a memoria (ride). Del libro ne ha fatto solo cento copie e finite quelle basta, non è che si possono fare due banane attaccate a un muro e venderle (ride)».
Dentro ci sono opere di artisti come Marcello Jori, Rosanna Mezzanotte, Carlo Benvenuto e Gianluca Simoni.
«Sì loro reinterpretavano ognuno a suo modo, alcune cose che ho scritto e anche dei testi delle mie canzoni. Con Jori ci conoscevamo da tempo perché stavamo entrambi a Bologna e poi lui ha fatto le scenografie per il mio tour “Rock sotto l’assedio” del ’95. In quel tempo ci frequentavamo spesso».
A proposito di libri, che cosa stai leggendo?
«Sto leggendo un saggio molto interessante che si chiama Il padrone e il suo emissario: i due emisferi del cervello e la costruzione dell’Occidente di Iain McGilchrist che parla dei due lobi del cervello, quello destro e quello sinistro. Lui però è uno psichiatra e un neuroscienziato, cioè non è una fattucchiera (ride). Lo dico perché ci sono molti libri invece che scrivono delle idiozie totali, questo invece è una cosa seria. E poi mi piace sempre molto Thich Naht Hanh che è un monaco zen. Adesso sto leggendo Il miracolo della presenza mentale che, come dice il sottotitolo è un “manuale di meditazione” che, sostanzialmente, ti insegna che se vuoi cambiare vita devi cambiare il modo di vedere le cose, per esempio cercando di arrivare a sentire una pace profonda cercando di non pensare. Io non ero mai riuscito a restare in silenzio nella mente neanche per cinque minuti. Adesso ci riesco e credo che sia un atto d’amore nei confronti di me stesso. Troppi pensieri non servono, anzi ci fanno male: i pensieri bisogna usarli ma non farsi usare dai pensieri».
Mi sorprendi sempre con il tipo di letture che fai: da Spinoza a Thich Naht Hanh.
«Sono un lettore anarchico. Per esempio mi affascina questa teoria di cui parlavo prima di McGilchrist perché lui cerca di capire dove va il mondo attraverso il corpo umano per cui oggi ci si orienta più con gli schemi rigidi dell’emisfero sinistro che guarda ai piccoli dettagli mentre l’emisfero destro riesce a vedere il contesto che va oltre la rigidità della regola. Si va insomma verso un mondo “sinistro” ma, aggiungo io, sinistro in un altro senso: quello di inquietante (ride)».
All’inizio dicevi che torni sempre in Italia per le feste: che cosa fai di solito a Natale?
«A Natale chiaramente vado a mangiare a casa della mamma. Per forza! C’è il pranzo con tutti i parenti e ce ne stiamo tranquilli e poi dopo, la sera a cena sono con gli amici d’infanzia. Quindi è una giornata molto intensa per me (ride): comincio a mangiare la mattina e finisco alla notte».
Ma è la tua mamma che fa i tortellini?
«Fino a qualche anno fa sì, ma adesso è un po’ anziana, ha 94 anni e, come tutti a una certa età, ha un po’ di acciacchi. Però è sempre collegata sai? Con il telefono, perché non si può più muovere troppo. Infatti la sento più spesso adesso di un tempo: sì, è molto telefonica (ride); mi chiama spesso anche in orari strani. Ma comunque sta bene ed è ancora lucidissima. Poi, con lei, c’è anche l’Ivana che è più giovane: sono sempre insieme e questa è una cosa molto bella perché mia mamma non è mai sola».
E l’Ivana quanti anni ha? Come racconti nella storia sulla tua infanzia su “Robinson” lei è un personaggio molto importante, anche per te…
«Sì, quando mi sono trasferito a Zocca dal paese di fianco dove ero nato, sono andato ad abitare a casa sua con lei e i suoi genitori. Io avevo due anni e lei quattordici, per cui ero diventato un po’ il suo bambolotto. L’Ivana è stata una figura molto importante nella mia vita: c’è sempre stata e siccome era quella più giovane mi dava una mano perché capiva di più le mie insofferenze, le cose che facevo. Mi aiutava insomma».
Tornando a oggi: vi fate anche dei regali?
«Perbacco! Come no!? Tutto è cominciato da quando c’è la Laurina, perché una volta si festeggiava il Natale così, un po’ più alla buona. Lei invece vuole fare tutto per bene e allora adesso ci sono regali per tutti!».
Sei cambiato rispetto a un tempo?
«Beh, di certo non vado più in discoteca a sparare cazzate. Ultimamente ho recuperato anche molto questi aspetti qua della vita. Vivo sempre piuttosto intensamente ma il mio interesse è nell’oggi e vorrei essere più presente di come sono stato in passato, anche con mia madre. Sai, io un tempo non è che telefonassi a casa tutti i giorni, magari passavano settimane. Adesso invece la chiamo io anche due o tre volte a settimana: è bellissimo perché sento proprio che lei è sempre così felice quando la chiamo… Ed è difficile che ti capiti di sentire una persona così felice quando ti risponde al telefono (ride) e, sentendo che è contenta, provo anch’io un grande piacere».
Ma ascoltate anche delle canzoni natalizie?
«No, no, musica no (ride). Sono o non sono una rockstar? Semmai canto io!».
Davvero? Che fortuna per gli invitati: un concerto privato di Vasco Rossi…
«Beh, certo. Quando faccio qualcosa di nuovo gliela canto prima che esca, così vedo le loro reazioni. Mia mamma e l’Ivana sono sempre state le prime a sentire le mie canzoni».
Saranno molto orgogliose di te.
«Credo di sì. Mia mamma non solo è stata la mia prima ascoltatrice ma c’è stata sempre per me, anche nei momenti più difficili. Io adesso vorrei ridare un po’ dell’affetto che so di non essere riuscito a darle in passato. Voglio stare vicino a mia mamma, alla Laura, ai miei figli, a tutti i miei familiari perché so di essere stato troppo tempo fuori. Ho rivalutato l’importanza degli affetti familiari. Voglio recuperare un po’ di quel tempo che non sono riuscito a dare a tutti loro perché ero troppo occupato con la musica. Ma la musica resta sempre e comunque la mia vita. E sarà sempre così».
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »