Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
LE BALLE DI NORDIO: SMENTITO DALLA CORTE D’APPELLO DI ROMA, NON C’ERA ALCUN VIZIO DI FORMA NELLA RICHIESTA DI ARRESTO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE… NORDIO PER LEGGE DOVEVA SOLO TRASMETTERE LA RICHIESTA, NON SPETTAVA A LUI FARE VALUTAZIONI… E FINISCE PER DARE UNA VERSIONE OPPOSTA A QUELLA DELLA MELONI… LE OMISSIONI DI PIANTEDOSI E LA “SICUREZZA NAZIONALE” CHE NON ESISTE
Il caso Almasri continua ad agitare la politica. I ministri della Giustizia e degli Interni,
Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, sono intervenuti mercoledì 5 febbraio nelle aule della Camera e del Senato sulla liberazione e il rimpatrio del capo della polizia penitenziaria libica, su cui pende un mandato di cattura della Corte penale internazionale (Cpi) che lo accusa di aver ucciso almeno 34 migranti, di aver praticato tortura e violenza sessuale e persino di aver stuprato dei minori.
Torniamo in Parlamento. Nordio e Piantedosi si presentano nelle aule per l’informativa, con i banchi del governo e gli scranni degli emicicli al gran completo: l’unica assente è la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e la sua sedia vuota salta decisamente all’occhio. I discorsi dei due ministri, indagati insieme alla premier e al sottosegretario Mantovano, mostrano subito delle falle, in particolare quello del guardasigilli, cosa che stupisce perché Nordio è anche un magistrato.
Il suo intervento è un misto di contraddizioni e incongruenze, ed è condito da attacchi alla magistratura. “Il 28 gennaio alle ore 16:50 è stata consegnata al sottoscritto un’informativa ai sensi dell’articolo 335 del Codice di procedura penale dalla quale si evince che l’onorevole Carlo Nordio è indagato per i reati di favoreggiamento e omissione di atti d’ufficio. La qualità di indagato iscritta nel registro citato è sottolineata in grassetto nell’informazione di garanzia: l’ho vista con una certa tenerezza questa sottolineatura che io sarei persona indagata, perché un pubblico ministero sa benissimo che se sei nel registro del 335 sei persona indagata, non è iscritto all’associazione dei bocciofili”, spiega Nordio mostrando la comunicazione ricevuta.
Non si capisce dove sia la stranezza: quel tipo di comunicazione viene redatta esattamente così, compreso il grassetto. Lo farà notare poco dopo l’ex premier e leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, mostrando in aula ben due comunicazioni analoghe a suo carico nate da esposti presentati dalle opposizioni di allora sulle misure per contrastare il Covid-19.
La contraddizione più evidente di Nordio riguarda proprio il mandato di cattura della Corte penale internazionale, arrivato sulla sua scrivania il 19 gennaio e rimasto lì fino al 21 gennaio, giorno in cui la Corte d’appello di Roma, non ricevendo alcun riscontro dal ministero della Giustizia, ne ordina la scarcerazione.
Perché il ministro non ha dato seguito alla richiesta della Cpi come prevede la legge? “È arrivata in lingua inglese senza essere tradotto – spiega il ministro in aula – con una serie di criticità che avrebbero reso impossibile l’immediata adesione del ministero alla richiesta arrivata dalla Corte d’appello di Roma”. Insomma, il ministero della Giustizia della Repubblica Italiana non dispone di un traduttore, quindi non ci sarebbe stato tempo di esaminare la documentazione proveniente dall’estero.
Il ministro della Giustizia non doveva fare alcuna valutazione
Tuttavia, lo stesso Nordio contesta le criticità, che a suo avviso sarebbero state confermate da una nuova versione corretta del mandato d’arresto arrivata quattro giorni dopo. La domanda sorge spontanea: ha letto o non ha letto quelle carte? Stando a quanto scrive la Corte d’appello di Roma, non c’era nessun vizio di forma nel mandato di cattura, quindi la scelta del ministro è stata politica.
Lo stesso procuratore ha ribadito che la scarcerazione è stata conseguente alla mancata risposta del ministero, che ha fatto scadere i termini. Nordio il 21 gennaio dirama una nota in cui dichiara che sta valutando il fascicolo, ma in quel momento Almasri è già stato scarcerato.
C’è poi una grande incongruenza: la legge 237 spiega molto chiaramente che non è il ministro della Giustizia a dover valutare la fondatezza di un mandato d’arresto della Corte penale internazionale, e non a caso la premier Giorgia Meloni, in un primo momento, afferma che Almasri è stato scarcerato perché il ministro Nordio non è stato avvisato per tempo dell’arresto. Oggi il diretto interessato ha detto esattamente il contrario: i suoi uffici – ha ammesso – avevano ricevuto la segnalazione dell’arresto del capo della polizia penitenziaria libica sia domenica 19 che lunedì 20 gennaio.
Le omissioni di Piantedosi
Osama Njeem Almasri sarà poi riportato in Libia da un volo di Stato. Ad attenderlo in patria troverà una folla festante. E qui entra in scena il ministro italiano dell’Interno, Matteo Piantedosi. Quello che non torna, in questo caso, sono gli orari con cui è stato predisposto il volo di Stato che ha riportato il torturatore nel suo Paese. Come detto, la Corte d’appello di Roma ordina la scarcerazione di Almasri nella tarda mattinata del 21 gennaio, ma il Falcon è già ad attenderlo all’aeroporto di Torino.
Le opposizioni accusano il governo di aver preso una decisione politica, pianificando il rientro di Almasri ancor prima della sua liberazione. Una tesi involontariamente confermata dallo stesso Piantedosi, che pur non entrando nel merito delle decisioni del collega Nordio parla più volte di “tutela della sicurezza nazionale”, affermando che la cattura del libico avrebbe messo a rischio la sicurezza dei nostri concittadini sia in quel Paese che sul territorio nazionale, dove ci sarebbero state ritorsioni. E per giustificare il volo prenotato prima ancora della scarcerazione dice: “È apparso chiaro che Almasri sarebbe rimasto libero sul territorio nazionale”.
Noury (Amnesty International): “Nordio sembrava Sangiuliano, ma qui la questione è più grave”
A commentare a Wired le comunicazioni dei due ministri, il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury. “Più ci si accanisce a cercare qualche fondamento giudiziario nella decisione, che giudiziaria non è – spiega Noury – peggio è. Ho sentito delle cose inimmaginabili, con un ministro che pretende di impartire lezioni alla Corte penale internazionale su come scrivere un mandato d’arresto. Nordio mi sembrava Gennaro Sangiuliano quando diceva di aver votato i libri al premio Strega senza averli letti, ma qui la questione è molto più grave. Noi siamo lo Stato che quella Corte l’ha voluta più di altri, non a caso il suo atto fondativo è lo Statuto di Roma: siamo stati i primi a ratificarla e purtroppo siamo stati tra i primi a usare i doppi standard, sia quando si parla del leader israeliano, Benjamin Netanyahu, sia in questo caso”.
Alla base di tutto, secondo il portavoce di Amnesty, resta il famigerato memorandum con la Libia, sottoscritto dall’ex ministro dell’Interno del governo Gentiloni, Marco Minniti e poi prorogato da tutti i governi successivi. “Quel memorandum – continua Riccardo Noury – è il padre di tutti i crimini commessi negli ultimi sette anni. Il problema è sia quello che c’è scritto sia quello che non c’è scritto. Quello che c’è scritto è di non far partire i migranti a qualunque costo; quello che non c’è scritto è che per non far partire quei migranti si lascia campo libero a criminali come Almasri”.
(da WIRED)
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Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
IL 45ENNE È IN CARCERE DA 80 GIORNI, SENZA CHE NESSUNO ABBIA POTUTO VEDERLO O CHE GLI SIA STATA CONCESSA UNA TELEFONATA AI GENITORI. IL GOVERNO ITALIANO COSA STA FACENDO?
Un altro italiano che scompare, come di recente Cecilia Sala, solo che stavolta dal buco nero che sembra averlo inghiottito in Venezuela non arrivano segnali di alcun tipo, né motivazioni ufficiali per le quali sarebbe stato arrestato, né dove si trova, come sta (soffre di pressione alta e deve assumere farmaci), in che condizioni è costretto.
Si chiama Alberto Trentini, 45 anni, veneziano, cooperante per studio e professione, una bella faccia buona con i capelli corti, barbetta leggera, occhi chiari, ma il suo volto e il suo nome dicono poco a troppi e sulla sua sorte non sembra montare quell’ondata di partecipazione e di mobilitazione che tante volte è stata decisiva, l’ultima proprio con Cecilia.
La perdita di qualsiasi contatto con Alberto risale ormai al 15 novembre. Ottanta giorni senza che nessuno abbia potuto vederlo, senza che gli sia stata concessa una telefonata ai genitori Armanda ed Ezio o alla sua compagna, senza che sia stato consentito ad alcuna delle autorità italiane di poterlo almeno incontrare.
Il governo di Nicolás Maduro, la cui rielezione nel luglio scorso non è stata riconosciuta da molti Paesi tra cui l’Italia per sospetti brogli elettorali, è una democrazia per finta. Toglie di mezzo i nemici, o presunti tali, senza dare spiegazioni o inventandosele: terrorismo, agenti destabilizzatori, spie al servizio delle opposizioni interne o internazionali.
Laureato in Storia a Ca’ Foscari, master in assistenza a Liverpool e in sanificazione dell’acqua a Leeds, decine di esperienze sul campo (Ecuador, Bosnia, Etiopia, Paraguay, Nepal, Grecia, sei mesi in Perù nel 2017 ad assistere migliaia di famiglie colpite dalle inondazioni) Trentini era in Venezuela da ottobre, coordinatore di una ong francese, «Humanity and Inclusion», prevalentemente dedicata agli aiuti alle persone con disabilità,
Perché l’hanno arrestato? Perché lo stanno tenendo, come parrebbe, in qualche cella di Caracas e non si sa neanche quale? Perché come Paese veniamo rimbalzati di fronte alla richiesta non soltanto di rilasciare un nostro connazionale, ma persino a quella di poterlo contattare?
Non si può proprio trascurare l’appello che Paola e Claudio, genitori di Giulio Regeni, hanno lanciato da Fabio Fazio durante l’ultima puntata di Che tempo che fa. «La famiglia di Alberto Trentini non ha più notizie dal 15 novembre. Chiediamo che il governo si dia una mossa perché è passato troppo tempo. Vogliamo che questo giovane italiano torni a casa sano e salvo. E venga rispettato come portatore di pace».
Evitare con ogni mezzo che si ripetano tragedie come quella che ha devastato il ricercatore Giulio Regeni: firmato da chi quella tragedia la porterà sulle spalle e nel cuore per sempre.
Forse queste parole, e la credibilità di chi le ha pronunciate, hanno spinto ad accelerare la marcia della nostra diplomazia. Il terreno è minatissimo, l’interlocutore non appare tra i più affidabili, una mossa improvvida può fare precipitare la situazione e chi, malauguratamente, ci si trova dentro
L’avvocato che si occupa di Alberto Trentini è lo stesso di Giulio, Alessandra Ballerini, e anche questa è una garanzia che ogni passo verrà tentato, con coraggio ma anche con la necessaria sapienza.
Ma l’elemento decisivo, pur rispettando la raccomandazione del ministero degli Esteri di non entrare nei dettagli, è che la vicenda esca dall’anonimato e diventi quello che è: un caso nazionale, che sta a cuore alla nazione. La petizione per il suo rilascio, organizzata da Change.org, ha raggiunto le 40 mila firme: ne servirebbero il doppio, il quadruplo.
Se Cecilia Sala è già tornata al lavoro dopo i 21 giorni di incubo in una prigione iraniana, lo si deve in parte anche a questo, cioè all’azione forte di un governo, sostenuto da una spinta altrettanto forte dalla base del Paese.
(da Corriere della Sera)
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Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
LA VICE CAPOGRUPPO DI FRATELLI D’ITALIA ALLA CAMERA INTERROMPE IL PIDDINO MARCO FURFARO PRONUNCIANDO IN CONTINUAZIONE “BAU BAU” E FACENDO STRABUZZARE GLI OCCHI AL COLLEGA DEM E ALLA CONDUTTRICE, TIZIANA PANELLA … LA COLPA DI “FUFFARO”? AVER RICORDATO ALLA MONTARULI LA CONDANNA PER PECULATO
Ha detto letteralmente «bau bau», anzi l’ha ripetuto più volte, la deputata meloniana
Augusta Montaruli al dem Marco Furfaro, che lì per lì non ha capito se quella scena se la stesse sognando o meno. E invece era tutto vero quello che stava succedendo nello studio di Tagadà su La7, dove si discuteva dell’informativa del ministro Piantedosi sul caso Almasri. La conduttrice Tiziana Panella ha fatto una domanda al parlamentare del Pd, ma all’improvviso è intervenuta Montaruli con quel «bau bau» diventato rapidamente virale sui social. E facendo riferimento a una sua precedente battuta, Montaruli ha continuato, restando in tema: «Cuccia del cane… Visto che prima ti sei permesso di parlarmi in questo modo, io ti ricordo la cuccia del cane».
Lo scontro in studioFurfaro ha provato a rispondere, ma Montaruli è inesorabile: «Bau bau, bau… bau bau…». E così avanti mentre il deputato Pd continua a parlare, passando ai guai giudiziari della stessa Montaruli e della ministra Daniela Santanché. In sottofondo c’era sempre quel «bau bau» impossibile da ignorare. «Stiamo parlando di una cosa seria» dice Panella che ha provato a riportare il dibattito su toni più umani. In studio non si abbaia più, ma lo scontro tra i due continua.
I meme sui social
Inevitabile sui social il fiorire di meme e sfottò sul curioso comportamento della deputata di Fratelli d’Italia. A cominciare dal giornalista del Foglio, Luciano Capone, che prende spunto dal dibattito al Senato sul caso Almasri per ironizzare su quel che è successo su La7: «È chiaro dalla giornata di oggi che ci sono problemi con l’inglese. In Fratelli d’Italia non hanno ben compreso il significato di “underdog” e ora si mettono ad abbaiare. Giorgia, aiutali tu».
Meglio dei «fratelli de Rege» commenta il virologo Roberto Burioni, che cita il duo comico della prima metà del ‘900 famosi per il loro «Vieni avanti, cretino».
(da Open)
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Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
LA STAFFILATA A MUSK: “NEO-FEUDATARI DEL TERZO MILLENNIO”: “ASPIRANO A VEDERSI AFFIDARE SIGNORIE NELLA DIMENSIONE PUBBLICA, PER GESTIRE PARTI DEI BENI COMUNI RAPPRESENTATI DAL CYBERSPAZIO NONCHÉ DALLO SPAZIO EXTRA-ATMOSFERICO, QUASI USURPATORI DELLE SOVRANITÀ DEMOCRATICHE”
La lectio magistralis del capo dello Stato agli studenti dell’università di Marsiglia. «Impariamo dalla Storia» dice il presidente, soprattutto a proposito dei tentativi di protezionismo, tanto simili a quelli falliti del passato
Non ha fatto sconti a nessuno Sergio Mattarella nella sua lectio magistralis all’Università di Marsiglia, dove, senza nominarli direttamente, ha puntato il dito contro alcune delle figure più influenti del panorama internazionale attuale. Dall’invasione russa di Vladimir Putin in Ucraina ai dazi di Trump, fino alle ambizioni di Elon Musk, il presidente della Repubblica ha denunciato l’ascesa di «neo-feudatari del Terzo millennio», personaggi che aspirano a esercitare un potere quasi assoluto su beni comuni fondamentali come il cyberspazio e lo spazio extra-atmosferico. Con un chiaro riferimento a Musk, Mattarella ha messo in guardia dal rischio di concedere «patenti di signoria» a questi «nuovi corsari della modernità, capaci di sfidare le sovranità democratiche». Parole dure anche sulla guerra in Ucraina, che il capo dello Stato ha paragonato, senza mezzi termini, al «progetto del Terzo Reich in Europa»: non una competizione tra nazioni, ma una logica di «dominazione» che minaccia la cooperazione e i valori democratici.
«Protezionismo di ritorno? Impariamo dalla Storia»
«Oggi assistiamo a fenomeni di protezionismo di ritorno», ha proseguito nel suo intervento, affrontando i temi attualmente più delicati a livello internazionale. Nel suo intervento, ha lanciato un monito chiaro riguardo ai rischi del protezionismo e dell’indebolimento delle organizzazioni internazionali, con confronti diretti tra la storia del Novecento e le sfide attuali. «Oggi assistiamo a crisi economiche, protezionismo, sfiducia tra gli attori mondiali e forzatura delle regole liberamente concordate», ha dichiarato Mattarella, sottolineando come questi stessi elementi abbiano contribuito, nel secolo scorso, al fallimento della Società delle Nazioni. Un destino segnato, secondo il presidente, anche dalla mancata adesione degli Stati Uniti, nonostante il presidente Woodrow Wilson fosse stato uno dei promotori di quell’organismo internazionale.
Il rischio di un isolamento globale
L’attualità politica conferma i timori espressi dal capo dello Stato. Donald Trump, infatti, ha firmato un ordine esecutivo che prevede il ritiro degli Stati Uniti dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Unhcr). Inoltre, ha imposto una revisione dei finanziamenti a diverse agenzie dell’Onu, tra cui la sospensione dei fondi destinati all’Unrwa, l’organizzazione che fornisce assistenza umanitaria ai profughi palestinesi. «Oggi, come allora, si allarga il campo di quanti, ritenendo superflue se non dannose per i propri interessi le organizzazioni internazionali, pensano di abbandonarle. Interessi di chi? Dei cittadini? Dei popoli del mondo? Non risulta che sia così. Le conseguenze di queste scelte, la storia ci insegna, sono purtroppo già scritte», ha ammonito Mattarella, sottolineando come l’indebolimento della cooperazione internazionale rischi di portare a “nuove” instabilità globali.
L’Europa di fronte a un bivio
La riflessione del Capo dello Stato ha posto particolare enfasi sul ruolo dell’Unione europea. Secondo Mattarella, il vecchio continente si trova davanti a un momento decisivo, «un bivio», per il suo futuro: «L’Ue è uno degli esempi più concreti di integrazione regionale ed è, forse, il più avanzato progetto di pace e democrazia nella storia. Rappresenta senza dubbio una speranza di contrasto al ritorno dei conflitti provocati dai nazionalismi». In un momento storico come quello attuale, carico di tensioni geopolitiche e spinte isolazioniste, il presidente ha ribadito la necessità di un’Europa forte e coesa, capace di essere un punto di riferimento stabile per la comunità internazionale. «Gli interlocutori internazionali devono sapere di avere nell’Europa un saldo riferimento per politiche di pace e crescita comune», ha dichiarato a studentesse e studenti presenti alla conferenza. Mattarella ha concluso il suo intervento con un monito chiaro, affinché non si ripetano gli errori del passato: «Chiunque pensi che questi valori siano sfidabili sappia che, sulla scia dei suoi precursori, l’Europa non tradirà libertà e democrazia».
(da agenzie)
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Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
ANCORA PEGGIO IN FRANCIA (-63%) E NEL REGNO UNITO (-12%). E L’ITALIA? LE MACCHINE DEL GRANDE AMICO DI GIORGIA MELONI SONO TROPPO CARE PER GLI STIPENDI DA FAME DEL NOSTRO PAESE (SIAMO SULL’ORDINE DELLE 20MILA VETTURE ALL’ANNO, NUMERI IRRILEVANTI)
Tesla affonda in Europa. Il colosso delle auto elettriche ha iniziato l’anno in salita nel
Vecchio Continente, dove ha visto in gennaio crollare le vendite nei mercati più importanti. In Germania sono scese del 59% ai minimi dal 2021. E non è andata meglio in Francia e Regno Unito, con flessioni a doppia cifre del 63% e del 12%.
I cali sono dovuti a un mix di fattori che, secondo gli analisti, include anche le posizioni politiche di Elon Musk, il ‘first buddy’ di Donald Trump che, dopo aver sposato il ‘Make America Great Again’, ha lanciato il movimento ‘Make Europe Great Again’. Sempre più frequenti le sue interferenze nelle vicende politiche dei singoli Stati europei, tanto che cominciano a moltiplicarsi gli appelli al boicottaggio di tutto ciò che fa capo all’impero dell’uomo più ricco della Terra.
Di fronte al calo delle vendite, che include anche la California amica dell’ambiente e delle tecnologie verdi, gli azionisti e gli investitori di Tesla restano per ora calmi. Ma le conseguenze dell’esposizione politica del miliardario sulla società potrebbero presto iniziare a innervosire. Impegnato a tempo pieno al Dipartimento dell’efficienza creato da Trump con l’obiettivo di tagliare la spesa federale di 2.000 miliardi di dollari, Musk sta lasciando la gestione delle aziende del suo impero ai fedelissimi.
Ma sono state la sua visione e la sua presenza, oltre al suo impegno e alla sua ostinazione, a spingere finora Tesla e a farla diventare un colosso. La crescente concorrenza, soprattutto cinese, e le posizioni politiche di Musk stanno però rallentando la marcia del gigante delle auto elettriche: il rischio maggiore è quello di alienare clienti e potenziali acquirenti, considerando anche che i conservatori sono meno propensi dei liberal ad acquistare auto elettriche, in particolare negli Stati Uniti.
Nel Regno Unito Musk si è accanito contro il primo ministro Keir Starmer, mentre in Germania ha appoggiato a spada tratta il partito di ultradestra Adf e ha ospitato la sua leader Alice Weidel in una conversazione live su X in vista delle elezioni tedesche in marzo
Nelle settimane scorse è poi intervenuto in videocollegamento a un comizio di Adf e ha invitato i tedeschi a essere orgogliosi della loro cultura, scoraggiandoli allo stesso tempo dal prestare “troppa attenzione ai sensi di colpa del passato”, in quello che è apparso un riferimento alla seconda guerra mondiale. Parole che hanno probabilmente pesato sulle vendite, condizionate anche dal nuovo Model Y che richiede modifiche agli impianti ed è costato diverse settimane di produzione persa in alcuni stabilimenti.
(da agenzie)
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Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
“PENSAVATE DI AVER TROVATO LA LADY DI FERRO E VI RITROVATE L’OMINO DI BURRO DI PINOCCHIO”
“Abbiamo ascoltato un ministro imbarazzato, il ministro dell’Interno. Imbarazzato, perché se la Digos e le forze dell’ordine fanno un grande lavoro e arrestano un criminale pericoloso, penso ci sia imbarazzo nel capo delle forze dell’ordine nel vedere che la politica libera quel pericoloso criminale. Lei ministro Nordio è stato imbarazzante, Almasri ha violentato dei bambini, ha torturato delle donne, voi l’avete rimandato in Libia con volo di Stato. Di fronte a questo clamoroso passo indietro, quella poltrona vuota è stata la cosa più intelligente che Meloni potesse fare. Atreju dicembre 2024: dopo aver detto che i centri in Albania funzioneranno, Meloni ha definito ‘mafiosi’ i trafficanti di uomini. Ha scarcerato il boss dei boss. Politicamente significa che non può più parlare di immigrazione e sicurezza, Meloni ha perso la faccia. La sorella di Meloni aveva indicato il libro da leggere. Ma il libro da leggere non è tanto ‘il Signore degli Anelli’, ma è ‘Le avventure di Pinocchio'”, ha detto il senatore Matteo Renzi, leader di Iv. “Pensavate di aver trovato la vostra ‘Lady di Ferro’ con Giorgia Meloni, avete trovato ‘l’omino di burro”.
(da agenzie)
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Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
DALL’INDAGINE È EMERSO CHE I RIDER, RECLUTATI NEI CENTRI DI ACCOGLIENZA DA SOCIETÀ DI INTERMEDIAZIONE DI MANODOPERA, VENIVANO “PAGATI A COTTIMO 3 EURO”, “DERUBATI” DELLE MANCE E “PUNITI” CON DECURTAZIONE DEI COMPENSI SE NON STAVANO ALLE REGOLE
Ha patteggiato un anno e 4 mesi, pena sospesa, con una multa da 21mila euro, l’ex
manager di Uber Gloria Bresciani imputata per caporalato nel processo milanese scaturito dall’inchiesta del pm Paolo Storari e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf sulle condizioni lavorative “degradanti” dei rider, che nel maggio 2020 aveva portato al commissariamento della filiale italiana del colosso statunitense del delivery. Amministrazione giudiziaria revocata nel marzo 2021 dopo il riconoscimento del percorso “virtuoso” intrapreso dalla società.
Il patteggiamento è stato ratificato dalla giudice Mariolina Panasiti. Come emerso dall’indagine, i rider, reclutati soprattutto nei centri di accoglienza da società di intermediazione di manodopera, venivano “pagati a cottimo 3 euro”, “derubati” delle mance e “puniti” con decurtazione dei compensi se non stavano alle regole. Per l’imputata è stato, poi, modificato il capo di imputazione, inserendo la sua condotta in una politica di impresa all’epoca, e col riconoscimento in sentenza delle attenuanti generiche.
Nel processo un centinaio di rider si erano costituti parti civili e poi erano usciti dal procedimento ottenendo risarcimenti da Uber Italy per mezzo milione di euro, ossia circa 5mila euro a testa. E nel 2021, con la condanna a 3 anni e 8 mesi in abbreviato per Giuseppe Moltini, uno dei responsabili delle società di intermediazione, la gup Teresa De Pascale aveva convertito un sequestro da 500mila euro in contanti in un risarcimento da 10mila euro a testa per 44 fattorini per un totale di 440mila euro.
Nel procedimento avevano già patteggiato Danilo Donnini (2 anni), socio della società di intermediazione Flash Road City, e Leonardo Moltini a 3 anni. “Dovevamo mettere a disposizione un numero di fattorini esorbitante, ci veniva chiesto dalla dirigenza Uber”, aveva detto Donnini testimoniando.
(da agenzie)
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Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
L’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PER LE MIGRAZIONI DENUNCIA TRATTA DI ESSERI UMANI, RESPINGIMENTI ILLECITI E VIOLENZE DEL REGIME LIBICO
Il Mediterraneo centrale continua a essere teatro di una delle crisi umanitarie più gravi degli ultimi anni: secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) in Libia, tra il 1° gennaio e il 1° febbraio 2025, almeno 36 persone sono morte mentre tentavano di attraversare il mare per raggiungere l’Europa. A queste si aggiunge almeno un disperso, il cui destino rimane ignoto. Nello stesso periodo più di duemila sarebbero invece le persone intercettate in mare aperto e portate in Libia, “solo” 592 tra il 26 gennaio e il 1° febbraio 2025.
Dietro questi numeri si nascondono storie di persone che fuggono da guerre, persecuzioni, carestie e instabilità politica, alla ricerca di una vita migliore. La rotta del Mediterraneo centrale si conferma ancora una delle più pericolose al mondo, con imbarcazioni sovraccariche e spesso inadatte alla navigazione che sfidano il mare aperto, lasciando migliaia di persone migranti, tra cui donne e bambini, spesso molto piccoli, in balia delle onde.
Migranti fermati e respinti in Libia
Il rapporto dell’OIM evidenzia un altro aspetto inquietante: nel solo primo mese dell’anno, 2.398 persone sono state intercettate in mare e riportate in Libia dalle autorità locali. Tra loro, 1.984 uomini, 301 donne e 113 bambini. Per molti di loro, il ritorno in Libia significa l’incubo della detenzione arbitraria, delle torture e dello sfruttamento. Le organizzazioni umanitarie denunciano da anni che i centri di detenzione libici sono luoghi di violenze sistematiche, dove migranti e rifugiati sono vittime di abusi, schiavitù e tratta di esseri umani. Il sostegno dell’Unione Europea alle autorità libiche, attraverso finanziamenti e cooperazione nel controllo delle frontiere, e quello tutto italiano, attraverso il cosiddetto Memorandum d’Intesa, solleva gravi interrogativi sulla corresponsabilità delle istituzioni europee in queste continue violazioni dei diritti umani.
Cos’è il Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia
Il Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia, firmato il 2 febbraio 2017, sotto il governo Gentiloni, è un accordo volto a bloccare le partenze dei migranti verso l’Italia attraverso il rafforzamento della cooperazione con le autorità libiche, di cui anche Marco Minniti, all’epoca ministro dell’Interno, fu grande sostenitore. Finanziato con centinaia di milioni di euro dall’Italia e dall’Unione Europea, il Memorandum ha previsto la fornitura di motovedette e supporto logistico alla cosiddetta Guardia Costiera libica, composta in gran parte da milizie con legami diretti con il traffico di esseri umani. L’accordo ha portato alla sistematica intercettazione e cattura delle persone migranti in mare, con il loro conseguente trasferimento nei centri di detenzione libici, veri propri lager in cui, secondo numerosi rapporti delle Nazioni Unite e ONG internazionali, vengono perpetrati crimini contro l’umanità: torture, stupri, schiavitù e omicidi.
Nonostante le ripetute denunce e le prove concrete del coinvolgimento di esponenti delle milizie libiche nel traffico di esseri umani, tra cui il noto generale libico accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, Osama Njeem Almasri, o Abdul Rahman al-Milad, detto “Bija”, presente nel 2017 a un incontro ufficiale al Viminale, il Memorandum è stato più volte rinnovato, con il sostegno di diversi governi italiani. Le operazioni di respingimento condotte in collaborazione con la Libia sono state denunciate anche al Tribunale Penale Internazionale per violazione delle norme internazionali sui diritti umani, mentre la stessa Corte Penale Internazionale ha confermato che i crimini commessi nei centri di detenzione libici si configurano come crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Mancano percorsi legali e corridoi sicuri
Nonostante le numerose denunce e i rapporti delle organizzazioni umanitarie, la risposta della comunità internazionale sembra restare inadeguata. L’accesso umanitario per le persone richiedenti asilo è limitato, i fondi per la protezione dei migranti sono insufficienti e i corridoi sicuri sembrano essere quasi inesistenti. Le Nazioni Unite e le ONG chiedono da anni interventi urgenti per affrontare le cause profonde delle migrazioni forzate, come conflitti, disuguaglianze, cambiamenti climatici e persecuzioni. Parallelamente, sollecitano la creazione di percorsi legali per rifugiati e migranti, al fine di ridurre il traffico di esseri umani e il numero di vittime lungo le rotte migratorie.
(da Fanpage)
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Febbraio 5th, 2025 Riccardo Fucile
IL CASO PARAGON SOLUTIONS SI FA INQUIETANTE: L’AZIENDA HA AMMESSO CHE LO SPYWARE CON CUI E’ STATO SPIATO FRANCESCO CANCELLATO VIENE VENDUTO A “GOVERNI ALLEATI” DEGLI USA
Qualche giorno fa vi avevamo raccontato come il cellulare del nostro direttore,
Francesco Cancellato, fosse stato segnalato da META fra quelli “targeted” da uno spyware prodotto dall’azienda Paragon Solutions, di fondazione israeliana e da poco proprietà di un fondo statunitense. Come vi avevamo spiegato qui, una comunicazione del servizio sicurezza di Whatsapp avvertiva il direttore Cancellato di aver “interrotto le attività di una società di spyware che riteniamo abbia attaccato il tuo dispositivo”, assieme a quello di circa 90 giornalisti e attivisti in tutto il mondo.
Ulteriori indagini svolte dal nostro giornale, da analisti indipendenti e da media internazionali, stanno però portando alla luce un quadro estremamente inquietante. Perché non solo le preliminari verifiche tecniche e i riscontri di META/Whatsapp confermano che il direttore sia tra gli “spiati”, ma ci sono novità importanti che arrivano direttamente dall’azienda che produce lo spyware utilizzato. Paragon Solutions, in effetti, è una società piuttosto nota nel campo in cui opera per aver sempre rivendicato un approccio, per così dire, etico. L’azienda, nel cui cda figura anche l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak, ha sempre dichiarato di vendere la propria tecnologia esclusivamente ai governi di Paesi democratici, con obiettivi ben specifici, dal contrasto al terrorismo a gravi minacce alla sicurezza interna.
E qui le cose cominciano a farsi piuttosto interessanti. O meglio, inquietanti.
Perché con una dichiarazione riportata da Techcrunch a firma del suo presidente esecutivo, l’americano John Fleming, l’azienda produttrice dello spyware Grahpite non ha smentito quello che già articoli e fonti interne all’azienda avevano affermato: che l’Italia sia tra gli acquirenti e utilizzatori di questo strumento con cui si può entrare nei telefoni delle persone, semplicemente inviando un pdf su Whatsapp. “Paragon concede in licenza la sua tecnologia a un gruppo selezionato di democrazie globali, principalmente agli Stati Uniti e ai suoi alleati”, ha affermato Fleming, ribadendo che la propria azienda “richiede che tutti gli utilizzatori rispettino le condizioni di utilizzo del software, che esplicitamente proibiscono di colpire giornalisti e altri membri della società civile”. Pur non confermando se stiano procedendo a dismettere i contratti con i trasgressori e non dando ulteriori dettagli su quali siano questi “stati alleati degli USA”, il presidente esecutivo di Paragon aggiunge: “Abbiamo una politica di tolleranza zero con chi mette nel mirino giornalisti e attivisti, chiuderemo la collaborazione con qualunque soggetto che avesse violato i nostri termini di servizio”.
Già lunedì scorso questa evidenza era emersa sul giornale israeliano Ynet, in un articolo a firma del giornalista Tal Shahaf, in cui si leggeva, testualmente, che “in particolare, il governo italiano è cliente di Paragon” e che la stessa azienda co-fondata da Ehud Schneorson, ex capo dell’agenzia di sicurezza nazionale israeliana, avrebbe tagliato “i legami con qualsiasi organo di controllo che fosse sospettato di aver agito contro individui non sospettati di crimine o terrorismo”. Articolo che citava fonti interne all’azienda e che non è mai stato smentito da Paragon. Anche il Guardian ha contattato fonti di Paragon che non hanno negato che l’Italia sia tra i clienti dell’azienda.
Le domande ancora senza risposta da parte del governo italiano
In poche parole, dunque. Il nostro direttore scopre di essere stato vittima di un attacco informatico, per il tramite di un software che consente all’utilizzatore di prendere il totale controllo del cellulare e di avere accesso a tutte le informazioni presenti. L’attacco avviene tramite una falla di sicurezza di Whatsapp. Meta, nel correggere il bug, diffida l’azienda produttrice del software dal ripetere simili azioni. L’azienda è l’israeliana Paragon, che conferma di vendere lo spyware a poche “democrazie selezionate”, esclusivamente Stati alleati degli USA. Fonti interne a Paragon, non smentite, confermano che l’Italia sia tra i clienti. Alla richiesta di un confronto sulla vicenda, non abbiamo ricevuto risposte da Palazzo Chigi, così come non ne ha avute TechCrunch, che pure ha provato a contattare fonti del nostro governo.
La presenza dell’Italia tra i clienti di Paragon è centrale nella ricostruzione di questo caso, proprio perché tra i circa novanta giornalisti e attivisti spiati da Graphite c’è il direttore di una testata che negli ultimi mesi si è resa protagonista di inchieste come Gioventù Meloniana che hanno creato forte imbarazzo in Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. E, a quanto risulta a Fanpage.it, ci sono anche attivisti e membri della società civile che hanno espresso posizioni fortemente critiche nei confronti delle politiche del governo.
Non può finire qui, però. Non può essere così semplice, ci sono risposte che il nostro governo deve darci.
In primo luogo, l’Italia è cliente dell’azienda Paragon Solutions?
Il governo può ufficialmente smentire di aver acquistato spyware o tecnologie informatiche da tale azienda?
Il governo può ufficialmente smentire di aver spiato il direttore di un giornale che ha fatto inchieste sui partiti di governo con un software che, in teoria, dovrebbe essere usato per catturare terroristi, mafiosi e trafficanti di droga?
Il governo può ufficialmente smentire di aver usato questa tipologia di attacchi informatici per spiare altri attivisti e membri della società civile?
E, se l’Italia non c’entra nulla, quali iniziative intende prendere il governo italiano per tutelare i propri concittadini da questo genere di azioni?
(da Fanpage)
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