Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
NESSUNO DEGLI AGENTI O DEGLI ADDETTI SI ACCORGE CHE I METAL DETECTOR PER ACCEDERE DAVANTI AL TEATRO ARISTON E IN PIAZZA SUZUKI SEGNALANO UN PERICOLO… E’ LA SICUREZZA CHE I SOVRANISTI GARANTISCONO AI CITTADINI
Questa sera a Striscia la notizia l’inviato Francesco Mazza ha testato la qualità dell’imponente (e costoso) servizio di sicurezza predisposto per il Festival di Sanremo. Apparentemente, durante la prima serata, tutto sembra tranquillo ed efficiente.
Tanto che ai varchi vengono sequestrati perfino gli ombrelli. Ma poi un “gancio” dell’inviato riesce ad entrare, indisturbato, con un coltello alla cintura, nella zona rossa riservata al Festival e protetta da Polizia, Carabinieri e 400 uomini di una società di sicurezza privata. Un appalto da un milione e duecentomila euro, pagato con soldi pubblici.
Il “gancio” buca il primo varco e poi anche il secondo, dove nessuno si accorge che il sistema di protezione scatta e s’illumina di rosso. Piomba così all’ingresso del Teatro Ariston, di fronte al quale c’è la passerella riservata ai vip. Nessuno si accorge del sistema luminoso che si aziona al suo passaggio nemmeno al varco di piazza Suzuki, dove migliaia di persone si radunano per seguire il Festival all’aperto.
“A cosa serve spendere tutti questi soldi in sicurezza, se poi nessuno controlla neanche quando si accende il metal detector?”, si chiede l’inviato di Striscia.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
IL PREMIER, EDI RAMA, GRANDE AMICO DELLA DUCETTA, FINISCE SOTTO UN DOPPIO FUOCO INCROCIATO: DA UN LATO L’ORGANO ANTI-CORRUZIONE HA SBATTUTO IN PRIGIONE IL SINDACO DI TIRANA, ERION VELIAJ. DALL’ALTRO, L’OPPOSIZIONE DI BERISHA HA ASSUNTO IL TRUMPIANO CHRIS LACIVITA PER GUIDARE LA COMUNICAZIONE. E SUBITO LACIVITA HA ATTACCATO RAMA: “MARIONETTA DI SOROS”
A Rama sta esplodendo il fronte interno. Prima la Spak, l’organo anti-corruzione, ha
accusato il sindaco di Tirana, Erion Veliaj, e l’ha sbattuto in prigione. Poi, il partito democratico di Berisha ha annunciato che il responsabile della campagna del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Christopher “Chris” LaCivita, guiderà la loro campagna in vista delle elezioni dell’11 maggio.
Ex marine in Iraq, consulente di un paio di generazioni di repubblicani americani, LaCivita ha giocato un ruolo chiave nella rielezione del presidente Trump a novembre. Chiusa la pratica, ora da Richmond, in Virginia, LaCivita è volato a Tirana per stravolgere la strategia dell’opposizione albanese e disarcionare Rama. “Vogliamo aiutare a eleggere un primo ministro che sia un vero amico degli Stati Uniti e che lavorerà con successo con il presidente Trump e gli Stati Uniti”, ha detto lo stratega americano mentre Berisha sorrideva al suo fianco, in conferenza stampa.
Frasi, locuzioni, pose: i democratici albanesi, che qui sono di destra, copiano il tycoon. Il primo affondo anti-Rama di LaCivita non lascia dubbi: “L’attuale primo ministro non è altro che una marionetta di George Soros”.
Associare il rivale al finanziatore ungherese, vero nemico delle destre nell’Europa centrale e nei Balcani occidentali, ha fatto sprizzare di gioia Berisha&co. Tanto che l’ex premier ha ripetuto le stesse parole in Parlamento: “Rama dovrebbe dimettersi, è un burattino di Soros”.
L’etichetta di “sorosiano” affibbiata a Rama è già entrata di diritto nel vocabolario dei Democratici albanesi. “Berisha sa che per vincere deve mostrarsi come il più americano dei candidati”, spiegano fonti informate. Dopo aver accolto LaCivita, definito in conferenza come “l’uomo che ha avuto la grande fortuna di parlare alla nazione americana da Mar-a-Lago”, Berisha sa che la strada verso il governo passa da due step decisivi.
Innanzitutto, con le competenze del guru Maga, bisogna assestare un duro colpo elettorale a Rama, soprattutto ora che è in difficoltà per l’arresto del suo uomo a Tirana.
Poi, ancor più importante, deve stringere un vero legame con Trump. Già presidente d’Albania negli anni Novanta, poi premier dal 2005 al 2013, nel 2021 Berisha è stato definito “persona non grata” dagli Stati Uniti, per volere dell’amministrazione Biden.
L’ex presidente americano l’ha sanzionato, insieme a sua moglie, perché coinvolto in un sistema corruttivo in Albania. Uno schema orchestrato da Rama insieme a Soros, è la spiegazione dell’inner circle democratico. Lo stesso LaCivita non ha dubbi: “Berisha, come Donald Trump, è stato perseguitato dal governo. Sono qui per aiutare, possiamo rendere l’Albania di nuovo grande”.
Nella sede del governo, intanto, Rama perde la pazienza su Instagram (nella sua rubrica quotidiana ieri ha chiuso lo streaming gridando “fuck you”, salvo poi scusarsi). In generale, il socialista che piace ai sovranisti non vuole più sentir parlare di centri in Albania. Rama si è prodigato in aperitivi con la premier Meloni, per il suo compleanno l’ha omaggiata con un velo tradizionale albanese al vertice in Arabia Saudita, l’ha chiamata “amica” durante le trionfali interviste sui media italiani ed europei, è andato ad Atreju per lei, si è inimicato i socialisti europei. E ora rischia di perdere contro chi? I trumpiani d’Albania.
Rama non ci sta. Pensa al voto, che si avvicina, e molla la presa sulle diatribe sui migranti tra il governo italiano e i giudici. Ad HuffPost viene spiegato che le sue priorità “oggi e nei prossimi mesi saranno ben altre”. “I centri? Non sono temi elettorali – spiegano fonti albanesi – e i sondaggi, che danno Rama ancora in vantaggio, potrebbero cambiare dopo l’arresto del sindaco di Tirana. È considerato il suo numero due”. Le ultime ventiquattr’ore hanno scosso il panorama politico albanese. Per Rama, però, il peggio sembra dover ancora arrivare. L’Albania potrebbe diventare una succursale Maga nei Balcani.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
I PROBLEMI SONO NATI DALLA SPARTIZIONE DEI MINISTERI
Mercoledì in Austria sono fallite le trattative per la formazione di un nuovo governo in cui erano coinvolti il Partito della Libertà (FPÖ, di estrema destra) e il Partito Popolare (ÖVP, conservatore).
L’annuncio è stato dato dal leader dell’FPÖ, Herbert Kickl, che ha comunicato il fallimento dei negoziati al presidente austriaco Alexander Van der Bellen. I problemi hanno riguardato la spartizione dei ministeri: secondo i giornali locali, gli accordi sono saltati perché Kickl ha preteso che il ministero dell’Interno fosse affidato al suo partito. In cambio di questa garanzia l’ÖVP avrebbe ottenuto altri ministeri importanti, come quelli degli Esteri, dell’Economia, delle Infrastrutture e della Difesa. Kickl aveva chiesto all’ÖVP di dare una conferma entro le 11 di mercoledì, ma i due partiti non sono riusciti a trovare un accordo.
Non è chiaro cosa succederà ora: è possibile che il presidente Van der Bellen faccia un altro giro di consultazioni, cerchi di formare un governo tecnico oppure decida di andare nuovamente a elezioni.
L’Austria è in una situazione di stallo politico dallo scorso settembre, quando dalle elezioni era uscito un parlamento frammentato: l’FPÖ era stato il partito più votato, con circa il 29 per cento delle preferenze (miglior risultato di sempre), ma inizialmente era stato escluso dalle trattative perché nessuno degli altri partiti si era detto disposto a governare con l’estrema destra e con Kickl.
Kickl ha 56 anni, una lunga carriera politica nell’FPÖ e una retorica estremista in cui compaiono termini che richiamano il passato nazista del paese: se le trattative fossero andate a buon fine, sarebbe diventato il primo cancelliere austriaco di estrema destra dal secondo dopoguerra. Van der Bellen gli aveva affidato l’incarico di formare il governo lo scorso 6 gennaio, dopo il fallimento di precedenti trattative tra ÖVP, Socialdemocratici e NEOS (un partito centrista).
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
GLI UFFICIALI, CHE INDOSSAVANO PASSAMONTAGNA, SI VANTAVANO DEL DOLORE INFERTO AI PRIGIONIERI – IL RACCONTO DI UN PRIGIONIERO: “A LORO PIACEVA, LI SENTIVI RIDERE MENTRE NOI URLAVAMO PER IL DOLORE”
Nelle settimane successive all’invasione russa dell’Ucraina, il capo delle prigioni di San
Pietroburgo ha lanciato un messaggio diretto a un’unità d’élite di guardie incaricate di gestire l’afflusso di prigionieri dalla guerra: «Siate crudeli, non abbiate pietà».
Il maggiore generale Igor Potapenko aveva riunito le forze speciali per informarli di un nuovo sistema progettato per i prigionieri ucraini.[…] Non ci sarebbero state restrizioni contro la violenza. Le bodycam sarebbero state rimosse. In tutto il Paese altre unità […] ricevettero istruzioni simili. Quegli incontri hanno dato il via a quasi tre anni di torture incessanti e brutali sui prigionieri di guerra ucraini.
Le guardie applicavano scariche elettriche sui genitali dei prigionieri fino all’esaurimento delle batterie. Li picchiavano per infliggere il massimo danno possibile. […] Negavano cure mediche per permettere alla cancrena di insediarsi, costringendo alle amputazioni. Tre ex funzionari carcerari hanno raccontato al Wall Street Journal come la Russia abbia pianificato ed eseguito ciò che gli investigatori delle Nazioni Unite hanno descritto come una tortura diffusa e sistematica.
Le loro testimonianze sono state supportate da documenti ufficiali, interviste con prigionieri ucraini e da una persona che ha aiutato i funzionari carcerari russi a disertare. I funzionari – due appartenenti alle forze speciali e un membro del personale medico – sono entrati in un programma di protezione testimoni dopo aver fornito prove agli investigatori della Corte Penale Internazionale (Cpi).
Il sistema carcerario russo rimane un mondo a parte all’interno del Paese, con le sue regole, il suo gergo e persino i suoi tatuaggi. Le forze speciali del sistema carcerario non sono guardie regolari assegnate stabilmente a una prigione. Agiscono come una sorta di guardia pretoriana, chiamata a intervenire in situazioni particolarmente pericolose, come perquisizioni o rivolte. Secondo le due ex guardie, gli ordini di Potapenko nel marzo 2022 vennero interpretati come un’autorizzazione incondizionata alla violenza. Durante il servizio, le guardie indossavano sempre passamontagna. I prigionieri venivano picchiati se osavano guardarli negli occhi.
La violenza, hanno spiegato ex guardie e attivisti per i diritti umani, miravano a rendere i prigionieri più malleabili. Le ex guardie hanno descritto un livello sbalorditivo di violenza nei confronti dei prigionieri ucraini. Gli elettroshock venivano usati così spesso, soprattutto nelle docce, che gli ufficiali si lamentavano per il fatto che la batteria si esauriva troppo in fretta.
Un ex dipendente del sistema penitenziario, che lavorava con un team di medici nella regione di Voronezh, nella Russia Sud-occidentale, ha detto che le guardie carcerarie picchiavano gli ucraini fino a quando i loro manganelli si rompevano. Una delle sale caldaie era disseminata di manganelli rotti e gli ufficiali testavano materiali, tra cui tubi per l’acqua calda, per la loro capacità di causare dolore e danni. Le guardie, ha detto, picchiavano intenzionalmente i prigionieri nello stesso punto giorno dopo giorno, impedendo che i lividi guarissero e causando infezioni interne. Il trattamento portava a un’infezione del sangue e il tessuto muscolare marciva.
Almeno una persona è morta di sepsi, ha detto l’ufficiale. Molte guardie apprezzavano la brutalità e spesso si vantavano di quanto dolore avevano causato ai prigionieri. L’ex prigioniero di guerra ucraino Andriy Yegorov, 25 anni, ha ricordato come le guardie di una prigione nella regione occidentale di Bryansk, costringessero i prigionieri a correre per 100 metri nel corridoio, tenendo i materassi sopra le loro teste. Nel mentre, si mettevano di lato e li picchiavano sulle costole.
Quando arrivavano in fondo al corridoio, venivano costretti a fare addominali e flessioni. Ogni volta che si rialzavano, le guardie li colpivano con pugni o manganelli. «A loro piaceva, li sentivi ridere mentre noi urlavamo per il dolore», ha detto.
Gli ex ufficiali della prigione si preparano a una nuova vita. Oggi vivono in luoghi segreti e hanno dovuto interrompere i contatti con persone che conoscevano da tutta la vita. Uno di loro ha detto di essere sempre stato un patriota russo, ma dopo l’inizio della guerra non poteva più rimanere nel Paese o restare in silenzio. Testimoniare alla Cpi era un modo per per ottenere giustizia.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
CGIL: “UN DISASTRO”… PER IL 2024 FLESSIONE COMPLESSIVA DEL 3.5% RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE… COMPLIMENTI GIORGIA
L’industria italiana continua a non dare segnale di risveglio. È quanto emerge dai nuovi dati diffusi questa mattina dall’Istat, con la produzione calata dal 7,1% a dicembre rispetto a un anno prima (al netto degli effetti calendario), e del 3,1% rispetto a novembre. L’Italia archivia comunque un 2024 da dimenticare, con una flessione complessiva del 3,5% rispetto al 2023, con una dinamica tendenziale che – sottolinea l’Istat – “è stata negativa per tutti i mesi dell’anno, con cali congiunturali in tutti i trimestri”
I settori
L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+0,9%); mentre cala per i beni strumentali, i beni di consumo (-3,3% per entrambi i settori) e i beni intermedi (-3,6%). Al netto degli effetti di calendario, a dicembre 2024 l’indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 7,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 20 contro i 18 di dicembre 2023). Si registra una crescita esclusivamente per l’energia (+5,5%); mentre ci sono marcate diminuzioni per i beni strumentali (-10,7%), i beni intermedi (-9,5%) e i beni di consumo (-7,3%).
Gli unici settori di attività economica che registrano a dicembre incrementi tendenziali sono l’attività estrattiva (+17,4%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+5,0%). Flessioni particolarmente marcate si rilevano, invece, nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-23,6%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-18,3%) e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-14,6%).
Il 2024 si chiude con una diminuzione della produzione industriale del 3,5%. Tra i principali raggruppamenti di industrie, solamente per l’energia si registra un incremento nel complesso del 2024. Nell’ambito della manifattura, solo le industrie alimentari, bevande e tabacco sono in crescita rispetto all’anno precedente, mentre le flessioni più marcate si rilevano per industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-10,5%) e fabbricazione di mezzi di trasporto (-11,3%).
La Cgil: “Un disastro”
Numeri accolti con preoccupazione dal mondo del lavoro. “Ormai è crisi profonda: il nostro sistema industriale sta morendo nella totale inerzia dell’Esecutivo e dei suoi ministri. La produzione industriale continua a calare da febbraio 2023, è la 23esima volta, ma il Governo persevera nel raccontare successi che, semplicemente, non esistono, non sono reali”, ha affermato confederale della Cgil Pino Gesmundo commentando i dati diffusi oggi dall’Istat. “La presidente Meloni, e con lei il Ministro Urso, ne traggano le conseguenze e soprattutto la smettano di scaricare su altri le loro responsabilità”, conclude Gesmundo. “I numeri non hanno pregiudizi e, come in questo caso, la tossicità è propria di chi assiste inerte a questo disastro.
Conte: “Dato clamoroso e preoccupante”
“Un dato clamoroso, davvero preoccupante – attacca Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, parlando con i cronisti davanti a Montecitorio – lo scorso dicembre -7%, tonfo della produzione industriale e siamo al 23esimo mese consecutivo di crollo della produzione industriale. Una devastazione del nostro sistema produttivo e ci ritroviamo con le bollette più care d’Europa, famiglie e imprese si ritrovano alle prese con il caro bollette e il caro energia. E ancora, +30% della cassa integrazione. Meloni e ministri, ma di che cosa vi state occupando? Ma state governando? Ma siete capaci? Pensate a fare la guerra ai magistrati, ma a quali? Quelli che ieri hanno arrestato 180 mafiosi? Ma per piacere”.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
IL CAPO DELLO STATO LO SOTTOLINEA ALL’UNIVERSITA’ PER STRANIERI DI PERUGIA
“Qui nessuno è straniero”. E’ un’altra tappa del tour nel Paese dell’integrazione quello
che Sergio Mattarella compie a Perugia. L’Università per stranieri compie 100 anni. “Specchio del mondo con le sue preziose diversità che arricchiscono vicendevolmente”, la definisce il capo dello Stato. “Gli studenti qui sono tutti a casa propria”. E “le tante diversità hanno un comune valore che le tiene insieme: che l’Italia è un Paese accogliente e aperto. Questo è quello che vorrei sottolineare”.
La sottolineatura arriva mentre il governo è alle prese sui centri per i migranti in Albania.
Mattarella ricorda che la missione dell’università, cultura nella diversità, “merita la riconoscenza della Repubblica”.
Poco prima il rettore, Valerio De Cesaris, che guida un ateneo con studenti provenienti da 110 nazioni, aveva posto due questioni all’attenzione della politica. “La tassa per l’iscrizione al servizio sanitario è stata aumentata da 150 a 700 euro, una cifra spesso troppo elevata, specie per i borsisti, tanto che molti di loro preferiscono rinunciare alla copertura”. E in secondo luogo ha denunciato il fatto che non vengono concessi i visti a quegli stranieri che hanno già dei parenti nel nostro Paese, “perché questi legami vengono visti come un sintomo migratorio”. Due ostacoli che “andrebbero ripensati”.
“Registro le sue richieste e le seguirò con attenzione adeguata”, gli ha significativamente detto Mattarella.
Poco prima avevano parlato quattro studenti: la colombiana Laura Catilina, il camerunense Frank Ngamawe, la cinese Liu Jun (“ma tutti mi chiamano Giada”), il keniota Dennis Keyonzo. Ragazzi brillanti, innamorati del Belpaese, fiduciosi di potersi costruire qui un futuro. La fascinazione per l’Italia passa da “Boccaccio a Giorgio Armani”, come ha fatto notare Li Jun.
Perugia è stata l’università di “un campione della pace come Aldo Capitini”, ha ricordato Mattarella, e il rettore ha spiegato che le 404 borse di studio conferite a chi è arrivato in Italia come rifugiato politico, dagli afghani agli ucraini. “Da noi studiano russi e ucraini, palestinesi e israeliani. Siamo diventati una città multiculturale molto prima di altre realtà italiane”.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
TRA PORTI LONTANI, SOCCORSO UNICO, FERMI E MULTE QUANTI MORTI HA SULLA COSCIENZA IL GOVERNO?
Da quando il decreto Piantedosi ha introdotto blocchi e multe per le navi ong fermandole per un totale di 535 giorni, 4.225 persone sono morte nel Mediterraneo Centrale tra il 2023 e il 2024, oltre 60 solo a gennaio 2025 . Quante di loro potevano essere salvate? È la domanda al centro del report di Sos Méditerranée che fa i conti e mette in fila i costi in termini di tempo, denaro e inutili sofferenze della politica dei porti lontani, della regola – salvo rare eccezioni- del salvataggio unico e dei fermi.
I numeri della politica della deterrenza
Per l’intera flotta civile significa 735 giorni e 275mila chilometri in più di navigazione, più di dieci volte quelli percorsi negli anni precedenti al decreto, 26 fermi, spesso poi annullati dai giudici che sono stati chiamati a decidere al riguardo, e 535 giorni di blocco. E ha un costo: solo nei conti della Ocean Viking ha significato 1,3 milioni in più, mentre crollava il numero di persone soccorse. Medici senza frontiere, per costi di gestione diventati inaffrontabili, nei mesi scorsi ha rinunciato alla sua Geo Barents.
È l’ennesima declinazione della “politica della deterrenza” del ministero dell’Interno Matteo Piantedosi, dal mare alla stretta sulle politiche di accoglienza, dalle procedure accelerate di frontiera ai centri in Albania.
Aumento dei respingimenti in Libia
Ma il costo è anche umano: mentre la flotta civile rimaneva bloccata in porto e il Mediterraneo veniva svuotato per decreto da assetti di soccorso, le intercettazioni in mare della Guardia costiera libica sono esponenzialmente aumentate. Secondo l’agenzia Onu Oim, nel solo 2024 sono state riportate indietro 21.762 persone con un aumento del 28 per cento rispetto alle 17mila dell’anno precedente.
Indietro significa in Libia, Paese che non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra contro la tortura e l’Italia definisce “non sicuro”, dove hanno operato e plausibilmente operano ancora le 86 persone al centro dell’inchiesta della Corte penale internazionale sulle sistematiche torture, abusi, violenze e stupri inflitti ai migranti nei centri di detenzione. Un elenco che include il comandante libico Almasri, recentemente riportato indietro dall’Italia a dispetto di un mandato di cattura internazionale.
“Tripoli affidabile”, ma non per i tribunali
Eppure l’accusa di mancata collaborazione con la Guardia costiera libica, che più volte ha anche sparato contro navi civili come Sea Eye, Humanity1, Mare Jonio o la stessa Ocean Viking di Sos Méditerranée, è una delle più frequenti accuse che vengono mosse agli equipaggi fermati. Peccato che le ricostruzioni fatte dall’autorità costiera di Tripoli spesso si rivelino totalmente false, come accertato di recente nel caso di SeaWatch5, fermata a Civitavecchia per aver effettuato dei soccorsi in zona SAR libica senza essere stata previamente “autorizzata” dalle autorità libiche. Un fermo – ha stabilito il 7 febbraio scorso il tribunale di Roma – totalmente illegittimo.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
LA FACCENDA È GIURIDICAMENTE COMPLESSA: BISOGNA CAPIRE SE SERVA ANCHE UNA MODIFICA DEL PROTOCOLLO CON TIRANA. L’IMMINENTE CAMPAGNA ELETTORALE ALBANESE NON AIUTA IL GOVERNO MELONI
C’è stata un’interlocuzione tra il Quirinale e Palazzo Chigi sul decreto Albania in questi
ultimi giorni. Gli uffici della Presidenza della Repubblica hanno provveduto ad inviare delle osservazioni ai tecnici del governo, segno di un vaglio delle varie bozze del provvedimento
Il governo non avrebbe però ancora abbandonato l’idea di trasferire i migranti irregolari, privi di requisiti per rimanere nel nostro Paese, nei centri albanesi, trasformandoli così in Cpr, centri di permanenza per il rimpatrio
Non c’è ancora un testo che metta d’accordo le varie anime della maggioranza. E non è da escludere che i suggerimenti giunti dal Colle abbiano pesato.
Del resto la faccenda è anche giuridicamente complessa: gli uffici legislativi del Viminale e di Palazzo Chigi da giorni si riuniscono per capire se serva anche una modifica del protocollo con l’Albania. L’imminente campagna elettorale albanese peraltro non aiuta il governo Meloni: il partito democratico, di centrodestra, che si oppone al premier Edi Rama, contesta infatti l’accordo con l’Italia.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2025 Riccardo Fucile
“OPPORSI A TRUMP E’ OPPORSI A DIO”: I CIALTRONI SEDICENTI CRISTIANI CHE POSANO CON IL CRIMINALE
Come tutti sappiamo, e la Storia ce ne ha date infinite prove a partire dal balcone di piazza Venezia, essere ridicoli non esclude l’essere pericolosi, anzi. L’ultima conferma ci viene – ma guarda un po’ – dalla Casa Bianca, un posto dove abita Donald Trump, in subaffitto Elon Musk e poi giù giù per la scala gerarchica una pletora infinita di consiglieri squinternati, estremisti bianchi, portavoce isterici, funzionari che sembrano usciti da un film di Kubrick (scegliete voi tra Il dottor Stranamore e Shining). Uno si dice che gli autori della commedia devono essere bravissimi, per inventarsi una trovata tutti i giorni, e anche più volte al giorno, e il pubblico sceglie la sua gag preferita da raccontare al bar. Ecco: la creazione del Faith Office, l’“Ufficio della Fede”, sembra finora una delle migliori, perché si scivola da Kubrick ai Monty Python e viene da fare i complimenti al cast.
Nella foto diffusa dalla Casa Bianca – quella dove una trentina di predicatori, telepredicatori, guru paracristiani, pastori delle più improbabili chiese e congregazioni posano intorno a Trump – c’è tutto, ma proprio tutto, il campionario dell’attuale follia americana. Roba che se un autore satirico l’avesse consegnata al direttore se la sarebbe vista respinta: “Va bene il grottesco, ma non esageriamo!”. E invece
Non si capisce bene cosa dovrebbe fare il nuovo ufficio presidenziale a proposito di fede, ma quel che si legge qui e là è che dovrebbe arginare i “pregiudizi antricristiani”. Perbacco.
Per arginare i pregiudizi anticristiani Trump ha scelto la sua personale consigliera spirituale (eh? ndr), una certa Paula White, una che dice che “Opporsi a Trump equivale a opporsi a Dio”, e che vuole dichiarare la Casa Bianca “Luogo santo”, aggiungendo che “È la mia presenza che santifica il posto” (la modestia è tutto, sapete).
La compagnia di giro nella foto è già di per sé esilarante senza nulla aggiungere. Ci sono il cantante Kid Rock e il tastierista dei Journey, incidentalmente marito della White (secondo marito, per essere precisi), poi vari mental coach, gente che ha scritto libri su come liberarsi dai debiti, creazionisti, autori di podcast sulla Bibbia, quasi tutti tengono corsi sulla fede, chi in presenza e chi online, gente convinta che Darwin era un farabutto comunista.
La regina però è lei, la telepredicatrice Paula, che dice di aver visto Dio nel 1984, e da allora non si è più ripresa. A leggere la sua biografia ci si perde tra chiese fondate, fallite, rifondate, fuse con altre chiese, dove distinguere tra preti e amministratori delegati è una fatica, quella sì, di portata biblica. Tra le note di colore ci sono 900.000 dollari di fondi pubblici per costruirsi una villa e un milione per distribuire stipendi ai famigliari (è il caro-chierichetti, una vera piaga). La signora White non è solo predicatrice, ma anche teologa, si direbbe, avendo affinato e perfezionato la speciale Prosperity Theology “teologia della prosperità”, che dice che se sei ricco e in salute è perché Dio ti vuole bene e ti ricompensa; mentre invece se sei povero e sfigato, magari col diabete e la pressione alta, a Dio gli stai sul cazzo. Cosa risolvibile, comunque, donando un minimo di mille dollari alla Chiesa di Paula White. Così, a occhio, sembrerebbe una cosa ridicola, e lo è senza dubbio. Peccato che, come si diceva, essere ridicoli non escluda l’essere pericolosi, e se Dio esiste, da qualche parte, si spera in un suo intervento tempestivo. Un fulmine ben assestato dovrebbe bastare.
(da ilfattoquotidiano.it)
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