Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
“IL BRODO CULTURALE DEGLI ELETTORI DI FDI NON E’ IL FASCISMO, MA IL PEGGIORE CAPITALISMO”… “L’ELETTORE DELLA DESTRA SOCIALE AVEVA SENSO DELLO STATO ED ETICA CIVILE, QUELLI DI FDI SONO EVASORI E BOTTEGAI PICCOLI BORGHESI, UNA FECCIA SOCIALE”
Fratelli d’Italia è diventato “il partito di riferimento di piccoli e medi evasori”. Daniela
Santanchè? “Dovrebbe andarsene” e se Giorgia Meloni non la caccia “è corresponsabile”.
Franco Cardini (che due giorni fa ha presentato a Firenze Fratelli di chat con Tomaso Montanari e l’autore, Giacomo Salvini) è uno storico molto ascoltato a destra, anche per la sua storia di militanza nel Msi e per un’amicizia mai nascosta con Meloni. La grande crescita del partito negli ultimi anni ha però, secondo Cardini, cambiato di molto l’elettore tipo degli eredi della destra sociale, non più attento al valore del senso civico.
Professor Cardini, il libro Fratelli di chat (PaperFirst) mostra da dentro il cambiamento di FdI negli anni della sua ascesa. Che conseguenze ha avuto questa metamorfosi?
Lasciando da parte le nostalgie fasciste, un tempo gli elettori dell’estrema destra si identificavano soprattutto per una coscienza civica nazionale. C’era un senso civico diffuso, un senso della probità del cittadino, di lealtà nei confronti dello Stato. Tutto questo era la colonna vertebrale del cittadino medio che votava Msi. In qualche maniera, erano valori che facevano discendere dal nazionalismo. Quelli che oggi simpatizzano Fratelli d’Italia sono nati in un brodo culturale che non è quello del fascismo, ma quello del capitalismo.
E hanno smarrito quel senso dell’etica?
Oggi l’elettore medio di Fratelli d’Italia è il piccolo o medio evasore, il bottegaio o il negoziante che non fa gli scontrini, il professionista che promette lo sconto se il cliente non vuole la fattura. Piccoli borghesi che, nel loro piccolo, non fanno il loro dovere civico e rispondono all’individualismo. Se posso dare un consiglio a Giorgia, a cui voglio bene, è di stare attenta: meglio non guidare un partito che diventa sempre più grande soltanto perché si gonfia con questa feccia sociale.
A proposito di etica: è per questa stessa mentalità che Santanchè non si è ancora dimessa da ministra del Turismo?
Credo che Santanchè non se ne vada perché è una persona profondamente attaccata ai propri privilegi, al proprio orgoglio. E perché, andandosene, implicitamente riconoscerebbe di avere delle colpe, mentre restando lì può mostrarsi immacolata. Il che, col massimo rispetto, non mi sembra credibile alla luce di quanto già emerso sulle sue aziende.
Quindi dovrebbe andarsene?
Dovrebbe. Meloni dice spesso di non essere ricattabile e non ho dubbi sia così, se consideriamo soltanto la sua persona. Ma non è del tutto vero se invece si considera pure chi le sta intorno, perché su di lei non troveranno mai nulla, ma Meloni sa benissimo che di gente ricattabile ne ha molta intorno. E se lei non fa nulla per rimediare, diventa corresponsabile delle loro colpe. Sono convinto che una parte “sana” dell’elettorato di Fratelli d’Italia che pensa che Meloni dovrebbe prendere a pedate Santanchè. Io credo sarebbe giusto farla dimettere, dopodiché forse lei ha paura che possa esser percepito come un gesto di debolezza.
La debolezza però non deriva dal farsi logorare così a lungo?
A mio giudizio sì, se Meloni la cacciasse ne guadagnerebbe subito in credibilità. Ma se devo comprendere le ragioni dello stallo allora mi do quella spiegazione. Della serie: sono talmente potente che vi impongo anche lei, nonostante la situazione sembri compromessa. D’altra parte non mi risulta che ci siano rapporti personali così stretti da giustificare una difesa a oltranza né posso pensare che lo scudo di Meloni sia dovuto a una giustificazione nel merito delle vicende, sulle quali ormai ci sono evidenze obiettive ai danni della ministra.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
GIUSTIZIA DIVINA IN ATTESA CHE QUELLA TERRENA LA FACCIANO I GIUDICI ORDINARI?
Cos’altro dovrà accadere ad Agrigento perché intervenga un giudice, preferibilmente lo
stesso Padreterno? Questo dicono gli agrigentini.
Dopo la copiosa antologia di gaffe, ritardi, sprechi e gratuite manifestazioni di generosità per gli amici e gli amici degli amici, è accaduto anche questo.
Ad Agrigento ha piovuto abbondantemente e si è ripetuto l’allagamento del viale delle Dune, lungo il litorale di San Leone, che è il lido della città che quest’anno sarebbe chiamata ad onorare il titolo di Capitale della Cultura. Acqua piovana e fogne sono diventate un tutt’uno, nonostante un video ripescato dagli agrigentini, e riproposto sui social, nel quale il sindaco, Francesco Miccichè, qualche tempo addietro, avesse detto che a San Leone tutto era risolto.
Nell’allagamento di ieri, molte le auto rimaste prigioniere dell’acqua, tra queste un’auto che davvero appare il segno di un interessamento del Padreterno, che fa giustizia, in attesa che giustizia facciano i giudici ordinari, quelli terreni.
Perché tra le auto bloccate e danneggiate da acqua mista a cacca c’era anche questa costosa Mercedes. E di chi è la Mercedes
La notizia che corre, e trova conferme in queste ore in città, è che la costosa auto è l’auto di rappresentanza dell’AICA, la discussa azienda idrica responsabile della situazione drammatica della Città dei Templi.
E “Radio Agrigento” – chiamiamo così la catena di notizie che si rincorrono in città – aggiunge un dettaglio non secondario: quella Mercedes finita sott’acqua ed altro, era a disposizione del direttore generale dell’AICA in persona, Claudio Guarneri.
Un fatto che gli agrigentini leggono in tanti modi. Intanto, come detto, come un segnale divino, una sorta di divertito castigo.
Altri, lo leggono come una mano inaspettata che potrebbe mettere a nudo le clamorose contraddizioni della macchina amministrativa e del governo delle cose in città.
Privilegi immeritati e abusi
Sta di fatto che – voci di officina della stessa AICA – la bella Mercedes che sarebbe stata in dotazione del direttore generale è ora da ritenersi irrimediabilmente perduta.
In pratica – si perdoni il realismo, ma ci vuole – l’auto dell’AICA è finita nella merda. Peccato che Andrea Camilleri non ci sia più, nella sua penna l’episodio avrebbe potuto segnare un gustoso passaggio dei suoi racconti su Montelusa.
(da Globalist)
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Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
IL CAPO DELLO STATO NON VUOLE ATTRIBUIRSI MERITI SULLA SOLUZIONE DEL PROBLEMA, ANCHE SE IL PRESIDENTE AVEVA SUGGERITO UN BUON COMPROMESSO GIÀ LA SCORSA ESTATE.
«Oggi c’era Mattarella, qui. Infatti abbiamo risolto», scherza Ignazio La Russa a Montecitorio. Allude all’elezione dei quattro giudici costituzionali grazie alla quale si ripristina il plenum della Consulta dopo uno stallo di 460 giorni.
E se evoca il presidente della Repubblica, giunto lì per una cerimonia a parte, lo fa perché proprio lui aveva lanciato duri richiami a sanare quel «grave vulnus compiuto dal Parlamento», che con 13 scrutini a vuoto minava la funzionalità di un organo previsto dalla Carta.
E in effetti «sollievo» è l’unica parola che esce dal Quirinale su questa faccenda, nel pomeriggio. Il motivo della laconicità è chiaro: Mattarella non vuole attribuirsi meriti sulla soluzione del problema, anche se non si è limitato a segnalarlo ripetutamente. Si è mosso usando lo strumento della moral suasion sia verso la maggioranza che verso l’opposizione. Evitando di entrare nelle dispute sui nomi
Finché nelle ultime settimane entrambi i fronti hanno capito che insistere nella prova di forza avrebbe paralizzato la partita e […] hanno cercato di costruire un’intesa secondo una logica «a pacchetto», tale da legare le quattro nomine.
Il presidente aveva suggerito un buon compromesso già la scorsa estate. «Vi sono dei momenti nella vita di ogni istituzione in cui non è possibile limitarsi ad affermare la propria visione delle cose, ma occorre saper esercitare capacità di mediazione e di sintesi». Il che, tradotto, significa: nessuno punti ad appropriarsi di un pezzo dello Stato. Dunque, no alla tirannia della maggioranza come al sabotaggio tout court dell’opposizione. Per una volta è andata così.
(da agenzie)
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Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
“SEMBRA CHE PER I RAGAZZI IL PENTAGRAMMA FACCIA PARTE DI ALTRI TEMPI. NON È IL FESTIVAL A ESSERE UN OMOLOGATORE, MA LA NUOVA GENERAZIONE CHE SI INSEGUE E SI COPIA FINENDO INEVITABILMENTE PER ASSOMIGLIARSI”
«Sembra che per i ragazzi il pentagramma faccia parte di altri tempi eppure, quello che
si può fare con le note è meraviglioso». Meraviglioso dice Massimo Ranieri, e anche molto vario, a differenza di quello che si sente in tante canzoni di Sanremo, dominate dai soliti accordi rimescolati senza troppa fantasia
Con delle eccezioni naturalmente, ma sotto accusa ci sono soprattutto i giovani per i pezzi facili costruiti a tavolino, per palati poco esigenti e abituati a cliccare più che mettere la puntina su un giradischi. […]«Oggi i ragazzi scrivono musica con il computer – dice Ranieri, in gara con Tra le mani un cuore, scritta da Tiziano Ferro e Nek –. Ma così imparano a programmare, non a suonare e le due cose sono molto diverse. Carta e penna non si usano più e i pezzi se li fanno da soli davanti al pc. Va da sé che senza nessuna educazione musicale, l’unico modo per fare è fare da soli, spesso con dei tutorial visti su Youtube».
Gli autori che firmano i pezzi in realtà sono in numero esiguo: 7 brani Federica Abbate, 5 Davide Simonetta, 4 per Davide Petrella e Jacopo Ettorre e infine Nicola Lazzarin (in arte Cripo) con 3 pezzi e Blancio, anche lui presente con tre pezzi, questa volta solo in veste di autore.
Dunque di chi è la colpa se i pezzi si somigliano? Dei pochi autori? Del digitale, dei social? Di Sanremo che ti spinge anche inconsapevolmente a portare la canzone «sanremese» (qualunque cosa sia)? Massimo Ranieri fa un discorso più ampio: «Whatsapp, Telegram, YouTube, eccetera… i teenager si scambiano musica attraverso questo aggeggio che io uso solo per i messaggi e per telefonare. Non è il Festival a essere un omologatore, ma la nuova generazione che si insegue e si copia finendo inevitabilmente per assomigliarsi».
I ragazzi hanno un loro linguaggio, una musicalità che spesso fa a meno della musica, forse l’ascesa del rap ha dato tanto ritmo ma ha tolto tanto alla melodia. «Anche se la melodia – mette un punto fermo Ranieri – è alla base della musica, questo lo vogliamo palesare? Sono convinto che fra un po’ di anni la melodia rivivrà con radici più forti. Ha in mente l’8 di Pistoletto? Il maestro lo spiega dicendo che si torna sempre alle radici delle cose. La sinusoide del numero 8 lo racconta benissimo».
Intanto nel futuro, anzi nel presente, c’è l’intelligenza artificiale. «I discografici mi hanno raccontato cosa succede in Inghilterra, dove stanno già usandola per rapinare, e non uso il termine a caso, cantanti e musicisti delle loro opere per istruire le macchine e creare brani. Io per questa cosa sono inviperito. Ma sono convinto che dopo un’ubriacatura di “fake songs” le prossime generazioni vorranno tornare all’origine e non si lasceranno imbambolare dalla irrealtà».
Alla fine però il cantante spezza una lancia per i pezzi del Festival: «È solo il primo ascolto, dovremmo risentirli più volte. Non a caso una volta al Festival si veniva in due per interpretare la stessa canzone, si offrivano all’ascoltatore due tipologie di ascolto. Ma sarebbe ingeneroso dire che sono tutte uguali; piccole o grandi, sono canzoni, e le ho sentite tutte: hanno un carattere».
(da agenzie)
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Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
“L’UE PROTEGGERÀ SEMPRE LE IMPRESE, I LAVORATORI E I CONSUMATORI EUROPEI”…GLI EUROPEI SONO PRONTI A SPALANCARE LE PORTE DELLA CINA
“L’Ue reagirà con fermezza e immediatezza contro le barriere ingiustificate al commercio libero ed equo, anche quando i dazi vengono utilizzati per contestare politiche legali e non discriminatorie: l’Ue proteggerà sempre le imprese, i lavoratori e i consumatori europei da misure tariffarie ingiustificate”. Lo si legge in una nota. La Commissione Europea considera la politica commerciale dei dazi ‘reciproci’ proposta dal presidente Trump come “un passo nella direzione sbagliata”.
“L’Ue mantiene il suo impegno a favore di un sistema commerciale globale aperto e prevedibile, che vada a vantaggio di tutti i partner, con alcune delle tariffe più basse al mondo e non vede alcuna giustificazione per l’aumento dei dazi statunitensi sulle sue esportazioni”, si legge ancora.
“Le tariffe sono tasse. Imponendole, gli Stati Uniti stanno tassando i propri cittadini, aumentando i costi per le imprese, soffocando la crescita e alimentando l’inflazione. Le tariffe aumentano l’incertezza economica e interrompono l’efficienza e l’integrazione dei mercati globali”.
“Il commercio mondiale ha prosperato grazie a regole prevedibili e trasparenti e a tariffe basse. Per decenni, l’Ue ha collaborato con partner commerciali come gli Stati Uniti per ridurre le tariffe e altre barriere commerciali in tutto il mondo, rafforzando questa apertura attraverso impegni vincolanti nel sistema commerciale basato su regole, impegni che gli Stati Uniti stanno ora minando.
L’Ue prospera come una delle economie più aperte al mondo, con oltre il 70% delle importazioni che entrano a tasse zero. La tariffa media applicata dall’Ue sulle merci importate rimane tra le più basse a livello globale. L’integrazione economica e l’eliminazione delle barriere commerciali sono state fondamentali per il successo dell’Unione Europea”. “Crediamo in partenariati commerciali reciprocamente vantaggiosi ed equilibrati, basati sulla trasparenza e l’equità. Questo è anche il motivo per cui l’Ue ha la rete di accordi commerciali più ampia e in più rapida crescita al mondo. L’Ue ha negoziato e concluso oltre tre volte il numero di accordi commerciali degli Stati Uniti”.
(da agenzie)
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Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
OGGI QUEL PERSONAGGIO IRRIVERENTE CARICA IL CANNONE SOLO PER SPARARE VELENO CONTRO AMADEUS, INDOSSA I PANNI DEL “SANTONE” E DIVENTA IL PUNTO RIFERIMENTO FORTISSIMO DI ULTRÀ CATTOLICI COME SIMONE PILLON
“Questa è la canzone riformista”. Ma Simone Cristicchi, nuovo idolo della destra, è lo
stesso che nel 2005 scrisse un inno per il quotidiano “Il Riformista”? Il brano, nelle intenzioni dell’allora direttore del giornale, Antonio Polito, veniva “sparato” quando il centralino del quotidiano riceveva la telefonata e si era in attesa di essere passati all’interno desiderato. Parole e musica di Simone Cristicchi, che un anno prima compose anche la mitologica canzone dove “Ponza faceva rima con patonza”.
Sembra un’era geologica fa quando quel ragazzo riccioluto voleva cantare come Biagio Antonacci. Sono passati 20 anni e oggi quel personaggio irriverente dai tratti comici e dalle battute sagaci carica il cannone solo per sparare veleno contro Amadeus, indossa i panni del “santone” (“Credo nell’aldilà,diventeremo una nuova forma di energia”), porta a Sanremo una bella canzone strappalacrime e diventa il punto riferimento fortissimo di ultrà cattolici come Simone Pillon, ex senatore della Lega, che su Twitter ha scritto: “Quando a Sanremo si fa musica e non propaganda Lgbt escono canzoni coraggiose, come quella di Cristicchi che affronta con dolcezza il tema delle malattie neurodegenerative dei nostri anziani”.
A scatenare più di qualche dubbio sulla sua svolta a destra sono le sparate degli ultimi anni: si è detto contrario all’utero in affitto, ha raccontato di essere finito sotto scorta per tre anni per il suo spettacolo sulle foibe, “magazzino 18”. Solo a dicembre dell’anno scorso raccontava: «Sono stato molto criticato da una certa sinistra, anzi mi sono inimicato tutta una parte politica, ma non mi è interessato granché perché a me premeva raccontare la storia del confine orientale, la tragedia delle foibe e l’esodo cristiano dalmata e questo è stato un prezzo che ho pagato a livello politico».
Ultima la sua svelenata su Amadeus. Cristicchi ha raccontato di aver presentato la sua canzone al vecchio direttore artistico che, però, l’ha scartata. Teneva a farcelo sapere dopo l’ondata di commozione che ha smosso la sua canzone, ma ha fatto di più. Ci ha tenuto a sottolineare che nell’edizione targata Amadeus non “si sarebbe sentito a suo agio”. Una rosicata a posteriori o una chiara presa di posizione politica?
D’altra parte nel festival targato Amadeus i temi sole, cuore e amore erano un po’ accantonati. Ghali ha sparato la parola “genocidio” sul palco e Rosa Chemical ha simulato un atto sessuale e si è limonato Fedez. Saranno stati questi temi a turbarlo? Nel dubbio lui, tra un’esibizione a teatro con uno spettacolo su San Francesco e un’altra (poco) canterina sul palco dell’Ariston, ha regalato ai suoi fan “un’omelia” a Sanremo nella Cattedrale di San Siro, alternando canzoni a pensierini da quinta elementare…
(da agenzie)
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Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
SE NE PARLA NELLE INTERCETTAZIONI DELLA VICENDA EQUALIZE
Un documento inedito dei carabinieri potrebbe riscrivere la storia dei rapporti tra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra. E fa parte del caso Equalize. Due indagati dell’inchiesta del pm Francesco De Tommasi parlano in un’intercettazione di una nota riservata dell’allora anticrimine dei carabinieri di via Moscova.
A parlarne oggi è il Fatto Quotidiano, che precisa che si tratta di una nota scritta in word. Il suo contenuto è rivelato dall’hacker Samuele Calamucci. La procura lo sta cercando nell’archivio di Vincenzo De Marzio, nome in codice Tela. È un database fatto di 52 mila file Sdi consegnato alla banda di via Pattari nel 2023.
Roba pesante
Sentito dal Fatto, Giorgio Perroni, avvocato della famiglia Berlusconi, ha spiegato: «Ci sono state ben quattro archiviazioni su questa vicenda dei rapporti tra Silvio Berlusconi e la mafia e sarebbe ora di farla finita con questa storia». La nota descriverebbe Berlusconi mentre riceve denaro da un soggetto collegato a Mangano. Le forze dell’ordine lo hanno scoperto durante un controllo dello stesso Tela. Il tutto sarebbe accaduto nel quartiere della Comasina, periferia nord di Milano, in prossimità di un ponte. Dove incontra un soggetto che non sarebbe stato ben identificato ma sarebbe collegato a Mangano. Nelle intercettazioni parlano Calamucci e Camponovo, entrambi soci della Mercury Advisor srl. Dice Camponovo: “Ma cos’è quella roba lì?”. Calamucci: “Quella è la vera prova della colpevolezza di Silvio Berlusconi come ha preso i soldi dalla mafia”. Camponovo: “Roba pesante”.
(da agenzie)
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Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
LA PREMIER SI ASPETTAVA UN TRATTAMENTO DI FAVORE DA WASHINGTON, MA SPERA ANCORA NEL NEGOZIATO
Attendista. Silente. Ma soprattutto: in una posizione scomoda. Giorgia Meloni sperava di
giocare una partita diversa con Donald Trump. Sui dazi, soprattutto. E sull’Ucraina. Puntava a diventare fin da subito l’europea capace di parlare con la Casa Bianca, senza intermediari. Il ponte. La premier non rinuncia all’obiettivo, ci crede ancora, ma per il momento deve gestire un dato di realtà: il tycoon sta colpendo l’Europa, senza troppe distinzioni. Cerca di disarticolarla, a volte mortificandola. E così, la presidente del Consiglio ha dovuto compiere nelle ultime ore alcuni passi informali, quasi obbligati. Ad esempio, ha comunicato alla Commissione europea che l’Italia sarà compattamente al fianco di Bruxelles nella reazione alle barriere doganali imposte da Washington. «Ai dazi si risponde con i dazi».
Un concetto, questo, che la presidente del Consiglio ha condiviso con Ursula von der Leyen. Non era scontato lo facesse. Anzi, nel corso dell’ultimo Consiglio europeo, lo scorso 3 febbraio, Meloni aveva contestato alcuni colleghi – Emmanuel Macron in particolare – che con questo stesso slogan reclamavano reazioni uguali e contrarie verso gli Stati Uniti. «Trump è un negoziatore – la tesi meloniana durante il summit – e sarebbe un errore scegliere la strada del muro contro muro». E invece, almeno in questa prima fase e per reagire ai dazi americani, sarà proprio muro contro muro.
A Palazzo Chigi, come alla Farnesina e al ministero dell’Economia, si pesano i possibili scenari delle barriere doganali. I mercati che rischiano di più e quelli che non destano particolari allarmi. Ad esempio, dazi del 25% sull’acciaio e l’alluminio non preoccupano troppo: in passato è già successo, proprio con Trump, e il settore ha retto. Semmai, il timore del governo è che dazi simmetrici degli Stati Uniti verso l’Europa possano mettere in ginocchio alcune filiere care a Roma. Sembra invece affievolirsi la speranza che l’”amicizia” di Trump, quella che Meloni ha tentato di rafforzare volando prima a Mar-a-Lago e poi addirittura all’Inauguration day a Washington, possa rendere strabico l’approccio del Presidente americano verso l’Ue, preservando in qualche modo l’export italiano.
Meloni, comunque, aderirà alla reazione promessa da Ursula e sostenuta da Macron. Deve difendere i mercati italiani e non apparire troppo schiacciata sul repubblicano (soprattutto dopo lo strappo all’Onu nel documento sulla Corte penale internazionale). Dopodiché, continuerà a spendersi per trattare. E si riproporrà come mediatrice.
C’è una data cerchiata di rosso: il 24 febbraio. Quel giorno dovrebbe tenersi una videoconferenza dei leader del G7, in occasione dell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina. In quella sede, Meloni intende affrontare anche il nodo dei dazi, spendendosi per un accordo. Ma è chiaro che quel summit sarà monopolizzato soprattutto dalla trattativa tra Usa e Russia per chiudere il conflitto ucraino.
È l’altro grande punto di frizione tra le due sponde dell’Atlantico. Il dossier che forse più di tutti mette in difficoltà Meloni. La premier si è a lungo spesa per le ragioni di Kiev. Con l’avvento di Trump, ha ovviamente sfumato alcune posizioni. Si aspettava un segnale dalla nuova amministrazione, che non è arrivato (la missione europea del generale Kellogg è stata ridotta al minimo e non passerà da Roma). Ma il problema, ormai, investe l’Europa nel suo complesso.
Nelle cancellerie Ue c’è il fondato sospetto che il tycoon abbia davvero deciso di imporre una pace ingiusta all’Ucraina. La reazione di mezzo continente sarebbe furiosa. E l’altra metà, che include l’Italia, non potrebbe sfilarsi.
Ne hanno discusso nelle ultime ore la premier e Antonio Tajani. Concordando su un punto: non si può rompere l’unità continentale. Anche perché Roma si ritroverebbe isolata nel continente e oltreoceano. Il ministro degli Esteri l’ha spiegato ancora ieri, prima di partire per il vertice di Monaco: «Ogni passo nel percorso di pace è positivo. E dunque, bene il dialogo avviato tra Trump e Putin. In questo processo, però, l’Europa deve ricoprire un ruolo centrale, da protagonista. Dobbiamo essere uniti».
Certo, la presidente del Consiglio ribadirà ancora che non può essere l’Ue a sostenere da sola – e senza Usa – la battaglia di Kiev. Che bisogna continuare a parlare con Trump (Roma medita di invitarlo alla conferenza sulla ricostruzione in Italia). Ma se davvero Trump volesse “scaricare” gli ucraini, Meloni resterebbe ancorata all’Unione, a costo di scontentare Matteo Salvini. Soprattutto se Washington non assicurerà un punto essenziale: le garanzie di sicurezza per Kiev.
(da agenzie)
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Febbraio 14th, 2025 Riccardo Fucile
I TRE GIOVANI AFRICANI: “NON SIAMO EROI, ABBIAMO SOLO FATTO IL NOSTRO DOVERE”
Korka Deme, Diallo Mamadou Lamarana e Diallo Alpha Oumar sono tre dei quattro ragazzi che ieri sera a Martiniana Po hanno estratto dalle macerie e dalle fiamme una donna di 40 anni e la figlia di 15.
Erano passati davanti alla casa in auto un minuto prima. “Abbiamo sentito un botto – raccontano – e poi sentivamo gridare aiuto. Abbiamo detto alla donna di buttarsi che l’avremmo presa ma aveva paura, così abbiamo provato a salire”.
Hanno estratto prima la mamma dal cortile interno e poi la ragazza, arrampicandosi al primo piano tra le pietre cadute. “C’era tutto fumo, non si vedeva nulla – spiega Diallo Mamadou Lamarana – Alpha mi è salito con i piedi sulle spalle, l’ho spinto su, è caduto anche lui nel fuoco, ma ha preso la bambina e l’ha tirata giù”. Sentivano ancora le grida della nonna, rimasta intrappolata sotto un tavolo. “Ma non ce la facevamo più, la testa girava tutta” ricorda Alpha Oumar.
Nel frattempo sono arrivati i carabinieri e i vigili del fuoco, che sono riusciti a mettere in salvo la donna di 63 anni, ora in dimissione al Cto di Torino con una prognosi di 10 giorni. Per Fabrizio Aimo, invece, un uomo disabile di 57 anni, amico di famiglia, che da tempo viveva con la famiglia Barra, non c’è stato nulla da fare. Il padre di famiglia e l’altro figlio erano invece provvidenzialmente scesi nella pizzeria vicino a casa a ritirare le pizze nel momento dell’esplosione. Sono rimasti sotto shock.
«Non ci sentiamo eroi ci trovavamo lì e abbiamo sentito il dovere di aiutare chi era in difficoltà. Ed è stato tutto così veloce, e quel fumo acre ci ha tolto ogni energia in pochi secondi. Oggi siamo felici di essere riusciti a salvare delle persone».
(da agenzie)
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