Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
“LA PEGGIORE DELLE IPOTESI È UN’ESCALATION DI PUTIN, POTREBBE CONVINCERSI CHE È IL MOMENTO BUONO E LE PROSSIME VITTIME SARANNO I PAESI BALTICI, LA MOLDAVIA, FINO ALLA POLONIA E ALLA ROMANIA
«Se arrivasse la pace in Ucraina, lo scenario migliore sarebbe una nuova Guerra fredda. Ma Putin continuerà ad attaccare l’Europa». Mikhail Khodorkovsky ex oligarca e attivista democratico russo, a 61 anni, è in esilio a Londra dopo esser stato incarcerato da Putin per oltre un decennio non è ottimista, «perché l’incubo quotidiano dello zar è perdere consenso e potere».
E ora a che punto siamo?
«Ci sono due scenari possibili. Il primo, quello peggiore, è un’escalation di Putin. Potrebbe convincersi che è il momento buono per prendersi quasi tutta l’Ucraina, vista la riluttanza degli americani a continuare a combattere. A quel punto potrebbe anche andare avanti, e le prossime vittime saranno i Paesi Baltici, la Moldavia, fino alla Polonia e alla Romania».
E lo scenario migliore?
«Si arriva a un cessate il fuoco sulle linee attuali di occupazione russa, ma non a un vero accordo di pace. Allora inizierà una nuova Guerra fredda, tra la Russia e l’Europa. Difficile dire come si comporteranno gli Stati Uniti di Trump, ma ipotizziamo che questo stallo durerà cinque anni. Allora può succedere di tutto»
Ma, qualora si raggiungesse un cessate il fuoco, la proposta di truppe di peacekeeping di Londra e Parigi in Ucraina per convincere Trump a un ombrello militare di sicurezza, secondo lei è realistica?
«Sarei estremamente sorpreso se Putin accettasse una cosa del genere. Ha scatenato questa guerra anche per la “eccessiva” vicinanza della Nato, secondo lui. Potrebbe mai ora dire di sì? A meno che siano forze più di polizia che militari».
Un altro buco nell’acqua dell’Europa?
«Non in questo caso. È così che si negozia con Trump. Macron e Starmer sono andati a negoziare faccia a faccia con lui, cercando di portare proposte concrete, da businessmen . Mentre l’Europa spesso non capisce che le vecchie convenzioni oggi sono saltate. Bisogna andare da Trump, dire chiaramente cosa si vuole, cosa si offre in cambio, e ricordare a questa amministrazione i legami storici tra le due sponde dell’Atlantico e come possiamo essergli utili. Perché questi hanno la memoria corta. Oppure odiano platealmente l’Europa, vedi Vance nel suo recente discorso a Monaco»
Ma questo appeasement di Trump con Putin quanto è pericoloso secondo lei?
«Purtroppo la posizione occidentale oggi è più debole di quella di Putin. E l’Europa avrebbe dovuto muoversi molto prima su Difesa e Sicurezza. Ora non ha tempo da perdere. Ma non deve commettere errori. Per esempio, l’ultima proposte di utilizzare le centinaia di miliardi di asset russi congelati mi sembra sbagliata»
Perché?
«Sarebbe un cattivo precedente nel mondo della finanza e andrebbe contro la Rule of Law . In ogni caso, Putin è un gangster, e gli piacciono i modi di Trump. Parlano la stessa lingua. Non dico che Trump sia un bandito, e per me non è neanche colluso con la Russia. Ma i due si prendono, è innegabile. E se Trump, nonostante tutte le polemiche, riuscisse a ottenere un accordo decente per l’Ucraina, allora potrebbe meritarsi anche il Nobel per la Pace».
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
LO SCAZZO CON IL GIORNALISTA DI “REPUBBLICA”, ANTONELLO GUERRERA, E I COMMENTI INDIGNATI DA DESTRA. TRA I PIÙ DURI, IL “WALL STREET JOURNAL” DI MURDOCH: “FAREBBE MEGLIO A NON INSULTARE I NOSTRI ALLEATI STORICI”
Continuano la furia e indignazione contro il vicepresidente americano JD Vance, nel
Regno Unito e negli Stati Uniti, dopo alcune sue frasi giudicate irrispettose nei confronti di soldati e caduti europei.
Dopo averle pronunciate, Vance ha accusato il nostro corrispondente da Londra Antonello Guerrera di “disonestà” soltanto per aver riportato le sue controverse dichiarazioni e per aver fatto notare le implicazioni che avrebbero avuto nel rapporto con gli alleati, dal primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron.
Le prime pagine di oggi dei giornali britannici sono impietose contro il vicepresidente americano. In un Paese, come la Gran Bretagna, straordinariamente patriottico. Il tabloid di sinistra Daily Mirror titola con “Vergogna: nel giorno in cui il Regno Unito rivela le celebrazioni per la Giornata della vittoria in Europa (l’8 maggio 1945, data in cui si concluse la seconda guerra mondiale in Europa, ndr), il vicepresidente americano getta discredito sugli eroi delle nostre forze armate”.
Il tabloid di destra Daily Express invece, riprende le dichiarazioni dell’ex ministro delle forze armate conservatore Johnny Mercer, che ieri aveva chiamato “pagliaccio” Vance su X. La prima pagina dell’Express è eloquente: la foto delle bare di caduti britannici nelle guerre in Afghanistan e Iraq combattute con gli americani e il titolo: “Il clown Vance oltraggia così i nostri 636 eroi di guerra”, morti in quei due conflitti, “il vicepresidente Usa si permette di dire che non abbiamo combattuto una guerra in 30 o 40 anni”.
Tutti i giornali, dal Guardian, al Times e al Financial Times, riportano la rabbia dei politici di ogni parte e dei veterani britannici. La prima pagina del giornale Metro titola “Lest he forgets”, riferendosi a Vance con un gioco di parole da “Lest we forget”, ossia “per non dimenticare”, frase utilizzata nel Regno Unito per ricordare i caduti in guerra britannici.
Mentre il Daily Star va oltre, e chiama brutalmente “asino” il vicepresidente degli Stati Uniti, anche qui con un gioco di parole (“Vance-Dunce”), con il copricapo triangolare in testa per deriderlo per “i suoi commenti vili nei confronti dei nostri soldati morti per gli americani”.
Ma anche i media americani attaccano Vance. Il New York Times scrive: “Vance scatena indignazione in Gran Bretagna per i suoi commenti”, mentre il Wall Street Journal è ancora più duro, con un pesante editoriale non firmato, e quindi scritto dalla direzione del giornale finanziario americano.
Titolo: “Le guerre dimenticate da Vance”. E nel testo: “La prossima volta Vance farebbe meglio a non insultare i nostri alleati storici durante una intervista in tv. Ha definito “incredibilmente disonesto” chi gli ha fatto notare che le sue parole si rivolgevano a Francia e Regno Unito. Ma a quanto pare in Europa invece hanno capito diversamente da quanto Vance voglia far credere. E ci sarà un motivo, soprattutto dopo quanto accaduto nelle ultime due settimane” a Washington.
La vicenda ha avuto inizio martedì 4 marzo, quando il nostro corrispondente da Londra Antonello Guerrera ha riportato le parole di Vance, che, durante una intervista a Fox News la sera precedente, aveva definito le truppe promesse da Londra e Parigi come “20mila soldati mandati da Paesi a caso che non hanno mai combattuto una guerra negli ultimi 30 o 40 anni”
Inoltre, secondo lui queste truppe sarebbero un deterrente decisamente “meno efficace di un accordo sui minerali”.
Frasi che avevano scatenato l’indignazione di veterani di guerra, partiti, rappresentanti politici e vari ex ministri nel Regno Unito, dai laburisti ai conservatori (“vergogna”, “offendere così i nostri caduti”). Incluso Nigel Farage, molto amico di Donald Trump: “Quelle di Vance sono parole assolutamente sbagliate”.
Dopo qualche ora, Vance ha risposto direttamente a Guerrera su X, derubricando il suo tweet come “assurda disonestà”: “Non ho mai citato Regno Unito e Francia. Entrambi hanno combattuto con onore al fianco dei nostri soldati per 20 anni e oltre. Ma bisogna dirlo chiaramente: per partecipare alla spedizione di truppe di peacekeeping si sono offerti Paesi che non hanno l’esperienza e nemmeno l’equipaggiamento militare”
La precisazione di Vance ha però due contraddizioni, che non hanno rassicurato gli alleati britannici, francesi ed europei. La prima: nel filmato, Vance risponde a una domanda precisa di Sean Hannity di Fox, che cita esplicitamente “truppe europee”. La seconda: sinora soltanto Regno Unito e Francia si sono impegnate ufficialmente a mandare truppe di peacekeeping in Ucraina. Dunque a quale altro Paese si riferiva Vance?
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
GLENN ORA FRIGNA: “HO RICEVUTO DECINE DI MIGLIAIA DI COMMENTI SUI SOCIAL MEDIA, MINACCE DI MORTE”… E CHE SARA’ MAI, E’ IL DESTINO DEI SERVI MORIRE DA VERMI
Il corrispondente dalla Casa Bianca della rete di estrema destra esplicitamente pro-Trump Real America’s Voice, Brian Glenn, ha affermato in un’intervista alla Bbc di ricevere minacce di morte dopo la sua domanda a Volodymyr Zelensky sul perché non indossasse un abito all’incontro con il presidente Donald Trump.
“Migliaia, decine di migliaia di commenti sui social media, minacce di morte, telefonate… non so dove abbiano preso il mio numero”, ha detto Glenn, sostenendo che il pubblico non ha capito la sua intenzione di verificare se Zelensky comprendesse il “livello di rispetto” che le persone che entrano nello Studio Ovale dovrebbero avere.
“Molte persone diranno, perché Elon Musk non indossa un completo? Perché indossa un berretto? Perché porta un bambino nello Studio Ovale? Bene, Musk è responsabile del risparmio di miliardi di dollari dei contribuenti… Zelensky ha ricevuto, dicono, circa 300 miliardi in contanti ed equipaggiamento militare. Quindi penso che valga la pena che mostri un po’ di rispetto”, ha detto il giornalista.
Già all’indomani dell’incontro allo Studio Ovale, Glenn era stato fortemente criticato sui social media, dove migliaia di utenti avevano definito la sua domanda una grave forma di “bullismo” contro il leader ucraino.
Da giorni, non riesco a togliermi dalla mente quella sceneggiata mafiosa di «great television» (come ha detto Trump) che si è svolta alla Casa Bianca. In particolare, c’è una scena e c’è un giornalista che mi hanno sconvolto. Sto parlando di Brian Glenn, il corrispondente della Casa Bianca per Real America’s Voice, un’emittente conservatrice legata al movimento Maga, acronimo che sta per Make America Great Again.
Brian Glenn è autore di un podcast dedicato ai sostenitori di Trump. Più volte ha avuto interviste esclusive con il presidente o dirette dai raduni dei conservatori. È noto anche per avere una relazione con una deputata conservatrice eccentrica, Marjorie Taylor Greene.
Ebbene questo Brian Glenn — ecco la scena — è quello che si è rivolto al presidente Volodymyr Zelensky con una domanda tanto inopportuna quanto razzista: «Sei nell’ufficio al livello più alto degli Stati Uniti (lo Studio Ovale) e non porti un abito? Perché? Non ne hai uno?». La domanda lascia interdetto Zelensky, già sconvolto dall’atteggiamento dei due padroni di Casa, tanto da chiedere sottovoce: «What?», mentre intorno a lui molti ridono compiaciuti.
Questa la riposta di Zelensky: «Indosserò un abito quando sarà finita la guerra. Magari ne indosserò uno come il tuo, o forse di migliore qualità o forse un tipo più economico. Non lo so. Forse. Vedremo». La dignità della risposta dovrebbe darci la misura della bassezza della domanda di Brian Glenn. Davvero un esempio di «great television» da tramandare nei libri di storia della televisione.
Pochi giorni prima, Jeff Bezos, quello di Amazon, aveva ordinato al suo giornale, il Washington Post, di pubblicare solo commenti in difesa di due argomenti cari a Trump e a Musk: le libertà personali e il libero mercato. David Shipley, che dal 2022 guidava la pagina degli editoriali e dei commenti del Post, una specie di giornale dentro il giornale, si è dimesso e il giornale continua a criticare Trump. Mi devo ricredere: il migliore e il peggiore giornalismo non dipendono dai format attraverso cui si esprimono.
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
NONOSTANTE I MEDIA DEL NOSTRO PAESE (SCHIERATI IN GRAN MAGGIORANZA CON LA DUCETTA) CERCHINO DI CREARE UNA CORTINA FUMOGENA CON LE SUPERCAZZOLE DI POLITICA DOMESTICA, IL FUTURO DEL GOVERNO MELONI SI DECIDE TRA WASHINGTON, LONDRA, BRUXELLES, PARIGI
In principio fu Alcide. Era il 3 gennaio del 1947 e De Gasperi, presidente del Consiglio
italiano, volò negli Stati Uniti.
Quel giorno, dopo 20 anni di regime fascista, l’Italia si ancorò stabilmente alle democrazie occidentali, una scelta di campo che avrebbe salvato un paese in macerie (il boom economico degli anni 60 fu la conseguenza della pioggia di dollari arrivati con il piano Marshall), e le cui conseguenze sono ancora oggi sotto gli occhi di tutti.
Da allora, ogni leader, premier, ma anche “semplice” capo di partito, ha legato il suo destino alla politica estera.
Nonostante i media italiani di oggi, prevalentemente vicini alla Meloni, cerchino di concentrarsi sulle questioni di piccola politica domestica, le questioni davvero dirimenti sono quelle internazionali. E’ sempre nell’agone mondiale che si decide il destino del Paese e quello dei suoi leader.
Soprattutto nell’era trumpiana, in cui a Washington si tenta di plasmare un “nuovo ordine mondiale” in evidente discontinuità con quanto avvenuto durante la presidenza Biden.
Il destino politico dell’Italia si deciderà nelle cancellerie internazionali. Non a “Cinque minuti” di Bruno Vespa né sui divanetti di “Dritto e rovescio” di Del Debbio. Sono i rapporti con le altre potenze a decretare l’affidabilità di un politico o a “marchiarlo” come un reietto causandone la fine.
Togliatti sarà sempre ricordato per la Svolta di Salerno del 1944, con cui accantonò ogni velleità rivoluzionaria in cambio di una legittimazione internazionale (il Pci era il più grande partito comunista in Europa) che gli permise di entrare nel primo governo repubblicano come ministro della Giustizia.
Per rimanere nel Pci, il destino di Enrico Berlinguer è legato al suo “Eurocomunismo”, con cui slegò il partito dal giogo sovietico per ancorarsi a sua volta al fronte euro-occidentale: “Mi sento più sicuro stando di qua, sotto l’ombrello Nato”.
Posizioni che di certo furono accolte a Washington con giubilo, al contrario dell’affaire Sigonella.
Era il 1985 e Bettino Craxi, primo presidente del Consiglio socialista, si dimenticò che l’Italia aveva perso la guerra. E rifiutò di consegnare agli Stati Uniti di Reagan i terroristi palestinesi, guidati da Abu Abbas, che avevano sequestrato e dirottato la nave Achille Lauro, gettando in mare l’ebreo americano disabile Leon Klinghoffer.
Era il 1985 e in molti giudicarono l’operato del presidente del Consiglio una manifestazione di sovranità. La stessa che però, probabilmente, provocò anche la sua fine politica.
A mettersi contro gli Stati Uniti, e compromettere le alleanze internazionali, si rischia di bruciarsi. Lo sa bene anche Silvio Berlusconi che nel 2011 cadde non tanto per le storiacce di prostitute e minorenni a Palazzo Grazioli, ma per i suoi stretti rapporti d’affari con Putin (vedi l’operazione Mentasti, la compravendita di gas russo, i rapporti tra Gazprom e Eni).
Un “posizionamento” che trasformò il Cav, agli occhi degli americani, ma anche di francesi e tedeschi, in un politico “inaffidabile” e nel novembre 2011 il suo governo, malgrado la maggioranza in Parlamento, fu fatto fuori a colpi di spread e speculazione internazionale sui titoli italiani, venduti in massa.
Ecco, i rapporti con l’Ue sono un altro tassello cruciale nella politica italiana. Le raccomandazioni, gli inviti alla prudenza di bilancio, infine il Pnrr: è il famoso “vincolo esterno” che, di fatto, commissaria la sovranità di Roma.
Il minimo dei rapporti tra l’Italia e l’Ue si ebbe, probabilmente, con il primo governo Conte, l’esecutivo gialloverde formato da due partiti, Lega e Movimento 5 Stelle, che avevano vinto grazie a una fervida campagna no-euro. Matteo Salvini, complici gli economisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai, chiedeva addirittura l’uscita dall’euro.
E per poco lui e Di Maio, che all’epoca non era ancora la riserva del Continente, non ci riuscirono: solo la saggezza di Mattarella (di cui Luigino chiese l’impeachment) si oppose alla nomina di Paolo Savona, autore della teoria del “cigno nero” sulla possibile Italexit, come ministro dell’Economia.
Fu proprio la postura internazionale di quel governo (putiniano e filo-cinese, al punto da firmare il memorandum sulla Via della Seta) a causare la fine dei loro sogni di potere.
La “scissione del Papeete” fu in sostanza una uscita di Salvini da palazzo Chigi all’apice di una tensione nata nel 2018, con lo scandalo Metropol e i presunti fondi russi alla Lega (inchiesta poi archiviata) e proseguita a colpi di sbandate putiniane e tirate anti-establishment (tra “pezzi di merda del Mef” e un lungo tira e molla con Bruxelles sulla manovra)
Fu poi Trump, nel suo prima mandato alla Casa Bianca, a porre a “Giuseppi” un fragile sigillo di atlantista, necessario per la svolta a sinistra che permise all’Avvocato del popolo di guidare un governo con il Pd, senza rinnegare la sua posizione “anti-bellicista” che ancora oggi lo contraddistingue, e che durante il Covid lo portò ad accettare la sfilata dei carri armati russi per le vie italiche.
Draghi fu un passo ulteriore: con una personalità come la sua, ex Presidente della Bce e molto influente nei palazzi del potere, la proiezione internazionale dell’Italia ha avuto una spinta senza precedenti
La foto di “Mariopio” con Macron e Scholz in viaggio per Kiev è ancora rimpianta dai funzionari della Farnesina e del Quirinale.
Infine, è arrivata Giorgia Meloni. La premier ci ha tenuto fin da subito a diventare una “Draghetta” (all’opposizione aveva sparato ogni giorno contro il governo Draghi), collocandosi furbescamente dalla “giusta” parte, dopo anni di urla e strepiti contro l’Europa, e certe ambiguità post-missine rispetto all’America.
Eccola, diventata premier, che manifesta solidarietà con l’Ucraina, si fa baciare la capoccia da Joe Biden, vantandosi del rapporto diretto e privilegiato con “Sleepy Joe”, e in Europa si è proposta come “sovranista buona”, a differenza dei puzzoni Orban, Le Pen e Salvini. Fino all’arrivo di Trump, che le ha tolto la maschera.
Le sparate del tycoon costringono la premier italiana a un eterno equilibrismo, zigzagante tra il suo ruolo di capo-partito sovranista e quello di presidente del Consiglio
Pungolata dal trumputiniano Salvini, che ogni giorno gioca a rendere evidente il suo “tradimento” rispetto al sovranismo dei bei tempi, costretta dal suo ruolo (e dai miliardi con cui l’Ue tiene a galla il Pil italiano attraverso il Pnrr) a dover mediare con l’Europa, Giorgia Meloni si ritrova a dover scegliere da che parte stare.
Consapevole che, come successo da De Gasperi in poi, sarà la politica estera a sancire il suo destino. A incoronarla Statista o a respingerla come una meteora saranno le sue scelte sulle questioni internazionali.Ps. La discriminante della politica estera vale anche per Pd e M5s. Conte e Schlein, si stanno arroccando su posizioni “pacifinte” e anti-Ue, scompaginando i loro partiti.
Urlare contro il riarmo e il “bellicismo” avrà come unico risultato quello di isolarli e renderli inaffidabili di fronte agli alleati europei (la sinistra pragmatica dei socialisti Ue è su posizioni molto diverse da quelle in modalità centrosociale dei progressisti italiani)
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO BRITANNICO ATTESTA CHE I GANGSTER AL GOVERNO IN USA STANNO FACENDO CROLLARE LE SIMPATIE VERSO GLI AMERICANI
Calo generalizzato e marcato delle simpatie verso gli Usa nei Paesi del vecchio continente, Ue ed extra Ue, sulla scia del ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, delle prime mosse assertive della sua presidenza, della guerra dei dazi e dell’allontanamento dalle posizioni degli alleati europei su dossier come il conflitto fra Russia e Ucraina. Lo evidenzia un sondaggio pubblicato oggi dall’istituto demoscopico britannico e internazionale YouGov.
Stando a questa rilevazione, il crollo appare peraltro assai più netto nei Paesi nordici che in quelli mediterranei. In Spagna gli Stati Uniti continuano a essere visti positivamente dal 43% del campione, seppure con 8 punti in meno rispetto a prima della vittoria di Trump alle presidenziali d’oltre oceano; mentre in Italia i favorevoli sono al 42% (con un calo del 6% rispetto al 48 dell’era Biden).
Nel Regno Unito, dove fino a novembre le opinioni pro Usa erano al 49% si è ora scesi al 37; in Francia si è passati dal 50 al 36 (- 16%), in Germania dal 52 al 32 (-20%) e in Svezia dal 49 al 29 (pure – 20%). Caso a parte la Danimarca, messa sotto tiro da The Donald con le rivendicazioni sulla Groenlandia, dove al momento solo un 20% d’intervistati si considera simpatizzante degli Stati Uniti, con un tracollo del 28% rispetto al 48 della stagione pre-Trump.
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
“SONO QUESTI I VERI SECOLI BUI, TRUMP E’ PEGGIO DEI NAZISTI”
“Non sarò suddito mai. Non sarò suddito di Trump, non sarò suddito di Musk, non
sarò mai suddito di questi satrapi tecnologici. Grazie a Trump mi è simpatico Zelensky”. Massimo Fini con chi sta? “Scelgo l’Europa. La scelga anche Meloni che è scaltra. Voglio un esercito europeo. Dobbiamo difenderci da soli. E’ questo il vero Medioevo”. Chi è Trump? “Un volgare, uno che si sta facendo detestare dagli italiani, un presidente che ha superato nell’immaginario crudele anche i nazisti”. Fini, l’irregolare, la firma dell’Europeo, del Giorno, dell’Indipendente, Fatto, il notturno Fini. “Non mi alzo prima delle nove. Vado a letto alle tre. Un giornalista che si alza presto non è il mio ideale di giornalista”.
Il Fini, Massimo, che giornali legge? “Il mio Fatto, il Corriere, la Gazzetta dello Sport, a volte Repubblica, il Giornale, il giornale delle belle firme. Leggo Mascheroni, Facci, Del Vigo, Gnocchi”. Chi sono oggi gli editori? “Mi sembra, e lo dico ancora, che molti di questi editori fanno rimpiangere Berlusconi. Sono tutti emuli, ma Berlusconi applicava all’editoria lo stesso metodo del calcio. Acquistava, seduceva, non badava a spese. Se compri una squadra di calcio e decidi di non acquistare giocatori non ti puoi lamentare se retrocedi, se la curva non ti ama”. Chi è stato il suo miglior padrone? “Rizzoli senior, lo ricordo con affetto. Poi sono arrivati i manager ed è finito tutto. I giornali sono stati distrutti dai manager, che non si sono fatti da sé, che non salutano quando ti vedono lungo il corridoio. Che ne sanno dei giornali?”. Anche Meloni si è fatta da sé? “Si è fatta da sola e si vede. Parla popolare, è schietta, diretta”. A sinistra, invece? “E’ tutto un parlare da avvocaticchi, un parlare, ancora, in sindacalese”. Distruzione, deterrenza nucleare… Fini come chiama questo tempo? “Uso solo un’espressione: Medioevo. I veri secoli buoi non sono quelli, ma i nostri”. Cosa ha pensato quando ha visto Zelensky nella sala ovale con Trump, accerchiato dall’appalaco, il vice di Trump, Vance? “Ho subito pensato, guarda un po’? Grazie a Trump finirà per diventare simpatico anche Zelensky. Ce l’ha fatta”. Prima, Zelensky non le era simpatico? “No, e lo dico perché parlo in libertà scrivo in libertà. Ho sempre mandato i miei pezzi al Fatto, al suo direttore, e non mi sono mai stati modificati, anche quando non era d’accordo con me. Lo riconoscerò sempre”. A destra, i giornali, l’hanno cercata? “Mi ha cercato Sallusti, a cui dico grazie, ma ho detto no”. Uno come Fini sarebbe mai andato al Corriere? “Non potevo andarci, perché per me era establishment. Del Corriere ho però avuto stima di Ferruccio De Bortoli. De Bortoli resta il grande direttore del Corriere”. Fini avrebbe fatto il direttore? “Non riuscirei mai. Ci ho provato con Pagina, un mensile, e la cosa di cui più vado fiero è aver invitato a scrivere Ernesto Galli della Loggia, Ferrara. Mi piaceva cercare pensieri e scritture nuove. Un direttore fa anche questo”. Fini quante querele avrebbe ricevuto? “Un’infinità. Fosse per me farei questa riforma, secca: chi querela deve depositare un decimo di quanto chiede”. Cosa porterà alla destra italiana seguire Trump? “Porterà male e già lo porta. Capisco Meloni che ha atteso come muoversi, ma Meloni sarà costretta a scegliere l’Europa. L’Europa deve puntare sull’Europa come aveva già compreso Angela Merkel”. Trump è volgare? “Quello che propone di fare a Gaza supera il nazismo. Neppure i nazisti avevano immaginato di fare i resort sulle ceneri e i morti di Buchenwald”. A Milano dove vive? “A piazza della Repubblica, la sera esco con i miei amici, attendo la notte”. Vittorio Feltri? “Un amico. Ho conosciuto due Feltri. Quello dell’Indipendente e poi l’altro, del Giornale. Ho conosciuto il Feltri della caccia sadica, durante Mani Pulite, una caccia che non condividevo, e poi il Feltri garantista”. E Fini? “Sono rimasto io, Fini”. I capelli in disordine, la notte, i tavoli dei bar, Milano, e la carta, le sigarette Gauloises. Quante ne fuma? “Solo tre”. Tre? “Adesso non mi piace fumare. Mastico e mangio sigarette forse come ricordo”. Sempre di notte? “Prima di prendere sonno, mai prima delle tre, per non svegliarsi mai prima delle nove”. Un giornalista? “Massimo Fini”.
(da ilfoglio.it)
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Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
IL FONDO COMUNE DA 150 MILIARDI SARÀ MOLTO DIVERSO DAL RECOVERY PLAN: SI TRATTERÀ DI PRESTITI A TASSO VANTAGGIOSO, MA NON SARANNO TRASFERITI AI SINGOLI STATI NAZIONALI
Domani sul tavolo del vertice straordinario dei capi di Stato dedicato all’Ucraina c’è un piano che vale fino a 800 miliardi di nuova spesa per la Difesa. Due i caposaldi.
Il primo: la possibilità di aumentare la spesa nazionale per armamenti fino a un massimo di 1,5 punti di ricchezza prodotta l’anno, per quattro anni e in deroga alle regole del patto di Stabilità. Una proposta senza precedenti, per la quale sembrano superate tutte le storiche resistenze dei Paesi nordici. La seconda: la possibilità di attivare fino a 150 miliardi di prestiti garantiti da emissione di titoli di debito comune
Solo domani si capirà se il piano avrà il pieno sostegno dei partner, ma si intuisce che la presidente della Commissione ha scelto una strada che dovrebbe spingere pragmaticamente l’Unione all’autonomia strategica imposta dalla rivoluzione trumpiana e dal sostanziale disimpegno americano rispetto alla sicurezza degli alleati europei della Nato
Pur dovendo fare i conti con l’accertata cacofonia dell’Unione (spendiamo più dei russi ma ci sono decine di sistemi d’arma), la parte del piano dedicata alla spesa comune – circa 150 miliardi – ha l’obiettivo di attivare progetti comuni di due o più Paesi. Un alto funzionario comunitario citato dall’Ansa elenca diversi ambiti di possibili investimenti condivisi da aziende del comparto Difesa: «Trasporto strategico aereo e marittimo, munizioni di precisione a lungo raggio, sistemi di artiglieria, servizi spaziali, applicazioni di intelligenza artificiale, sistemi di comando e controllo, infrastrutture legate alla mobilità militare».
Il nuovo fondo comune sarà molto diverso dal Recovery Plan o dallo “Sure” creato per pagare la cassa integrazione ai lavoratori durante la pandemia. Si tratterà di prestiti a tasso vantaggioso, ma non saranno trasferiti ai singoli Stati nazionali. Né sono previsti criteri rigidi per la distribuzione dei fondi. Von der Leyen la spiega così: «Stimolare un uso flessibile dei finanziamenti pubblici per il settore» senza mettere a repentaglio la stabilità finanziaria dell’Unione.
Nei progetti della Commissione per «riarmare l’Europa» c’è anche l’ipotesi di rendere accessibile all’industria della Difesa il grande serbatoio dei fondi per la coesione, anche se in questo caso le resistenze all’interno della Commissione e nei singoli Paesi sono forti: uno di quelli che ha già detto di essere sostanzialmente contraria è proprio l’Italia. Ancora: Bruxelles vuole coinvolgere negli investimenti per gli armamenti la Banca europea degli investimenti, il più forte braccio finanziario dell’Unione.
Il quinto strumento a cui pensa Bruxelles per aumentare la capacità di Difesa comune sono i privati. Qui la faccenda si intreccia con un più grande e atavico problema dell’Unione: l’assenza di un vero mercato comune dei capitali.
La difficoltà fin qui registrata di procedere a ventisette e lo tsumani trumpiano stanno facendo correre una soluzione fin qui considerata tabù: coinvolgere solo i Paesi effettivamente interessati a evitare l’uscita ogni anno dall’Europa di trecento miliardi di dollari attirati dal più grande ed efficiente mercato americano.
In queste ore a rilanciare il progetto nato tempo fa nelle discussioni fra i ministri finanziari dell’Unione è lo spagnolo Carlos Cuerpo. Il 13 marzo a Valencia ne discuterà un vertice «dei volenterosi» a cui dovrebbe partecipare anche Giancarlo Giorgetti. L’idea è di mettere sul mercato un prodotto di investimento garantito dai quattro Paesi insieme e in grado di attirare l’interesse dei risparmiatori
Sulla carta il progetto ha già il sì di Madrid, Berlino, Parigi e Roma, ma le elezioni tedesche lo hanno rallentato. In poche parole, si tratterebbe del primo esperimento dell’Europa a due velocità di cui si parla inutilmente da un trentennio. Il nuovo ordine mondiale imposto da Washington potrebbe realizzare il miracolo. Ma visti i precedenti il condizionale è d’obbligo.
(da agenzie)
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Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
FINITI I MISSILI PATRIOT, KIEV RESTA SCOPERTA. E SENZA I SATELLITI STARLINK DI MUSK LE ARMI UCRAINE SONO “CIECHE”… LE INDUSTRIE EUROPEE NON SONO IN GRADO DI TENERE IL PASSO CON I CONSUMI DELLA GUERRA. E MUNIZIONI E ARMAMENTI NON SONO COMPATIBILI CON QUELLI MADE IN USA
In Ucraina la perdita degli aiuti americani rischia di essere per l’esercito un colpo
psicologico dal quale è difficile riprendersi. «Senza gli Usa perdiamo la guerra», ripete Zelensky, anche dopo l’umiliazione subita venerdì alla Casa Bianca. E ciò aiuta a spiegare la disperata determinazione del presidente ucraino nel cercare di riportare gli Usa dalla sua parte.
«Sino a oggi la guerra ha avuto continui alti e bassi. Però, anche nei momenti più bui, sapevamo che gli americani stavano con noi, non saremmo affondati. E adesso la notizia del blocco degli aiuti militari ordinato da Trump ha inferto un colpo gravissimo al morale delle truppe», ci spiegava ieri un amico ufficiale dal fronte del Donbass.
Mai come nelle ultime ore sono gli stessi esperti militari ucraini a tracciare analisi pessimiste sulle capacità di tenuta del fronte, se l’embargo Usa dovesse continuare. Il parere più diffuso resta di «sei mesi, al meglio alla fine dell’estate», ma c’è chi riduce a «due o tre mesi». Poi nessuno crede vi sarebbe una Caporetto ucraina, però le ritirate sarebbero molto più consistenti dello stillicidio di microcorrezioni delle linee che avviene dall’inizio dell’estate scorsa, dopo le due sconfitte di Bakhmut e Avdiivka tra la primavera 2023 e febbraio 2024.
Da parte americana si sottolinea che negli ultimi tre anni gli aiuti militari diretti hanno ammontato a 65,9 miliardi di dollari. Il Congresso ha approvato circa 175 miliardi di dollari, ma larga parte sono stati utilizzati negli Stati Uniti per programmi di addestramento degli ucraini, specie i piloti e gli addetti ai meccanismi complessi dei lanciarazzi e del monitoraggio satellitare.
Uno dei sistemi d’arma vitali per garantire la difesa dei cieli sono le cinque batterie di missili terra-aria Patriot, proprio mentre i russi stanno intensificando i lanci di droni sempre più sofisticati e missili balistici a lunga gittata. Senza la presenza dei Patriot e dei radar, che li guidano coordinati dalle informazioni fornite via satellite, Putin potrebbe colpire il cuore di Kiev, il Parlamento, i palazzi del governo, le basi militari.
Il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ieri ha confermato pubblicamente che «i Patriot sono al momento l’unico sistema d’arma in grado di abbattere i missili».
I Samp-T forniti da Italia e Francia sono efficienti, ma pare che da tempo abbiano scarsità di razzi. E qui sta un altro limite delle armi europee, dove le industrie non sono ancora in grado di tenere il passo con i ritmi dei consumi della guerra. «Gli americani sono importanti, anche perché hanno continuato a fornirci le munizioni delle loro armi e i pezzi di ricambio», ci ha ribadito ieri l’ex ministro degli Esteri Kuleba
Lo stesso afferma Oleksiy Alshanshkyi, analista militare di Kiev: «Le nostre industrie militari e quelle europee hanno grandemente aumentato la produzione di proiettili per le artiglierie, ma senza gli Usa i nostri cieli sarebbero vulnerabili»
E lo stesso vale per i missili americani a lunga gittata Himars e Atacms. Tra i successi delle industrie ucraine vanno annoverati i droni di ogni tipo, specie quelli a lungo raggio e marini. Ma se Elon Musk dovesse bloccare Starlink, i guai inizierebbero subito. Il ministro della Difesa Rustem Umarov ha minimizzato. Ma secondo gli esperti locali è un bluff: senza Starlink le armi ucraine sono cieche.
(da Corriere della Sera)
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Marzo 5th, 2025 Riccardo Fucile
LA VERITÀ È CHE IL CONGRESSO HA STANZIATO 182,75 MILIARDI. DI QUESTI, 119 SONO ANDATI A DIRETTO BENEFICIO DI KIEV, INCLUSI 65,9 MILIARDI IN ASSISTENZA MILITARE. DA DOVE ARRIVA IL CALCOLO SBAGLIATO DEL TYCOON IN SALSA PUTINIANA? NESSUNO L’HA CAPITO
Frase di Trump: Joe Biden ha lasciato che il prezzo delle uova andasse fuori controllo, e noi stiamo lavorando duramente per farlo scendere.
Fact-check: Manca il contesto. Sebbene i prezzi delle uova siano aumentati sotto il presidente Joe Biden, di recente hanno subito un’impennata anche sotto Trump, a causa dell’influenza aviaria che ha causato la morte di 136 milioni di uccelli dal 2022 […]. La prima impennata significativa si è verificata nel 2022, quando l’influenza aviaria ha iniziato a infettare gli stormi di uccelli negli Stati Uniti. I prezzi delle uova sono passati da 1,93 dollari a dozzina a 4,82 dollari a dozzina nel corso di un solo anno .
Durante il resto della presidenza di Biden i prezzi si sono moderati di nuovo, scendendo fino a 2-3 dollari, ma a gennaio sono tornati a salire fino al livello record di 4,95 dollari, sempre a causa dell’influenza aviaria.
Frase di Trump: “Abbiamo posto fine alla folle legge per i veicoli elettrici dell’ultima amministrazione, salvando i nostri lavoratori e le nostre aziende del settore automobilistico dalla distruzione economica”.
Fact-check: Ha bisogno di un contesto.
L’amministrazione Biden non ha imposto alcun obbligo per i veicoli elettrici. L’Agenzia per la Protezione Ambientale di Biden ha implementato lo scorso marzo degli standard sulle emissioni di gas di scarico che stabilivano una media di emissioni consentite per l’intera flotta di veicoli offerti da un costruttore.
Gli standard avrebbero riguardato solo le auto degli anni di modello 2027-2032. Gli standard prevedevano una serie di tecnologie utilizzabili, tra cui auto completamente elettriche, ibride e motori a combustione interna migliorati. Nel suo primo giorno di mandato, Trump ha firmato un ordine esecutivo per revocare questi nuovi standard.
cambiamento climatico – global warming
Frase di Trump: L’Accordo di Parigi sul clima è costato agli Stati Uniti “trillions” (migliaia di miliardi di dollari).
Fact-check: Falso. Non è vero. L’amministrazione Trump ha difeso la decisione di ritirarsi dall’accordo sul clima, in parte, basandosi sulle proiezioni del consulente NERA Economic Consulting.
Il consulente ha stimato che queste perdite e i loro effetti a catena al di là del settore manifatturiero ammonterebbero a 1,1 milioni di posti di lavoro persi entro il 2025 e a 6,5 milioni entro il 2040. La perdita di posti di lavoro si traduce in un corrispondente calo del prodotto interno lordo, con una perdita di 250 miliardi di dollari entro il 2025 che accelera fino a 3.000 miliardi di dollari entro il 2040.
Quindi l’accordo sul clima non è costato agli Stati Uniti trilioni di dollari. In via ipotetica, potrebbe. Ma anche se così fosse, lo studio afferma che le proiezioni a lungo termine non hanno tenuto conto di tutti i guadagni occupazionali e della crescita del PIL associati alla transizione verso la tecnologia pulita.
Frase di Trump: Elon Musk ha trovato persone nel sistema di sicurezza sociale di 369 anni.
Fact-check: Questa affermazione è fuorviante.
Elon Musk ha condiviso un grafico su X e ha affermato di aver trovato milioni di persone in un database della Previdenza Sociale di età superiore a 110 anni, tra cui una che rientrava nella fascia di età 360-369 anni.
Il commissario ad interim della Social Security ha dichiarato che le persone di età superiore a 100 anni che non hanno una data di morte associata al loro record di Social Security “non stanno necessariamente ricevendo benefici”
Frase di Trump: “Centinaia di miliardi di dollari di frode” scoperti dal DOGE
Fact-check: Non è verificabile. Questa affermazione non è verificabile perché il DOGE non ha ancora reso nota la totalità del suo lavoro né ha specificato quali tagli siano stati “frodi” anziché “sprechi”. Il DOGE ha affermato di aver risparmiato 106 miliardi di dollari in totale, non “centinaia di miliardi” di frodi, e persino lo stesso Elon Musk ha detto di aver trovato per lo più “sprechi” e “per lo più non frodi”.
Il DOGE ha affermato di aver risparmiato un totale di 106 miliardi di dollari in denaro federale grazie a una “combinazione di vendite di attività, cancellazioni e rinegoziazioni di contratti/locazioni, cancellazione di frodi e pagamenti impropri, cancellazioni di sovvenzioni, risparmi sugli interessi, modifiche programmatiche, risparmi normativi e riduzioni della forza lavoro”. La cifra non è verificabile e il sito web del DOGE sostiene di aver pubblicato solo il 30% delle ricevute a sostegno di questo totale.
Anche lo stesso Musk ha dichiarato la scorsa settimana nel podcast di Joe Rogan che la maggior parte di ciò che il DOGE sta trovando sono “sprechi”, piuttosto che vere e proprie frodi. “Solo il governo federale potrebbe farla franca con questo livello di sprechi. Si tratta per lo più di sprechi. Per lo più non si tratta di frodi, ma di sprechi. Si tratta per lo più di cose ridicole”, ha detto Musk.
Frase di Trump: Ci sarà un piccolo disturbo per gli americani a causa dei dazi
Fact-check: Manca il contesto.
Lo Yale Budget Lab stima che i dazi potrebbero costare alle famiglie medie fino a 2.000 dollari all’anno. Le automobili e le parti di esse sono grandi esportatori di Canada e Messico, e le tariffe potrebbero aumentare il costo di un’auto nuova di oltre 3.000 dollari per veicolo, oltre al prezzo medio di 44.811 dollari dell’anno scorso, secondo JP Morgan Research. La maggior parte degli economisti prevede che i prezzi, e quindi l’inflazione, saliranno, con i consumatori che vedranno aumentare i prezzi di cibo, benzina, vestiti, scarpe, giocattoli e altri articoli per la casa.
Frase di Trump: “Non molto tempo fa… 1 bambino su 10.000 era affetto da autismo. Ora è 1 su 36. C’è qualcosa di sbagliato”.
Fact-check: Parzialmente vero, ma privo di contesto.
Non è chiaro dove Trump – e Kennedy, che ripete spesso la stessa statistica – abbia preso il numero di 1 su 10.000, anche se è corretto sul numero attuale, che è di 1 su 36, ed è corretto che i casi di autismo siano in aumento.
Secondo i dati dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie, nel 2000 circa 1 bambino su 150 nato nel 1992 negli Stati Uniti ha ricevuto una diagnosi di autismo, mentre nel 2020 è stato diagnosticato un bambino su 36 nato nel 2012
Alcuni psichiatri ed esperti di autismo hanno dichiarato ad ABC News che è importante evidenziare l’aumento dei tassi di autismo e che almeno Trump e Kennedy stanno puntando i riflettori su questo problema.
“Il lato positivo è che credo sia davvero importante porre l’accento su questi tassi molto elevati”, ha dichiarato alla ABC News la dottoressa Karen Pierce, docente presso il dipartimento di neuroscienze dell’Università della California di San Diego e co-direttrice del Centro di eccellenza per l’autismo dell’UCSD.
Frase di Trump: Le autorità messicane hanno consegnato 29 dei maggiori leader dei cartelli a causa dei dazi imposti su di loro, “vogliono renderci felici”.
proteste contro trump al congresso 5
Fact-check: Vero. La scorsa settimana, mentre il gabinetto di sicurezza messicano e il segretario all’economia messicano si trovavano a Washington per incontri bilaterali con le loro controparti statunitensi per negoziare in vista della possibile imposizione di tariffe statunitensi sul Messico, il Messico ha annunciato la consegna di 29 criminali agli Stati Uniti.
Uno di questi criminali era ricercato dagli Stati Uniti da decenni, Rafael Caro Quintero. Era ricercato per l’omicidio dell’agente della DEA Kiki Camarena nel 1985
Sebbene il governo messicano abbia sicuramente violato alcune leggi e sia stato fortemente contestato, ha difeso la mossa affermando che si trattava di una questione di sicurezza nazionale e che ha agito nel giro di poche ore dopo aver ricevuto una richiesta dal governo statunitense.
Molti in Messico hanno visto la mossa come un modo per compiacere il Presidente Trump e convincerlo a sospendere o cancellare le tariffe statunitensi contro il Messico.
Frase di Trump:: l’India applica ai prodotti automobilistici statunitensi tariffe superiori al 100%, la media delle tariffe cinesi sui nostri prodotti è il doppio di quelle applicate da noi e la media delle tariffe della Corea del Sud è quattro volte superiore.
Fact check: Falso
L’India ha storicamente imposto tariffe elevate sui veicoli importati, fino al 125%, ma nel tentativo di migliorare le relazioni commerciali con gli Stati Uniti ha ridotto le tariffe più alte sulle auto di lusso dal 150% al 70%. Con altri supplementi, le tariffe sono ancora superiori al 100%, ma il governo indiano sta rivedendo attivamente le proprie tariffe di importazione.
Le tariffe della Cina stanno cambiando attivamente, in parte a causa della guerra commerciale con l’amministrazione Trump
Il tasso tariffario medio della Corea del Sud si aggira intorno al 13,4%. Tuttavia, l’accordo di libero scambio Corea-Stati Uniti firmato nel 2007 (entrato in vigore nel 2012) ha ridotto o eliminato la maggior parte delle tariffe tra i due Paesi. La Corea del Sud sostiene che, a partire dal 2024, l’aliquota tariffaria media sulle importazioni dagli Stati Uniti sarà pari a circa lo 0,79%, sulla base dell’aliquota tariffaria effettiva prima del rimborso dei dazi.
Frase di Trump: Gli Stati Uniti hanno “speso circa 350 miliardi di dollari” per sostenere la difesa dell’Ucraina.
Fact check: Fals
Secondo l’ispettore generale speciale responsabile della supervisione delle spese relative alla guerra in Ucraina, il Congresso ha stanziato o reso altrimenti disponibili 182,75 miliardi di dollari per la risposta complessiva degli Stati Uniti alla guerra dall’invasione su larga scala della Russia nel 2022. Di questi, circa 119 miliardi di dollari sono andati a diretto beneficio dell’Ucraina, inclusi circa 65,9 miliardi di dollari in assistenza militare.
I funzionari della Casa Bianca hanno offerto varie spiegazioni su come l’amministrazione Trump sia arrivata alla cifra significativamente più alta di 350 miliardi di dollari, ma la maggior parte delle argomentazioni si basano su una logica dubbia, come l’inserimento dell’inflazione, che non ha alcuna influenza sull’effettivo importo in dollari stanziato dal Congresso.
Trump ha anche affermato che l’Europa ha speso “100 miliardi di dollari” per sostenere lo sforzo bellico dell’Ucraina; secondo l’Istituto Kiel per l’economia mondiale, i Paesi europei hanno speso circa 140 miliardi di dollari per sostenere Kiev e si sono impegnati per altri 120 miliardi di dollari circa.
(fact-checking di ABC News al discorso di Donald Trump al Congresso)
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