Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
LA VERGOGNOSA IMBOSCATA NELLO STUDIO OVALE DI TRUMP E J.D. VANCE, HA RICOMPATTATO GLI UCRAINI ATTORNO AL PRESIDENTE IN MIMETICA: IN CASO DI ELEZIONI, ZELENSKY AVREBBE IL 44% DEI VOTI, VENTI PUNTI IN PIÙ DEL PRIMO DEI SUOI OPPOSITORI, L’EX CAPO DI STATO MAGGIORE VALERY ZALUZHNY, L’EX PRESIDENTE POROSHENKO ARRIVEREBBE AL 10%, YULIA TYMOSHENKO AL 5,7%
Gli Stati Uniti starebbero lavorando a un piano per mandare a casa il presidente ucraino.
«Lo sto facendo pubblicamente e in modo trasparente con gli americani, ma sono contrario a elezioni prima della fine della guerra», abbozza il predecessore Petro Poroshenko, una delle persone coinvolte assieme ad un’altra oppositrice interna, Yuliia Tymoshenko.
Prima ancora che alla causa ucraina, per i vertici dell’Unione il sostegno incondizionato a Zelensky è ormai obbligato. Più aumenta la pressione di Washington contro l’attuale presidente ucraino, più si fa forte il sostegno europeo alla sua sopravvivenza al potere. Con il suo noto piglio impolitico, l’unico a non averlo compreso è il patron di X, Elon Musk, che durante il vertice europeo dalla sua piattaforma social pronostica «una sconfitta schiacciante» per l’ex attore in caso di elezioni.
Quando Zelensky fu eletto la prima volta – era il 2019 – ottenne il 73 per cento dei voti. La lunga guerra ne ha eroso il consenso. Lo scorso dicembre – un mese dopo la vittoria di Trump – un sondaggio dell’Istituto internazionale di Sociologia di Kiev registrava un calo del gradimento: solo il 52 per cento degli ucraini dichiarava di «fidarsi» di Zelensky rispetto ai due terzi di un anno prima.
L’umiliante sceneggiata nello studio ovale della scorsa settimana di Donald Trump e del suo vice J.D. Vance contro di lui ha prodotto la più classica eterogenesi dei fini: il Paese si è ricompattato attorno al presidente in mimetica. Secondo un sondaggio dell’istituto britannico Survation subito dopo lo scontro, Zelensky conterebbe ancora sul 44 per cento dei cittadini, venti punti in più del primo dei suoi oppositori: l’ex Capo di stato maggiore dell’esercito e ambasciatore a Londra Valery Zaluzhny. I consensi di Poroshenko sarebbero fermi al dieci per cento, Yulia Tymoshenko raccoglierebbe solo il 5,7.
(da La Stampa)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
LA RAGIONE DELLA RETROMARCIA E’ ELETTORALE: A ESSERE PIÙ COLPITI DAI DAZI SAREBBERO STATI I PICKUP, ACQUISTATI PRINCIPALMENTE DAGLI ELETTORI DI TRUMP E FABBRICATI NEI DUE PAESI CONFINANTI. UN VEICOLO SAREBBE COSTATO CIRCA 7MILA DOLLARI IN PIÙ (SU PREZZI MEDI DI 65MILA)
«Dopo aver parlato con la presidente del Messico Claudia Sheinbaum, annuncia il presidente su Truth, ho concordato che il Paese non sarà tenuto a pagare dazi su nulla che rientri nell’accordo commerciale fino al 2 aprile».
«L’ho fatto – ha sottolineato il presidente americano – per rispetto della presidente Sheinbaum. Il nostro rapporto è stato molto buono e stiamo lavorando duramente, insieme, al confine, per impedire agli immigrati clandestini di entrare negli Stati Uniti e per fermare il fentanyl. Grazie alla Sheinbaum per il suo duro lavoro e la sua cooperazione».
Donald Trump ha fatto un passo indietro anche con il Canada. Il rinvio fino al 2 aprile dell’applicazione dei dazi al 25% vale anche per il Canada, anch’esso partner commerciale dell’accordo di libero scambio Usmca, assieme a Stati Uniti e Messico.
Parlare di sospensione per un mese solo per le esportazioni del Messico che rientrano nell’Usmca sembra riferirsi al fatto che, come denunciato da questa ma anche da passate amministrazioni Usa, vi sono prodotti cinesi che vengono inviati in Messico e da qui entrano negli Usa senza dazi
L’annuncio arriva dopo “un’altra pausa” ai dazi avvenuto in seguito a un colloquio con i vertici di Stellantis (John Elkann) Ford (Jim Farley) e General Motors (Mary Barra) e la Casa Bianca martedì sera. Il presidente statunitense Trump ha rallentato l’entrata in vigore delle tariffe per il settore dell’auto. Ieri la portavoce del presidente Usa, Karoline Leavitt, ha annunciato la sospensione di «dazi per ogni auto nell’area di libero scambio USMCA» per un mese.
La notizia della sospensione ha contribuito a rilanciare le azioni statunitensi, che hanno chiuso in rialzo dopo due giorni di cali che avevano annullato i guadagni dell’S&P 500 da quando era stato eletto presidente a novembre.
L’esenzione dai dazi riguarda le automobili prodotte in Nord America che rispettano l’accordo di libero scambio esistente tra i paesi del continente.
C’è un possibile retroscena elettorale nella sospensione per un mese dei dazi a Canada e Messico sulle auto delle tre principali cause automobilistiche USA: le tariffe avrebbero colpito una delle fasce più vendute, quella dei pickup, acquistati prevalentemente dai sostenitori di Donald Trump.
Secondo un sondaggio condotto ad agosto da Edmunds, un fornitore di informazioni del settore, i conducenti di pickup hanno circa il doppio delle probabilità di dichiararsi repubblicani piuttosto che democratici. E, riferisce la Reuters sul suo sito, circa un terzo dei pickup americani venduti da marchi americani e stranieri sono fabbricati in Messico e Canada, secondo una ricerca di Global Data.
Questo veicolo tipicamente americano è la spina dorsale dell’industria automobilistica statunitense: lo scorso anno le case automobilistiche, sia statunitensi che straniere, hanno venduto negli Stati Uniti circa 3 milioni di pickup, pari a circa il 20% delle vendite nazionali complessive.
Gli analisti di Wolfe Research hanno previsto che le tariffe avrebbero aggiunto circa 3.000 dollari in media al costo di un veicolo e circa 7.000 dollari sui modelli importati dal Canada o dal Messico. I pickup full-size hanno un prezzo di transazione medio di circa 65.000 dollari, secondo i dati di gennaio di Cox Automotive.
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
1) NON POSSONO ESSERCI NEGOZIATI SULL’UCRAINA SENZA L’UCRAINA; 2) NON POSSONO ESSERCI NEGOZIATI CHE INCIDANO SULLA SICUREZZA EUROPEA SENZA IL COINVOLGIMENTO DELL’EUROPA; 3) QUALSIASI TREGUA PUÒ AVER LUOGO SOLO COME PARTE DEL PROCESSO CHE PORTA A UN ACCORDO DI PACE GLOBALE; 4) QUALSIASI ACCORDO DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA SOLIDE E CREDIBILI GARANZIE DI SICUREZZA PER L’UCRAINA PER SCORAGGIARE FUTURE AGGRESSIONI RUSSE; 5) LA PACE DEVE RISPETTARE L’INDIPENDENZA, LA SOVRANITÀ E L’INTEGRITÀ DELL’UCRAINA
I leader dei 27 Stati membri Ue hanno adottato le conclusioni sulla difesa europea al vertice
straordinario di Bruxelles. E hanno approvato le cinque condizioni per la pace in Ucraina. […] Ursula von der Leyen lo aveva ribadito all’inizio della giornata, accanto al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a Bruxelles per partecipare al Consiglio straordinario Ue. Le conclusioni sull’Ucraina sono state adottate invece da 26 Stati membri: resta pertanto il no del premier ungherese, Viktor Orban, che non ha permesso l’unanimità.
Primo punto delle cinque condizioni per la pace è che “non possono esserci negoziati sull’Ucraina senza l’Ucraina”. Così come “non possono esserci negoziati che incidano sulla sicurezza europea senza il coinvolgimento dell’Europa. La sicurezza dell’Ucraina, dell’Europa, transatlantica e globale sono interconnesse”.
E ancora, “qualsiasi tregua o cessate il fuoco può aver luogo solo come parte del processo che porta a un accordo di pace globale. Qualsiasi accordo del genere deve essere accompagnato da solide e credibili garanzie di sicurezza per l’Ucraina che contribuiscano a scoraggiare future aggressioni russe”. E il quinto, forse il più importante: “La pace deve rispettare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”.
Si sta parlando intanto di un possibile vertice tra Usa e Ue, da “L’Europa affronta un pericolo chiaro e presente, deve essere in grado di proteggersi, di difendersi. Ma dobbiamo mettere l’Ucraina in una posizione per proteggersi e spingere per una pace duratura e giusta. Vogliamo una pace con la forza, ed è per questo che oggi presento ai leader il piano di riarmo dell’Europa”, ha continuato la presidente della Commissione europea in punto stampa congiunto con Zelensky e il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.
Il piano di riarmo citato da von der Leyen prevede fino a 800 miliardi di euro per investimenti nella difesa. Offre agli Stati membri uno spazio fiscale per investire nella difesa e la possibilità di investire nell’industria della difesa ucraina o di procurarsi capacità militari che vanno direttamente all’Ucraina.
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
DA TERRA HANNO PERSO IL CONTATTO CON LA NAVICELLA DOPO 9 MINUTI E 30 SECONDI: DIVERSI VIDEO HANNO MOSTRATO I DETRITI INFUOCATI NEI CIELO IN FLORIDA MERIDIONALE E ALLE BAHAMAS
La capsula Starship di SpaceX è esplosa in volo pochi minuti dopo il decollo dal Texas nella notte tra giovedì 6 e venerdì 7 marzo. Si tratta del secondo fallimento consecutivo quest’anno del programma di Elon Musk per i voli su Marte. La Faa, agenzia di regolamentazione del volo Usa, ha bloccato il traffico aereo in alcune parti della Florida, mentre i detriti del mezzo finivano in cielo.
«Durante il decollo di Starship il veicolo ha subito un rapido smontaggio non programmato e il contatto è stato perso», ha fatto sapere SpaceX su X. «Il nostro team ha immediatamente avviato il coordinamento con i responsabili della sicurezza per implementare le risposte di emergenza pianificate in anticipo».
«Esamineremo i dati del test di volo di oggi per comprendere meglio la causa principale. Come sempre, il successo deriva da ciò che impariamo e il volo di oggi offrirà ulteriori lezioni per migliorare l’affidabilità di Starship», ha concluso l’azienda di Musk. Diversi video sui social media hanno mostrato detriti infuocati che sfrecciavano nei cieli al tramonto vicino alla Florida meridionale e alle Bahamas. Si tratta dell’ottavo test di Starship. Anche il settimo è stato interrotto da un’esplosione. Entrambi gli incidenti si sono verificati nelle prime fasi della missione. Il sistema di Starship è fondamentale per il sogno dell’imprenditore sudafricano: inviare esseri umani su Marte all’inizio del prossimo decennio.
«Purtroppo è successo anche l’ultima volta, quindi ora abbiamo un po’ di pratica», ha affermato il portavoce di SpaceX Dan Huot durante lo streaming live. In una dichiarazione rilasciata in serata SpaceX ha affermato che Starship ha subito un «evento energetico» nella sua sezione posteriore, che ha causato la perdita di diversi motori. «Questo a sua volta ha portato a una perdita di controllo dell’assetto e, infine, all’interruzione delle comunicazioni con Starship», si legge nella dichiarazione.
«L’ultimo contatto con Starship è avvenuto circa 9 minuti e 30 secondi dopo il decollo». SpaceX ha affermato che non ci sono materiali tossici tra i detriti. A gennaio il volo di Starship si era concluso dopo appena otto minuti. […] Starship mirava a compiere quasi un’orbita completa attorno alla Terra e rientrare sopra l’Oceano Indiano per un ammaraggio, simulando una sequenza di atterraggio che SpaceX vuole presto eseguire sulla terraferma come fase successiva fondamentale dello sviluppo del razzo. Ma qualcosa è andato storto. E il sogno di Marte è rinviato.
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
ARRESTATO SENZA ACCUSE DAL 15 NOVEMBRE, 80.000 FIRME A SOSTEGNO MA IL GOVERNO E’ INCAPACE DI RIPORTARE A CASA UN ITALIANO INNOCENTE
Un digiuno per Alberto Trentini. È l’iniziativa lanciata da Venezia per chiedere la
liberazione del cooperante veneto detenuto in assenza di accuse chiare da ormai oltre 100 giorni in Venezuela. Trentini si trovava lì per lavoro, nel quadro di una missione umanitaria: stava consegnando aiuti ad alcune comunità di disabili tra Caracas e Guasdalito. Dal 15 novembre, giorno dell’arresto, non ha potuto ricevere una sola visita, né comunicare con la famiglia o altri in Italia. Il governo assicura di essere al lavoro – a fari spenti, come si conviene in questi casi – per sbloccare la vicenda. Ma intanto i giorni passano. Ecco allora che dalla famiglia e dagli amici di Trentini è partita l’idea di un digiuno a staffetta – a turni di 24 ore ciascuno – «per far sapere a tutti che Alberto non è solo, fino a quando non potrà tornare a casa». Nell’arco di 24 ore sono state oltre 450 le adesioni all’iniziativa e quasi 80mila le firme di sostegno. Ad aderire anche il patriarca di Venezia Francesco Moraglia. «Con questo gesto intendiamo richiedere con forza la liberazione di Alberto. Il digiuno è una rinuncia piccola ma radicale”», ha sottolineato il patriarca citato da Repubblica, dicendosi pronto a incontrare presto i genitori del cooperante detenuto in Venezuela. All’iniziativa di digiuno ha aderito anche Alessia Piperno, la travel blogger romana detenuta in Iran nel 2022.
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
“SOLDATI ITALIA IN UCRAINA? NON E’ ANCORA TEMPO”
L’aggressione della Russia all’Ucraina ha violato le regole del diritto internazionale. La pace si farà solo con garanzie di sicurezza per Kiev. Mentre per i soldati italiani in missione non è ancora tempo. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilasciato una rara intervista alla tv pubblica giapponese NHK, tornando a parlare di Vladimir Putin dopo le rappresaglie e le critiche di Mosca al suo intervento all’università di Marsiglia del 5 febbraio scorso. Mattarella ha tracciato la via del riarmo nell’Unione Europea e parlato del ruolo dell’Italia nelle crisi belliche
L’aggressione russa all’Ucraina
Con l’Operazione Speciale del febbraio di tre anni fa Mosca ha violato «la carta Onu» e «ogni regola di convivenza tra i paesi», ha detto Mattarella. Il Capo dello Stato ha ricordato anche il trattato di 30 anni fa che la Russia aveva siglato con l’Ucraina a fronte della consegna, da parte dell’Ucraina alla Russia, di circa 5000 testate nucleari che erano state sovietiche. «Mosca, con un Trattato, si era assunta il compito di garantire l’integrità e la sovranità territoriale dell’Ucraina».
E la violazione di queste regole «è inammissibile altrimenti si afferma il principio che uno Stato più forte può imporre la sua volontà con le armi agli Stati vicini meno forti e meno grandi. Questo renderebbe una barbarie i rapporti internazionali. Per questo in Europa vi è una forte difesa e un forte sostegno all’Ucraina. Perché se riuscisse in questo caso questo sistema altre aggressioni seguirebbero e un succedersi di aggressioni porterebbe inevitabilmente a una guerra di proporzioni inimmaginabili».
Il contingente italiano
Sulla possibilità di inviare un contingente italiano in Ucraina Mattarella ha spiegato che «non siamo ancora a questo punto. Non sono neanche cominciati i negoziati di pace e parlare di quello che avverrà come soluzioni è totalmente fuori dal momento». In ogni caso, ha detto il presidente, «è necessario rafforzare la difesa europea. Si tratta di uno sviluppo abbastanza naturale dell’integrazione europea che si è sviluppata in questi decenni». Secondo il presidente «si avverte in Europa una preoccupazione, soprattutto, da parte dei Paesi europei del centro – nord e al confine con la Russia, per cui è necessario rafforzare la difesa europea». Il Capo dello Stato ha anche evocato a più riprese che «una soluzione di pace per l’Ucraina deve evidentemente accompagnarsi a garanzie di sicurezze perché è molto meno armata e potente della Russia».
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
MELONI FA L’INDIGNATA: “SOLDI DEI CONTRIBUENTI AI MIGRANTI”… HA RAGIONE, DEVONO PAGARE DI TASCA I MEMBRI DEL GOVERNO NON GLI ITALIANI, DOVREBBERO PIGNORARE I LORO IMMOBILI, COSI’ PASSA LORO LA VOGLIA DI FARE I BULLI SULLA PELLE DEI POVERI CRISTI
Il governo dovrà risarcire i danni ai migranti trattenuti in mare per dieci giorni a bordo
della nave Diciotti della Guardia costiera nell’agosto del 2018.
Lo ha deciso oggi la Cassazione accogliendo il ricorso presentato da un gruppo dei migranti stessi. Sarà il giudice di merito, ha indicato la Cassazione, a quantificare i danni che il governo dovrà risarcire. La sentenza smonta fin d’ora però radicalmente l’impianto di difesa – giudiziaria e mediatica – sostenuta per anni dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini.
«Va certamente escluso che il rifiuto dell’autorizzazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare protratto per dieci giorni possa considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale», scrivono i giudici nella sentenza. «Non si è di fronte, cioè, ad un atto che attiene alla direzione suprema generale dello Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fondamentali. Si è in presenza, piuttosto, di un atto che esprime una funzione amministrativa da svolgere, sia pure in attuazione di un indirizzo politico, al fine di contemperare gli interessi in gioco e che proprio per questo si innesta su una regolamentazione che a vari livelli, internazionale e nazionale, ne segna i confini».
E ancora, segnala la Cassazione, «le motivazioni politiche alla base della condotta non ne snaturano la qualificazione, non rendono, cioè, politico un atto che è, e resta, ontologicamente amministrativo».
Diritto internazionale e scelte politiche
Nessuna discrezionalità politica, dunque: in quella situazione, e in altre analoghe, le autorità devono applicare i princìpi del diritto internazionale, che sulla legge del mare parla chiarissimo.
«L’obbligo del soccorso in mare corrisponde ad una antica regola di carattere consuetudinario, rappresenta il fondamento delle principali convenzioni internazionali, oltre che del diritto marittimo italiano e costituisce un preciso dovere per tutti i soggetti, pubblici o privati, che abbiano notizia di una nave o persona in pericolo esistente in qualsiasi zona di mare in cui si verifichi tale necessità, e come tale esso deve considerarsi prevalente su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare». Per questo, nel caso di specie che riguardò i naufraghi soccorsi dalla Diciotti il 16 agosto 2025, «indipendentemente dalle contestazioni sullo Stato competente secondo la ripartizione in zone Sar, le operazioni di soccorso erano state di fatto assunte sotto la responsabilità di una autorità Sar italiana, la quale era tenuta in base alle norme convenzionali a portarle a termine, organizzando lo sbarco, nel più breve tempo ragionevolmente possibile».
La rabbia di Giorgia Meloni
«Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno condannato il governo a risarcire un gruppo di immigrati illegali trasportati dalla nave Diciotti perché il governo di allora, con Ministro dell’Interno Matteo Salvini, non li fece sbarcare immediatamente in Italia. In sostanza, per effetto di questa decisione, il Governo dovrà risarcire – con i soldi dei cittadini italiani onesti che pagano le tasse – persone che hanno tentato di entrare in Italia illegalmente, ovvero violando la legge dello Stato italiano. Non credo siano queste le decisioni che avvicinano i cittadini alle istituzioni, e confesso che dover spendere soldi per questo, quando non abbiamo abbastanza risorse per fare tutto quello che sarebbe giusto fare, è molto frustrante», lamenta Meloni, di rientro a Roma oggi da Bruxelles, dove ieri ha partecipato al vertice Ue straordinario sulla difesa, facendo tappa prima al Cern di Ginevra.
La soluzione? Pagate di tasca vostra le cazzate che avete fatto.
(da agenzie)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
DAL GENOCIDIO DEGLI INDIANI ALLE VOLGARITA’ DEI MODI, UN POPOLO RAZZISTA E CORROTTO ODIATO DA TUTTI
Incontrando l’inviato speciale di Trump, Paolo Zampolli, Salvini ha affermato che “gli Stati Uniti sono un modello”. Solo un uomo superficiale come il leader della Lega può pensare, ma non è certamente il solo, che gli Usa di oggi siano un modello. Modello di violenze, all’esterno e all’interno con le continue sparatorie soprattutto di giovani e giovanissimi che evidentemente non stanno bene in quella società e all’esterno con le aggressioni a Stati sovrani.
Certamente oggi i Dik Dik non canterebbero Sognando la California (1966) che è la maggior economia ‘sub-nazionale’ del mondo, ma ai cui ingressi stazionano decine di migliaia di homeless che inalberano un cartello dove è scritto “venite nello Stato più ricco del mondo”, perché le sperequazioni sociali ci sono dappertutto ma negli Usa sono più evidenti e colossali perché tutto in quel Paese è colossale a cominciare dai suoi grattacieli.
Ma partiamo dall’America di ieri. La storia americana inizia con un genocidio quello dei Pellerossa, un popolo spirituale come spirituali sono quasi tutti i popoli indigeni. Genocidio vilissimo, Winchester contro frecce, con l’aiuto delle armi chimiche dell’epoca: l’alcool.
Gli americani sono razzisti, del resto ancora oggi esistono “riserve pellerossa”. La mia infanzia è stata funestata da decine di film dove i pellerossa apparivano come crudeli scalpatori e gli americani naturalmente come i buoni. Soldato blu (1970) era di là da venire. Non è quindi solo colpa di Trump se gli immigrati messicani vengono fermati brutalmente alla frontiera.
Ma il popolo yankee, dico il popolo non i suoi dirigenti, è pieno di contraddizioni non tutte negative. È gente ingenua, quasi naïf. Ha deglutito senza fiatare non solo l’assassinio di Kennedy, ma la favola per cui Jack Ruby, un tenutario di case chiuse, aveva ucciso Oswald, l’assassino di Kennedy, per riscattare l’onore dell’America.
Hanno deglutito la sconfitta di Sonny Liston, l’‘orso’, contro Cassius Clay (in quel momento Liston era più forte del giovane Clay) perché l’‘orso’ era legato alla mafia americana che aveva deciso che era più producente se perdeva. Già, la mafia. Gli Usa sono corrosi dalla mafia (lo stesso Kennedy era legato al capomafia Sam Giancana) e in questo caso siamo stati noi italiani a inoculargliela, non per nulla tanti mafiosi storici portano nomi italiani, da Lucky Luciano ad Al Capone, Frank Costello, Vito Genovese.
Non c’è dubbio comunque che nel Dopoguerra gli americani abbiano avuto un influsso positivo su noi italiani. Non solo e non tanto perché ci avevano liberati dal nazi-fascismo, ma per il loro senso innato di libertà che si esprime anche nella comodità del vestire.
Le donne vanno in teatro in pelliccia, ma con le scarpe da tennis. In una sala lettura della Columbia University, un vero gioiello, i ragazzi non si fanno nessuno scrupolo a mettere le loro scarpe da tennis sulle scrivanie di raffinato mogano. Prima stare comodi, il resto viene dopo
Gli americani hanno esportato in Europa il rock che allora era una musica di rottura che proveniva dal jazz. Hanno esportato i jeans. Ed è strano che questo senso di libertà si sia trasformato oggi in una pruderie insopportabile. Il MeToo è nato in America e presidenti o ministri rischiano il posto non per i propri crimini, ma per “comportamenti inappropriati” con le donne. È un’ipocrisia tutta, anche se non solo, americana, ipocrisia che si esercita in ogni campo. Negli Usa la tortura è formalmente vietata, allora si va a torturare a Guantanamo.
Un’altra caratteristica degli yankee, parlo più in senso psicologico che politico, è quella di umiliare i vinti. I processi di Norimberga e Tokyo sono l’esempio più noto, ma quando fu catturato Bin Laden si disse che si era riparato dietro una delle sue mogli. Di al-Baghdadi che si era messo a piangere. E anche lo scontro fra Zelenksy e Trump, Zelensky solo contro tutti, The Donald, J.D. Vance e tutta la stampa americana, fa parte di questo tema.
Negli anni 50 c’è stata anche una certa opposizione a questo soccombismo italiano e c’è qualche testimonianza nella canzone Tu vo fa l’americano (1956) di Renato Carosone (“Tu vuo’ fa’ l’americano ‘ ‘mericano ‘mericano ma si nato in Italy Sient a mme, nun ce sta niente ‘a fa Ok, napulitan… Quanno se fa l’ammore sott’ ‘a luna Comme te vene ‘ncapa ‘e di’ I love you”). E in certi deliziosi racconti di Dino Buzzati, dove l’autore cercando un posteggio scrive: “Delicata manovra di retromarce lungo la murata di una gigantesca vettura americana bianca e rossa, vero oltraggio alla miseria… il suo, blindato, scudo possente di cromo, carico di specchianti globi, contrafforti e barbacani, che da solo basterebbe, io penso, a sfamare dieci anni una famiglia” (Il problema dei posteggi, Sessanta racconti, 1958). Buzzati, nato a Belluno, non aveva nessuna simpatia per gli americani, ma piuttosto per i tedeschi, La corazzata “Tod”, la corazzata Morte è un inno alla grande Germania morente cioè alla Germania nazista.
Direi che la frattura culturale fra noi europei e gli americani, ma qui intendo parlare soprattutto dell’Italia, c’è stata negli anni 60 in epoca esistenzialista. Noi non consideravamo gli americani né buoni né cattivi. Ci erano semplicemente indifferenti. Leggevamo Camus, Sartre, Merleau-Ponty e, a ritroso, Baudelaire, Rimbaud, Lautréamont che hanno influenzato in modo determinante la cultura europea del Novecento, soprattutto artistica.
Poi venne il tempo dello yankee go home, ma era un fatto politico non culturale. Ciò che mi colpisce degli americani di oggi è la volgarità, che non è solo di Trump. Se voi entrate in un ristorante e sentite parlare inglese potete capire subito se si tratta di sudditi di Sua Maestà o di yankee. Lo capite dal fracasso che fanno questi ultimi. Del resto gli americani non sono consapevoli di essere odiati. In qualsiasi circostanza si comportano da primi della classe cui è concesso tutto, anche violare un minimo di buona educazione. Anni fa, nel 2008, fui invitato a Kyoto per una conferenza su Americanismo e antiamericanismo. Il ruolo dell’Europa. Correlatore era un filosofo della Scuola di Francoforte di cui purtroppo non ricordo il nome. C’erano giapponesi, indiani, coreani, c’era anche naturalmente un giovane americano biondo, con la scriminatura giusta e opportuna mogliettina al seguito. Tutti lo detestavano, ma lui si comportava come se fosse il padrone. Non si rendeva conto dell’odiosità che lo circondava.
Più recentemente, ma parliamo comunque di parecchi anni fa, stavo prendendo un taxi davanti all’Hotel Principe di Savoia. La precedenza era mia come avevano confermato sia l’autista sia il valet dell’albergo. Ma mentre ero già seduto si infilò nella macchina un giovane americano, che assomigliava molto nel vestire e nell’atteggiamento a quello che avevo visto a Kyoto, dicendo: “I’m first”. Mi toccò uscire dal taxi, aprire la portiera di sinistra, tirar fuori l’energumeno e cominciare una scazzottata che fu interrotta dai valet dell’albergo (parlo naturalmente di parecchi anni fa, oggi non sarei in grado di estrarre da un taxi neanche un gatto). “I’m first”. Questa è l’ossessione americana. “Make America Great Again”.
Massimo Fini
(da ilfattoquotidiano.it)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
LA PEGGIORE DESTRA REAZIONARIA DELLA STORIA D’ITALIA, UNA CLASSE DIRIGENTE DI SCAPPATI DI CASA, UN BARATRO CULTURALE RISPETTO AD ALTRI PAESI
Giorgia Meloni è arrivata a Bruxelles titolare di responsabilità immense, di scelte che
condizioneranno il futuro suo, del suo governo, degli italiani: scelte che saranno giudicate dalla storia, ben altra cosa rispetto alle minuzie che hanno segnato le vicende di ogni suo predecessore nella Seconda Repubblica. Per trovare analogie, peraltro pallide, bisogna tornare indietro alla svolta atlantica della destra missina, che per anni si era espressa contro la Nato, o dello strappo di Enrico Berlinguer da Mosca. Ma pure questi esempi reggono poco, perché oggi Meloni è più sola di ogni capo di partito incappato prima di lei nei sussulti della storia. Sola politicamente, culturalmente, forse anche umanamente.
In politica si confronta con un problema gigantesco che è solo in parte riassunto dal fuoco amico di Matteo Salvini. Quella è la punta dell’iceberg. Sotto, c’è la cultura diffusa di un elettorato educato al mito dei capi forti, che istintivamente si riconosce nei pugni sul tavolo della nuova coppia Donald Trump-Vladimir Putin.
Traghettare questi sentimenti in un mondo dove Trump abbandona i vecchi alleati e la Russia torna a essere «nemico esistenziale» dell’Europa è un compito improbo, forse impossibile. Una notevole quota del popolo che Fratelli d’Italia ha annesso alle ultime elezioni viene dal leghismo e dal berlusconismo, mondi dove l’elogio di Putin era pane quotidiano. E il resto, lo zoccolo duro del voto di destra, è cresciuto nella critica ostinata a Ursula von der Leyen e alla «Europa dei mercanti», ha applaudito la Brexit, detesta Emmanuel Macron: come spiegargli che il dialogo con costoro si è fatto obbligatorio, una questione di vita o di morte?
La seconda solitudine è culturale, mediatica, intellettuale. Altrove esiste un controcanto da destra agli spropositi di Donald Trump. Sui dazi, sul voto Onu contro l’ultima risoluzione sull’Ucraina, sulle offese agli alleati, persino un quotidiano conservatore come il Wall Street Journal non ha fatto sconti al presidente.
I tabloid inglesi, da sempre veicoli di uno spregiudicato populismo destrorso, sono insorti contro Vance per gli oltraggi all’esercito e alla presunta mollezza delle difese europee. La Fox, rete ammiraglia della propaganda trumpiana, non ha nascosto le immagini di Vance accolto in Vermont dai cartelli «va’ a sciare in Russia».
In Italia suona un’altra musica. Le testate e le trasmissioni di riferimento della destra non possono o non vogliono modificare il loro racconto. Con l’eccezione de «Il Foglio» e malgrado gli imput di Marina Berlusconi, la lode ai vestiti del nuovo imperatore non prevede eccezioni. Anzi, la sintonia tra Trump e Putin autorizza a moltiplicare le critiche all’Ucraina e a Zelensky, rivalutando la versione russa degli eventi e denunciando la follia delle ambizioni europee sulla difesa. È questa l’acqua a cui si abbeverano ogni giorno gli elettori della destra, ed è un problema.
La terza solitudine di Meloni è meno dimostrabile ed evidente perché non possono indicarla dati o prese di posizione pubbliche. È una solitudine che si misura nella distanza tra le scelte enormi che incombono su Palazzo Chigi e il tran-tran indisturbato del resto del centrodestra, la persistenza di certe gaffe, le faide locali, il chiacchiericcio sulle borse della ministra, i ministri che si smentiscono a vicenda, la Rai incagliata nel braccio di ferro sulle nomine.
Lo abbiamo già visto succedere in passato: ogni leader italiano prima o poi è arrivato al punto di detestare «i suoi» per l’eccesso di rogne che generano in momenti difficili. Magari Meloni è un’eccezione, tutto è possibile. Di sicuro, oggi le servirebbero un contesto diverso, una intelligenza collettiva, una Compagnia dell’Anello più attrezzata e decisa per aggiornare le posizioni e incamminarsi nelle terre sconosciute che attendono l’Italia e l’Europa, ma vai a trovarli…
(da lastampa.it)
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