Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
BERLINO FA VOTARE IL VECCHIO PARLAMENTO
Sarà ricordato come il vertice che congela il Patto di stabilità in nome delle armi. Le conclusioni del Consiglio europeo straordinario ribadiscono “che l’Europa deve diventare più sovrana, più responsabile della propria difesa e meglio equipaggiata per agire e affrontare autonomamente le sfide e le minacce”.
Per questo si aggira il Parlamento europeo mentre la Germania mette in mora il nuovo Bundestag eletto il 23 febbraio per modificare la Costituzione con il vecchio Parlamento. Il vertice fa propria la linea del sostegno a oltranza all’Ucraina, scontando però il veto ungherese di Viktor Orbán che impone una conclusione a 26. L’accoglienza a Volodymyr Zelensky, dopo lo scontro della Casa Bianca, è di rilievo: Costa e Von der Leyen si fermano a parlare con il presidente ucraino a beneficio di fotografi e tv.
Le conclusioni ufficiali sono orientate dunque al potenziamento dell’arsenale militare. Il Consiglio dà il via libera al piano Von der Leyen per un sistema da 800 miliardi di euro supplementari – tutti a debito – per sostenere le spese militari.
Il ReArm Europe è stato contestato nel nome dalla presidente del Consiglio italiana preoccupata dell’impatto di nuovo debito sulla “percezione che gli investitori hanno del debito pubblico italiano”. Ma la sostanza rimane, il Consiglio europeo “sottolinea la necessità di continuare ad aumentare sostanzialmente la spesa per la sicurezza e la difesa dell’Europa” e quindi “accoglie con favore l’intenzione della Commissione di raccomandare al Consiglio l’attivazione, in modo coordinato, della clausola di salvaguardia nazionale prevista dal Patto di stabilità e crescita” anche se chiede di tenere conto della “sostenibilità del debito”. Prende poi “atto” dell’intenzione della Commissione di dare vita al nuovo strumento finanziario “volto a fornire agli Stati membri prestiti garantiti dal bilancio dell’Ue fino a 150 miliardi” e invita il Consiglio a “esaminare tale proposta con urgenza”. Lo si farà in sede di Consiglio economico finanziario anche per mettere a punto i dettagli sull’indebitamento (per l’Italia la palla passa quindi a Giancarlo Giorgetti).
Questo strumento sarà però attivato dall’articolo 122 del Trattato sul funzionamento della Ue (Tfeu) e quindi non ci sarà bisogno del voto del Parlamento europeo.
Le conclusioni del Consiglio Ue, poi, recepiscono le indicazioni della Commissione sulla necessità di un coordinamento industriale, sul “comprare insieme” facendo propria anche la lista delle priorità di spesa stilata da Von der Leyen (difesa aerea e missilistica; sistemi di artiglieria; missili e munizioni; droni e sistemi anti-droni; cyber; intelligenza artificiale e guerra elettronica). Nelle conclusioni si ribadisce l’importanza della Nato, di cui la Ue resta “complementare”, e di “collaborare con partner non Ue che condividono gli stessi ideali”. Nessun riferimento agli Usa, tanto meno per un incontro come voleva Giorgia Meloni. La quale si è detta “perplessa” sull’invio di truppe in Ucraina, tema che infatti nelle conclusioni a 26 non è citato. Si ribadisce la linea fin qui seguita di pieno supporto all’Ucraina, il sostegno a un piano di pace che preveda addirittura “l’integrità territoriale” di Kiev e che comunque la preveda al tavolo e si stabiliscono altri 30 miliardi di aiuti che si aggiungono a quelli recentemente definiti al G7. Per quanto riguarda l’invio di truppe se ne discuterà molto probabilmente in sedi non Ue, con Francia e Gran Bretagna in pole position.
(da il Fatto Quotidiano)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
IN COMMISSIONE DIFESA LO SCHEMA DEL DECRETO, RISCHIO DANNO ERARIALE
Il governo vuole dare armamenti al governo golpista del Niger, che dialoga con la Russia e
l’Iran e ha appena scalzato il presidente Bazoum che era sostenuto dall’Occidente, Francia soprattutto. In commissione Difesa alla Camera è arrivato lo schema di decreto per la «cessione a titolo gratuito di materiale di armamento a favore delle forze armate della Repubblica del Niger». Ma al pronti via è scoppiato il caos con i dem che hanno protestato: «Mi chiedo come si possa pensare di dare armamenti a un esecutivo golpista che formalmente non è nemmeno ancora riconosciuto dal nostro Paese», dice il deputato del Partito democratico Enzo Amendola.
La polemica nasce dallo schema di decreto trasmesso dal ministero della Difesa qualche giorno fa al Parlamento. Sulla carta si tratta di una seconda tranche di aiuti militari all’interno di un accordo con il Niger firmato nel 2017 quando al governo c’era Bazoum, sostenuto da diversi paesi europei e dagli Usa. Il governo Meloni vuole dare adesso circa 250 paracadute alle forza armate del Niger per un valore di 600 mila euro. Peccato però che la scorsa estate in Niger ci sia stato il golpe. E nella stessa relazione allegata al decreto si legge che «lo scorso 10 aprile sono arrivate a Nimaey le prime truppe russe»: «Nonostante — continua il documento alla Camera — la modesta entità del contingente russo per ora dislocato nell’aeroporto della capitale, non è da escludere che possa trattarsi dell’avanguardia di un nuovo parternariato strategico con Mosca. Il cambio di regime offre alla Russia l’opportunità di consolidare la proprio influenza nell’area saheliana».
Letta la relazione, il Pd ha protestato: «Mi chiedo come sia possibile che il ministero della Difesa voglia proseguire nel sostegno con armamenti a un regime che dialoga con Russia e Iran contro l’Europa e l’Occidente — dice Amendola — se non lo ritirano li denuncerò innanzitutto per danno erariale».
(da La Repubblica)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
LA DUCIONA D’OLTRALPE, DA PATRIOTA, HA SFANCULATO ANCHE IL VICE DI TRUMP, JD VANCE, CHE HA OFFESO I SOLDATI FRANCESI: “NESSUN PATRIOTA PERMETTERÀ CHE SI DISPREZZI LA NOBILE MEMORIA DEI NOSTRI MILITARI”
Marine Le Pen ha a lungo tollerato, senza dire una parola, le provocazioni del presidente americano Donald Trump, i suoi insulti al presidente ucraino Volodymyr Zelensky e le interferenze politiche nelle elezioni europee.
Per la prima volta, martedì 4 marzo, ha sconfessato due volte l’amministrazione Trump. Nelle dichiarazioni rilasciate martedì a Le Figaro, ha condannato la “brutalità” del ritiro degli aiuti statunitensi all’Ucraina, ma ha rifiutato di commentare la sostanza della decisione.
“Nessuno può costringere gli Stati Uniti a mantenere il loro sostegno se il Paese non lo vuole più”, ha dichiarato. Ma è molto discutibile non dare all’Ucraina un periodo di tempo ragionevole per invertire la rotta”.
Altra presa di distanza, quella dal vicepresidente degli Stati Uniti J. D. Vance, dopo che questi ha deriso l’ipotetico piano di sicurezza franco-britannico per l’Ucraina, “20.000 soldati di Paesi che non sono in guerra da trenta o quarant’anni”.
“Nessun patriota permetterà che si dica che il nostro Paese sarebbe ‘qualunquista’ o che si disprezzi la nobile memoria dei 600 militari morti per la Francia e delle nostre migliaia di feriti dalla fine della guerra d’Algeria”, ha scritto su X Le Pen, quattro ore dopo un acceso intervento sul tema da parte del ministro delle Forze armate, Sébastien Lecornu, all’Assemblea nazionale.
Questi due interventi nel giro di poche ore contrastano con il silenzio che da gennaio regna sul tema dell’amministrazione Trump e della sua politica estera, su cui Marine Le Pen si è espressa solo quando è stata interpellata dalla stampa e con un certo distacco.
Questi due discorsi pronunciati in poche ore contrastano con il silenzio osservato da gennaio sul tema dell’amministrazione Trump e della sua politica estera, di cui Marine Le Pen ha parlato solo quando la stampa la interrogava, e con un certo distacco. Sempre lunedì, all’Assemblea nazionale, durante il dibattito sulla situazione in Ucraina, la parte principale dei suoi interventi è consistita nel denigrare l’Unione europea e la strategia di Emmanuel Macron, posta sullo stesso piano di quella di Donald Trump
Mercoledì mattina, a Sud Radio, anche il vicepresidente del Rassemblement National (RN) Sébastien Chenu sembrava esitare sulla qualifica da utilizzare nei confronti di Donald Trump.
Da un lato lo accoglieva con favore come un presidente “pragmatico”, che “vuole che le cose si muovano, che vadano avanti, questo ci cambia perché qui siamo abituati ad avere politici che non cercano risultati”. D’altro canto, descriveva l’uomo d’affari come un “presidente molto discutibile”, con “un lato brutale che non gli piace”
Da diversi giorni l’estrema destra è sotto il fuoco delle critiche della sinistra e del blocco centrale, che la accusano di compiacenza nei confronti di un presidente diventato ostile agli interessi europei.
“Queste persone non sono patrioti ma ideologi”, denuncia mercoledì l’eurodeputato Raphaël Glucksmann in un’intervista a Nouvel Obs, descrivendo una “quinta colonna” in Europa incarnata da Viktor Orban, Marine Le Pen e i loro alleati.
“Ciò che è più importante ai loro occhi è l’odio per la costruzione europea e il fascino per l’autoritarismo. È una tradizione dell’estrema destra francese: tradire la Francia, quando non somiglia a ciò che vorrebbe, a beneficio delle tirannie straniere. »
L’entourage di Marine Le Pen nega che queste critiche possano aver causato un cambiamento nella Rn: “C’è un cambiamento di tono perché c’è un cambiamento nella situazione. Noi siamo contro Trump perché le sue azioni mettono in discussione cose fondamentali, gli altri sono contro di lui per principio. »
La manifesta ostilità dell’amministrazione Trump sembra comunque dare ragione ai sovranisti che, all’interno del partito, invocano di tenere a bada i conservatori americani.
Un messaggio che Marine Le Pen ha talvolta trasmesso alle sue truppe, ma con il quale lei stessa si è posta in contraddizione partecipando a febbraio a Madrid, insieme ai suoi alleati europei, a una manifestazione pro-Trump.
Due settimane dopo, Jordan Bardella si è recato alla Conservative Political Action Conference di Washington, prima di chiamarsi fuori dopo il saluto fascista di un partner della RN, l’ex consigliere di Trump Steve Bannon.
Il presidente della RN fatica a trovare il suo posto in questa sequenza internazionale. Dopo il suo mancato discorso a Washington, lunedì ha dichiarato il suo sostegno all’iniziativa della leader italiana Giorgia Meloni, che consisteva nel sostituire la Francia al tavolo delle trattative con Donald Trump.
Mercoledì, Jordan Bardella chiuderà una conferenza organizzata a Parigi dalla fondazione del gruppo da lui presieduto al Parlamento europeo, Patrioti per l’Europa, mettendo in luce l’ecosistema conservatore ungherese, visceralmente pro-Trump. Lunedì è stato annullato l’incontro, dedicato alla “ripresa strategica ed economica” dell’Europa dopo l’elezione di Trump. Senza collegamento, assicura il partito, con il burrascoso incontro nello Studio Ovale tra Trump e Zelenskyj.
(da Le Monde)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
“CHI DOVREBBE ESSERE RITENUTO RESPONSABILE DEI RISARCIMENTI, SE NON I COLPEVOLI DI QUESTA GUERRA DISDICEVOLE? SI CALCOLA CHE IL CAPITALE UNIVERSALE DELLA BANCA CENTRALE RUSSA SIA DI 300 MILIARDI DI EURO, CONGELATI A SEGUITO DELLE SANZIONI”
Pubblichiamo qui l’appello congiunto di 140 Premi Nobel per la Pace, Letteratura,
Economia, Chimica, Medicina, Fisica, a favore del trasferimento degli asset statali russi congelati dalle sanzioni a favore della ripresa dell’Ucraina e dei risarcimenti
Con decorrenza 24 febbraio 2025, l’illegittima guerra di aggressione combattuta dalla Federazione russa contro l’Ucraina ha segnato del suo triste terzo anniversario ed è entrata nel quarto anno. I combattimenti sono costati la vita a decine di migliaia di soldati e il grave ferimento di molti altri su entrambi i versanti. I combattimenti, però, hanno preso di mira in modo diretto anche la popolazione civile ucraina – famiglie e bambini – che ha dovuto affrontare sofferenze inenarrabili
Migliaia di civili, bambini compresi, sono stati uccisi, vivono sotto occupazione, sono stati fatti prigionieri o deportati a forza in Russia. La distruzione di interi quartieri e intere città, oltre ai deprecabili attacchi a infrastrutture di importanza cruciale come ospedali, scuole e asili, ha costretto un numero incalcolabile di persone a scappare, li ha violentemente privati delle loro case e dei loro mezzi di sostentamento. La guerra russa all’Ucraina ha provocato la più grande crisi di rifugiati in Europa dalla Seconda guerra mondiale, con milioni di civili sfollati all’interno dell’Ucraina e all’estero. Tutti, singoli e famiglie, hanno vissuto sofferenze inimmaginabili, perdite e privazioni.
In seguito al cambiamento di potere dopo le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, si vanno facendo sentire più forti le promesse e le esortazioni a negoziare e arrivare ad accordi di pace. Sembra crescere la speranza di poter far finire questa guerra con giusti colloqui di pace. Anche nel caso in cui ciò accadesse, però, l’Ucraina resta un Paese distrutto sotto molti punti di vista. I morti non potranno tornare in vita, e le sofferenze patite in passato non potranno essere cancellate. Il futuro, però, può e deve essere migliore. La ricostruzione dell’Ucraina e i risarcimenti alle vittime di guerra richiederanno cospicue risorse economiche. E chi dovrebbe essere ritenuto responsabile dei risarcimenti, se non i colpevoli di questa guerra disdicevole?
Nel complesso, si calcola che il capitale universale della Banca centrale russa sia attualmente di 300 miliardi di euro circa, congelati a seguito delle sanzioni. Tale cifra è custodita in vari conti in giro per il mondo, ma soprattutto nell’Ue e nei Paesi del G7, in particolare in Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito. Tale denaro continua a generare altri miliardi di interesse. In ogni caso, i soli interessi non copriranno la cifra stimata in circa 486 miliardi di dollari in spese per la ripresa, né i risarcimenti dovuti alle vittime della guerra russa. Si potrà porvi rimedio soltanto usando il capitale di 300 miliardi di euro.
Noi, Premi Nobel firmatari del presente appello, chiediamo a questi governi di sbloccare queste risorse dalla Banca centrale russa per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina e risarcire le vittime di guerra, così che il Paese possa essere ricostruito rapidamente, una volta firmato l’accordo di pace.
Potrebbero rendersi necessarie a tal fine nuove leggi e regolamentazioni che, tenuto conto dell’innegabile stato di emergenza e delle gravi violazioni del diritto internazionale, sono adeguate e devono essere corrette. L’obbiettivo è porre fine alla guerra, instaurare una pace giusta, fornire all’Ucraina una prospettiva futura per le prossime generazioni. Facciamo nostra questa causa e la sosteniamo con il presente appello.
(da La Stampa)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
LEADER DEL PROGETTO DOVREBBE ESSERE BEPPE SALA
Che idea è balenata nella testolina
di Elly Schlein, per rilanciare il consenso del Pd? La proposta, condivisa durante una burrascosa direzione del partito, prevede la creazione, alle prossime elezioni regionali, di una lista civica, nelle città capoluogo. Del tipo “Alleanza per Napoli”, “Uniti per Firenze”, eccetera…
Se il consenso raccolto dai listoni sarà soddisfacente, verrà messa in cantiere una lista civica nazionale (“in stile “Alleanza per l’Italia”, o nomi simili), in vista delle elezioni politiche del 2027. È la risposta di Elly Schlein a chi continua a incalzarla sostenendo la necessità di un centro moderato con cui allearsi. Poiché Elly non si fida né di Renzi né di Calenda, meglio un listone di sindaci che guardi a sinistra da affidare alla guida di Beppe Sala.
(da Dagoreport)
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Marzo 7th, 2025 Riccardo Fucile
UNA CAMPAGNA CHE PUÒ FARE MALE ALL’AMERICA, MAGGIORE ESPORTATRICE DI ALCOL IN CANADA – IL PREMIER DIMISSIONARIO, JUSTIN TRUDEAU, CHE HA ANNUNCIATO CONTRO-DAZI SU 150 MILIONI DI DOLLARI DI PRODOTTI MADE IN USA, CRESCE NEI SONDAGGI
I canadesi hanno risposto alla guerra commerciale dei dazi lanciata da Donald Trump con
la “guerra dell’alcol”, cioè la messa al bando di whisky, bourbon e liquori americani. Molte delle tredici province canadesi si sono coordinate per dare una risposta corale e togliere dal commercio migliaia di bottiglie di importazione, colpendo gli Stati Usa a maggioranza trumpiana.
Anche Quebec, Manitoba e British Columbia si sono unite, tra le altre, alle iniziative con l’obiettivo di colpire gli Stati guidati dai repubblicani, tra i maggiori esportatori di alcol in Canada.
Un’immagine virale sulla piattaforma Reddit mostra un cartello con scritto “compra canadese invece di”, e il simbolo nazionale della foglia d’acero con le sue undici punte, appeso su uno scaffale vuoto dove prima c’erano i prodotti americani
Il premier di British Columbia aveva annunciato la messa al bando già sabato, subito dopo l’annuncio di Trump di imporre dazi al Paese alleato e confinante a nord. Stesso provvedimento è stato preso dalla provincia di Nova Scotia, che ha chiesto ai rivenditori di togliere da scaffali e vetrine i prodotti statunitensi. Sui social migliaia di canadesi hanno approvato l’iniziativa e lo stesso premier dimissionario Justin Trudeau, che ha lanciato la linea dura, ha guadagnato consensi.
La guerra dell’alcol metterà in crisi i giganti Usa del settore come Jack Daniels, che viene prodotto nel Tennessee, Bacardi Rum Florida), Tito’s Vodka (Texas), Jim Beam (Kentucky) e Bulleit Bourbon (Kentucky), ma sono decine le etichette colpite dalla protesta.
Soltanto nell’Ontario vengono venduti in un anno beni americani per un valore complessivo di 965 milioni di dollari, e che riguardano più di 3600 prodotti esportati da trentacinque Stati americani. L’Ontario, il più popoloso del Canada, dove vive un cittadino su tre dell’intera nazione, è anche la provincia con la maggiore produzione industriale, maggiore della somma di tutte le altre province.
Nel frattempo il governo federale canadese ha annunciato l’imposizione di dazi al 25 per cento su importazioni dagli Usa per più di trenta miliardi, ma conta di applicare le nuove tariffe a tutti i prodotti, che valgono oltre 150 miliardi di dollari. La rappresaglia verrà completata entro fine marzo e si aggiunge ad altre misure.
L’Ontario ha annullato anche il contratto da cento milioni di dollari con Starlink di Elon Musk, imporrà una tariffa del 25 per cento alle forniture di energia elettrica in molti Stati americani della costa est e del midwest, e minacciato di tagliare l’energia se le tariffe di Trump continueranno a restare in vigore anche ad aprile.
(da agenzie)
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