Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
FABRIZIO RONCONE SUL “CORRIERE DELLA SERA” MASSACRA IL SEGRETARIO LEGHISTA
Che ha detto oggi Matteo Salvini?
Aspettate.
La faccenda è seria.
Perché andargli dietro in queste tremende giornate così oscure è complicato per chiunque, perché è proprio un Salvini bum bum! tragicamente in purezza, brutale e a ruota libera, fuori controllo, senza prudenze, pudori, senza mai nemmeno tener conto di quello che pensa e dice e cerca di fare la premier Giorgia Meloni, come se non fosse il suo vice, ma solo uno scatenato e legittimo fan di tutti quelli che maggiormente minacciano, spaventano le democrazie europee: sfacciato adulatore di Trump, ammiratore di Musk, il miliardario che tra un cannone di hashish e una bottarella di ketamina vorrebbe deportarci su Marte, Salvini propone addirittura di andare a brindare con la vodka a Mosca, sulla sua cara Piazza Rossa, dove già sfoggiava le oscene magliettine che conosciamo, su cui aveva fatto stampare la faccia tonda del dittatore, del bandito internazionale che avrebbe poi invaso l’Ucraina — «Cedo due Mattarella in cambio di mezzo Putin!», osava dire, senza alcuna vergogna — e perciò adesso non è nemmeno il caso di stupirsi troppo.
Prevale, più che lo stupore, una certa generale apprensione per questa partita tutta sua, quasi privata, con cui forse spera di resistere alla guida della Lega, il partito che ha fatto precipitare, una batosta elettorale dietro l’altra, a un 8,5% strutturale, e che sta cercando di spostare più a destra della destra (è corso ad applaudire i nazistoidi tedeschi di AfD, mentre Tajani, l’altro vicepremier, disgustato commentava: «Con quella roba lì, FI è inconciliabile»).
Molti importanti esponenti leghisti sono a testa china, furibondi. Dovreste leggere tra le righe delle interviste che sta rilasciando Luca Zaia. E lasciamo stare Fedriga e Fontana. I governatori conoscono i loro territori, parlano con gli imprenditori e gli operai, sono pezzi di Lega viva, moderata, orgogliosa. Si può sopportare qualcosa, non tutto. Ma lui, il cosiddetto Capitano, prima li ha obbligati ad accogliere sul Carroccio Roberto Vannacci (che sta lì, con le gambe penzoloni, pronto a saltare giù e ad andarsene per conto suo)
Poi li fa assistere al sostanziale congelamento dell’Autonomia e alla fuga dei militanti pugliesi, laziali, compresi pure i calabresi e i siciliani, nonostante la visionaria promessa del Ponte sullo Stretto, incomprensibile per qualsiasi leghista del Nord Est (e comunque ancora nessuna traccia nemmeno di mezzo cantiere).
Ed è però inevitabile che alla fine sbottino e urlino (certo che urlano, in privato urlano e accusano, come sanno bene i capigruppo alla Camera e al Senato, Molinari e Romeo) quando gli sentono dire che i dazi — capito? i dazi — proposti da Trump «saranno una straordinaria occasione per le nostre aziende».
È difficile star dietro a un Salvini così (sghignazza, eccitata, solo la coppia Borghi&Bagnai, che s’accontenta di essere di nuovo invitata nei talk tv). Anche in redazione, qui, al Corriere, gente che pure ne ha viste tante. «In che senso, scusate, Salvini propone di dare a Trump il premio Nobel per la Pace? Ragazzi, non scherziamo… c’è da lavorare».
Solo che non era uno scherzo. Come quando afferma: «Orbán? Uno dei governanti più illuminati». Forse nemmeno la moglie di Orbán, Anikó Levai, pensa che suo marito sia un tipo di larghe vedute: ma Salvini sì, a lui piacciono certe tipologie umane.
Di Musk, per dire, è entusiasta. «Parlare male di lui è contro l’interesse nazionale!». Bum bum! E prosegue: «In Aula c’era l’approvazione del ddl Spazio e le opposizioni tiravano su dei cartelli… però criticare Musk è una vera sciocchezza, una piccineria…».
Ma che gentile, no? Ecco, poi forse è anche il caso di ricordare che lo scagnozzo italiano del miliardario americano, il tipino riccio Andrea Stroppa, inseguito dalla Procura di Roma con l’accusa di «corruzione», prima ha — letteralmente — minacciato il nostro Parlamento (pazzesco: eppure è successo), poi s’è inventato una curiosa serie di sondaggi su X. L’ultimo era questo: «Quale ministro dell’Interno ha gestito meglio la sicurezza negli ultimi anni? Piantedosi, Lamorgese, Salvini, Minniti». Secondo voi, chi ha stravinto?
Diciamo che tutto si tiene. Del resto, che Salvini sogni di tornare al Viminale, lo sanno anche alla stazione Termini. Dove un Frecciarossa, per paura di arrivare con il solito ritardo, è addirittura partito in anticipo (lasciando a terra decine di passeggeri). È oggettivamente un problema avere un ministro dei Trasporti che s’occupa così tanto di politica estera («Guarda che siamo io e la Meloni a prendere le decisioni», ha precisato, l’altro giorno, uno stizzito Tajani).
Ma lui è inarrestabile. Quando vede Trump e il suo vice atteggiarsi a gangster con Zelesky, commenta estasiato: «Con i modi strong, forse il risultato arriva» («strong», tra l’altro, non si capisce nemmeno come gli sia venuto, perché il suo inglese è come quello di Alberto Sordi nel film Un americano a Roma).
Poi si collega con Calin Georgescu, il candidato filorusso alle presidenziali in Romania. Quindi dice che «Macron è un matto». E che la von der Leyen «fa ridere». Perché Salvini è contrario al riarmo dell’Europa. Come Putin (Tajani, con la sua voce di velluto, pacato: «Il governo italiano, in realtà, pensa che il piano sia giusto»)
Ma cosa importa a Salvini? La Meloni gli ha chiesto equilibrio, sobrietà, cautela. Il mondo è in bilico, l’Italia è in bilico.
E lui: «Ma Trump è una grande opportunità!». Poi ha aggiunto: «Lo dico, sia chiaro, senza servilismo».
Fabrizio Roncone
per il “Corriere della Sera”
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Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
IN COLORADO UNA DONNA HA LANCIATO DELLE MOLOTOV NEL PARCHEGGIO E SCRITTO “NAZISTA” SULL’INSEGNA… IN OREGON UN UOMO HA SPARATO CONTRO UN NEGOZIO TESLA
La donna con la felpa nera con cappuccio è entrata nel parcheggio delle auto Tesla pronta a
fare danni. Si è presentata con quattro bottiglie di Smirnoff Ice riempite di benzina, le ha lanciate contro i veicoli elettrici parcheggiati intorno alla concessionaria e li ha guardati mentre bruciavano.
Nel corso di 13 giorni a partire dal 29 gennaio, secondo i documenti del tribunale, Lucy Grace Nelson si è recata ripetutamente al parcheggio Tesla di Loveland, in Colorado. Una volta ha scritto con lo spray “nazista” in nero sotto l’insegna d’ingresso della concessionaria, secondo i documenti del tribunale, e un’altra volta ha acceso una molotov vicino a un Cybertruck Tesla. Avrebbe anche usato della vernice spray rossa per scrivere un messaggio sulle porte d’ingresso della concessionaria: “F… Musk”. L’avvocato di Nelson ha rifiutato di commentare il caso.
Dall’insediamento del Presidente Donald Trump, più di una dozzina di atti violenti o distruttivi sono stati diretti contro le strutture Tesla, secondo i documenti del tribunale, le fotografie di sorveglianza, i registri della polizia e i rapporti dei media locali esaminati dal Washington Post. Gli incidenti si verificano quando Elon Musk è salito alla ribalta come il più noto sostenitore di Trump e come provocatore conservatore a pieno titolo. L’ira rivolta al miliardario della tecnologia online si è sempre più riversata nella vita reale, con atti di vandalismo rivolti alle vetrine, alle stazioni di ricarica e ai veicoli Tesla.
A marzo, diversi supercaricatori Tesla in un centro commerciale di Littleton, Massachusetts, sono stati dati alle fiamme. I vandali del Maryland hanno anche scritto con lo spray “No Musk” su un edificio Tesla, insieme a un simbolo simile a una svastica. A febbraio, un uomo che brandiva un’arma semiautomatica di tipo AR ha sparato contro la vetrina di un negozio Tesla a Salem, in Oregon. Solo poche settimane prima, secondo gli investigatori, lo stesso uomo aveva attaccato la stessa concessionaria lanciando molotov contro i veicoli Tesla e attraverso la vetrina del negozio. Secondo i documenti del tribunale, ha causato danni per circa 500.000 dollari.
La distruzione si aggiunge alle difficoltà di una casa automobilistica già in subbuglio. Le sue azioni sono scese di oltre il 35% dall’insediamento di Trump e l’anno scorso l’azienda ha subito il primo calo delle vendite annuali in oltre un decennio. In Germania, le vendite di auto Tesla sono crollate del 76% a febbraio rispetto all’anno precedente, secondo i dati pubblicati mercoledì. Alcuni proprietari hanno espresso il rimorso dell’acquirente per aver posseduto un’auto che alcuni vedono ora come un simbolo della politica di estrema destra, un netto distacco dalla coscienza ambientale che incarnava un tempo.
Ross Gerber, un investitore di Tesla di lunga data e critico di Musk, ha affermato che le segnalazioni di distruzioni contro le vetrine, le auto e i supercaricatori Tesla potrebbero creare un “effetto raggelante”. I clienti “potrebbero non volersi associare… a Elon e avere a che fare con atti di vandalismo”, ha affermato.
L’azienda automobilistica del miliardario non è nuova all’ira pubblica. L’anno scorso, la fabbrica di Tesla vicino a Berlino ha perso la corrente dopo che un’organizzazione ambientalista di estrema sinistra, il Volcano Group, ha rivendicato la responsabilità di aver dato fuoco a un traliccio dell’elettricità vicino all’impianto. Mesi dopo, circa 800 attivisti ambientalisti hanno tentato di prendere d’assalto la stessa fabbrica. Alcuni dipendenti e investitori hanno iniziato a parlare di Musk, preoccupati che la sua alleanza con Trump stia danneggiando in modo irreparabile la reputazione dell’azienda e la sua missione di costruire un futuro più sostenibile
Dimostranti arrestati dagli agenti della polizia di New York mentre protestano contro Elon Musk e Tesla fuori da uno showroom Tesla, sabato a New York.
Ma la posizione politica di Musk dopo l’insediamento di Trump ha aumentato le opinioni polarizzate su di lui. Ha stretto rapporti con politici di estrema destra in Europa e ha fatto un gesto che ricorda un saluto nazista. I dimostranti si sono riuniti fuori dagli showroom Tesla in tutti gli Stati Uniti per protestare contro i tagli drastici di Musk al governo federale attraverso il servizio DOGE degli Stati Uniti.
“Che si tratti di motivazioni politiche o meno, l’incendio doloso e la distruzione di proprietà non sono il modo migliore per far capire il proprio punto di vista”, ha dichiarato Matthew Pinard, capo della polizia di Littleton, dove questa settimana sono stati incendiati diversi caricatori Tesla.
Musk e Tesla non hanno risposto alle richieste di commento. In risposta a una foto postata sui social media di un supercaricatore dipinto con lo spray con la parola “nazista” il mese scorso, un account ufficiale di Tesla sui social media ha detto che l’azienda “sporgerà denuncia per vandalismo ai supercaricatori”.
Adam Choi e sua moglie stavano uscendo dalla chiesa domenica mattina a Brookline, nel Massachusetts, quando si sono accorti che la loro Tesla era stata vandalizzata con un adesivo che ritraeva Musk nella sua ormai famosa posa a braccio alzato. Choi, 37 anni, ha individuato il presunto vandalo dall’altra parte del parcheggio e ha tirato fuori il telefono.
“Perché pensi di avere il diritto di farlo?”. ha detto Choi nel video, condiviso con il Post. “È la mia libertà di parola”, ha risposto l’uomo prima di ripartire in bicicletta. Choi ha chiamato il dipartimento di polizia di Brookline, che nel frattempo ha identificato l’uomo ma non lo ha arrestato.
In risposta al video di Choi, condiviso dalla polizia di Brookline su X, Musk è intervenuto: “Danneggiare la proprietà altrui, alias vandalismo, non è libertà di parola”, ha scritto.
A circa 30 miglia di distanza, a Littleton, la mattina dopo, una stazione di ricarica Tesla in un centro commerciale all’aperto è stata cosparsa di accelerante e data alle fiamme, ha dichiarato la polizia. L’incidente è stato indagato come atto doloso, ma non è stato identificato alcun sospetto.
Altrove, in tutto il Paese, gli atti di vandalismo hanno talvolta preso una piega terrorizzante. Nelle prime ore del mattino del giorno dell’inaugurazione, un conducente di una Tesla che stava ricaricando il suo veicolo vicino a una concessionaria di Salem, in Oregon, ha visto un uomo vestito di nero che brandiva quello che sembrava essere un fucile di tipo AR. Ha visto l’uomo dare fuoco a un oggetto e lanciarlo contro un SUV Tesla rosso, secondo una denuncia del tribunale federale.
Mentre l’uomo – in seguito identificato dalla polizia come Adam Matthew Lansky – continuava a scagliare quelle che sembravano molotov contro altri veicoli Tesla parcheggiati, l’autista ha staccato rapidamente la spina e ha iniziato ad allontanarsi. Secondo la denuncia, Lansky ha lasciato cadere una molotov incendiata e ha puntato la pistola verso l’uomo all’interno della Tesla.
Poi, Lansky ha lanciato un sasso che ha mandato in frantumi la vetrina dello showroom e ha lanciato un dispositivo incendiato nel negozio prima di lanciare molotov contro altri due veicoli e andarsene, secondo la polizia. Le foto dei danni fornite nei documenti del tribunale mostrano una Tesla carbonizzata, scavata dal fuoco, e una vetrina del negozio in frantumi. Secondo la denuncia, sette veicoli Tesla hanno subito danni dall’attacco e uno è stato distrutto.
Alcune settimane dopo, Lansky sarebbe tornato nella stessa concessionaria e avrebbe sparato alla vetrina e a un veicolo parcheggiato all’interno del negozio. I proiettili sono stati recuperati all’interno del negozio, in un’area “che sarebbe stata popolata da clienti e dipendenti durante l’orario di lavoro”. Lansky è stato arrestato martedì e incarcerato in attesa delle accuse e del processo. Il suo avvocato non ha risposto a una richiesta di commento.
Preoccupazioni per il marchio
La politica polarizzante di Musk e il vandalismo anti-Tesla stanno avendo un effetto negativo sul marchio, ha detto Gerber, l’investitore di Tesla. “Tutto questo potrebbe essere risolto molto facilmente”, ha detto, ‘con l’assunzione della direzione di Tesla da parte di qualcun altro’.
Nel frattempo, però, le forze dell’ordine locali temono che sia questione di tempo prima che qualcuno rimanga gravemente ferito in episodi di violenza contro le Tesla. Si stima che Nelson, che nei documenti del tribunale è indicato anche come Justin Thomas Nelson, abbia causato almeno 5.000 dollari di danni alla concessionaria del Colorado
Choi, il proprietario della Tesla di Brookline la cui auto è stata vandalizzata, ha dichiarato di aver votato per Trump e di essere “neutrale” sul lavoro di Musk al DOGE. Pur comprendendo l’astio nei confronti di Musk, che sta apportando cambiamenti aggressivi alla forza lavoro federale, ha detto che è stato comunque “scioccante e inquietante” vedere la propria auto vandalizzata fuori dalla sua chiesa.
Ha detto di amare la sua Tesla, considerandola l’opzione migliore – e più economica – per un veicolo elettrico di qualità negli Stati Uniti. Ma l’incidente nel parcheggio della chiesa lo ha reso diffidente nel guidare la sua auto ora, per paura che venga attaccata di nuovo.
(da Washington Post)
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Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
PARTECIPA ALL’EVENTO DELLA MINISTRA ROCCELLA SULLE DONNE, CIRCONDATA DA ATTORI E DIRETTORI RAI, VEZZEGGIATA E CELEBRATA
Arianna Meloni “nun parla”, “nun scappa”, “nun la freghi”. Arianna Meloni ha il Rolex. Signora Meloni, ci dica una parola sui magistrati, sull’Europa, su Schlein, una sola! “Ma che se po’ dì dopo che ha parlato la presidente? Giorgia ha riportato l’Italia al centro dello scacchiere internazionale”.
Signora Meloni, ogni sua sillaba cambia il giornale. “Oh, Gesù! Ma siete degli stalker. Ma lei me stai a seguir pure alla toilette”. Signora Meloni, ci hanno mandato al Maxxi per l’evento “Storie invisibili di donne incredibili”, organizzato dalla ministra Roccella, con la Ragioniera Daria Perrotta, il cigno di stato. Non ci faccia tornare senza nulla. Abbiamo speranze? “Lei ha detto bene. Si parla di grandi donne. Parliamo di donne”.
Certo, ma c’è la decisione della Cassazione che ha multato il governo per il caso Diciotti e le parole della premier, sorella, che ha definito la decisione “frustrante”. Ci fa un regalo? “Lei mi sa ripetere una storia che ha ascoltato di una di queste grandi donne? Io le so tutte”. Signora Meloni, abbiamo ascoltato quella di Nina Sartirina, che cucì la bandiera tricolore e la nascose, come ha raccontato Paola Ferazzoli, “sotto la sottana”. E poi, ci scusi, lei è la “segretaria” di FdI, comprenda. “Intanto nun è vero”. E cos’è? “Io sono una militante di FdI, ho un incarico in segreteria e poi c’è Donzelli”. Signora Meloni, perdoni, ci sembra di vedere che il suo orologio è d’acciaio, il suo orologio è stupendo, sembra proprio un Rolex. E’ un Rolex? “Embé? Sì, è un Rolex. Me l’ha regalato mamma nel 1999. Ci tengo tantissimo. Ah, glielo dico subito. Con me nun attacca. Me potete controllar er conto corrente, la borsetta. Se vuole la apro. Non è che ce farà er pezzo? Ce famo er pezzone. L’attrice Claudia Gerini, invitata, la bacia come fosse la notte degli Oscar, Angelo Mellone, il direttore del Day Time Rai, total blu, dice lui, la fa sorridere. Come ha fatto? Andiamo da Mellone. Il segreto? “Le ho raccontato del meme dell’uomo scemo”. Mellone, ora lei ce lo ripropone e noi andiamo a farci belli con Meloni. “Con piacere. Una donna guarda il compagno e dice: ‘Chissà cosa pensa lui, di me’, e il marito, che guarda lei, pensa: ‘Ma se la pizza è rotonda perché il cartone è quadrato?”.
Siamo al Maxxi e contiamo almeno 15 “rottura di tetti di cristallo”, viviamo il tormento del mestiere, l’alleanza tra giornalisti: “La dobbiamo vezzeggiare facendola parlare prima delle donne e poi proviamo con una domanda vera. Io faccio la seria, tu vai di rinforzo”. Chi tradisce è uno schleiniano. Non funziona. Non ci sono neppure mimose da regalare. Arianna nun molla.
Lo sgomento del giornalista: “Se non parla Arianna Meloni non c’è un titolo, se non c’è un titolo non c’è Arianna”. Per fortuna, nell’attesa, arriva Mellone, il bello Rai, che ci racconta le sue ultime vicissitudini: “Ma io sarei pronto ad andare a Rai Cultura, non sai quante idee avrei, quanti programmi potrei fare. Ma come faccio a lasciare il Day Time? Capisci la difficoltà”. E’ uno scrittore, un drammaturgo, un artista e solo gli artisti si possono permettere di non avere peli sulla lingua, sulla Rai: “In Rai sembra di stare, a volte, in un ministero socialdemocratico. Giornalisti, conflitti, io invece lavoro, faccio programmi e vanno pure bene. Hanno il segno più. Il bilancio è positivo. Venite a trovarmi”. Finisce di dirlo e appare Daria Perrotta, la ragioniera di stato, con il suo cerchietto in testa, senza scorta, come fosse una professoressa di Oxford. Ragioniera, lei, da sola? “E non è forse bello così”.
E’ un museo tutto per loro, per le donne, una stanza tutta per sé. Ci sono gli studenti di Villa Flaminia che sbuffano quando sentono “abbiamo rotto i tetti di cristallo” che è una frase ormai a mille pezzi. Ce l’hanno fatta, Roccella, Meloni, Perrotta, Gerini, e adesso possono ricordare, i torti, le piccole offese le incomprensioni, quelle che Caterina Balivo, anche lei presente, aveva con il papà, il babbo che le diceva “tu non andrai mai a Roma”, il “se fossi stata maschio ti avrei mandato”, la molla che, dice ancora Balivo, “mi ha spinto a gareggiare a Miss Italia. Era solo un modo per rimanere a Roma”. La ministra Roccella ricorda che venne eletta e i fotografi chiesero al marito, “cosa si prova a essere deputato?” e il marito, “in realtà non provo nulla, dato che a essere stata eletta è stata mia moglie”. Perrotta che si è portata i suoi numeri, e che studia, in prima fila, quando sale sul palco cita Virginia Woolf, la sua ricerca di libertà, perché “sono stata sola in stanze piene di uomini”. Ecco dunque tornare la stanza, “la cultura, la libertà economica, le 500 sterline di Virginia Woolf”. Se solo Arianna parlasse. Chi ha dato la dritta? “Viene Arianna, andate”. Mellone, che è stato giornalista, anche del Riformista, “mi facevano fare il fascio di sinistra”, quando le si avvicina ha un’impennata di share. E’ accompagnata dalla sottosegretaria Pina Castiello, da Sara Kelany, di FdI, e porta al collo lo scapolare. Signora Meloni, parliamo di riarmo? “Faccia lei, sono sicuro che farà bene. Ovviamente se stava a scherza’”. Andiamo a prendere il caffè ma Arianna “nun molla”. Arianna lo prende freddo, e possiamo farci il titolo “Arianna la fredda”. Si moltiplicano le telefonate al capo redattore centrale. La speranza è che un collega ceda prima dell’altro e che si decida insieme: nun ce famo niente. Poi c’è sempre il trucco. Ah, non lo sapete? Un collega dice all’altro: andiamo a berci un caffè, e poi, l’altro, “perdonami io devo andare”. Entrambi escono e quasi sempre finisce che si ritrovino dove si erano separati. In questo caso si finisce al bar del Maxxi dove c’è Francesco Rutelli che fa una riunione. Massimiliano Ossini, altro volto Rai, che conduce, e che vuol fare il gentile, il sapiente, con la giuria che ha stabilito i premi, domanda a una delle super donne, Marinella Fiume, quanto sia stato complicato decidere chi premiare, e lei: “Ma che complicato!”. L’allarme: “Arianna si è alzata”. La portavoce: “Per la toilette”. Secondo allarme: “E’ finita”. Si alza, e questa volta va via davvero, ma viene circondata dalla Gerini: “Poi ci vediamo”. E Arianna: “Certo, tesoro”. Il capo del legislativo di Roccella si presenta: “Io sono Antonella Valeriani, madre di tre figli”. E Arianna: “Evvai!”. Si lascia fotografare e lascia anche il suo numero di telefono a una madre con cui scherza: “A mia sorella dicevano ‘ti voterei pure, ma poi come fai a governare, ce la fai?’. Dovremmo invitare, oggi, sul palco, quegli uomini”. Ma non è forse finita? Uomini, professionisti, sono costretti ad adularla, a dirle che è una donna forte, che lei dice sempre la verità, e lei, Arianna: “Giusto, vero. E’ così”.
Adesso le basta alzare il telefono, chiamare qualsiasi giornale per dire la sua sulla Cassazione, sulla guerra in Ucraina, sulla vita privata, su Trump. Arianna Meloni è la copia della sorella, ed è il mondo come lo vorrebbe Giorgia. E’ il mondo del parlare poco e bene (non come la ministra Casellati che ha parlato della “mattanza” delle donne uccise, proprio ora che i delitti stanno scendendo) un mondo dove si ripetono le poche cose certe: “Con Giorgia siamo al centro dello scacchiere nazionale”. Forse, di nascosto, Arianna Meloni darà quel virgolettato a chi con pazienza l’ha seguita per una mattina. Anche questa è libertà. E però, ora basta, basta pensare ancora “ah, quando ce dicevano. Ah, quando eravamo”. L’ultimo tetto di cristallo che è rimasto è in casa loro. Cara Meloni, candidi sua sorella, le dia la sicurezza del seggio. Sarà la parità totale e sarà meraviglioso sentire dalla voce dell’altra Meloni: “Come penso io, Arianna, e come immagino, pensa anche mia sorella…”.
(da ilfoglio.it)
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Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
IL PASTICCIO DOPO L’ORDINE DI TRUMP CONTRO LA DIVERSITA’ E L’INCLUSIONE… LA GOFFA CENSURA DI QUALCHE SERVO ZELANTE DEL DIPARTIMENTO DELLA DIFESA HA COLPITO ANCHE LE IMMAGINI DEL BOMBARDIERE CHE SGANCIO’ L’ATOMICA SU HIROSHIMA
Secondo l’agenzia Ap, la goffa censura del dipartimento della Difesa ha colpito anche le
immagini relative al bombardiere che sganciò l’atomica su Hiroshima. E altre fotografie rischiano di essere eliminate con lo stesso criterio
Enola Gay è il nome dell’areo da cui venne sganciata la bomba atomica che nel 1945 devastò Hiroshima. Il velivolo fu chiamato così in onore dalla moglie del colonnello statunitense Paul Tibbets, che lo fece volare sopra la città giapponese e sganciò l’ordigno.
A causa del suo nome, le foto dell’aereo rischiano di essere rimosse dall’archivio del Pentagono che ha iniziato la pulizia voluta da Donald Trump di tutto il materiale attinente ai programmi di Diversity, Equity and Inclusion (DEI) nei dipartimenti e nelle agenzie federali.
Con la sigla invisa al nuovo inquilino della Casa Bianca, negli Usa ci si riferisce alle politiche contro la discriminazione. Nella stessa situazione delle foto dell’aereo se ne trovano altre 26 mila circa – 100 mila se si considera che alcune sono state pubblicate su vari canali social – che il Dipartimento di Difesa potrebbe cancellare dai propri database, in alcuni casi solo per il nome dei file.
Le altre foto che rischiano la rimozione
A dare la notizia è Associated Press dopo aver visionato l’archvio e aver parlato con un funzionario del Pentagono che ha chiesto di rimanere anonimo. Secondo la fonte, non è chiaro se il lotto di foto da eliminare sia stato finalizzato. Quel che si può affermare in questo momento è che molte delle immagini sembrano essere state selezionate a causa di dettagli che con i programmi DEI, almeno apparentemente, non hanno niente a che vedere. Oltre a quella dell’aereo, il cognome «Gay» di un ingegnere immortalato assieme ai suoi colleghi nell’esercito compromette l’intera serie di foto che li ritrae. Anche una foto dei biologi dell’esercito potrebbe essere destinata alla stessa sorte, a causa della presenza di un pesce di cui menziona il gender. Rischiano anche le immagini dedicate alle prime donne ad aver ottenuto titoli e riconoscimenti in un campo che prima del loro arrivo era appannaggio unicamente maschile.
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
SI E’ RIUNITO IL COMITATO PROMOTORE PER IL LANCIO DELLA CAMPAGNA… SCHLEIN: “LA NOSTRA BATTAGLIA PER METTERE A VALORE LE DIFFERENZE”
Il referendum sulla cittadinanza entra nel vivo. Nel giorno in cui la Cassazione ha deciso che i migranti della Diciotti, lasciati in mezzo al mare dal 16 al 25 agosto del 2018 per movimentare la propaganda anti-immigrati dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dovranno essere risarciti dallo Stato, il comitato promotore si è riunito a Roma, nei locali di ExtraLibera, un bene sequestrato alla criminalità organizzata.
Preoccupa l’astensionismo
In attesa di conoscere la data della consultazione che si svolgerà in primavera, la scommessa è ovviamente il quorum: l’astensionismo record delle ultime consultazioni, non solo referendarie, chiaramente preoccupa un po’ tutti, ma la straordinaria raccolta firme, con 637.487 sottoscrizioni raccolte in breve tempo e depositate in Consulta, crea un moderato ottimismo tra le associazioni e i partiti che sostengono la richiesta di modifica della norma che consentirebbe ai figli degli stranieri nati in Italia, o che in Italia vivono da quando erano bambini, di dimezzare i tempi necessari per ottenere la cittadinanza italiana. Il “numero magico” è 23 milioni, tanti sono gli italiani che dovranno recarsi alle urne per rendere valido il referendum.
Il dibattito sulla cittadinanza divide anche le destre
Quello della cittadinanza dei nuovi italiani è un tema ormai trasversale: persino nel governo più a destra della storia repubblicana è in corso un dibattito, con Forza Italia che ha depositato lo “Ius Italiae”, una proposta di legge che ha fatto infuriare gli alleati. L’evento organizzato a Roma inizia con un ricordo di Omar Neffati, portavoce dell’associazione “Italiani senza cittadinanza”, che si è tolto la vita nel 2023. Il giovane parla in un video della sua esperienza di straniero nel suo Paese, “Bisogna essere forti senza che il cuore diventi duro”, dice, lasciando la sala in un commosso silenzio. Nelle scuole del nostro Paese oltre l’11 per cento degli studenti sono figli di migranti e tra il 2022 e il 2023, degli oltre 950 mila nuovi registrati, tre su quattro sono nati in Italia.
Le opposizioni quasi compatte a sostegno del “Sì”
In prima fila, alcuni leader delle forze politiche più impegnate nella campagna. Quasi tutte le opposizioni, con la sola eccezione di Azione di Carlo Calenda, che ha contestato la proposta “nel merito e nel metodo”, sostengono la campagna per il “Sì”. In sala ci sono la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs, Angelo Bonelli, Il leader di +Europa, Riccardo Magi. In collegamento intervengono Emma Bonino (che da storica radicale è tra le più preoccupate per il raggiungimento del quorum) Pippo Civati e diversi esponenti della società civile. “Per la prima volta dopo tanti, troppi anni – spiega a Fanpage Francesca Druetti, segretaria nazionale di Possibile – si parla di migrazioni e cittadinanza in un modo diverso pensando alle trasformazioni che hanno interessato il nostro Paese e a ciò che il nostro Paese è già diventato. Ci sono già più di 150 realtà, tra associazioni e partiti, che vogliono cambiare attraverso il referendum una legge ingiusta, che tende a cristallizzare la demarcazione tra ‘noi’ e ‘loro’, e che inevitabilmente si ripercuote in tutte le norme che riguardano le persone straniere o migranti. Di fronte a un governo che parla di ‘sostituzione etnica’, di ‘remigrazione’, che insiste sul complottismo e la diffidenza, la migliore risposta è andare a votare”.
Schlein: “La legge attuale calpesta dei diritti fondamentali”
Le fa eco Civati, che nel suo intervento non risparmia attacchi al governo: “È questa la campagna politica più importante dell’anno di questo e dei prossimi, per la verità. Spero che tutti se ne rendano conto. Non è patriota chi non riconosce i diritti delle cittadine e dei cittadini, attuali e futuri. Non è patriota chi divide il paese, sulla base di etichette e pregiudizi totalmente incostituzionali. Non è patriota chi non considera le trasformazioni e le prospettive di un paese che è cambiato già, in profondità”, incalza. “Questo referendum – ha rimarcato invece Elly Schlein – ci dà la possibilità di fare un primo passo fondamentale per riparare a una ingiustizia che va avanti da troppo tempo. Possiamo ottenere il dimezzamento del tempo per la cittadinanza: andare a 5 anni significa allinearsi ad altri Paesi. La nostra battaglia non e per negare differenze ma per metterle a valore. Oggi le prospettive non sono uguali per tutti e tutte. La legge attuale calpesta dei diritti fondamentali”.
Magi: “Bisogna garantire l’informazione tra i cittadini”
Uno dei timori è che il governo lavori per “silenziare” la campagna referendaria, per impedire il raggiungimento del quorum. “Sul referendum sulla cittadinanza – sottolinea Riccardo Magi – bisogna garantire l’informazione tra i cittadini, perché i referendum storicamente vengono fatti fuori annullando l’informazione. Per questo abbiamo già scritto alla commissione parlamentare di vigilanza Rai, che ora è bloccata per l’ostruzionismo della maggioranza, perché approvi il regolamento sugli spazi televisivi riservati alla campagna per il referendum”.
(da Fanpage)
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Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
SALVINI, IN CARICA DAL DICEMBRE 2013, NON DOVREBBE AVERE SFIDANTI MA NELLA LEGA AUMENTANO I MAL DI PANCIA
Lo ha fatto apposta oppure no? Vai a sapere, ma in Veneto c’è grande fastidio. Matteo
Salvini convoca il congresso del partito (dopo ben 8 anni) il 5 e 6 aprile a Firenze e guarda un po’, sono praticamente gli stessi giorni del Vinitaly (dal 6 al 9 aprile), grande vetrina di pubblico e di popolo dell’amministrazione veneta guidata da Luca Zaia. Un appuntamento al quale il presidente di Regione non manca mai per tutte le quattro giornate e nella fase preparatoria, lo stesso gli assessori veneti. E al quale spesso si presentano tutti i big della Lega. Ma come fai se la domenica c’è il congresso del Carroccio?
Sgarbo voluto o semplice distrazione, al congresso calato dall’alto non ci si aspettano sorprese. Il candidato segretario federale sarà unico, cioè Salvini stesso, in carica dal dicembre 2013, al massimo i delegati (700 in tutto) voteranno qualche documento programmatico diverso. Non una mozione vera e propria, ma una specie di linea di indirizzo da consegnare al leader. Sia dalla Lega Lombarda che dalla Liga Veneta ci si sta ragionando, anche se si aspetta ancora il regolamento, a cui sta lavorando Roberto Calderoli
Anche questo dice molto: manca un mese e neanche si sa bene come funzionerà questo raduno della ‘Lega per Salvini premier’, nuovo soggetto e nuova denominazione dopo la vecchia Lega Nord. Cose tecniche e formali, ma anche sostanziali: come presentare una mozione congressuale, una candidatura alternativa – che non ci sarà – oppure il numero di firme necessarie per portare nella discussione un documento. Si brancola ancora nel buio e il risultato è scontato: sarà una passerella per Salvini con il livello di dibattito ridotto al minimo.
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
IMPENNATA DI AMERICANI CHE RINUNCIANO ALLA CITTADINANZA, RAPPORTO DI BAMBRIDGE ACCOUNTANTS DI NEW YORK
Secondo una ricerca dello studio fiscale internazionale Bambridge Accountants di New York, gli americani che hanno rinunciato alla cittadinanza sono in aumento: 4.819 americani hanno rinunciato alla cittadinanza nel 2024
Si tratta di un aumento del 48% rispetto al 2023, dove sono stati registrati solo 3.260 casi.
Nei 3 mesi precedenti le elezioni del novembre 2024 si è registrata una corsa agli espatri di 2.123 persone, il numero più alto registrato da 4 anni e mezzo a questa parte.
L’impennata rispecchia lo stesso aumento di espatri registrato in occasione della vittoria del presidente statunitense Donald Trump alle elezioni del 2016.
Il Dipartimento di Stato americano stima che gli espatri negli Stati Uniti siano 9 milioni. Negli ultimi 4 anni i livelli di rinuncia degli americani sono stati abbastanza costanti – i tre mesi precedenti le elezioni del 2024 hanno mostrato un aumento significativo del numero di americani all’estero che rinunciano alla cittadinanza.
Ogni trimestre, il governo statunitense pubblica i nomi di tutti gli americani che rinunciano alla cittadinanza, compresi i titolari di Green Card che la restituiscono dopo 8 o più anni.
Alistair Bambridge, partner di Bambridge Accountants New York, spiega: “C’è stato un enorme interesse prima delle elezioni del 2024 e per i primi mesi del 2025 per gli americani d’oltreoceano che vogliono rinunciare alla loro cittadinanza. Mentre il Presidente Biden era al potere, abbiamo riscontrato un minore interesse e le cifre riportate dal Tesoro degli Stati Uniti riflettono questa situazione.
“Parliamo quotidianamente con cittadini statunitensi che vogliono rinunciare alla loro cittadinanza. C’è un aumento di richieste da parte di americani che vogliono restituire il loro passaporto, e il filo conduttore è la situazione politica negli Stati Uniti.
“I cittadini statunitensi che vivono all’estero sono tenuti a presentare ogni anno la dichiarazione dei redditi negli Stati Uniti, dichiarando il reddito mondiale e segnalando tutti i loro conti bancari esteri, gli investimenti e le pensioni detenuti al di fuori degli Stati Uniti. Per alcuni americani, che non sono politici, questa dichiarazione finanziaria è troppo impegnativa e decidono di rinunciare alla loro cittadinanza, poiché non hanno intenzione di tornare a vivere negli Stati Uniti.
In base alla nostra esperienza, tra le richieste che riceviamo ora, circa il 60% degli americani che vogliono restituire il passaporto ha motivazioni politiche e il restante 40% ha motivazioni finanziarie”. Quando il Presidente Biden era in carica, il motivo citato per la rinuncia, oltre il 90%, era di natura finanziaria”.
Bambridge Accountants New York è uno studio con sede a New York specializzato in tasse per gli espatri negli Stati Uniti, per gli espatri nel Regno Unito e per le società straniere con reporting negli Stati Uniti (1120-F).
(da agenzie)
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Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
LA NUOVA RESPONSABILE DEL DIPARTIMENTO PER L’ISTRUZIONE DI TRUMP E’ UNA RICCA IMPRESARIA DI INCONTRI DI WRESLING… TRA IL TRAGICO E IL RIDICOLO, E’ LA FECCIA REAZIONARIA A STELLE E STRISCE
La ricca signora McMahon, 76 anni, una luminosa carriera come impresaria di incontri di
wrestling, è la nuova responsabile del dipartimento per l’Istruzione nell’amministrazione Trump.
Ha ricevuto dal suo capo l’incarico di abolire il dipartimento stesso, lasciando a ogni singolo Stato il compito di farsi una scuola “a misura delle famiglie”. Vanno bene le scuole religiose e le scuole private, basta con la scuola pubblica che indottrina i bambini con diavolerie tipo l’evoluzionismo, le scienze sociali e altre discipline corruttive.
McMahon ne è entusiasta. «Sono mamma e sono nonna, e so che nessuno è più indicato dei genitori per decidere quale istruzione dare ai figli». Un paio di secoli di pedagogia liquidati come una fesseria inutile, l’idea di istruzione pubblica uguale per tutti, e dunque fondativa di una comunità che si rispetti, buttata alle ortiche.
Finalmente le scuole degli Stati repubblicani potranno vietare 1984 di Orwell e Il buio oltre la siepe, e tutti quei romanzi sconci che parlano di omosessualità e di sesso, e minano alle fondamenta la famiglia tradizionale.
Trump invera il sogno dei reazionari di tutto il mondo, nello specifico i reazionari confessionali per i quali la croce non ha alcun significato evangelico (tipo amore per il prossimo e altre smancerie) ma è un’arma ideologica da brandire. Il solo concetto di “pubblica istruzione” contiene, a ben vedere, l’anima del nemico: niente deve essere pubblico, niente dev’essere di tutti, niente uguale per tutti.
Smonteranno l’America democratica pezzo dopo pezzo. Lo hanno detto e lo stanno facendo. I veri antiamericani sono quelli che assistono a questo scempio senza battere ciglio.
(da repubblica.it)
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Marzo 8th, 2025 Riccardo Fucile
FORSE PER IL GOVERNO MELONI È STATA PIÙ DECISIVA LA FEDE POLITICA CHE IL POSSESSO DI COMPETENZE. INFATTI, CHI RITROVIAMO NELLA SEGRETERIA DI FRANCESCO ROCCA ALLA REGIONE LAZIO? LA SORELLA DI MANUELA, MARIA GRAZIA CACCIAMANI, CHE FU CANDIDATA AL SENATO NEL 2018 NELLE LISTE DI FRATELLI D’ITALIA
Già il 5 dicembre 2024 “Il Riformista” annunciava “La desertificazione degli storici Studios di Cinecittà colpisce e non poco. Se ancora pochi mesi fa l’ex amministratore delegato Nicola Maccanico mostrava toni trionfali, da qualche settimana la situazione è radicalmente mutata: si scopre che gli studi non sono più affollati, e molte delle multinazionali straniere che venivano a girare in Italia guardano ad altri mercati.
E nulla è cambiato con l’arrivo da luglio del 2024 di un nuovo amministrato delegato, Manuela Cacciamani, cara a Arianna Meloni nonché partner di Francesco Rutelli nel progetto “Videocittà”. Anzi, gli studios sono sempre più deserti.
Sondare i produttori, soprattutto i grandi produttori internazionali, per favorire una maggiore occupazione degli studios, è un’impresa non facile soprattutto per la cinquantenne Cacciamani che ha alle spalle un curriculum di produttrice di film “fantasma” e documentari che non hanno lasciato la minima traccia: lungometraggi come “Un oggi alla volta” di Nicola Conversa, ‘’Ötzi e il mistero del tempo’’ di Gabriele Pignotta, “Il Maledetto” di Giulio Base, “L’uomo dal Fiore in Bocca” di Gabriele Lavia, “Bar Giuseppe” sempre del prediletto Base.
Qualcuno si ricorda di cortometraggi come “Il viaggio degli eroi” o “Unfitting” di Giovanna Mezzogiorno? In compenso la Cacciamani ha prodotto spot per i Pampers e il Ministero della Salute e videoclip per Fabri Fibra, Fedez, J-Ax, Jovanotti, Mina, Tiromancino e il docufilm “Pooh – Un attimo ancora”.
Un po’ poco per affidare a Cacciamani il ruolo apicale di Cinecittà Spa, cardine fondamentale del sistema audiovisivo italiano, società pubblica di proprietà del ministero dell’Economia ma la cui gestione è in mano al ministero della Cultura che ogni anno bonifica oltre 25 milioni di euro a Cinecittà, a cui si aggiungono oltre 200 milioni di euro di fondi Pnrr per l’ampliamento degli Studios di via Tuscolana.
Ma forse per insediare la Cacciamani sul trono di Cinecittà, per il governo Meloni è stata più decisiva la fede politica che il possesso di più competenze e capacità. Infatti, chi ritroviamo nella segreteria di gabinetto della Regione Lazio, diventando una delle consigliere più fidate del presidente, Francesco Rocca? Maria Grazia Cacciamani, sorella di Manuela.
“Dopo la candidatura al Senato nel 2018 nelle liste di Fratelli d’Italia, la militanza di Maria Grazia Cacciamani non è venuta mai meno. Alle ultime europee ha fatto campagna elettorale ventre a terra per FdI”, ha ricordato Stefano Iannaccone sul “Domani”.
“Un reticolo di potenziali conflitti di interessi, legami intrecciati tra sorelle e il solito amichettismo di destra”, continua a martellare il “Domani”. E squaderna che “Il ministero di Adolfo Urso, il MAXXI di Alessandro Giuli, il ministero della Cultura di Gennaro Sangiuliano e la regione Lazio di Francesco Rocca hanno finanziato la società One More Pictures di Manuela Cacciamani, legata alle sorelle Meloni – in particolare Arianna – tanto da essere nominata, nello scorso luglio, amministratrice delegata di Cinecittà”.
“Ma del resto che Manuela Cacciamani vantasse buoni rapporti a destra, è storia nota”, aggiunge Iannaccone, “In passato ha avuto contatti con Giorgia Meloni. Una delle sue società, in questo caso la Direct 2 brains (una sorta di spin off della One More Pictures), ha lavorato con l’attuale leader di Fratelli d’Italia, quando era ministra della Gioventù del governo Berlusconi per uno spot istituzionale”.
Gran finale: “Appena diventata ad di Cinecittà, Cacciamani ha lasciato tutti gli incarichi privati, compresi quelli nella One more pictures. La gestione delle società è stata trasferita nelle mani di Gennaro Coppola, il suo compagno, oltre che socio in affari. Quindi lei è al comando di una società pubblica dell’audiovisivo, lui al timone dell’azienda di famiglia che opera nello stesso settore”.
Va detto che la desertificazione di Cinecittà sconta anche le vicissutudini del Tax Credit (i finanziamenti statali che coprono tra il 15 e il 40% il costo complessivo di produzione) decisi dai ministri Sangiuliano e Giuli.
Tre giorni fa, il Tar del Lazio ha rinviato al 27 maggio il dibattimento sui ricorsi che piccole e medie società di produzione hanno presentato contro i decreti ministeriali, che vorrebbero riformare l’intervento dello Stato a favore del settore.
Risultato: film bloccati, lavoratori a spasso e tante imprese che lavoravano a Cinecittà (per le scenografie etc) costrette a riciclarsi nell’edilizia, perché non ci sono produzioni.
Tale paralisi dell’industria cinematografica italiana avviene mentre la Spagna è diventata in Europa molto richiesta come location per le riprese. Secondo Hollywood Reporter, tra il 2019 e il 2022, 165 produzioni internazionali incentivate che giravano in Spagna hanno speso almeno 1,3 miliardi di euro e generato un valore lordo stimato di almeno 1,8 miliardi di euro per l’economia spagnola.
Il report ha concluso che il 70% di tale spesa non si sarebbe verificata senza gli incentivi internazionali della Spagna, arrivando a un massimo di 20 milioni di euro per film o 10 milioni di euro per episodio di serie, non superando il 50% dei costi di produzione.
Anche in America, i finanziamenti alle produzioni stanno scatenando una rissa tra Stati. A Hollywood non solo vengono commissionate meno serie ma sono stati girati il 31,3% in meno di film rispetto agli ultimi cinque anni, e sono stati persi migliaia di posti di lavoro.
La California è diventata meno competitiva perché offre 330 milioni di dollari di agevolazioni fiscali all’anno, mentre New York ne offre 700 e altri come la Georgia, con Atlanta come punto chiave per le riprese, non hanno alcun tetto.
Questo senza considerare altri paesi che incoraggiano le riprese, come il Canada. E qualche mese fa il governatore della California, Gavin Newsom, è corso ai ripari proponendo di raddoppiare le agevolazioni fiscali per il cinema.
(da Dagoreport)
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