Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
DAI RUSSI E’ CONSIDERATO UN “UTILE IDIOTA”
Sono trent’anni che Trump sceglie gli interessi russi, per avidità, ingenuità, convinzione o
obbligo. Probabilmente per tutte queste ragioni contemporaneamente.
Trent’anni i sovietici, poi i russi, lo coltivano come “utile idiota”, trent’anni lo hanno sostenuto, finanziariamente, poi attraverso interferenze elettorali nel 2016, 2020 e 2024 per renderlo un alleato più o meno volontario, più o meno consapevole. Come stupirsi quindi di questo tradimento definitivo, per costringere l’Ucraina ad arrendersi alle condizioni russe?
Mi sono sempre chiesta se i russi sostenessero Trump, senza mai avere alcuna certezza o prova definitiva. Quel che è certo è che nel momento più importante per Putin, mentre gioca in Ucraina il perpetuarsi del suo regime e progetto imperiale che è di espansione e lo dico a chi s’illude che Putin si possa fermare all’Ucraina, Trump non lo delude.
Lui e le sue guglie tutte filorusse o troppo vigliacche, pugnalate, fredde, alle spalle, un paese invaso per aver rifiutato la pax Putin e voluto un destino europeo e occidentale.
Gli ucraini combatteranno, come hanno sempre fatto, ricordando di aver respinto, quasi da soli, un esercito 10 volte più forte, a febbraio e marzo 2022. Ricordando che ancora si oppongono a orde incapaci di fare altro che sgranocchiare qualche chilometro, al prezzo di enormi perdite.
Ma quanto durerà il fronte, privo di un cruciale sostegno americano, quando i soldati ucraini saranno esausti e decimati (ma meno dei soldati russi)? Quando finalmente dovremo accettare un cessate il fuoco in condizioni russe? La Russia non è riuscita a sottomettere Kiev, ma rischia di emergere dalla sua guerra di aggressione imbattuta, e più pericolosa che mai.
L’Europa ha alcuni motivi per rimpiangere il suo sostegno militare sempre troppo timido e troppo tardi. Di fronte al nucleare aggressivo, nulla è semplice, ma bisognava correre più rischi per fermare la Russia in Ucraina, quando sarebbe arrivato il momento. Avremmo dovuto prevedere anche questo, un possibile tradimento americano, piuttosto che reagire in fretta.
Quindi cosa fare?
Mettersi in ordine di battaglia, in Europa, per dissuadere la Russia dall’andare oltre, senza affidarsi al traditore della Casa Bianca ma senza rompere completamente con il suo Paese, che prima o poi se ne libererà.
In Ucraina: armi, armi, armi, armi, velocemente per mettere Kiev nella migliore posizione di “trattativa”. E poi garantire la sicurezza del territorio ucraino sfuggito all’invasione russa, diventata il confine dell’Europa e misura il nostro coraggio e il senso che diamo alla nostra libertà e sovranità.
(da Globalist)
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Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
E’ TRA LE 125 PERSONE LICENZIATE DAL BUREAU OF FISCAL SERVICE DEL DIPARTIMENTO DEL TESORO IN WEST VIRGINIA, UNA COMUNITA’ CHE HA VOTATO IL MASSA PER TRUMP… “SE AVESSI SAPUTO LE SUE INTENZIONI NON LO AVREI VOTATO” (IL MONDO E’ PIENO DI COGLIONI)
Jennifer Piggott aveva orgogliosamente esposto una bandiera rossa e blu della campagna di Trump fuori dalla sua casa durante la corsa elettorale di novembre. Ora, dopo essere stata improvvisamente licenziata dal suo lavoro nel servizio civile, il suo sostegno al presidente è finito.
Piggott è tra le oltre 125 persone licenziate a febbraio dal Bureau of Fiscal Service del Dipartimento del Tesoro a Parkersburg, in West Virginia, una comunità che ha votato in massa per il presidente repubblicano Donald Trump.
“Nessuno con cui ho parlato aveva capito quanto devastante sarebbe stata per le nostre vite la presenza di questa amministrazione”, ha detto Piggott, 47 anni, in un’intervista a Reuters, aggiungendo che non avrebbe sostenuto Trump se avesse saputo allora quello che sa adesso
“Per quanto pensi che il presidente Trump stia facendo cose meravigliose per il paese sotto certi aspetti, questa decisione proprio non la capisco”, ha aggiunto
Piggott ha lavorato al BFS per cinque anni e di recente era stata promossa. Proprio questa promozione l’ha resa un bersaglio, poiché l’amministrazione Trump ha iniziato a licenziare migliaia di dipendenti federali in periodo di prova – un gruppo che comprende sia i nuovi assunti sia i lavoratori già esistenti che passano da una posizione interna a un’altra.
La sua rottura con Trump, dopo averlo votato tre volte, è particolarmente significativa: conservatrice praticante, Piggott fa parte di quella fetta dell’elettorato che ora comincia a esprimere insoddisfazione.
Gli analisti politici stanno osservando con attenzione i primi segnali di una possibile reazione nelle roccaforti repubblicane, dove gli sforzi di Trump per ridurre i costi del governo, con l’aiuto del suo “zar del risparmio” Elon Musk, stanno iniziando a farsi sentire.
Il Department of Government Efficiency (DOGE), guidato da Musk, non ha risposto alle richieste di commento. Stesso silenzio da parte dei portavoce di Riley Moore, rappresentante di Parkersburg alla Camera, e del senatore Jim Justice.
Martedì, durante il suo discorso al Congresso, Trump ha parlato a lungo dell’eliminazione dei programmi governativi superflui, ma non ha menzionato i licenziamenti di massa che stanno scuotendo il paese. Finora, sono stati licenziati o hanno accettato un incentivo all’esodo già 100.000 lavoratori federali.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
GIURIDICAMENTE CHI ARRIVA IN UN PAESE E CHIEDE PROTEZIONE INTERNAZIONALE E’ RICHIEDENTE ASILO FINO A QUANDO NON VIENE ESAMINATA LA SUA DOMANDA E NON PUO’ ESSERE CONSIDERATO “IMMIGRATO ILLEGALE”
Da sempre i sovranisti amano deformare la realtà e capovolgere le cose per tentare di avere
ragione
Giorgia Meloni non è da meno e in questi anni ha già diverse volte mostrato il suo volto ‘trumpiano’ raccontando fesserie, spacciando fallimenti per successi, elencando dati economici parziali o in forma distorta per presentare la sua Italia come Bengodi mentre molte famiglie non sanno come sbarcare il lunario
La nostra ‘indignata’ da un pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ossia l’organo massimo, non due sovranisti al bar) se ne è uscita con una dichiarazione nella quale definiva i poveri cristi a bordo della Diciotti “un gruppo di immigrati illegali”.
Ci permettiamo di dire che la nostra novella Trump forse dovrebbe studiare prima di lasciarsi andare ai suoi comizietti social.
Le persone alla quali l’allora re del Papeete Salvini, ministro dell’Interno, impediva scendere dalla nave non erano ‘immigrati illegali’ ma richiedenti asilo. La differenza non è formale. Ma è chiaro che per la propaganda xenofoba definire falsamente quelle persone immigrati illegali suona meglio. Ma è una bugia.
Dal punto di vista giuridico, chi arriva in un Paese e chiede protezione internazionale è richiedente asilo fino a quando non viene esaminata la sua domanda. Fino a quel momento, non può essere considerato “immigrato illegale”, perché il diritto d’asilo è garantito dal diritto internazionale e dalle normative europee e italiane
In secondo luogo la crassa ignoranza (dal latino ignorantia, ossia colui che ignora, tantio per chiarire) della Nostra le ha impedito di conoscere la differenza tra immigrati e migranti. Immigrati sono coloro che già stabilmente sono in un paese, migranti sono coloro stanno andando.
Del resto la parola ‘migrante’ deriva dal participio presente di ‘migrare’. Participio presente, la forma verbale che descrive un’azione o uno stato che è in corso di svolgimento.
Ma cosa possono importare queste ‘sottigliezze’ a chi fa propaganda allo stato brado e cavalca l’ignoranza dei più?
Noi che siamo della vecchia scuola pensiamo che chiunque svolga funzioni pubbliche dovrebbe adempierle nello spirito della Costituzione con ‘disciplina e onore’, anche astenendosi dal dire falsità deformando parole e situazioni. E perfino studiando prima di parlare, cercando di evitare sfondoni.
Ma di fronte a una che alla Cgil parlava di eversione senza conoscere minimamente la differenza tra anarchici e Brigate Rosse (che sono il giorno e la notte) o solo pochi giorni fa citava a sproposito Penelope dimostrando di ignorare l’Abc dell’Odissea quali speranze abbiamo? Nessuna, se non quella di denunciare questo uso disinvolto delle menzogne, almeno fino a quando avremo quella libertà di parola tanto invisa ai sovranisti.
(da Globalist)
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Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
L’ARMATA ROSSA APPROFITTA DELLA CARENZA DI MISSILI ANTIAEREI E DELLA MANCANZA DELLE INFORMAZIONI FORNITE DALL’INTELLIGENCE AMERICANA… MACRON ACCELERA: “SUBITO I RINFORZI ALLE TRUPPE DI ZELENSKY”
Il blocco degli aiuti militari americani voluto da Donald Trump sta creando una profonda crisi morale e materiale nel fronte ucraino. I russi attaccano, approfittano della carenza di missili antiaerei e munizioni nel campo avversario e soprattutto adesso sanno che gli ucraini sono più «ciechi»: la mancanza delle vitali informazioni fornite dall’intelligence americana offre un forte vantaggio a Mosca.
Al momento, lo stato maggiore ucraino cerca di sopperire alla mancanza ricorrendo a quelle europee, specie da Francia, Germania e Gran Bretagna, ma a Kiev nessuno nasconde che la situazione sul terreno sta diventando molto difficile. Gli scontri più gravi avvengono oggi nella regione russa di Kursk, dove gli ucraini sembrano alla vigilia di una generale ritirata dalla zona occupata lo scorso agosto, e nel Donbass conteso sin dal 2014.
Per comprendere la gravità del quadro è utile ricordare gli eventi degli ultimi anni. Nel 2014 la Russia ha invaso la Crimea e fomentato una rivolta armata di separatisti nel Donbass che nel 2020 gli garantiva il controllo di circa il 10 per cento del territorio ucraino così come definito al momento della sua indipendenza dall’ex Unione Sovietica nel 1991.
La drammatica invasione ordinata da Putin il 24 febbraio 2022 permise ai russi di occupare oltre il 30 per cento del Paese: per un attimo a marzo sembrava potessero prendere la stessa Kiev. Ma gli ucraini reagirono con coraggio e determinazione generosa: già ai primi di aprile erano stati in grado di respingere l’assedio attorno alla capitale. Poi la zona occupata si ridusse all’attuale circa 20 per cento grazie alla controffensiva ucraina nell’autunno 2022, che permise di liberare la regione di Kharkiv sino al Lugansk settentrionale, oltre alla zona di Kherson e ampie aree sul fronte di Zaporizhzhia.
Le cronache dai campi di battaglia continuano a indicare il saliente di Pokrovsk, nel Donetsk, come uno dei più sanguinosi, dove però gli ucraini, dopo le continue e lente ritirate da oltre un anno a questa parte, negli ultimi giorni hanno guadagnato alcune posizioni. Lo stato maggiore di Kiev ammette di essere a corto di soldati e cerca di sopperire ricorrendo massicciamente all’utilizzo di droni di ogni tipo.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
SOLO UN QUARTO DEI FRANCESI CONSIDERA ANCORA GLI STATI UNITI UN ALLEATO E SEI CITTADINI SU 10 CREDONO CHE PUTIN INVADERÀ ALTRI PAESI EUROPEI
Più della metà dei francesi, dei tedeschi (59%) e dei britannici (56%) definisce Donald
Trump un “dittatore”, un’opinione condivisa dal 47% degli intervistati in Polonia. Lo evidenzia un sondaggio del centro di ricerca Destin Commun. L’ indagine è stata pubblicata oggi, proprio mentre l’Ucraina, in difficoltà sul fronte contro la Russia, è oggetto di forti critiche da parte di Trump.
Washington ha sospeso questa settimana il suo aiuto militare e il supporto di intelligence a Kiev. In risposta, gli europei si stanno mobilitando per compensare la diminuzione dell’assistenza americana e costruire una difesa continentale credibile. Solo un quarto dei francesi considera ancora gli Stati Uniti un alleato, mentre più della metà (57%) fatica a definire la relazione.
Per quanto riguarda la prospettiva di una guerra in Europa nei prossimi anni, sei francesi su dieci (60%) ritengono probabile un’invasione russa di altri paesi europei, percentuale che sale al 68% nel Regno Unito e in Polonia e scende al 53% in Germania
Inoltre, quasi otto francesi su dieci (76%) si dichiarano preoccupati o molto preoccupati per un’espansione del conflitto in Europa. Il 66% di polacchi e britannici è favorevole a continuare a sostenere l’Ucraina, anche senza il supporto degli Stati Uniti. In Francia, la percentuale è del 57%, mentre in Germania è del 54%.
La possibilità di inviare una missione di mantenimento della pace dopo un accordo non trova consenso unanime: ha il 57% di opinioni favorevoli nel Regno Unito, il 44% in Francia, il 41% in Germania e solo il 27% in Polonia. Il sondaggio è stato condotto online in Francia, Polonia, Germania e Regno Unito su un campione di oltre mille persone per paese, utilizzando il metodo delle quote (sesso, età, professione, livello di istruzione e regione).
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
LA DUCETTA PUNTA A COINVOLGERE ANCHE GLI USA (CIAO CORE): L’ITALIA VALUTA UNA MISSIONE A KIEV ANCHE SENZA L’ONU A GUIDA TURCA CON PAESI EXTRA UE. PERCHE’ L’EUROPA ORA NON PUÒ FARE A MENO DI ERDOGAN
Con mille dubbi, affatto celati, sul formato scelto da Emmanuel Macron, l’Italia parteciperà ai due vertici organizzati a Parigi dal presidente francese. Martedì il generale Luciano Portolano siederà al summit dei capi di stato maggiore invitati dall’Eliseo per discutere della coalizione di «volenterosi » da spedire in Ucraina a pace raggiunta. Il giorno dopo atterrerà sotto la torre Eiffel il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che prima, tra domani e martedì, è atteso a Palazzo Chigi per un confronto con la premier Giorgia Meloni.
Che posizione porterà l’Italia ai tavoli parigini, soprattutto a quello con i ministri di Francia, Germania, Gran Bretagna e Polonia?
La linea del governo è nota da settimane: è presto per parlare di truppe, non c’è nemmeno una bozza di accordo per la pace. E Roma, con i suoi massimi vertici, ha sempre ribadito che potrebbe far parte di una missione di peacekeeping, solo sotto l’ombrello delle Nazioni Unite.
Mai in un dispiegamento composto esclusivamente da militari europei, anche perché non avrebbe l’avallo di Mosca. Ora che però nelle cancellerie dell’Ue si inizia a discutere di un contingente più largo rispetto al perimetro militare del Vecchio continente, con la possibilità di una guida turca, con l’adesione anche di partner come l’India, il Giappone, il Canada, una riflessione ai piani alti dell’esecutivo si sta facendo.
E si sta valutando — confermano più fonti a conoscenza diretta del dossier — anche la possibilità di aprire alla partecipazione italiana in un contingente internazionale largo, con un forte coinvolgimento di attori extra europei, anche senza l’Onu. Purché ovviamente la missione sia accettata da entrambe la parti in conflitto, a ostilità terminate. Lo stesso ministro Crosetto non sarebbe contrario a priori, anche se appunto i tempi, come ha ricordato il presidente Mattarella, sono prematuri.
Preoccupa l’esecutivo pure la possibilità che gli Usa interrompano la partecipazione a future esercitazioni militari della Nato in Europa.
Ai partner del continente sarebbe richiesto uno sforzo esponenziale, per compensare. Alla Difesa da tempo sono al lavoro per un “piano di sicurezza nazionale”, da sottoporre al voto del Parlamento. Il nostro Stato maggiore, proprio su ordine di Crosetto, sta analizzando un modello che prevede l’aumento di 30-40mila militari. Ordinari, non riservisti.
C’è poi il delicato fronte finanziario a impensierire Meloni. Il piano Ursula è stato sì avallato dalla premier giovedì a Bruxelles, ma con più di una riserva per il rischio che l’Italia s’indebiti troppo. Per questo domani e martedì alla riunione dei ministri finanziari dell’Ue, il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti, proporrà di battere altre strade, rispetto all’indebitamento nazionale, come la creazione di garanzie europee per attrarre investimenti privati.
Dopo l’Ecofin, si terrà una riunione a Roma, per capire come aumentare le spese da qui a giugno. Anche di questo Meloni parlerà con Trump nella missione negli Usa, attesa entro fine mese, mentre martedì incontrerà a Chigi la premier danese Frederiksen e l’indomani l’olandese Schoof. Due paesi iscritti spesso nel registro dei “rigoristi”, a Bruxelles.
Il viaggio americano sarà invece dopo il consiglio europeo del 20-21.
La Turchia si è detta disposta a fornire garanzie di sicurezza a Kyiv, ma resta anch’essa esitante a dispiegare truppe di mantenimento della pace nel Paese in caso di cessate il fuoco. Hakan Fidan ha detto che la Turchia è coerente nella ricerca di una soluzione politica equa del conflitto e che allo stesso tempo non ha intenzione di venire meno ai propri compiti nel garantire la sicurezza dell’Europa.
Ankara, con un esercito di terra forte di 800mila uomini è l’unica potenza nella NATO europea che può schierare decine, se non centinaia, di migliaia di truppe sul campo in Ucraina. La Turchia ha anche la scala manifatturiera per aiutare a colmare le lacune dell’Europa nella produzione industriale militare.
Sappiamo che il governo turco vuole qualcosa in cambio: rilanciare lo scambio di tecnologia, l’accesso alla finanza e ai mercati, una nuova unione doganale con l’UE, la liberalizzazione dei visti di ingresso dei cittadini turchi nell’Unione e relazioni commerciali più profonde con il Regno Unito.
Sono, questi, obiettivi facilmente realizzabili: frutti a portata di mano. La Turchia, è bene rendersene conto, non è affatto alleata della Russia, è un suo competitor nel Mar Nero, nel Caucaso, nel Mediterraneo, in Libia e in Siria e blocco con l’Ucraina nel contenimento di Mosca per impedirle l’accesso alla “Porta dei Mari caldi” attraverso gli Stretti turchi.
I timori di Erdogan in caso di vittoria russa
Mentre con l’Ucraina, la Turchia ha una stretta relazione strategica, politica, militare e culturale, invece con Mosca ha solo una cooperazione di tipo transazionale. In questi giorni Ankara mostra preoccupazione per la prospettiva di una vittoria russa in Ucraina e per il suo dominio sul Mar Nero e dintorni. Sembra ripresentarsi un momento per l’Europa in cui è molto conveniente tendere la mano alla Turchia, soprattutto ora che si parla del Reserve Nixon, cioè di un accordo degli Stati Uniti per allearsi con la Russia contro la Cina.
La Casa Bianca sta commettendo un errore nell’allontanare un’economia europea da 27 trilioni di dollari a favore di quella russa da 2 trilioni di dollari. L’Europa dovrebbe destinare alla difesa circa il 4% del suo PIL e mettere in ordine le sue industrie della difesa nel breve-medio termine. Mosca non potrà mai raggiungere in termini assoluti quella. Ma l’Europa può farlo.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
SI RISCHIA UNA CRISI DIPLOMATICA. DA PARIGI FILTRA IRRITAZIONE, CON I FRANCESI CHE AVREBBERO CHIESTO CONTO DEL MANCATO INTERVENTO DI MELONI… MACRON E’ CRITICABILE PER TANTI ASPETTI MA HA UNA LAUREA IN FILOSOFIA E STUDI A SCIENCES PO E ALL’ECOLE NATIONALE D’AMNISTRATION, NON E’ UN FANCAZZISTA 14 ANNI FUORI CORSO SENZA CONSEGUIRE UNA LAUREA
Dopo avergli dato del «matto» ieri l’altro, Matteo Salvini continua a irridere il presidente
francese. Il quale è irritato, al punto che tramite l’Eliseo ha informato Palazzo Chigi. Nessuna nota ufficiale di protesta, viene spiegato da fonti sia italiane che francesi, ma «contatti informali», in cui il nostro governo avrebbe ridimensionato la portata degli attacchi leghisti, insistendo sul fatto che la nostra politica estera viene delineata dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e dalla premier Giorgia Meloni.
Secondo le stesse fonti, in maniera del tutto ufficiosa, coi francesi che avrebbero chiesto conto del mancato intervento di Meloni, si sarebbe concordato alla fine di non enfatizzare le sortite del capo del Carroccio, per non alimentare la polemica.
Meloni e Salvini ieri si sono sentiti. Ma l’interessato, che comunque ha i galloni di vicepresidente del consiglio, non ha intenzione di mollare la presa. Ieri da Bologna, in uno dei mille gazebo “per la pace” promossi dalla Lega, è tornato a criticare sia la strategia di Ursula von der Leyen per riarmare l’Europa (che ha il placet di Meloni e Tajani) sia a bersagliare Macron.
Tajani difende invece la strategia di “VdL”, «proposta seria per rafforzare la sicurezza dell’Ue, che il governo italiano sostiene». I gazebo di Salvini? «Guardare alle forze armate come se fossero solo bombe è un errore gravissimo», perché «sicurezza — voglio spiegarlo a chi pensa che al governo ci siano due guerrafondai, io ed il presidente del consiglio — significa anche sicurezza nella vita di ognuno di noi che vive in Europa ».
E a proposito: in maggioranza va trovato un accordo sulla risoluzione da votare in Parlamento, visto che la Lega bersaglia da giorni il “Rearm Europe” di von der Leyen. Mentre FI con Tajani spinge per restare ancorati al blocco europeo.
Un altro segnale in questa direzione è arrivato ieri, con la firma di Tajani alla nota sull’iniziativa araba del piano di ricostruzione a Gaza, insieme ai ministri di Regno Unito, Germania e Francia. Vista la frattura a destra, per trovare la quadra servirà probabilmente un altro vertice tra leader.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
“L’INCONTRO CON MATTARELLA NON SARA’ FORMALE. PORTERMO IL NOSTRO MESSAGGIO OVUNQUE E A CHIUNQUE”… ANCHE I MAGISTRATI DI AREA CINSERVATRICE SCHIERATI CONTRO IL GOVERNO
Un altro incontro in agenda, questa volta col capo dello Stato, che è anche presidente del Consiglio superiore della magistratura. Nel day after degli attacchi del governo ai giudici della Cassazione, rei di aver condannato l’esecutivo a risarcire i migranti bloccati per dieci giorni – ormai sette anni fa – sulla nave Diciotti, l’Associazione nazionale magistrati conferma di voler salire a breve i gradini del Quirinale. “Andremo, entro il mese di marzo, a rendere il doveroso omaggio al presidente Mattarella: non è un omaggio formale, Mattarella è un punto di riferimento per tutti i magistrati italiani”, ha detto presidente del sindacato delle toghe, Cesare Parodi, a margine del Comitato direttivo centrale, in vista dell’incontro che si terrà con il Capo dello Stato, il primo dopo l’insediamento dei nuovi vertici dell’Associazione delle toghe.
”Anche alla luce delle sue recenti dichiarazioni sul tema dell’indipendenza, ancora una volta ha dimostrato di essere un personaggio straordinario per chiarezza, lucidità e coraggio e andiamo a salutarlo molto volentieri”, ha continuato, aggiungendo che “sarà un momento importante”.
La replica al guardasigilli
Solo ieri gli esponenti di punta del governo – dalla premier Giorgia Meloni ai vice Matteo Salvini e Antonio Tajani – hanno attaccato la Suprema corte per la decisione sul caso Diciotti, provocando la controreplica della prima presidente della Cassazione, Margherita Cassano. “L’attacco ha riguardato le sezioni unite della Cassazione che sono i faro di tutti i magistrati perché creano un precedente importante. Quello che ha detto il ministro ci stupisce molto: fino all’altro ieri ci aveva detto che dobbiamo attenerci al dato letterale della legge, ieri ci ha detto che dobbiamo valutare, quando applichiamo la legge, gli effetti che questo può avere evidentemente sulla realizzazione del programma di governo. Ma i magistrati non sono chiamati a fare questo, per dettato costituzionale i magistrati devono applicare la legge, quando necessario interpretandola, ma non sono tenuti a collaborare con le maggioranze di turno”, ha detto il segretario generale dell’Anm Rocco Maruotti, replicando agli attacchi del ministro della giustizia, Carlo Nordio.
“Molte volte la magistratura non guarda oltre il significato né il risultato delle proprie decisioni. Certo, prima di tutto il diritto, ma al di là del rigore della legge formale e della sua applicazione bisogna stare attenti ai risultati, che possono essere devastanti in altri settori. Si è già discusso nei mesi passati, anche nell’ambito di altissime cariche, sulla necessità che il magistrato che guardi aldilà dell’applicazione della legge formale“, ha detto ieri il guardasigilli, che incredibilmente ha condotto un’intera carriera in magistratura.
“Trascurano separazione di poteri”
La riunione del Comitato centrale dell’Anm è arrivata dopo il flop del faccia a faccia con Meloni sulla riforma della separazione delle carriere. “Pochi giorni dopo l’incontro che c’è stato, con un tentativo di chiarire la natura e i termini del rapporto, abbiamo preso atto di queste nuove dichiarazioni. E’ singolare che arrivino su un provvedimento delle sezioni unite della Corte di Cassazione che è l’organo massimo.
Cassano ha stigmatizzato molto bene – con poche parole estremamente chiare – il fatto che ancora una volta si trascura il principio della separazione dei poteri“, ha detto Parodi. Nel corso del suo intervento il presidente aveva detto anche: “Fermo restando che tutti i magistrati hanno pari dignità e valore, stiamo parlando delle sezioni unite della Cassazione, il massimo organo di espressione della giurisdizione. Un attacco a questo tipo di giudice ha un suo significato”.
Ma secondo Parodi c’è anche un altro aspetto “che è quello peggiore per il nostro personale interesse” che è “il messaggio veicolato come conseguenza” ossia “il discorso ‘i soldi dei cittadini italiani invece di andare a ai cittadini onesti che pagano le tasse, vanno ad extracomunitari stranieri irregolarì: un discorso che fa presa su tantissime persone. La cosa devastante dal punto di vista dell’immagine è questa”.
“Porteremo la protesta ovunque”
Dopo lo sciopero del 27 febbraio scorso, inoltre, il numero uno del sindacato della magistratura ha anche annunciato che le toghe continueranno la loro agitazione: “Il nostro principale obiettivo adesso è imbastire tutta una serie di manifestazioni, di incontri, di modalità di comunicazione per portare questo messaggio ovunque e a chiunque. Non sarà facile, è molto difficile, anche perché non è che siamo così ben inseriti nei canali di comunicazione. Faremo tutto il possibile per portare il nostro messaggio alle persone che magari non l’hanno capito o che magari non lo conosco nemmeno”.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile
INFILTRATI DA UNA RETE DI DISINFORMAZIONE CHIAMATA PRAVDA
Ci sono 3 milioni e 600mila articoli di propaganda pro Cremlino immessi nei principali
sistemi di intelligenza articiale.
Puntano a influenzare le risposte che i chatbot danno agli utenti di tutto il mondo e sono infiltrati da una rete di disinformazione russa chiamata Pravda (‘verità’).
Lo sostiene un’analisi di NewsGuard, la piattaforma che monitora la disinformazione online. NewsGuard ha testato i 10 principali chatbot (ChatGPT-4o di OpenAI, Smart Assistant di You.com, Grok di xAI, Pi di Inflection, le Chat di Mistral, Copilot di Microsoft, Meta AI, Claude di Anthropic, Gemini di Google e il motore di risposta di Perplexity) e un campione di 15 false narrazioni avanzate da una rete di 150 siti web pro Mosca, da aprile 2022 a febbraio 2025. Il risultato, spiega, è che “enormi quantità di propaganda russa – 3.600.000 articoli nel 2024 – sono ora incorporate negli output dei sistemi di intelligenza artificiale occidentali, infettando le loro risposte con false affermazioni”. L’audit ha scoperto che i principali chatbot hanno ripetuto false narrazioni riciclate dalla rete Pravda nel 33% dei casi.
La rete ha diffuso un totale di 207 affermazioni false, fungendo da hub centrale per il riciclaggio di disinformazione. Queste vanno dalle affermazioni secondo cui gli Stati Uniti gestiscono laboratori segreti di armi biologiche in Ucraina alle narrazioni inventate spinte dal fuggitivo statunitense diventato propagandista del Cremlino John Mark Dougan, che afferma che il presidente ucraino Zelensky ha abusato degli aiuti militari statunitensi per accumulare una fortuna personale.
(da agenzie)
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