Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
MARTEDÌ E MERCOLEDÌ LA MAGGIORANZA DOVRÀ APPROVARE UNA RISOLUZIONE IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DI GIOVEDÌ. CI SONO DUE OPZIONI: UNA PILATESCA E VAGA, UN’ALTRA PIÙ DI MERITO (DIFFICILE, CONSIDERANDO IL NO DEL CARROCCIO AL PIANO EUROPEO DI RIARMO)
I distinguo della Lega sul piano di riarmo presentato dalla Commissione europea. E, a cascata, la risoluzione che martedì e mercoledì dovrà votare la maggioranza hanno avuto un punto di caduta intenso, per così dire, a margine del Consiglio dei ministri. Quando la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si sono confrontati in maniera “franca”.
L’episodio è avvenuto nella stanza che fa da anticamera alla sala dove si svolgono le riunioni del governo. La presidente del Consiglio ha spiegato in maniera spiccia al titolare di Via XX Settembre che occorre trovare una sintesi anche perché l’Italia si è già esposta sul piano in Consiglio europeo.
Diversi ministri non hanno problemi a descrivere il faccia a faccia come “molto acceso” all’insegna di decibel non proprio da cinema muto. Forse Giorgetti in qualche modo “ha pagato” le scelte del Carroccio che per tutta la giornata con una serie di note e off ha voluto segnare la differenza con il resto della maggioranza sul piano europeo di riarmo.
Mentre era in corso il Cdm il partito di Salvini si riuniva infatti per un consiglio federale incentrato sì sul congresso, ma anche sulle vicende legate alla guerra in Ucraina.
Questo il suggerimento vergato dalla Lega a proposito della situazione internazionale: “Invito alla prudenza, no a deleghe in bianco su imprecisati eserciti europei, disponibilità a investire in sicurezza nazionale premiando le imprese italiane, priorità alla pace sostenendo gli sforzi sollecitati dagli Stati Uniti”.
Insomma, per il consiglio federale “l’Europa non ha bisogno di ulteriori debiti, di riarmo nucleare o di ulteriori cessioni di sovranità bensì di sostegno a famiglie, sanità e lavoro”.
Parole che sembrano porre Fratelli d’Italia e dunque la presidente del Consiglio diametralmente dalla parte opposta. Si spiega anche così la tensione verbale scoppiata a margine del Consiglio dei ministri, al quale Salvini ha partecipato per una manciata di minuti, prima di correre a gestire la riunione del suo partito.
Ora però occorre prendere una decisione e soprattutto metterla nero su bianco in vista del testo che la coalizione dovrà approvare in Parlamento martedì (in Senato) e mercoledì (alla Camera) per dare mandato pieno alla premier al Consiglio europeo di giovedì. Una decisione su cosa scrivere ancora non è stata presa. Sarà oggetto di un vertice fra i capigruppo lunedì.
Due opzioni. Quella pilatesca e vaga si limiterebbe a dire “che la maggioranza prende atto delle comunicazioni della premier e approva”.
Quella più articolata, e di merito, entrerebbe nei dossier che saranno discussi a Bruxelles. Sicuramente ci sarà l’immigrazione, certo. Ma poi non mancherà la guerra in Ucraina e la risposta della Commissione con il piano ReArm.
La formula magica su cui si sta cercando di trovare un compromesso è questa: “colonna europea della Nato”.
Una frase inserita nel programma di governo con il quale il centrodestra ha vinto le elezioni nel 2022.
Senza entrare in particolari, “si tratterà si sottolineare l’esigenza dell’Europa di essere se non autosufficiente, ma di sicuro un po’ indipendente dall’America”.
Questo non vuol dire, mettono ancora le mani avanti dal partito della premier, “che siamo a favore di un esercito europeo a guida francese o tedesca, come d’altronde abbiamo sempre ripetuto pubblicamente”.
Meloni da leader della coalizione si trova però alle prese con una mediazione che contempli gli impegni presi con von der Leyen, ma anche con i rapporti con Trump
Un’evidenza che l’ha portata a far astenere a Strasburgo la delegazione di FdI sulla risoluzione sull’Ucraina. Considerata contro Trump.
(da il Foglio)
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Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
LA PORTAVOCE DELLA PROPAGANDA RUSSA VIENE SMENTITA DALLE AFFERMAZIONI DI PUTIN E MEDVEDEV
“Zakharova ha definito menzogne le parole di Mattarella sulla minaccia nucleare russa per
l’Europa”, titola l’agenzia stampa ufficiale russa TASS in un articolo che riporta l’ennesimo attacco della portavoce del Ministero degli Esteri russo contro il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. L’attacco di Maria Zakharova è stato scatenato dalla convocazione alla Farnesina dell’ambasciatore russo in Italia, in seguito ai precedenti attacchi rivolti contro il Capo dello Stato. Di fatto, con questa dichiarazione, il Ministero degli Esteri russo accusa Mattarella di diffondere fake news sull’ipotesi che Mosca minacci l’Europa con le armi nucleari. Tuttavia, Maria Zakharova, con queste parole, fa semplicemente finta di dimenticare, da propagandista e istigatrice, le dichiarazioni dello scorso anno di Vladimir Putin e di Dmitry Medvedev contro l’Unione europea.
Le dichiarazioni di Putin
«Hai detto che il presidente italiano ha affermato che la Russia presumibilmente minaccia l’Europa con armi nucleari? Questa è una bugia, questa è una bugia, questo non è vero, questo è falso, questa è disinformazione. Ti ho dato tutte le parole. Scegli quella che ritieni più descrittiva, o usale tutte». Queste sono le parole di Maria Zakharova rivolte contro Sergio Mattarella riportate da TASS. La vera fake news, tuttavia, è proprio quella diffusa dalla portavoce della propaganda russa, soprattutto se confrontata con le dichiarazioni di Vladimir Putin e di dello scorso novembre 2024, riportate dalla stessa TASS in merito ai missili Oreshnik.
Nel discorso del 21 novembre 2024, trasmesso dal Cremlino e ripreso da TASS, Vladimir Putin afferma pubblicamente che la Russia sta «sviluppando missili a raggio intermedio e corto in risposta ai piani degli Stati Uniti di produrre e distribuire missili a raggio intermedio e corto in Europa». Accusando gli americani di aver commesso un grande errore, il leader russo ribadiva che «gli attuali sistemi di difesa aerea nel mondo e i sistemi di difesa missilistica creati dagli americani in Europa non intercettano» i nuovi missili russi. «Stanno spingendo il mondo intero verso un conflitto globale» aggiunge Putin, concludendo con un evidente avvertimento: «Siamo anchepronti a qualsiasi sviluppo degli eventi. Se qualcuno ne dubita ancora, è inutile: la risposta sarà sempre lì».
TASS, il 22 novembre 2024, pubblica un ulteriore articolo sul discorso di Putin, in cui affermano che gli “esperti” «ritengono che le dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin sull’impiego dell’ultimo missile balistico a medio raggio russo “Oreshnik” siano diventate un serio avvertimento per l’Occidente» e che il leader russo «ha sottolineato che la politica provocatoria dell’Occidente potrebbe comportare gravi conseguenze per lui in caso di ulteriore escalation del conflitto».
La minaccia di Dmitry Medvedev
Pochi giorni dopo, Dmitry Medvedev, vicecapo del Consiglio di sicurezza di Mosca, compie un vero e proprio atto di escalation contro l’Europa, “consigliando” vivamente agli alleati di Kiev di abbandonare il conflitto proprio a causa dei nuovi missili russi. Le minacce di Medvedev vengono pubblicate sul suo canale Telegram e poi riprese ancora una volta da TASS: «L’Europa si domanda quale danno potrebbe causare il sistema nel caso ci fossero testate nucleari, se è possibile abbattere questi missili e quanto velocemente potrebbero raggiungere le capitali del Vecchio Mondo. La risposta è: il rischio è inaccettabile, è impossibile abbatterli con mezzi moderni e stiamo parlando di minuti. I rifugi antiaerei non aiuteranno, quindi l’unica speranza è che la gentile Russia avverta in anticipo dei lanci. Pertanto, è meglio smettere di sostenere la guerra».
Zakharova mente e nega l’evidenza per amor di propaganda
Bastano questi due autorevoli interventi per capire quanto Maria Zakharova stia mentendo nel suo ruolo di portavoce del Ministero degli Esteri russo, accusando ingiustamente il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Pur di sostenere la propaganda del Cremlino, nega e nasconde le stesse minacce che il suo leader e il suo compare Medvedev hanno pubblicamente diffuso contro l’Europa per spingerla ad abbandonare l’alleato ucraino.
(da Open)
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Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
TAJANI CONTINUA NELLA LITANIA: “TRATTATIVA PER LIBERAZIONE COMPLICATA”… BASTA CHIEDERE A MADURO COSA VUOLE PER LIBERARE UN INNOCENTE
Il cooperante italiano Alberto Trentini è attualmente detenuto nel carcere El Rodeo I, situato nello Stato di Miranda, a circa 30 chilometri dalla capitale Caracas, nella località di Guatire. La notizia è stata confermata da fonti raccolte dall’ANSA in Venezuela.
Trentini, giunto nel Paese sudamericano lo scorso 17 ottobre per coordinare sul campo le attività della ONG Humanity & Inclusion, è stato arrestato il 15 novembre. Secondo le informazioni disponibili, sarebbe attualmente in regime di isolamento.
Il caso di Trentini si inserisce in un più ampio quadro di detenzioni che coinvolgono anche otto italo-venezuelani, tra cui ex deputati e dirigenti politici. Su questi prigionieri, il governo italiano ha ripetutamente chiesto chiarimenti e avanzato richieste di rilascio alle autorità venezuelane.
L’appello è stato rinnovato anche oggi dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che, a margine del G7 Esteri in corso a Charlevoix, ha dichiarato: “Al G7 parleremo anche della questione Venezuela. Noi abbiamo alcuni italiani che sono detenuti ingiustamente, un giovane anche, Trentini. Da ieri sono di nuovo in contatto con la mamma. Chiederemo la liberazione immediata di tutti i detenuti politici, di tutti i detenuti ingiustamente e senza motivazione nelle carceri del Venezuela”, ha affermato in un punto stampa al G7 Esteri in Quebec.
Nei giorni scorsi Tajani aveva nuovamente ribadito che la Farnesina stava seguendo la situazione del cooperante, valutata come “difficile”. “Sappiamo che è detenuto, che è in buone condizioni, ma la trattativa per farlo uscire dal carcere è molto, molto, molto complicata. La stiamo seguendo ogni giorno – ha proseguito Tajani – come tutti gli altri 2.500 italiani detenuti nel mondo, non abbiamo mai sottovalutato i pericoli e fatto sempre tutto quanto possibile ma non dipende da noi, sapendo bene la situazione in Venezuela. Ci rendiamo conto di quanto complicata sia qualsiasi trattativa per farlo uscire dal carcere”.
(da agenzie)
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Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
I SOLDATI DELLO STATO EBRAICO HANNO USATO LA VIOLENZA SESSUALE CONTRO I PALESTINESI PER TERRORIZZARLI
Sistematica distruzione di ospedali e centri per la salute riproduttiva delle donne. Ma anche
stupri, abusi, minacce sessuali e umiliazioni, come far spogliare uomini e donne in pubblico. Sono solo alcune delle pratiche documentate tra gli “atti di genocidio” e “violenze sessuali” come strategia di guerra condotta dallo stato di Israele, secondo un’inchiesta delle Nazioni
Unite pubblicata ieri. Le gravissime violazioni sono state effettuate nell’ambito delle offensive militari condotte nella Striscia di Gaza e nei Territori palestinesi occupati dopo il 7 ottobre 2023.
Il report – intitolato “More than a human can bear” (“Più di quanto un essere umano possa sopportare”) – è stato realizzato dalla Commissione internazionale indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati, tra cui Gerusalemme Est, e Israele, ed è stato reso pubblico dall’Alto commissariato Onu per i diritti umani presso la sede di Ginevra, dove in settimana sono state ascoltate anche le testimonianze di diverse vittime direttamente coinvolte.
Il report inizia documentando “un’ampia gamma di violazioni perpetrate contro donne, uomini, ragazze e ragazzi palestinesi nei Territori palestinesi occupati dal 7 ottobre 2023, che costituiscono un elemento importante del maltrattamento dei palestinesi e sono parte dell’occupazione illegale e della persecuzione dei palestinesi come gruppo”.
“Procedure operative standard delle forze di sicurezza israeliane”
Nel dettaglio, tra le forme di violenza sessuale e di genere rilevate, i ricercatori citano “l’obbligo di togliersi i vestiti in pubblico e il restare nudi, le molestie sessuali – comprese le minacce di stupro – e le aggressioni sessuali”. Tutte pratiche che, come scrivono ancora i ricercatori, “fanno parte delle procedure operative standard delle forze di sicurezza israeliane nei confronti dei palestinesi”, ma sono perpetrate anche dai “coloni israeliani in Cisgiordania, con l’obiettivo di incutere paura nelle comunità ed espellerle”. Lo studio sostiene che “altre forme di violenza sessuale e di genere, tra cui lo stupro e le violenze commesse sui genitali” delle vittime sarebbero state commesse “dietro ordine esplicito, o attraverso l’incoraggiamento implicito, dei massimi vertici civili e militari di Israele”.
Il rapporto dell’ONU continua affermando inoltre che nelle sue operazioni militari, “le autorità israeliane hanno sistematicamente distrutto strutture sanitarie sessuali e riproduttive in tutta Gaza. Hanno simultaneamente imposto un assedio e impedito l’assistenza umanitaria, inclusa la fornitura di farmaci e attrezzature necessarie per garantire gravidanze, parti e cure post-partum e neonatali sicure”. Così, secondo i ricercatori, “donne e ragazze sono morte per complicazioni legate alla gravidanza e al parto, dovute alle condizioni imposte dalle autorità israeliane che hanno negato l’accesso all’assistenza sanitaria riproduttiva: atti che costituiscono un crimine contro l’umanità di sterminio
In parte distrutta la capacità riproduttiva dei palestinesi
Quanto a Gaza, la Commissione “ha scoperto che le autorità israeliane hanno distrutto in parte la capacità riproduttiva dei palestinesi di Gaza come gruppo attraverso la sistematica distruzione dell’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva, che costituisce due categorie di atti genocidi nello Statuto di Roma e nella Convenzione sul genocidio, tra cui l’imposizione deliberata di condizioni di vita volte a provocare la distruzione fisica dei palestinesi e l’imposizione di misure volte a impedire le nascite”.
Navi Pillay, presidente della Commissione, ha commentato così il rapporto: “Le prove raccolte dalla Commissione rivelano un deplorevole aumento della violenza sessuale e di genere. Non si può non concludere che Israele abbia impiegato la violenza sessuale e di genere contro i palestinesi per terrorizzarli e realizzare un sistema di oppressione che mina il loro diritto all’autodeterminazione”. Atti intorno ai quali, come evidenziano i ricercatori, sussisterebbe “un clima di impunità”.
Pillay aggiunge: “Le dichiarazioni e le azioni discolpanti dei leader israeliani e la mancanza di efficacia dimostrata dal sistema giudiziario militare nel perseguire i casi e condannare i colpevoli inviano un messaggio chiaro ai membri delle Forze di sicurezza israeliane che possono continuare a commettere tali atti senza timore di responsabilità”. Secondo l’esperta, “in questo contesto è essenziale un’azione di responsabilità attraverso la Corte penale internazionale e i tribunali nazionali, attraverso il loro diritto interno o esercitando la giurisdizione universale, se si vuole che lo stato di diritto sia sostenuto e che alle vittime venga riconosciuta giustizia”.
(da Fanpage)
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Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
PUTIN ALZA LA POSTA PERCHÉ È CONVINTO DI AVERE “LE CARTE IN MANO”, GRAZIE ALL’ACCONDISCENDENZA DI TRUMP. QUANDO MOSCA PARLA DI “SRADICARE LE CAUSE DEL CONFLITTO”, INTENDE L’ESISTENZA STESSA DI UN UCRAINA INDIPENDENTE
“Putin, ovviamente, ha paura di dire direttamente al presidente Trump che vuole continuare
questa guerra, vuole uccidere ucraini”.
E’ quanto ha detto Volodymyr Zelensky, nel suo discorso serale, denunciando le dichiarazioni “molto prevedibili e manipolatorie” del presidente russo sulla proposta di cessate il fuoco.
La sua strategia è quella di fissare così tante pre-condizioni che “niente funzionerà o non funzionerà per il tempo più lungo possibile”.
Putin “in realtà sta preparando il rifiuto” della proposta di cessate il fuoco, ha detto ancora il presidente ucraino affermando che “noi non fissiamo condizioni che complicano, la Russia lo fa”. “Come abbiamo sempre detto, l’unica che trascina le cose, che ha un atteggiamento non costruttivo è la Russia”, continua Zelensky.
“Putin fa spesso così, non dice no direttamente ma lo fa in un modo in cui praticamente ritarda ogni cosa e rende impossibili normali soluzioni, noi pensiamo che questa sia solo un’altra manipolazione russa”, ha detto ancora il presidente ucraino ricordando che, a proposito delle preoccupazioni di Putin sul controllo del cessate il fuoco, gli americani si sono detti “pronti ad organizzare il controllo e la verifica”.
“E’ fattibile garantirlo con capacità americane ed europee – ha concluso – e preparare risposte a tutte le domande riguardo alla sicurezza a lungo termine ed una pace reale, affidabile durante il cessate il fuoco mettendo sul tavolo un piano per mettere fine alla guerra”. dove era arrivato ieri per colloqui con le autorità russe. Lo scrive la Tass. Il consigliere per la politica estera del Cremlino, Yuri Ushakov, aveva annunciato ieri un suo incontro riservato con il presidente Vladimir Putin che doveva avvenire in serata. Sul colloquio non è stata fornita alcuna notizia.
COSÌ PUTIN PREPARA IL NO AL CESSATE IL FUOCO
Se qualcuno a Washington aveva pensato che, dopo aver ottenuto con il ricatto l’assenso dell’Ucraina alla proposta di tregua, Putin sarebbe stato costretto a firmare, per non apparire come il responsabile della guerra, aveva sottovalutato l’esperienza del Cremlino nei giochi diplomatici.
Ovviamente Putin non dice un “niet” chiaro, dice “sì, però”, e invita gli americani e gli ucraini ad aprire delle danze interminabili su condizioni, protocolli, garanzie, clausole e cavilli.
Osservando in silenzio per due settimane Trump tormentare l’Ucraina, Putin ne ha tratto due lezioni importanti: la prima, che il presidente americano continua a confondere la tregua con la pace, e la seconda che contraddirlo apertamente potrebbe portare a risultati spiacevoli.
Quindi si solidarizza di nuovo paradossalmente con Zelensky nel dire che un cessate-il-fuoco è inutile e bisogna procedere invece verso una «risoluzione complessiva, che sradichi la causa del conflitto». Che, per Mosca, era l’esistenza stessa di un’Ucraina indipendente e orientata verso l’Occidente.
Putin alza la posta dunque, convinto di essere in questo momento nella posizione più forte, «con le carte in mano», per usare un linguaggio trumpiano. La controffensiva russa a Kursk minaccia di togliere a Zelensky una importante pedina di scambio territoriale, e sostenendo che l’esercito russo «avanza lungo tutto il fronte», il capo del Cremlino invita a far partire un eventuale accordo dalle “realtà sul terreno”. Che probabilmente spera di cambiare ulteriormente a suo favore, con o senza un accordo formale di tregua.
(da La Stampa)
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Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
IL DAY AFTER TRA I DEM… ERA CHIARO CHE ANDARE DIETRO ALLE UTOPIE PACIFISTE AVREBBE CREATO DISSENSI TRA CHI USA IL CERVELLO
C’è chi sbaglia a premere votando un «no» all’invio di armi all’Ucraina che sarebbe stato
clamoroso, come Nicola Zingaretti, poi costretto a correggere: pulsante errato. Ma c’è anche l’indice di Lucia Annunziata che sulla mozione della discordia vota «sì» (sarebbe stato altrettanto clamoroso), invece che astenersi come da ordine di scuderia della segretaria Elly Schlein. Il Pd, chiamato a votare su una questione identitaria, è finito ancora una volta gambe all’aria.
Guerra e pace, la mettono così, i più radicali.
Ventiquattr’ore dopo la votazione sulla svolta di Ursula von der Leyen, nel Partito democratico si svolge una seduta «psicopolitica» piuttosto complicata. Perché stavolta anche alcuni eurodeputati dell’ala riformista, promotrice dello strappo anti Schlein, a mente fredda sono costretti ad ammettere: «Qui a Bruxelles non c’è affatto un clima da “resa dei conti”, è più a Roma che volano colpi proibiti». Ma dietro a questa notazione c’è una buona dose di realpolitik : «Congresso? Macché, non abbiamo nessuno talmente forte da poter battere Elly». Più cauto usare un altro termine: «Si respira attendismo». Meglio quindi un volemose bene , almeno a Bruxelles, perché in fondo tra i 21 eurodeputati dem c’è un buon clima: si sono stretti rapporti umani e non mancano cene cordiali anche tra chi la pensa agli opposti.
Nota politica fondamentale: tra i 21 eletti al Parlamento Ue, solo 8 sono ascrivibili come fedelissimi della segretaria (e 3 di questi non hanno nemmeno la tessera del Pd: Annunziata, Strada e Tarquinio). Gli altri 13 sono quasi tutti riformisti di Energia popolare, che dopo un periodo di «tregua» si sono dati una bella scossa. La sera prima del voto sulle mozioni post ReArm Europe, tutti i membri della corrente anti Schlein sono stati protagonisti di
una riunione piuttosto accesa: «Dobbiamo dare un segnale forte a Elly», ha tuonato la maggioranza di loro.
E anche il loro capocorrente Stefano Bonaccini — grande sconfitto da Schlein alle primarie e poi diventato presidente (non belligerante) del Partito democratico — ha capito che doveva rimettersi in testa l’elmetto, perché stavolta i suoi gli avrebbero voltato davvero le spalle.
«Elly non ci ascolta», si sfoga più d’uno durante questo day after psicopolitico. Perché è questa la contestazione che in tanti, dall’opposizione interna, fanno alla segretaria: «Sul ReArm Europe non si è confrontata con il gruppo: è arrivata l’indicazione di voto da Roma». Prendere o lasciare. E così i ribelli hanno deciso l’affondo.
(da Il Corriere della Sera)
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Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
LA MINORANZA RIFORMISTA FRENA: “NON CHIEDIAMO IL CONGRESSO”. L’OPPOSIZIONE INTERNA AFFILA I COLTELLI ANCHE A BRUXELLES, ACCUSANDO LA SEGRETARIA DI IGNORARE I SUOI ELETTI: “ELLY NON CI ASCOLTA, SUL REARM EUROPE NON SI È CONFRONTATA CON IL GRUPPO”
Arrabbiata si è arrabbiata. E non lo ha nascosto nelle telefonate che ha fatto, sia martedì che mercoledì, nel tentativo di far prevalere la sua linea. «Ci saranno conseguenze», ha fatto sapere in quei momenti concitati che hanno portato a un voto in cui il Pd si è diviso a metà.
Ma ieri Elly Schlein era più calma e ancora più determinata: «Io vado dritta per la strada che abbiamo individuato», ha detto ai suoi. Con buona pace di Prodi, Gentiloni e Veltroni: «Per carità, io ascolto i consigli di tutti, ma poi sta a me fare sintesi e decidere». E in pubblico la segretaria lancia questo messaggio: «Serve in un chiarimento politico, le forme e i modi li valuteremo».
Dunque, nessun ripensamento, nessun passo indietro. Anzi. Elly Schlein è tentata di farlo in avanti quel passo.
E cioè di convocare lei il congresso. Le assise, sia detto per inciso, nella minoranza non le vuole nessuno. Le chiede Luigi Zanda, che però ormai non sta più dentro i giochi (sempre assai complicati) del Pd. Ma i riformisti non puntano affatto a quell’obiettivo. Lo precisa molto chiaramente il loro coordinatore, Alessandro Alfieri: «Io non penso che serva un congresso. Serve, invece, registrare un metodo di confronto quando ci sono questioni più critiche in cui tutti possono portare il proprio punto di vista», spiega il senatore dem all’ Huffington Post.
Un congresso anticipato in tempi ravvicinati avrebbe un unico esito possibile: la vittoria di Schlein. E questo i riformisti lo sanno bene: «Noi non siamo pronti per un appuntamento del genere — confessa un autorevole esponente di quell’area — perché non c’è un’alternativa forte e chiara, né sul piano della leadership né su quello dell’elaborazione di una linea politica». Perciò molti nella cerchia ristretta della segretaria consigliano alla leader di giocarsi la carta del congresso.
Al momento Schlein non ha ancora deciso, ma non esclude affatto quell’opzione, perché di una cosa la segretaria del Pd è convinta: «Io non mi farò logorare come i miei predecessori, sono stata eletta per cambiare il Pd e dargli un’identità, e non ci sto a far prevalere logiche di apparati e di correnti», ripete ai suoi.
Perciò l’ipotesi di un congresso è tutt’altro che peregrina.
Non si tratta di buttare fuori i riformisti: «Io non criminalizzerai mai la minoranza, ne ho fatto parte quando la minoranza veniva emarginata e perciò non potrei mai fare una cosa del genere». Ma un «chiarimento» è necessario a questo punto. E non sarà certo rappresentato dall’appuntamento parlamentare previsto per metter giù la risoluzione del Pd in vista del dibattito sul prossimo Consiglio europeo con Giorgia Meloni. Su quello non ci sarà rottura all’interno dei gruppi di Camera e Senato del Pd. Lo dicono nella maggioranza dem ma lo sostengono anche i riformisti.
(da Corriere della Sera)
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Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
DOMANI A ROMA LA MANIFESTAZIONE… IL M5S E IL CENTRODESTRA NON CI SARANNO (NON E’ UNA NOVITA’)
La manifestazione del 15 marzo 2025 sull’Europa è nata come iniziativa per promuovere una
posizione unitaria – senza simboli di partito, mentre ci saranno bandiere della pace, dell’Ucraina, dell’Ue – a sostegno dei valori europei, in un periodo in cui l’Ue è in crisi sul piano economico e politico. Ma, alla fine. sarà anche occasione di divisioni. Nelle ultime settimane, infatti, la manifestazione ha accolto molte adesioni – dal Pd e Avs a Azione e Italia viva, fino a sindacati e associazioni – ma anche qualche rifiuto di peso: su tutti, il M5s. Ecco chi ci sarà, e chi invece si è tirato indietro.
Chi scenderà in piazza per l’Europa: le divisioni sul riarmo Ue
Il Partito democratico di Elly Schlein è stato tra i primi soggetti politici ad aderire all’evento, lanciato da Michele Serra su Repubblica. Schelin aveva ribadito la necessità di arrivare a una “Europa federale” per “esercitare quel ruolo politico e diplomatico fin qui mancato nella promozione della pace e del multilateralismo”. Una posizione sostenuta anche dalla minoranza del suo partito, quella che è più favorevole alle politiche di riarmo.
La spaccatura del Pd nel voto del Parlamento europeo, su una risoluzione che sosteneva proprio il piano di ReArm Europe, ha però aumentato le tensioni interne. I riformisti dem hanno votato a favore, mentre appena la metà degli eurodeputati ha seguito le indicazioni della segreteria e si è astenuta. La linea del Pd è che l’Ue debba puntare alla difesa comune, ma non al riarmo dei singoli Stati. La piazza di domani, inevitabilmente, metterà insieme chi pensa che l’Europa debba armarsi e chi, invece, è contrario.
Non a caso ci sarà anche Alleanza Verdi-Sinistra, duramente critico di ReArm Eu. Qui la linea sul piano europeo non ha incertezze: nettamente contraria.
E in piazza gli esponenti di Avs avranno bandiere della pace. Ci saranno anche i partiti più moderati e liberali dell’opposizione, che sono ben più aperti per quanto riguarda l’aumento della spesa militare: +Europa (il cui segretario Magi ha rivendicato “l’orgoglio di essere europei”), Azione di Carlo Calenda e Italia viva di Matteo Renzi.
Come detto, poi, la partecipazione andrà al di là dei partiti politici. Ad esempio, ha aderito la Cgil di Maurizio Landini – sottolineando comunque che sarà presente per la pace, rifiutando “l’idea di Europa che agisce come se la guerra fosse uno strumento giusto di risoluzione dei conflitti”. Sarà presente anche la Cisl, da poche settimane guidata dalla nuova segretaria Daniela Fumarola, nonostante il sindacato confederale da tempo si sia allontanato dalla linea di Uil e Cgil su molti temi politici. Infine, parteciperanno numerose associazioni, dall’Anpi (che ha lasciato libera adesione ai comitati) a Libera.
Chi ha detto di no alla piazza sull’Europa: M5s e destra contrari
Più delle presenze, però, faranno probabilmente rumore le assenze. La più controversa è quella del Movimento 5 stelle. Giuseppe Conte, aveva detto pubblicamente di no, affermando di non voler sostenere una “Europa del riarmo”. Poi aveva riaperto la questione, chiedendo a Serra di “definire meglio la piattaforma”.
Alla fine, però, nonostante la risposta del giornalista, Conte ha chiuso la porta. Ha ribadito che i componenti del M5s sono “veri europeisti” e ha attaccato: “Non è possibile che si ritrovino coloro che sono favorevoli al riarmo e quelli che sono contrari, chi è per le armi e chi è contro le armi. Questo non è il momento dell’ambiguità e dell’incertezza: bisogna prendere posizioni chiare”, ha detto.
Più scontata, invece, l’assenza della maggioranza. Mai stata in dubbio quella di Fratelli d’Italia e soprattutto della Lega, fortemente anti-europeista. Matteo Salvini ha attaccato chi “fa le manifestazioni con le bandierine” invece di “lavorare per cambiare questa Europa”
Chi è stato in dubbio, secondo diversi retroscena, sono invece i componenti di Forza Italia. D’altra parte, proprio sull’europeismo i forzisti puntano come parte fondamentale dell’identità del partito. Alla fine, però, hanno prevalso le ragioni della maggioranza, che deve mostrarsi compatta. Il segretario Antonio Tajani ha detto che l’Europa “va sostenuta con riforme concrete, non con eventi simbolici”.
Assente anche una parte della sinistra, con Potere al popolo che ha deciso di organizzare una piazza parallela, una contro-manifestazione per condannare “l’Europa che si riarma”.
(da Fanpage)
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Marzo 14th, 2025 Riccardo Fucile
L’AMMINISTRAZIONE TRUMP HA AZZERATO IL BOARD DELL’ISTITUZIONE, NOMINANDO AMICI, ALLEATI E MOGLI (TRA CUI QUELLA DI VANCE)
Il vicepresidente Usa JD Vance e la moglie Usha sono stati accolti da fischi e buu durante la loro partecipazione ad un concerto al Kennedy Center a Washington, la prima dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
Lo ha constatato l’ANSA sul posto. Quando la coppia ha preso posto nella prima fila di palchi dietro la platea, il pubblico ha manifestato rumorosamente tutto il suo dissenso, frustrato anche dalle lunghe code e dal ritardo di mezzora causati dalle severe misure di sicurezza, con tanto di metal detector prima dell’ingresso in sala.
La contestazione riflette anche lo sdegno per il colpo di mano al Kennedy Center da parte di Trump, che ha azzerato il board, ne ha nominato uno con amici, alleati e loro mogli (tra cui quella di Vance) e si e’ fatto eleggere presidente promettendo di mettere fine ad una programmazione “woke”.
I Vance hanno assistito comunque a tutto il programma, interamente russo: il concerto per violino numero 2 di Shostakovich (solista il greco Leonidas Kavakos) e Petrushka di Stravinsky, eseguiti con successo dalla National Symphony Orchestra diretta da Gianandrea Noseda.
(da agenzie)
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