Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
AL TERMINE, HA SPARATO UN TONANTE “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA”, MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN “DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE” SUL SUOLO UCRAINO
Cosa vuol dire, lontani da uova e padelle, quando brontoliamo l’espressione ‘’girare la frittata’’, lo sappiamo tutti: il paraculismo di chi vuol far vedere un aspetto che è esattamente il contrario di quello reale, quello vero, proprio con la volontà di gabbare, il suo prossimo.
Dall’avvento a Palazzo Chigi, ‘’girare la frittata’’ è diventata la mossa preferita da Giorgia Meloni. Corroborata magari da qualche cinismo di Oscar Wilde (‘’La coerenza è la virtù degli sciocchi’’), tutti i “no” del passato del leader di Fratelli d’Italia ai vari governi Pd-Lega-M5S-Monti-Draghi, una volta preso il potere, si sono via via trasformati in “sì” o, per non perdere del tutto la faccia con lo zoccolo post-fascio del suo partito, in ‘’né-né”.
La Dea Ragione, si sa, non è mai stata in gran rapporti con la Politica. L’irrazionale dell’”oggi qui, domani là” viene anche arricchito da quelle furbizie concettuali che vengono appunto classificate con l’espressione popolare ‘’girare la frittata’’.
L’ultima, ennesima e lampante prova di paraculismo politico all’italiana si è materializzato col vertice di ieri promosso dal primo ministro britannico Keir Starmer, collegato in video-call con leader dei 25 stati europei e non, orfani dell’America dell’era Trump, la cosiddetta “coalizione dei volenterosi”.
Stretta tra l’incudine di Trump e Musk e il martello del suo “alleato” di governo, il trumputiniano Salvini, la Giorgia dei Due Mondi d’acchito era contraria ad accettare l’invito di Starmer, il cui attivismo in duplex con Macron ha cestinato il suo immaginario ruolo di “pontiera” tra Usa e UE. Il giorno dopo, temendo di finire sempre più isolata in Europa con al fianco il vassallo ungherese di “Mad Vlad”, Viktor Orban, ha quindi chiamato Starmer e infine ha deciso di partecipare alla videocall.
Bene: al termine del vertice virtuale, cosa ha dettato alla stampa italiana inginocchiata alla Ducetta azzoppata dal caos geopolitico trumpiano? Apprendiamo dal “Corriere della sera” di oggi che “Meloni, che era collegata da casa e non da Palazzo Chigi, ha ribadito “con forza” la posizione del governo italiano: “Inviare truppe europee a Est è una soluzione molto complicata e poco efficace e di certo, se mai una missione militare del genere dovesse partire, noi non ci saremo”.
Il “Corriere delle Due Meloni” prosegue: “Se Starmer e Macron hanno fretta di mettere “gli stivali a terra”, lei resta convinta che una forza di interposizione da schierare lungo la frontiera della guerra dovrebbe essere formata solo da Stati neutrali come India o Turchia e non dalle nazioni che hanno inviato aiuti, anche militari, all’Ucraina”.
Gran finale: “La fondatrice di FdI ha confermato la determinazione a “continuare a lavorare con i partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti per la definizione di garanzie di sicurezza credibili ed efficaci”.
E la vignetta di Giannelli sulla prima pagina del quotidiano diretto da Luciano Fontana, con la didascalia “Due staffe”, sbertuccia perfettamente il camaleontismo della Statista della Garbatella: eccola in precario bilico con il piedino di destra nella staffa del cavallo Trump e quello di sinistra nella staffa di Ursula von der Leyen.
A questo punto, sorge spontanea la domandina: il vertice convocato in videocall da uno Starmer in modalità piccolo Churchill, con i leader ‘’volenterosi’’, presenti anche Zelensky e Macron, aveva per caso all’ordine del giorno l’invio di militari italiani sul suolo ucraino?
Manco per il piffero. La priorità del vertice londinese di Starmer mirava intanto a fargli capire la consistenza e la volontà degli stati che fanno parte della “coalizione dei volenterosi” per determinare l’interruzione dei “barbarici attacchi della Russia all’Ucraina”.
Di un “dispiegamento di soldati della coalizione”, il premier britannico, che è consapevole che non tutti i paesi della “coalizione dei volenterosi” sono d’accordo, si è limitato a parlarne solo in una prospettiva futura: “Saremo pronti a mandare truppe sul terreno e con aerei nei cieli, nell’eventualità di un accordo per il cessate il fuoco”, in modo da garantire “una pace sicura e duratura”.
Tutto qui. Allo stato attuale, con Putin che non ha nessuna intenzione di firmare sul tavolo di Ryad l’accordo raggiunto da Ucraina e Stati Uniti per il “cessate il fuoco”, cui seguiranno complesse e difficilissime negoziazioni per la pace tra Russia e Ucraina, mettersi a strillare con gli occhi fuori dalle orbite alla stampa italiana che non ci sarà mai “l’invio dei nostri soldati sul terreno”, per Meloni è solo un ciurlare nel manico e “girare la frittata” per districarsi tra Trump e l’Europa, tra Musk e Salvini
(Non a caso l’Italia è il paese che ha dato i natali a Carlo Goldoni che scrisse nel 1745 la commedia “Arlecchino servitore di due padroni”: con trucchi e inganni, riuscirà l’Underdog di Colle Oppio a cavarsela anche questa volta?)
Altra arlecchinata goldoniana. All’appuntamento di giovedì 20 a Londra, per discutere dei piani di peacekeeping, Starmer ha convocato i comandanti militari dei Paesi pronti fin d’ora a mettere a disposizione truppe sulla carta (come Regno Unito, Francia, Turchia e forse il Canada), l’Italia non c’è. Ma, continuando a dare una bottarella al cerchio (Washington) e uno alla botte (Bruxelles), la scaltra Meloni invierà un “osservatore” perché il capo di stato maggiore Portolano ha “altri impegni”….
Ma i nodi stanno arrivando al pettine: sulla posizione del governo italiano al prossimo Consiglio europeo del 20 e 21 marzo (tema l’Ucraina), la premier cerchiobottista sta concordando con gli alleati della maggioranza una risoluzione comune per il voto che dovrà affrontare martedì e mercoledì in Senato e alla Camera, e teme che al trumputiniano Salvini salti il ghiribizzo di non votare a favore del governo…
(da Dagoreport)
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Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
SUL CAMALEONTISMO DELLA DUCETTA: “NEGLI ULTIMI TRE ANNI LA SUA STRATEGIA È STATA RIPROVEVOLE., IN OGNI CASO È MOLTO PIÙ NATURALE CHE LEI TORNI ALLA SUA MATRICE ORIGINARIA”
Il terzo anniversario della guerra in Ucraina coincide con una svolta epocale: l’avvento
del secondo Trump e la sua amicizia con Putin. Per lei, Dugin, questa dovrebbe essere la fine degli Stati Uniti considerati come “l’Anticristo occidentale” nonché il “simbolo del male della democrazia liberale”?
Trump ha un approccio diverso dal passato. Ha una nuova ideologia totalmente opposta alle precedenti amministrazioni […]. Per più di tre decenni gli Usa hanno avuto una posizione anti-russa, contro cui nessuno ha mai potuto dire niente. Tutti ritenevano questo Paese come sinonimo di globalismo e unipolarismo.
E ora qual è questa nuova ideologia?
Una sorta di senso comune, di saggezza mai considerata sinora dall’Occidente come una scelta politica e anche intellettuale. L’ascesa di Trump al potere […] è una grande sorpresa perché è una rivoluzione in piena regola.
Il suo favore per Trump porta a un nuovo ordine mondiale.
Un nuovo ordine multipolare, in cui gli Stati Uniti avranno comunque un ruolo di primo piano. È la logica conseguenza del Maga, Make America Great Again. Un concetto che si può applicare all’Europa, all’India e anche alla Russia, riconoscendo così gli altri poli. E se ci sarà una Grande Russia non sarà necessariamente ostile agli Stati Uniti, anzi.
L’approccio multipolare, non liberale, di Trump fa venire meno le due ragioni principali per non ritenere più la Russia il nemico principale. E allora perché condurre la guerra contro la Russia? Perché sostenere il regime nazista ucraino? […] Non ci sono più ragioni ideologiche né geopolitiche. Non si tratta appunto di simpatia o amicizia tra Trump e Putin. Piuttosto è l’impianto intellettuale che è cambiato radicalmente negli Stati Uniti con Trump.
Su Trump, lei usa aggettivi come “entusiasmante” ed “eccitante” […]. In ogni caso la prova della verità per il suo ottimismo riguarda la guerra in Ucraina.
È chiaro che Trump non considera la Russia il nemico principale e quindi la guerra in Ucraina ha perso senso per gli Stati Uniti. Ma per la Russia ha ancora senso e ragione perché dobbiamo raggiungere gli obiettivi delle operazioni militari speciali
C’è quindi una sorta di contraddizione. Trump vuole fermare la guerra, noi vogliamo vincerla. Fermare la guerra e vincere la guerra sono due concetti diversi. Anche l’Unione Europea e Zelensky non vogliono fermare la guerra come vuole Trump, ma vincere la guerra contro di noi. C’è chi vuole la vittoria da entrambe le parti, noi, Zelensky e l’Unione Europea, mentre Trump vuole la pace, la fine della guerra.
E quindi?
Forse Trump può suggerire a Putin qualcosa che potrebbe essere accettabile per la Russia, ma ne dubito perché Trump non potrebbe proporre più di quanto l’opinione pubblica occidentale possa accettare.
Temo che sarà obbligato a soddisfare l’opinione occidentale che è molto russofoba, anche negli Stati Uniti. E la Russia non potrebbe accettare qualcosa che sia inferiore alla vittoria minima che vuole la società russa.
Anche Putin non è molto libero nei confronti dell’opinione politica russa. Il problema, appunto, è che Trump vuole la pace, noi vogliamo la vittoria e anche il Regno Unito vuole la vittoria. È impossibile soddisfare tutte le parti. E alla fine Trump sarà costretto a scegliere.
Quale sarà la sua scelta, secondo lei?
È chiaramente contrario alla vittoria sulla Russia, ma allo stesso tempo non è a favore della vittoria della Russia. Certo, le condizioni generali sono molto, molto positive per la Russia perché i cambiamenti sono evidenti, ma potremmo aspettarci troppo
Veniamo all’Europa. Lei ha più volte detto che l’affermazione del populismo è irreversibile. Ultimo esempio, i neonazisti dell’Afd al 20 per cento in Germania.
Sì, ho sempre detto che il populismo europeo e quello americano arriveranno gradualmente a una vittoria irreversibile. La crescita in Germania dell’Afd è molto importante perché è una vittoria della parte orientale, prussiana della Germania che ha creato l’Impero tedesco nel XIX secolo. La nazione tedesca si basa sul dualismo tra la parte prussiana e quella occidentale.
In Italia, il populismo ha avuto tre interpreti elettorali. In successione: Movimento 5 Stelle, Lega e adesso Fratelli d’Italia. La destra della premier Giorgia Meloni è schierata con l’Ucraina sin dall’inizio della guerra.
Il vostro populismo al potere è stato sedotto dai globalisti e oppresso dai liberali di sinistra europei che odiano la Russia. Ma ora penso che Meloni sia totalmente a favore di Trump e smetterà di essere russofoba come lo era all’inizio.
Del resto i liberali europei adesso stanno perdendo e ora Meloni vuole tornare nel campo dei vincitori, riscoprendo le sue radici di vera populista di destra. Negli ultimi tre anni la sua strategia è stata riprovevole perché per unirsi ai globalisti di sinistra è andata contro i principi del suo movimento politico e della maggioranza che l’ha votata. Ma spetta a voi italiani decidere se ha tradito o meno il populismo.
In pratica il vero populismo deve coincidere, secondo lei, con il trumputinismo.
Meloni se è a favore di Trump lo sarà anche di Putin. In ogni caso è molto più naturale che lei segua questa ideologia piuttosto che finga di essere una sorella minore del potere globalista europeo. Così tornerà alla sua matrice originaria.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
FORTE DI QUESTO SOSTEGNO, ZELENSKY CHIEDE A “THE DONALD” DI RIFIUTARE “I SE E I MA” DI PUTIN ALLA PROPOSTA DI CESSATE IL FUOCO: “NON CI DEVONO ESSERE CONDIZIONI AGGIUNTIVE DA PARTE RUSSA”
Zelensky è oggi il politico più seguito e amato dagli ucraini, che gli chiedono di non cedere a Putin e alle pressioni di Trump. Quasi il 75 per cento lo vuole tenere come presidente e il 74 per cento è favorevole a continuare la guerra anche senza l’aiuto americano. Lo rivela un sondaggio condotto dall’ Economist appena dopo lo scontro tra Zelensky, Trump e J.D. Vance lo scorso 28 febbraio alla Casa Bianca.
Quasi il 60 per cento crede che la guerra possa essere vinta. Forte di questo sostegno, Zelensky chiede a Trump di rifiutare «i se e i ma» di Putin alla sua proposta di cessate il fuoco. «Non ci devono essere condizioni e domande aggiuntive da parte russa e, se Mosca dovesse rifiutare i 30 giorni di tregua, mi aspetto una reazione dura da parte americana», dice il presidente ucraino.
Zelensky sta riorganizzando le strategie in questa fase difficile nei rapporti con Washington, e al tempo stesso coltiva quelli con i partner europei. Ieri ha riconfermato il capo dell’ufficio presidenziale, il fedele Andrii Yermak, alla guida della delegazione incaricata di negoziare con i partner internazionali le possibilità di avviare un concreto processo di pace.
Come già nei colloqui in Arabia Saudita a inizio settimana, questi sarà accompagnato dal ministro degli Esteri, Andrii Sybiha, da quello della Difesa, Rustem Umerov, e dal vicecapo dell’ufficio presidenziale, Pavlo Palisa. Trump, invece, di fatto ha «retrocesso» il generale Keith Kellogg, che era inviato speciale per Russia e Ucraina: d’ora in poi si occuperà soltanto di Kiev. Mosca aveva accusato l’ufficiale Usa di essere «filo ucraino» e troppo «duro» con la Federazione.
Zelensky ammette di non sapere quale sia stato l’esito dei colloqui a Mosca tra l’inviato americano, Steve Witkoff, e i responsabili russi. Ai tempi di Biden la comunicazione con Kiev sarebbe stata diretta e franca. Ora non più e ciò crea sconcerto. Da qui il desiderio di dimostrare la trasparenza del «sì» ucraino contro l’ambiguità delle risposte di Putin. Zelensky si dice anche pronto ad allungare il periodo del cessate il fuoco.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
GLI ULTIMI DATI EUROSTAT VEDONO IL NOSTRO PAESE ALL’ULTIMO POSTO IN EUROPA PER TASSO DI OCCUPAZIONE… E IL DIVARIO CRESCE NELLA FASCIA 15-24 ANNI
I numeri saranno anche in crescita, ma il tasso di occupazione in Italia è il più basso
di tutta l’Unione europea. A certificarlo sono le ultime tabelle pubblicate da Eurostat. Nel quarto trimestre del 2024, il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni è calato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e aumentato dello 0,2% rispetto all’ultimo trimestre del 2023, attestandosi al 62,2%. Una percentuale in rialzo, ma che impallidisce di fronte alla media europea, che si attesta a 8,7 punti in più. Il divario per le donne è ancora più ampio, con il tasso di occupazione femminile che in Italia è al 53,1%, mentre nell’Ue si attesta al 66,3% (13,2 punti di distacco).
Il divario con l’Europa tra i giovani lavoratori
Se si considerano solo gli uomini in età da lavoro, la distanza nel tasso di occupazione con l’Europa si è invece ridotta a 4,1 punti percentuali. Nel quarto trimestre 2024, lavorava in Italia il 71,3% degli uomini tra i 15 e i 64 anni, a fronte del 75,4% della media Ue. Per il nostro Paese il divario resta forte con l’Europa soprattutto per l’occupazione giovanile e per quella femminile. Per i maschi l’occupazione tra i 15 e i 24 anni è al 36,9% in media nell’Ue e al 23,6% in Italia. Se si considerano sia i giovani lavoratori che le giovani lavoratrici, l’occupazione complessiva nella fascia 15-24 anni è al 34,8% in Europa e al 19,2% in Italia, in calo di oltre un punto percentuale sul quarto trimestre 2023.
I dati sull’occupazione femminile
Le donne italiane sono penalizzate soprattutto nella fascia anagrafica centrale, ossia quella in cui spesso ci si ritrova a dover conciliare famiglia e lavoro. Se la distanza con la media europea per tasso di occupazione femminile nella fascia 55-64 anni è di 10,6 punti (49,2% in Italia contro 59,8% in Ue), il divario sale a 13,2 punti tra i 25 e i 54 anni (64,6% in Italia contro 77,8% in Ue).
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
BUONA PARTE DELLA CARNE BOVINA ESPORTATA DALL’AUSTRALIA FINISCE NELLE CUCINE DI MCDONALD’S… L’AVVERTIMENTO DEI GOVERNO DI CANBERRA: “I DAZI SONO UNA TASSA SUI CITTADINI AMERICANI”
La guerra commerciale lanciata da Donald Trump potrebbe far aumentare il prezzo di uno dei beni di consumo più amati dagli americani: il Big Mac. A suggerirlo è Don Farrell, ministro del Commercio dell’Australia, uno dei Paesi da cui le aziende americane più importano carne. Se gli Stati Uniti dovessero estendere i dazi che scatteranno il 2 aprile anche alla carne bovina e ad altri prodotti agricoli, gli americani potrebbero veder crescere sensibilmente il prezzo degli hamburger, compresi quelli di McDonald’s, l’azienda che più si affida alle importazioni dall’Australia per soddisfare la domanda di carne di manzo.
Le esportazioni di carne dall’Australia verso gli Usa
A dirla tutta, ancora non si sa se l’Australia finirà nel mirino della guerra commerciale di Trump, né quali settori sarebbero coinvolti dall’introduzione di nuovi dazi. «Vorrei potervi dire esattamente cosa farà alla fine il governo americano. Ma se devo essere onesto, sospetto che non lo sappiano nemmeno loro», ha ammesso Farrell in un’intervista a Sky News ripresa dal Guardian. Ad oggi gli unici dazi americani che hanno colpito l’Australia sono quelli al 25% imposti sulle esportazioni di acciaio e alluminio, una misura che ha colpito tutti i partner commerciali di Washington senza distinzione alcuna. Ad aprile, la Casa Bianca potrebbe inaugurare un secondo round della guerra commerciale. E gli allevatori australiani, per cui gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato estero, temono di finirne travolti. Nel 2024, i produttori australiani hanno venduto 6,2 miliardi di dollari in carne negli Usa, pari a circa il 30% delle esportazioni totali.
Il pressing su Trump per una marcia indietro sui dazi
«I dazi non sono una tassa sul produttore, sono una tassa sugli americani, ed è per questo che abbiamo visto i mercati rispondere in questo modo, in modo molto negativo, a queste mosse dell’amministrazione Trump», ha detto di recente Anthony Albanese, primo ministro australiano, in una conferenza stampa. Il governo di Canberra assicura che farà tutto il possibile per convincere Trump a fare marcia indietro e lavorare a un nuovo accordo commerciale. «Parte del mio lavoro – ha aggiunto Farrell, ministro al Commercio – è continuare a dire agli americani che questa è una politica sbagliata da adottare. Dovremmo fare il contrario, dovremmo usare più libero scambio, più commercio equo».
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
PARSI BACCHETTA CECCARDI SUL PIL AMERICANO E QUELLO EUROPEO: “LEI HA DETTO UNA BESTIALITA’, DIRE CHE L’ECONOMIA AMERICANA E’ UNA VOLTA E MEZZO QUELLA EUROPEA E’ DA 15 ALL’ESAME DI MATRICOLA”
Scontro rovente a Coffee break (La7) tra l’europarlamentare della Lega Susanna
Ceccardi e Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano.
La leghista, nello stigmatizzare le politiche europee e la transizione ecologica, afferma: “Fino al 2008 l’economia europea era più avanti di quella americana in termini di valore assoluto. Dopo il 2008 c’è stato il sorpasso e oggi l’economia americana supera quella europea del 50%. E questo trend è destinato a crescere”.
Poi attacca “la sinistra ideologica”, “la cultura woke”, “le politiche green”, aggiungendo: “L’economia americana, che è cresciuta moltissimo durante l’epoca Trump nel primo quadriennato 2016-2020, poi era completamente crollata con igoverno di Biden“.
Parsi continua a mormorare che i dati sono sbagliati e quando il conduttore Andrea Pancani gli dà la parola, osserva: “Io non so dove lei abbia letto questi dati, onorevole”.
“Dal Financial Times“, risponde ripetutamente Ceccardi.
Il politologo spiega, nonostante le reiterate interruzioni della leghista: “Lei ha sostenuto che l’economia americana oggi vale una volta e mezza quella dell’Europa. Questa è una bestialità che non ho mai sentito da nessuna parte, perché non è così”.
“Guardi, glieli trovo”, ribatte Ceccardi.
“Sì, me li cerchi – risponde Parsi sorridendo – Se li trova, son contento. Ma dire che il Pil americano è una volta e mezzo quello europeo si capisce anche senza andare a guardare le fonti. Lei potrebbe forse sostenere che la crescita del Pil americano è stata una volta e mezza di quella europea, perché la crescita del Pil sarebbe una cosa decisamente diversa”.
Ceccardi lo interrompe: “È pubblicato anche sul Corriere della Sera del 21 giugno 2023″.
“Sì, ma bisogna capire cosa si legge – rilancia Parsi – perché le posso assicurare che dire che l’economia americana è una volta e mezzo l’economia europea è una cosa per cui uno prende 15 a un esame da matricola. Quindi, se lei non distingue la crescita economica tra lo stock, questo è un grosso problema. E siccome parliamo al pubblico, dobbiamo essere corretti. Seconda questione: l’economia americana durante Biden non è scesa“.
Ma Ceccardi lo interrompe nuovamente, leggendo uno stralcio dell’articolo del Corriere
“Abbia pazienza – prosegue Parsi – l’economia americana con Biden non è scesa, ci sono i dati. L’economia americana, durante questo periodo di amministrazione Trump, è in contrazione, sono scesi gli indici di Borsa. Quindi, si possono avere tutte le opinioni del mondo ma non si può giocare con i numeri, secondo me”.
“Intanto, un appunto di stile – ribatte Ceccardi visibilmente irritata – A me non va di essere trattata da matricola da uno che fa il professorino in televisione”.
“Io sono un professore, è diverso“, chiosa Parsi.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
“DISSENTIRE E’ LECITO, INSULTARE IL PRESIDENTE COMPORTA DELLE CONSEGUENZE DIPLOMATICHE”
L’ambasciatrice d’Italia a Parigi, Emanuela D’Alessandro, è stata ricevuta giovedì scorso al Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri francese, a seguito di alcune dichiarazioni di Matteo Salvini sul presidente Emmanuel Macron.
Lo riporta Le Figaro nella sua rubrica di indiscrezioni, sottolineando che alla diplomatica italiana è stato fatto notare come le parole del leader leghista siano “in contraddizione con il Trattato del Quirinale”. L’ambasciata italiana ha confermato “un incontro al Quai d’Orsay”, precisando però che non si è trattato di una convocazione formale.
Il quotidiano francese, nel riferire dell’episodio, ha ricordato le dichiarazioni di Salvini durante un viaggio a Milano, quando ha affermato: “Zelensky chiede la pace, Trump lavora per la pace, Putin vuole la pace, mentre a Bruxelles e a Parigi c’è un matto”, aggiungendo che l’Italia non accetterà “mai un esercito europeo comandato da quel matto di Macron che parla di guerra nucleare”.
Queste parole si inseriscono nella strategia del leader leghista, che continua a giocare il ruolo di guastatore all’interno del governo, smarcandosi dalla linea ufficiale di Palazzo Chigi per accreditarsi come interlocutore di Donald Trump e Vladimir Putin.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
SAREBBE UN BEL DILEMMA PER MELONI, CHE FA MOLTO L’AMICA DEL PRESIDENTE AMERICANO, E PER SALVINI, CHE RECITA LA PARTE DEL TRUMPIANO CHE PIÙ TRUMPIANO NON SI PUÒ. SONO QUESTI, PURTROPPO, GLI INCERTI DEL TEATRINO ITALIANO
Vanno troppo in fretta per i gusti della premier i “volenterosi” guidati da Starmer,
mettendo in conto di rivedersi già giovedì prossimo a livello di vertici militari, per poter organizzare una forza multinazionale di pace pronta a muoversi nel caso in cui, come vuole Trump, e come Putin cerca di evitare ponendo paletti e condizioni al negoziato, la trattativa per la tregua sul campo della guerra in Ucraina raggiunga il suo obiettivo.
E così anche ieri Meloni, che fino all’ultimo era stata incerta se partecipare alla call dei capi di governo, più numerosi del previsto, favorevoli all’iniziativa del primo ministro inglese, ha ribadito che l’Italia non schiererà i suoi soldati se non sotto l’egida dell’Onu. Una copertura che potrebbe richiedere più tempo del previsto per concretizzarsi, e perfino non essere ottenuta, dato che la Russia è presente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
Meloni è perfettamente consapevole di tutto ciò. Ma dopo quel che è accaduto a Strasburgo, dove Salvini ha votato “no” al piano “ReArm Europe” della Presidente della Commissione Von der Leyen approvato da Fratelli d’Italia, astenutisi invece sulla mozione per l’Ucraina, non vuole ritrovarsi a dover decidere sulla formazione di truppe multinazionali con il contributo anche di militari italiani, a cui il leader della Lega ribadirebbe di sicuro la sua contrarietà, mettendo ulteriormente in difficoltà la premier e il suo partito.
Così Meloni frena rispetto all’interventismo inglese, come se appunto Starmer si muovesse di sua iniziativa e non l’avesse invece in qualche modo concordata con Trump. Dal quale la premier continua ad aspettare un invito alla Casa Bianca, che tarda ad arrivare.
Ma che succederebbe se fosse proprio Trump, una volta ottenuta la tregua, a spingere anche l’Italia ad unirsi ai “volenterosi”? Non è affatto escluso che possa accadere. E sarebbe un bel dilemma per Meloni, che fa molto l’amica del presidente americano, e per Salvini, che recita la parte del trumpiano che più trumpiano non si può. Sono questi, purtroppo, gli incerti del teatrino italiano.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2025 Riccardo Fucile
NEGLI ANNI DELLA GUERRA IN UCRAINA IL LEGAME TRA I DUE STATI SI E’ RAFFORZATO, AIUTANDO PUTIN AD AMMORTIZZARE L’IMPATTO DELLE SANZIONI. MA ADESSO C’È UN’INVERSIONE DI MARCIA: SARÀ CHE XI JINPING HA CAPITO CHE DEVE MANTENERE BUONI RAPPORTI CON L’EUROPA
È emersa una sorpresa, quando pochi giorni fa l’agenzia doganale di Pechino ha comunicato i risultati del commercio con l’estero in questo primo scorcio di 2025. Per la prima volta da molto tempo, le esportazioni cinesi verso la Russia risultano crollate e anche gli acquisti dalla Russia sono scesi in modo decisamente drastico. L’export cinese verso il Paese di Vladimir Putin si è ridotto del 10,9% nei primi due mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2024; quanto alle vendite russe, il calo in gennaio e febbraio è del 3,9% rispetto a dodici mesi prima.
L’equilibrio che si era formato durante i tre anni della guerra totale in Ucraina non funzionava così. Semmai funzionava al contrario. La Cina aveva aumentato le forniture verso la Russia, aiutandola ad aggirare ed ammortizzare l’impatto delle sanzioni dell’Europa e degli Stati Uniti: il fatturato era salito da 67 miliardi di dollari nel 2021 a 115 miliardi nel 2023, in crescita continua. Nel frattempo, la Russia aveva potuto vendere alla Cina buona parte del petrolio e qualcosa del gas che le
democrazie non comprano più.
Adesso c’è una prima inversione di marcia, netta. È possibile che sia solo una scossa di aggiustamento in un’amicizia che – secondo la definizione di Xi Jinping offerta a Putin subito prima della guerra – «non conosce limiti». Però forse no. È difficile che i flussi commerciali cinesi non riflettano anche scelte politiche, specie quando cambiano così bruscamente. Pechino si sta stancando della Russia, teme di finire compromessa e catturata nelle politiche di aggressione armata di Putin?
È probabile che un primo ripensamento sia indotto dai dazi supplementari prima minacciati e poi imposti contro la Cina (al 20%) dalla nuova amministrazione di Donald Trump. Xi Jinping e l’intera classe dirigente di Pechino capiscono perfettamente che – di fronte alla crescente chiusura del mercato americano – hanno bisogno di mantenere buoni rapporti con l’Europa e, se possibile, di migliorarli. In questo l’«amicizia senza limiti» di Pechino con Putin è senz’altro una palla al piede, perché estremamente malvista a Bruxelles e nelle altre capitali europee.
Al Cremlino questo aspetto non dev’essere sfuggito, perché il governo di Mosca sta facendo tutto il possibile per legare la Cina a sé a lungo nella violenta avventura ucraina. Dalle poche testimonianze che filtrano dal Donbass occupato, risulta per esempio che i russi hanno scelto di assegnare proprio ad alcune grandi aziende cinesi – fra queste Amma ?onstruction Machinery e Zhongxin Heavy Industry Machinery – gli appalti per lo sfruttamento delle cave e la conseguente fornitura di materiali per la ricostruzione di Mariupol distrutta dai bombardamenti del 2022.
(da agenzie)
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