Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
IL DONO È UNA MANNA DAL CIELO PER TIRANA, CHE HA UNA MARINA MILITARE CHE CADE A PEZZI … IL PD: “QUAL È IL VALORE DELLA NAVE? DEVE ESSERE SOMMATO AGLI 800 MILIONI CHE SONO GIÀ STATI SPESI”
La “Libra” è la nave militare che faceva la spola tra Italia e Albania per scodellare i
pochi migranti che sono finiti negli hotspot al di là del mare. E si vede che è piaciuta molto al governo albanese, perché da ieri l’Italia l’ha regalata a Tirana.
Non subito, ma tra breve, non appena sarà pronto l’equipaggio albanese, la “Libra” cambierà nome e diventerà l’ammiraglia della loro marina militare. Il protocollo di trasferimento della nave da uno Stato all’altro è stato firmato ieri a Durazzo dal ministro Guido Crosetto e dal suo omologo albanese Pirro Vengu, alla presenza compiaciuta del premier Edi Rama.
Nel pacchetto c’è anche un accordo industriale tra Fincantieri e la società albanese la società Kayo, con sede a Tirana, per una cooperazione nell’industria cantieristica e navale albanese. «Una scelta nella giusta direzione in tempi complessi come quelli che stiamo vivendo, nei quali è fondamentale non affrontare le sfide da soli, ma condividerle con Paesi amici», conclude Crosetto
A cui risponde così Edi Rama: «Questa nave è la testimonianza visibile di quello che stiamo facendo insieme. Lavoriamo per creare sempre più una sinergia importante tra le due sponde dell’Adriatico. Viviamo in tempi dure che ci pongono davanti a sfide che non avremmo mai immaginato di affrontare».
Dopo essere entrata nell’Alleanza atlantica, grazie anche alle pressioni europee e italiane, si è trovata molto indietro nel garantire le capacità concordate. La sua marina militare, per dire, dispone di pochi mezzi, antiquati e piccoli
Da parte sua, il ministro Crosetto ha preferito farsi ritrarre mentre donava al premier
Rama una divisa da basket della nazionale italiana con il numero 402 e la scritta “Rama”: un numero non scelto a caso, in quanto è l’identificativo della nave Libra in corso di cessione. «Ora sono ufficialmente fratello d’Italia», ha scherzato il primo ministro.
La Libra è stata costruita nel 1988 da Fincantieri. Classificata come “pattugliatore d’altura” e lunga 80 metri, ha un equipaggio fisso di 64 uomini. Per decenni ha pattugliato il Canale di Sicilia a difesa dei pescherecci italiani che erano minacciati di sequestro da parte libica o tunisina. Non è una nave modernissima, e infatti alla Marina non sono preoccupati perché altre imbarcazioni sono in arrivo, ma è comunque bene armata con un cannone e quattro mitragliere.
Al di là degli aspetti tecnici, però, non sfugge la portata simbolica del dono. Proprio la Libra, con i suoi viaggi a vuoto, era diventata l’immagine di un’operazione finora fallimentare.
E ora il governo Meloni la regala agli albanesi. «Giorgia Meloni ha messo nell’uovo di Pasqua per Edi Rama una nave da guerra!», ironizza Matteo Mauri, Pd.
«Sembra una cosa surreale, ma ormai non c’è limite al peggio per quel che riguarda l’Albania. Denunciamo questa ennesima assurdità, che evidentemente era una parte non scritta del patto per dare il permesso di costruire i centri. E chiediamo ufficialmente al ministero della Difesa quale sia il valore della nave. Che dovrà essere sommato agli 800 milioni che sono già stati spesi».
(da La Stampa)
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Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
IL COWBOY COATTO DELLA CASA BIANCA, DOPO ESSERSI VANTATO CHE GLI ALTRI LEADER LO STESSERO CHIAMANDO PER “BACIARGLI IL CULO”, SE L’È FATTA SOTTO DI FRONTE AL TRACOLLO DEI MERCATI, CHE HANNO BRUCIATO 10MILA MILIARDI DI DOLLARI. SOPRATTUTTO, SI È TERRORIZZATO QUANDO HA VISTO I TITOLI DI STATO AMERICANI DIVENTARE SPAZZATURA (IERI UN’ASTA DA 58 MILIARDI DI DOLLARI DI BOND TRENTENNALI È ANDATA QUASI DESERTA) … PECHINO NON ABBOCCA ALLE MINACCE DEL TYCOON PERCHÉ HA LA FORZA DI RISPONDERE: GRAZIE AL PETROLIO IRANIANO E AL GAS RUSSO, POTREBBE PERSINO TRASFORMARE IN “AUTARCHICA” LA SUA ECONOMIA. E HA IN MANO L’ARMA DA FINE DEL MONDO: HA IN TASCA 759 MILIARDI DI DEBITO PUBBLICO AMERICANO
A una settimana esatta dall’annuncio dei dazi reciproci contro tutti i Paesi del mondo, il Caligola di Mar-a-Lago ci ha già ripensato: stop alle tariffe per 90 giorni per tutti, tranne che per la Cina, a cui Washington aumenta ancora le barriere doganali al 125%.
Una mossa per certi aspetti prevedibile di fronte al caos scatenato dal “dazismo” del cowboy coatto che siede alla Casa bianca. Il presidente americano si è evidentemente cagato sotto di fronte alla reazione dei mercati, che hanno bruciato qualcosa come 10mila miliardi di dollari. Persino i suoi più stretti alleati, come Elon Musk, gli hanno consigliato di fare un passo indietro. E così è stato.
A essere fatale, e decisiva, è stata la tensione sui titoli di Stato a stelle e strisce. Se l’asta di oggi dei 39 miliardi di titoli a 10 anni è “andata bene”, dicono dalla Casa Bianca, pur con rendimenti oltre il 4%, quella di ieri a 30 anni è stata un mezzo fallimento, al punto che il “Wall Street Journal” ha parlato di accoglienza “tiepida”
E con nuove aste all’orizzonte, se lo scetticismo degli investitori avesse trovato ancora linfa per le mattane protezioniste di Trump, la situazione potrebbe precipitare.
Tra tutti gli acquirenti, chi può far saltare il banco davvero è la Cina.
Pechino, che con i suoi 759 miliardi di dollari in bond statunitensi in pancia è il secondo detentore di debito americano dopo il Giappone (Tokyo ha in portafoglio mille miliardi di dollari), può esercitare una pressione finanziare ben più rilevante del gioco al rialzo sulle tariffe e contro-tariffe (oggi ha innalzato le barriere doganali all’84%, in risposta al 104 americano).
È anche per questo che il regime comunista, in questi giorni, sta mostrando totale fermezza e inusitata calma davanti alla guerra commerciale dichiarata dal Caligola di Mar-a-Lago. Ed è anche per questo che Trump ha deciso di alzare le tariffe a Pechino. Le autorità cinesi, che non perdono occasione per tendere a Trump un ramoscello d’ulivo chiedendogli di rivedere le sue politiche commerciali, mostrano i muscoli: “No ai ricatti, combatteremo fino alla fine”.
Il Dragone, è il messaggio tra le righe, ha la forza per esercitare una vera “ritorsione”. Altro che dazi sulle Harley Davidson.
Soprattutto perché, secondo gli analisti, la Cina ha tutte le capacità industriali per trasformarsi in un’economia autarchica. A differenza dell’Occidente, ha una capacità
produttiva smisurata, un crescento mercato interno da alimentare e il vantaggio di un’opinione pubblica “sotto controllo”.
Le occorrono solo importanti rifornimenti di petrolio e gas, ben garantiti dai suoi alleati Iran e Russia. I gasdotti di Putin, infatti, hanno pompato risorse naturali a basso costo verso la Cina nel corso degli ultimi tre anni: gli acquisti realizzati da Xi Jinping hanno depotenziato le sanzioni occidentali a Mosca.
Pechino, come al solito, riesce a interpretare più ruoli in commedia: da una parte rinsalda l’amicizia “senza limiti” con la Russia, dall’altra flirta con l’Unione europea, a cui propone affari, investimenti e partnership in vari campi.
Il pensiero strategico cinese ha chiaro l’orizzonte da perseguire sul lungo periodo (diventare la potenza egemone a livello mondiale) e i metodi per realizzarlo (usando il soft power). Ieri una lunga telefonata tra Ursula von der Leyen e il premier cinese, Li Qiang, ha di fatto riaperto la “via della Seta” per le imprese europee. Un avvicinamento confermato dall’incontro di oggi tra la presidente della Bce, Christine Lagarde, e un alto funzionario della Banca centrale cinese.
La Kaiser Ursula ha capito di dover diversificare gli sbocchi commerciali dell’Unione dopo l’armageddon dazista di Trump. A settembre-ottobre del 2025, potrebbe definitivamente andare in porto anche l’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e l’India, che ha già ricevuto l’ok del Consiglio europeo. Destino simile avrà l’accordo Ue-Mercosur, con i paesi dell’America latina, che non avendo bisogno di un voto all’unanimità andrà presto in porto.
Con queste mosse la presidente della Commissione europea è convinta di potersi gradualmente sganciare dal mercato americano: tra Cina, India e America latina, le imprese europee dovrebbero poter continuare a esportare senza troppi drammi (in fondo, l’export negli Stati Uniti conta solo il 27% del totale per l’Ue).
(da Dagoreport)
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Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
FINE DELLA SCENEGGIATA CAMPANA-VENETA, LA POLITICA NON E’ UNA MONARCHIA DOVE SI RESTA SUL TRONO A VITA
E incostituzionale la legge della Regione Campania che consente al presidente della
giunta regionale uscente che ha già svolto due mandati consecutivi di candidarsi per un terzo mandato.
Lo ha stabilito la Corte Costituzionale. L’articolo 1 della legge della Regione, ricostruisce la Consulta, “dopo avere previsto che non è immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi, ha tuttavia stabilito che, ‘(a)i fini dell’applicazione della presente disposizione, il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge’.
” Ma proprio inserendo questo inciso, sottolinea la Corte Costituzionale, la Regione “ha reso inapplicabile, per la prossima tornata elettorale, il principio fondamentale del divieto del terzo mandato consecutivo” posto dallo Stato con la legge numero 165 del 2004, “così violando l’articolo 122, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore regionale il compito di disciplinare, tra l’altro, le ipotesi di ineleggibilità del presidente della Giunta regionale nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”.
Il divieto del terzo mandato consecutivo “opera, infatti, per tutte le Regioni ordinarie – conclude la Consulta – dal momento in cui esse hanno adottato una qualsiasi legge in materia elettorale, nel contesto di una scelta statutaria a favore dell’elezione diretta del presidente della Giunta regionale”.
Martella (Pd Veneto): “Fine del teatrino”
«La Corte Costituzionale mette la parola fine a un teatrino durato mesi e divenuto ormai stucchevole, animato da una maggioranza in crisi di identità e da un presidente che, dopo 15 anni consecutivi al governo del Veneto, ancora non pensa sia abbastanza – commenta il senatore Andrea Martella, segretario regionale del Partito Democratico del Veneto. Come abbiamo detto da tempo, la lunga era di Zaia è finita. Nel bene e nel male, quello che poteva offrire alla nostra Regione lo ha già dato». «È arrivato il momento – prosegue Martella – di guardare avanti, di dare ai veneti certezze e rispetto. Si ponga fine anche al teatrino sulle elezioni, si fissi subito la data e si smetta di perdere tempo. Basta giochetti, basta meline, basta strumentalizzazioni. La democrazia non è un bene personale da piegare alle ambizioni di qualcuno. La legge dice che si vota ogni cinque anni. Punto. Il mandato della giunta Zaia scade in autunno. Non c’è alcuna ragione per rinviare: le urne si aprano entro i termini previsti. Il Veneto ha bisogno di una nuova fase, di nuove energie e nuove idee», conclude Martella.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
LA FINANZA AMERICANA VOLGE LO SGUARDO VERSO L’EUROPA: SONO PRONTI A DIVERSIFICARE PORTANDO VAGONATE DI MILIARDI NEL VECCHIO CONTINENTE (PARTICOLARMENTE APPETIBILI I BUND TEDESCHI) … SE CINA E UE INSIEME VENDESSERO INSIEME IL 10% DEI T-BOND CHE POSSIEDONO, POTREBBERO METTERE IN GINOCCHIO IL DAZISTA DELLA CASA BIANCA
Nella prima corsa agli investimenti rifugio da anni, i titoli del Tesoro statunitensi stanno affrontando una concorrenza seria come destinazione per i capitali globali.
I rendimenti del Treasury decennale di riferimento sono crollati di circa 40 punti base quest’anno, spinti brevemente sotto il 4% lunedì, a causa della raffica di dazi annunciata dal presidente Donald Trump, che secondo gli economisti aumenta il rischio di una recessione
Per contro, i tassi comparabili sia in Europa che in Giappone sono aumentati. In Germania, il rendimento del bund decennale al 2,61% riflette la prospettiva di un’ondata di emissioni obbligazionarie, mentre il governo aumenta le spese per la difesa. Nel frattempo, il rendimento dei titoli giapponesi a 10 anni è salito dopo essere rimasto per anni intorno allo zero, attestandosi ora intorno all’1,25%, mentre gli investitori si preparano a una politica monetaria più restrittiva.
Sebbene entrambi i rendimenti siano ancora ben al di sotto di quelli dei Treasury, si trovano a livelli che li rendono più attraenti per gli investitori europei e giapponesi che coprono il rischio di cambio in dollari quando acquistano titoli USA. Ciò potrebbe invogliare gli investitori a riorientare le allocazioni verso i propri mercati domestici, dove l’outlook politico appare più stabile.
Tutto ciò porta a un mondo in cui l’eccezionalismo americano non è più il tema dominante, con potenziali implicazioni di lungo periodo: Deutsche Bank mette in guardia contro una “crisi di fiducia” nel dollaro, mentre UBS Group AG vede un’opportunità per rafforzare lo status dell’euro come valuta di riserva globale.
Va detto che, fino a quando tale svolta non si realizza, è giusto mantenere un certo scetticismo. I bund apparivano altrettanto appetibili a metà 2023, finché una svendita aggressiva dei Treasury non spinse i rendimenti decennali USA al 5%, erodendo il vantaggio di rendimento europeo. Se i dazi riaccendessero l’inflazione, i rendimenti USA potrebbero nuovamente salire.
Tuttavia, il solo fatto che si stia discutendo di un cambiamento nei flussi di capitale dimostra che gli investitori si stanno preparando a un ruolo più centrale dell’Europa nei mercati globali, in un contesto di crescente competizione per il capitale. Questo potrebbe aumentare la vulnerabilità del mercato dei Treasury USA, che negli ultimi anni ha mostrato segni di “scioperi degli acquirenti”, complice il timore di un’impennata dell’offerta.
I trader obbligazionari cercheranno di capire chi cederà per primo: la Fed o il presidente Trump? Se entrambi manterranno la loro attuale posizione, ogni asta di Treasury diventerà una mina vagante da cui gli investitori si terranno alla larga.
Con il mondo sull’orlo di uno shock della crescita globale, a meno che i dazi non vengano sostanzialmente attenuati, il mercato dei Treasury potrebbe normalmente agire come porto sicuro. Ma le regole standard della finanza internazionale stanno venendo meno. I Treasury e il dollaro non sono più gli strumenti privi di rischio di un tempo.
Al momento, i recenti movimenti di prezzo pongono un paradosso agli investitori: si sono riversati nei Treasury come rifugio nel caos della guerra commerciale, facendone salire i prezzi e generando guadagni per i detentori esistenti. Tuttavia,
poiché i rendimenti si muovono in direzione opposta ai prezzi, i titoli diventano meno attraenti per i nuovi acquirenti, che si trovano ora di fronte a rendimenti inferiori.
Tradizionalmente, il deficit di bilancio degli Stati Uniti è stato finanziato in parte da un’ondata di capitali globali alla ricerca di esposizione ai Treasury. Complessivamente, la proprietà estera dei Treasury USA rappresenta circa un terzo del mercato, mentre il settore estero è stato la maggiore fonte di domanda di obbligazioni statunitensi lo scorso anno, secondo un’analisi dei flussi di fondi di Barclays Plc. Secondo la banca, ciò ha riflesso acquisti netti per 910 miliardi di dollari, circa la metà dei quali in Treasury.
Elemento cruciale: la stragrande maggioranza delle detenzioni estere è concentrata su scadenze lunghe, secondo i dati del governo USA. Questo significa che, se la domanda estera svanisce, potrebbe verificarsi un’inclinazione della curva dei rendimenti USA, con tassi a lungo termine che salgono rispetto a quelli a breve […]
Un’indicazione precoce su come gli investitori stanno affrontando i cambiamenti globali nei rendimenti potrebbe arrivare nei prossimi giorni. È appena iniziato il nuovo anno fiscale in Giappone, periodo in cui le imprese giapponesi rivedono di solito le proprie strategie di allocazione. Il Giappone è un attore chiave nei mercati obbligazionari globali, a causa della politica ultra-accomodante della Bank of Japan, che per decenni ha spinto gli investitori nazionali a cercare rendimenti all’estero.
«Potrebbe esserci uno spostamento di fondi da parte degli investitori giapponesi, visto che i rendimenti in Europa sono più interessanti», ha detto Hideo Shimomura, senior portfolio manager presso Fivestar Asset Management Co. a Tokyo. «Penso che questa sarà la direzione che prenderanno in generale gli investitori giapponesi».
La Germania ha dato il via a questo cambiamento all’inizio di marzo, annunciando piani per sbloccare centinaia di miliardi di euro per la difesa e le infrastrutture. I rendimenti dei bund sono saliti alle stelle, poiché gli investitori hanno prezzato un’ondata di emissioni per finanziare tale spesa.
Il grande bacino di risparmi dell’Unione Europea ne fa il maggiore detentore estero del debito pubblico statunitense, oltre a svolgere un ruolo rilevante nel finanziamento delle aziende USA. Se i Paesi europei aumenteranno significativamente gli investimenti, è possibile che tali risparmi vengano trattenuti a livello domestico.
Nel frattempo, la politica americana sotto Trump appare meno stabile, erodendo potenzialmente l’attrattiva dei Treasury
Greg Ritchie
per Bloomberg
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Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
“SIAMO DUE POPOLI E DUE NAZIONI LE CUI STORIE SONO INTRECCIATE. SIAMO EUROPEI DOPOTUTTO. MI IMPEGNERÒ PER RAFFORZARE LA NOSTRA AMICIZIA” – IL RICORDO DI GIOVANNI FALCONE, L’AMMIRAZIONE PER GARIBALDI, LA SICCITÀ IN SICILIA, IL SOSTEGNO A KIEV: “UNITI NELLA DIFESA DEI VALORI DEMOCRATICI AL FIANCO DELL’UCRAINA” … E POI SI VA A PRENDERE UN GELATO DA “GIOLITTI” COME UN TURISTA
“Presidenti del Senato e della Camera, membri del governo, senatori, deputati,
autorità, sono enormemente onorato di essere stato invitato qui oggi e molto grato al presidente Mattarella per il suo gentile invito a compiere una visita di Stato in Italia”. Lo ha detto re Carlo III nel discorso alle Camere riunite in Aula a Montecitorio parlando in italiano.
“E’ molto importante per la regina e per me tornare in Italia dopo l’incoronazione. Il momento è ancora più speciale dato che oggi ricorre anche il nostro ventesimo anniversario di matrimonio”.
“Spero di non stare rovinando la lingua di Dante così tanto da non essere più invitato in Italia”. “Soprattutto è un grande onore essere stato invitato a parlare a tutti voi, la prima volta per un sovrano britannico” davanti “a questa fondamentale istituzione democratica. L’Italia è un paese molto caro al mio cuore e a quello della regina come lo è a tanti britannici”, ha aggiunto.
“Sono qui con lo scopo di ribadire la profonda amicizia tra Regno unito e Italia e per impegnarmi per fare tutto quello che posso per rafforzarlo nel tempo che mi sarà concesso come re”.
Quando Garibaldi venne nel nostro Paese “il popolo fu contagiato da una Garibaldi-mania: fu creato addirittura un biscotto in suo nome, il massimo segno di onore” per noi.
“Un terzo delle opere di Shakespeare è stato ambientato qui in Italia”. “Noi abbiamo beneficiato enormemente della vostra influenza” in vari settori, “spero solo che ci perdonerete se ogni tanto corrompiamo la vostra meravigliosa cucina…Noi siamo due popoli e due nazioni le cui storie sono intrecciate tra loro e con quelle del continente europeo. Siamo entrambi paesi europei dopotutto”.
“Tra poche settimane celebreremo l’80mo anniversario della fine della seconda guerra mondiale in Ue, ricorderemo il terribile prezzo della guerra e il prezioso dono della pace”. “Oggi purtroppo l’eco di quei tempi, che speravamo ardentemente fossero stati consegnati alla storia, riecheggia nel nostro continente. Le giovani generazioni ogni giorno vedono sui tablet che la pace non può essere mai essere data per scontata”, ha aggiunto.
“Gran Bretagna e Italia sono unite nella difesa dei valori democratici. I nostri paesi sono stati tutti e due al fianco dell’Ucraina nel momento del bisogno, le nostre forze armate sono fianco a fianco nella Nato. Siamo infinitamente grati del ruolo dell’Italia che ospita basi chiave della Nato e che guida numerose operazioni all’estero”.
“Tra poche settimane il gruppo della royal navy guidato dalla prince of Wales si eserciterà a fianco delle forze italiane nel Mediterraneo, un potente simbolo della nostra collaborazione” e inoltre ci sarà la “costruzione di aerei da combattimento di prossima generazione attraverso il ‘Global Combat Air Programme’ insieme al Giappone, un progetto che genererà migliaia di posti di lavoro nei nostri paesi e la dice lunga sulla fiducia che abbiamo uni negli altri”.
“L’Italia sarà sempre nel mio cuore come fu per la mia meravigliosa madre che festeggiò a Tivoli il compleanno e fu a Capaci” per “rendere omaggio al vostro leggendario procuratore Giovanni Falcone”. Parole che sono state sottolineate da un lungo applauso e da una standing ovation dell’Aula.
“Proprio come siamo uniti nella difesa dei nostri valori, lo siamo anche nella difesa del nostro pianeta”.”Dalla siccità in Sicilia alle alluvioni nel Sommerset, entrambi i nostri Paesi stanno già subendo gli effetti sempre più dannosi del cambiamento climatico” “L’ultima volta che parlai in questa sede parlamentare, fu per una riunione speciale dedicata ai cambiamenti climatici Fatico a pensare che siano passati 16 anni. I moniti che lanciai allora sono tristemente confermati dagli eventi”.
Nel suo intervento davanti alle Camere riunite a Montecitorio, Re CARLO III ha ricordato le “terribili sofferenze della popolazione civile italiana” durante la Seconda Guerra Mondiale, “così come l’eroismo della resistenza, nell’esempio di Paola Del Din”. La partigiana, “addestrata dallo Special Operation Executive, si lanciò con il paracadute per compiere la sua missione a sostegno degli Alleati 80 anni fa – ha ricordato – so che in questa giornata penseremo tutti a Paola, che ha 102 anni, celebrando il suo coraggio”
“Qualunque siano le sfide e le incertezze che inevitabilmente affrontiamo come nazioni ora e nel futuro possiamo superarle insieme e lo faremo e quando lo avremo fatto” potremo dire ‘E poi uscimmo a rivedere le stelle”.
Piccolo fuori programma per re Carlo III e la regina Camilla al termine della cerimonia in Aula alla Camera. I reali si sono voluti avvicinare alla stampa nel Transatlantico di Montecitorio per salutare giornalisti e funzionari. “Come sta?” chiedeva Carlo in italiano stringendo le mani e a chi gli si rivolgeva in inglese rispondeva “very kind”.
Fuori programma per re Carlo III e la regina Camilla del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord al termine del discorso del sovrano di fronte alla Camere riunite. Prima di salire in macchina e lasciare piazza Montecitorio, i reali si sono infatti concessi una breve passeggiata in via Uffici del Vicario, salutando la folla di romani e turisti che si era assiepata dietro le transenne.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
E’ ORGANIZZATO DALL’ATTORE E REGISTA EDOARDO SYLOS LABINI, AMICO DI GIORGIA MELONI, GIÀ RESPONSABILE CULTURA DI FORZA ITALIA ED EX GENERO DI PAOLO BERLUSCONI
Da una parte il taglio di quasi 2 milioni di euro ai fondi destinati ad alcune istituzioni culturali di primo piano del nostro Paese. Dall’altra un finanziamento aggiuntivo di mezzo milione a un festival organizzato da una Fondazione molto vicina alla destra di governo.
In commissione Cultura al Senato è stato votato il riparto dei contributi previsti per il 2025 dal ministero guidato da Alessandro Giuli, all’interno del quale vengono specificati gli enti che subiranno la sforbiciata: si va dal “Festival dei Due Mondi” di Spoleto alla Fondazione “La Biennale di Venezia”, dalla Triennale di Milano alla Quadriennale di Roma. E poi ancora realtà come Italia Nostra, il FAI, il Festival Pucciniano o il Rossini Opera Festival.
Già questo basterebbe a giustificare la polemica innescata dalla mossa del ministero e della maggioranza. Ma il fatto è che una parte dei soldi sottratti dalla porta rientrano dalla finestra in un altro provvedimento, per la precisione nel disegno di legge
presentato dalla senatrice leghista Tilde Minasi, con il quale si punta a «incentivare e rafforzare le iniziative previste dal “Festival delle Città identitarie”.
E, per questa finalità, «lo Stato eroga un contributo annuale pari a 500.000 euro, a decorrere dall’anno 2025».
Un evento ideato e organizzato (l’anno scorso a Pomezia, la sua città) dall’attore e regista Edoardo Sylos Labini, fondatore dell’associazione “CulturaIdentità” e direttore dell’omonimo mensile.
Già responsabile Cultura di Forza Italia ed ex genero di Paolo Berlusconi: ha sposato la figlia Luna, da cui ha avuto una figlia e poi si è separato. In tempi più recenti, cantore del melonismo, ospite dei talk show in quota destra, fiero esempio di intellettuale organico.
Forte anche di un rapporto personale con la premier, grazie alla quale l’anno scorso è tornato in Rai con una trasmissione dedicata alle vite di Giuseppe Mazzini, Filippo Tommaso Marinetti, Gabriele D’Annunzio e Giovannino Guareschi.
«Siamo di fronte all’ennesimo caso di amichettismo, anziché su merito, storia e impatto culturale reale – attacca Luca Pirondini, capogruppo del Movimento 5 stelle in commissione Cultura a Palazzo Madama -. Un mix di tagli dove i soldi servono e di sprechi in marchette per gli amici, che fa tremare i polsi e che nulla ha a che fare con l’interesse pubblico».
Proteste anche dal Pd, con la capogruppo nella stessa commissione, Cecilia D’Elia, che si dice «allibita» dal «tentativo di stornare fondi per iniziative discutibili», visto che «le marchette si accompagnano ai tagli lineari imposti al ministero della Cultura».
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
“LA NARRAZIONE DOMINANTE È TUTTA SULLE COLPE DELL’OCCIDENTE E DELL’EUROPA. È SU QUESTO TERRENO CHE AVVIENE L’INCONTRO TRA LA DESTRA POPULISTA CHE SI NUTRE DI RUSSOFILIA, PEZZI DI UNA SINISTRA-SINISTRA CONTRO LE ARMI SEMPRE, E PACIFISMO A CINQUE STELLE”… LA TIMIDEZZA E LE CONTRADDIZIONI DEL PD DI SCHLEIN FANNO IL RESTO, PERCHÉ L’EGEMONIA NON LA COSTRUISCI CON LE ASTENSIONI O SOLO EVOCANDO ALTIERO SPINELLI”
Proprio in quanto difficilmente componibili, le piazze per la “pace” hanno già
amplificato le divaricazioni politiche.
Perché era chiaro che la mozione presentata da Giuseppe Conte (slitta alla prossima settimana, ma è già un caso) è, al pari dell’adunata contro l’Europa prima ancora che contro Trump (e Putin), un atto ostile verso il Pd.
Le sue contraddizioni, per i Cinque stelle, sono come la gelatina, ottima per ingrassare elettoralmente. I dem, a proposito di contraddizioni, si asterranno, ed è la quarta piroetta in poche settimane: a Strasburgo, sul piano Ursula, si sono astenuti; in Parlamento hanno invocato una «radicale revisione», praticamente un quasi no; a Bruxelles hanno poi votato a favore del rapporto alla difesa che comprende quel piano.
Nel frattempo, una delegazione ha partecipato al corteo, per lisciare il pelo a quel mondo, pur ricevendo dei fischi. Piroette che risentono dell’incapacità o impossibilità di fare sintesi all’interno, anche qui, tra declinazioni diverse del cosiddetto “pacifismo”. Tutti contro Trump e Putin, tutti per l’Europa ma chi la vuole armata, chi disarmata.
C’è il pacifismo, è rimossa la guerra. Il giorno prima delle manifestazioni i ripetuti attacchi russi su Kryvyi Rih, città natale di Volodymyr Zelensky, hanno causato la morte di nove bambini, oltre a sessanta feriti di cui dodici minori. Colpiti un parco giochi e un minibus. Un attacco, per ferocia e luogo, ad alto valore simbolico. Dell’episodio, che due anni fa avrebbe animato un dibattito sui crimini contro l’umanità di Putin, non c’è traccia nella discussione pubblica
Accade perché quello sarebbe un elemento di rottura della narrazione dominante che
è tutta sulle colpe dell’Occidente e dell’Europa. Narrazione rivitalizzata dalla vittoria di Trump. E non è un caso che, poiché nessuno è in grado di spiegare nella galassia pacifista “quale pace”, sia ricominciata, in piazza e non solo, la discussione sulle colpe della guerra, come il giorno dopo l’invasione: la Nato al confine, il racconto farlocco della trattativa di Istanbul, eccetera.
È su questo terreno che avviene l’incontro tra la destra populista che si nutre di russofilia, pezzi di una sinistra-sinistra contro le armi sempre, e pacifismo a Cinque stelle. La timidezza altrui fa il resto, perché, da che mondo è mondo, l’egemonia non la costruisci con le astensioni o solo evocando Spinelli, ma con un racconto sfidante e vivo.
Insomma, dietro la parola pace, più che la guerra c’è la guerriglia politica.
(da La Stampa)
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Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
EDWARD LUCE: “NON ESISTE ALCUNA SCUOLA DI PENSIERO CHE POSSA SPIEGARE CIÒ CHE STA ACCADENDO. SE VOLETE CAPIRE IL FUTURO DEL MONDO, STUDIATE LA PSICOLOGIA DI TRUMP. FINCHÉ LUI È AL COMANDO, MEGLIO RESTARE SHORT SULL’AMERICA”
“Dovremmo fidarci dell’istinto di Donald Trump”, dice lo Speaker Mike Johnson. Ma l’alternativa più logica sarebbe fuggire a gambe levate.
È troppo tardi perché i Repubblicani tornino a essere un partito “normale” — il culto di Trump è ormai il loro principio organizzativo. Ma potrebbero ancora interpretare il ruolo di fedeli consiglieri, cercando di convincere Trump a scendere dal precipizio su cui si è arrampicato. In gioco non ci sono solo le loro cariche, ma il futuro dell’economia globale e dei fondi pensione di ogni cittadino americano.
Il punto di partenza è questo: Trump è un martello, e il mondo intero — compresa metà dell’America — è un chiodo. Talvolta può scegliere dove colpire, o ammorbidire il colpo, ma resta pur sempre un martello. Che alcuni dei suoi più stretti sostenitori — come il gestore di hedge fund Bill Ackman — si dicano sorpresi dalla guerra globale dei dazi, è davvero incomprensibile. Trump ha promesso questa guerra commerciale in quasi ogni suo comizio elettorale.
Accusa gli stranieri di derubare l’America sin dagli anni ’80. Il suo bersaglio non era l’Unione Sovietica, ma il Giappone. Trump è sempre stato più arrabbiato con alleati e amici. Oggi, riserva il suo disprezzo più profondo all’Europa e al Canada. Gli
psicologi ricordano il modo in cui cercò di sfilare soldi persino ai suoi fratelli durante l’eredità paterna. Se il tuo istinto è fregare gli altri, anche i tuoi cari, penserai che tutti facciano lo stesso.
La vera domanda è: perché così tanti — dai miliardari ai venezuelani della Florida — si ostinano a non vedere chi è davvero Trump? Trump ha davvero il mondo nel palmo della mano.
Basta il solo sospetto che possa agire con buon senso per scatenare una frenesia d’acquisto. Gli imperatori romani avrebbero invidiato il potere del suo semplice cenno. Tuttavia, è possibile — forse imminente — che Trump sia costretto a sospendere almeno una parte delle tariffe imposte nel suo “Giorno della liberazione”. In quel caso, i mercati celebreranno un rally euforico. Ma sarà una tregua instabile, come un relitto alla deriva. Lo stesso vale per le sue minacce di alzare i dazi alla Cina al 50%.
Pensare che l’impatto di Trump si limiti all’economia dei beni scambiati è illusorio. Gli investitori esteri possiedono una quota critica del debito sovrano americano. La differenza tra una recessione “trumpiana” e una vera e propria depressione potrebbe dipendere dalla loro fiducia nel sistema americano.
In ogni caso, si tratta di una lezione che arriva troppo tardi. Chi ha provato a “normalizzare” Trump ha perso ogni credibilità.
Non esiste alcuna scuola di pensiero in politica estera o nel mercantilismo commerciale che possa spiegare ciò che sta accadendo. Se volete capire il futuro del mondo, studiate la psicologia di Trump.
Finché lui è al comando, meglio restare short sull’America.
Edward Luce
per il “Financial Times”
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Aprile 9th, 2025 Riccardo Fucile
MARTIN WOLF: “STA DISTRUGGENDO L’ORDINE INTERNAZIONALE LIBERALE. HA DISTRUTTO TUTTO CIÒ CHE I SUOI PREDECESSORI HANNO CERCATO DI OTTENERE. È UN ATTO DI GUERRA CONTRO IL MONDO INTERO. È UN ATTACCO ALLA REPUBBLICA AMERICANA E ALL’ORDINE GLOBALE DA ESSA CREATO”
Trump non si è limitato a portare degli Stati Uniti a livelli che non si vedevano da un
secolo, ma ha distrutto tutto ciò che i suoi predecessori hanno cercato di ottenere. È un atto di guerra contro il mondo intero.
Il dibattito se prendere Trump alla lettera o sul serio è finito. Ora ha imparato a essere il tiranno che ha sempre desiderato essere. Ci è voluto un po’ di tempo.
La sua amministrazione è impegnata in un attacco globale alla repubblica americana e all’ordine globale da essa creato. Sotto attacco a livello nazionale sono lo Stato, lo Stato di diritto, il ruolo del legislatore, il ruolo dei tribunali, l’impegno per la scienza e l’indipendenza delle università.
Tutti questi erano i pilastri su cui poggiavano la libertà e la prosperità degli Stati Uniti. Ora sta distruggendo l’ordine internazionale liberale. Presumo che presto Trump invaderà dei Paesi, mentre procede a ripristinare l’era degli imperi.
L’applicazione di tutte queste tariffe è un simbolo perfetto di ciò che Trump vuole fare
Si è appellato a un’inesistente “emergenza”, consentita da una legislatura insensata, per imporre un aumento delle tasse altamente regressivo che graverà in modo particolare sulla sua base politica, in parte per finanziare un’estensione del taglio delle tasse del 2017 che ha fatto saltare il bilancio.
Sembra inevitabile che queste tariffe danneggino il mondo e gli Stati Uniti sia ora che a lungo termine.
Le nostre economie sono molto più aperte che mai. Improvvisi ed enormi aumenti del protezionismo avranno effetti economici di conseguenza maggiori rispetto al passato.
I mercati azionari hanno sicuramente ragione nell’ipotizzare che buona parte dell’attuale stock di capitale produttivo si rivelerà un rottame: è probabile che i mercati continuino a subire turbolenze.
Questo offre una speranza perversa
Il tentativo di Trump e dei suoi collaboratori di minare la Repubblica richiederebbe
tempo. Ora è più probabile che lo esaurisca. Immaginiamo che, a seguito di tutto questo scompiglio, l’economia vacilli davvero e che i repubblicani vengano colpiti alle elezioni di metà mandato.
Questo renderebbe il progetto Maga molto più difficile da realizzare. Chi lo sa? Le istituzioni statunitensi potrebbero iniziare a mostrare un po’ di spina dorsale. Soprattutto, le prossime elezioni presidenziali potrebbero essere davvero regolari.
Finché il Maga dominerà la destra americana, il potenziale statunitense di comportamenti imprevedibili, irrazionali e perniciosi rimarrà. Questo è, ahimè, un enorme regalo alla Cina. Ma più la situazione peggiora, più è probabile che il Maga sia una parentesi, non il destino dell’America. Questa è una consolazione e una speranza.
Martin Wolf
per il “Financial Times”
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