Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
LA NAZIONE PIÙ RAPPRESENTATA È L’ITALIA CON 17 CARDINALI. POI CI SONO GLI STATI UNITI CON 10. GLI EUROPEI SONO 53, I LATINOAMERICANI 21, I NORDAMERICANI 16… LA POSSIBILE DATA D’INIZIO DEL CONCLAVE: TRA IL 6 E IL 10 MAGGIO CHI SARÀ IL PROSSIMO PAPA
Dopo il decesso di Papa Francesco, avrà luogo nelle prossime settimane il Conclave
per decretare il nuovo Pontefice. Inutile fare nomi o indicare favoriti anche perché, come la storia insegna, spesso chi entra Papa in conclave ne esce cardinale. Però si può raccontare la suddivisione dei 135 cardinali elettori e cercare di capire che tipo di Papa sarà chi salirà sul soglio pontificio dopo Bergoglio.
Conclave, 110 cardinali su 135 nominati da Francesco
Per avere il nuovo Papa serviranno i voti dei due terzi dei 135 cardinali partecipanti al conclave, 91 voti in tutto. E, tra i porporati che voteranno, ben 110 sono stati nominati da Papa Francesco (23 da Papa Benedetto XVI e 5 da San Giovanni Paolo II). I numeri dicono dunque che la prossima riunione nella Cappella Sistina potrebbe avere come esito l’elezione di un Papa a trazione ‘Bergogliana’ e quindi in continuità con il corso impresso alla Chiesa dal Papa argentino.
La nazione più rappresentata è l’Italia
La nazione più rappresentata è l’Italia con 17 cardinali. Dietro l’Italia, ci sono gli Stati Uniti con 10 cardinali, poi il Brasile con 7. Queste le 3 nazioni più presenti. Tanti sono, invece, i Paesi del mondo che hanno un solo rappresentante. Facendo la divisione per continente, invece, il quadro è questo: i cardinali elettori europei sono 53, i latinoamericani sono 21, i nordamericani 16, gli africani 18, gli asiatici 23, i porporati dell’Oceania 4.
Chi sono i possibili successori del Papa
Continuità o sorprese? Ritorno al tradizionalismo o nuovi orizzonti? I recenti conclavi hanno regalato le sorprese delle elezioni di Karol Wojtyla nel 1978 e Jorge Bergoglio nel 2013. Il conclave del 2005, invece, è stato quello che ha avuto l’esito ‘atteso’ con l’elezione di Joseph Ratzinger.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
IL VATICANO DIFFONDE IL TESTO DEL TESTAMENTO DI BERGOGLIO, CHE DÀ SOLTANTO DISPOSIZIONI PER LA SEPOLTURA: IL TESTAMENTO È STATO REDATTO IL 29 GIUGNO DEL 2022, A SANTA MARTA: UN BENEFATTORE ANONIMO PAGHERÀ LE SPESE DELLA SEPOLTURA
Nel Nome della Santissima Trinità. Amen.
Sentendo che si avvicina il tramonto della mia vita terrena e con viva speranza nella Vita Eterna, desidero esprimere la mia volontà testamentaria solamente per quanto riguarda il luogo della mia sepoltura.
La mia vita e il ministero sacerdotale ed episcopale ho sempre affidato alla Madre del Nostro Signore, Maria Santissima. Perciò, chiedo che le mie spoglie mortali riposino aspettando il giomo della risurrezione nella Basilica Papale Santa Maria Maggiore.
Desidero che il mio ultimo viaggio terreno si concluda proprio in questo antichissimo santuario Mariano dove mi recavo per la preghiera all’inizio e al termine di ogni Viaggio Apostolico ad affidare fiduciosamente le mie intenzioni alla Madre Immacolata e ringraziarLa per la docile e materna cura.
Chiedo che la mia tomba sia preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina (Cappella della Salus Populi Romani) e la Cappella Sforza della suddetta Basilica Papale come indicato nell’accluso allegato.
Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus.
Le spese per la preparazione della mia sepoltura saranno coperte con la somma del benefattore che ho disposto, da trasferire alla Basilica Papale di Santa Maria Maggiore e di cui ho provveduto dare opportune istruzioni a Mons. Rolandas Makrickas, Commissario Straordinario del Capitolo Liberiano.
Il Signore dia la meritata ricompensa a coloro che mi hanno voluto bene e continueranno a pregare per me. La sofferenza che si è fatta presente nell’ultima parte della mia vita l’ho offerta al Signore per la pace nel mondo e la fratellanza tra i popoli.
Santa Marta, 29 giugno 2022
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
CHI DI NOI NON HA MAI PENSATO: PER FORTUNA CHE C’E’ QUESTO PAPA, CON TUTTI I MASCOLZONI SALITI AL GOVERNO DEL MONDO?
Per un non credente, che non confida nello Spirito Santo, il fatto che un uomo simile
sia diventato papa può essere spiegato in due maniere.
La prima è che sia stato, oltre che un fortunato intermezzo, una specie di incidente. Quasi una disattenzione, un capitolo che è sfuggito di mano ai suoi autori, qualcosa di inedito e di imprevedibile, un unicum certificato dal fatto che l’uomo in questione è stato il primo, dopo tutti quei secoli, a volersi chiamare Francesco, il rivoluzionario che con grande scandalo voltò le spalle al padre, alla ricchezza, all’agio sociale.
La seconda spiegazione, per un non credente meno comoda, meno pigra, è che non solo non sia stato un incidente, ma la Chiesa cattolica contenga in sé, oltre ai tanti vizi che questo papa non ha mai smesso di rinfacciarle, anche la facoltà di guardare al mondo — quando vuole, e se lo vuole — con un carico di speranza, e di fiducia negli uomini, che altrove sembra del tutto perduto. Considerata la frequenza con la quale le nazioni si affidano ai prepotenti, ai vanitosi e agli avidi, ha fatto spicco la salita al governo della Chiesa di una persona così mite, così devota al rispetto di tutti gli esseri umani, così semplice nei modi, così serenamente estranea ai giochetti della politica, che spesso culminano nel gioco infame della guerra.
Chi di noi non ha mai pensato: per fortuna che c’è questo papa, con tutti i mascalzoni saliti al governo del mondo? Lo abbiamo pensato in tanti. L’elezione del prossimo papa ci aiuterà a capire se Francesco sia stato un incidente, oppure una facoltà che la Chiesa ha riscoperto, e molti altri poteri hanno perduto. Da laico, non mi disturba più di tanto sperare che sia vera la seconda ipotesi.
(da Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
IL GESUITA CHE AVEVA IN UGGIA L’ARISTOCRAZIA DELLA CHIESA
Se un Papa non piace ci si sente in colpa. Giudicare un papato sembra un atto fuori misura. Sentimenti e idee personali a parte, un bel po’ di mondo Francesco se lo è fatto piacere da subito, perfino troppo, per recuperare uno stadio di innocenza affettiva compromesso dalle raffinatezze teologiche e letterarie di Paolo VI, dai suoi tragici dubbi, e poi dallo spirito regnante e guerriero di Wojtyla, dalle sue tragiche certezze, e dalla soave intrattabilità teologica e morale di Ratzinger, custode non negoziabile di una fede e di una cultura che stavano soccombendo di fronte al wokismo relativista.
Esigere una vita innocente è precisamente il male di quest’epoca, almeno secondo un’idea tradizionalista o conservatrice di intelligenza e cultura. Ma va anche detto che Francesco, sotto quel sorriso che era anche un ghigno, e con quel brutto carattere che era un aspetto importante del suo animo, ebbe
ambizioni forti. Scelse un nome inedito e anche inaudito, quello di un alter Christus, di un uomo che parlava con la natura come i matti, uccellini e lupi, e subito precisò che il nome del grandissimo santo non ammetteva un numero progressivo al seguito.
Volle essere un grado zero della pastoralità, un uomo venuto da lontano per realizzare i disegni mistici e mondani della grande élite gesuita alla quale apparteneva, e che da oltre cinque secoli era esclusa quasi per statuto materiale dall’elevazione al soglio di Pietro. Il progetto era alto, forse anche fuori misura.
La forza travolgente della colloquialità, che alla fine banalizza tutto e tutto assimila e omologa, in principio sembrava lo strumento decisivo di una visione chiara del nuovo magistero pontificio, riluttante alla teologia e al Palazzo apostolico, insofferente del moralismo anche nella sua veste più elegante e persuasiva, ostile alle scarpe rosse, alle limousine, alla sontuosità della liturgia cattolica e dello stile vaticano, al free speech come libertà di pettegolezzo e mormorazione, alle cordate e alle lobby, alle costrizioni della politica internazionale.
Sistemati i princìpi non negoziabili, che furono messi da parte in apparente noncuranza insieme con l’idea di una rivoluzione antropologica laica ma di matrice cristiana, Francesco tentò di calare nella sua predicazione la “dolcezza” (così la definì) del primo sacerdote della iniziale combriccola di sant’Ignazio, Pietro Favre, con quel suo meraviglioso Memoriale tutto intessuto di movimenti dell’animo cristiano per quel tempo modernissimi e visionari. Purtroppo per la
sua esperienza di parroco del mondo, modesto ma non così bonario come sembrava, per la sua pratica di austerità e solidarismo, per la sua ingannevole credenza nel pianeta da riscattare dalle cattiverie dello sviluppo, per la sua rinuncia al confronto con l’assoluto della verità codificato nelle lettere episcopali o encicliche che non ha mai scritto, et pour cause, purtroppo nel corso del tempo si rese conto che qualcosa era andato storto e che la buona volontà, e un governo politico serrato della struttura ecclesiastica, non bastavano a riempire di cuore, di carne, di penetrazione intellettuale e etica i contenuti ultimi della fede. Si può credere che ne abbia sofferto.
Era un gesuita a modo suo, un non laureato o dottorato della Compagnia. Era un argentino a modo suo, aveva trascorso le tragedie sinistre di quel paese nella fiera e forse anche orgogliosa presunzione di potersene districare con l’informe teologia del popolo, estranea a ogni idea di dottrina, e con la pratica della strada, della calle. Aveva in uggia l’aristocrazia della Chiesa, che è la sua forza, la radice apostolica del suo universalismo, e cercava nel particolarismo della pratica periferica, negli odori animali della pastorizia, un antidoto devozionale condivisibile dai più al troneggiante e ispirato magistero della tradizione dogmatica. Credette fermamente in un uomo di Dio che era il suo opposto, il cardinal Martini, un gesuita dotto convinto della più grande mistificazione del secolo cattolico, che la Chiesa fosse duecento anni in ritardo sulla via maestra del mondo moderno, quando era chiaro che il mondo era corso troppo avanti e senza freni, perdendo la bussola. Va detto, con i tempi che procedono in spregio alla dignità delle cose più elementari, e con il potere mondiale percorso da un afflato demoniaco di stupidità e autolesionismo, che con tutti gli equivoci il papato di Francesco potrà essere, se non rimpianto, almeno considerato come una testimonianza estrema e incompresa di umanesimo cristiano. E non è poco.
(da il Foglio)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
CREDO SI SIA RESO CONTO DI ESSERE UN UOMO STONATO IN UN’ORGIA DI ODIO PLANETARIO. E COME TALE PIURTORPPO DEL TUTTO SOLO
Era la Pasqua di cinque anni fa, la pandemia aveva bloccato il pianeta e quell’uomo
vestito di bianco si muoveva da solo in una raggelante piazza San Pietro vuota. È un’immagine potentissima, iconograficamente al pari dei Boeing 767 contro le Torri Gemelle, che oggi non può non tornare alla memoria anche per la coincidenza che vuole la scomparsa di Bergoglio proprio negli stessi giorni della massima festività cristiana.
Ma se è vero che molto è stato detto e scritto a commento di quel rito senza assemblea, con il successore di Pietro che sotto una pioggia punitiva sembrava l’ultimo uomo su una terra da Day After, io vorrei condividere un’ulteriore riflessione che parta proprio da quei fotogrammi per cercare un altro senso nel pontificato di Francesco e nella sua solitudine.
Sì, solitudine. Non nascondo che soprattutto negli ultimi anni si è rafforzata in me la sensazione struggente di essere davanti a un uomo solo, purtroppo non dissimile da quello che il 27 marzo 2020 si stagliava sullo sfondo della piazza deserta.
Sarà che Bergoglio era salito al vertice della Chiesa assumendosi l’onerosa responsabilità di presentarsi con il sorriso, tratto sostanzialmente assente sia dal
volto sfigurato di dolore di Wojtyla sia da quello rigidamente trattenuto del teologo Ratzinger, cosicché la prima rivoluzione del Papa argentino passò proprio da un diverso modo di gestire la mimica facciale, finalmente sciolta in quella leggerezza gioviale che non per nulla fu mitologico attributo del Giullare di Dio.
Correva l’anno 2013, e un Vaticano adombrato da intrighi di Curia e da scandali indicibili si affidava al volto radioso di un latino-americano figlio del barrio e delle migrazioni, uno nel cui sangue scorreva la fantasia di Borges e magari pure l’infantile incanto giocoso che animava Cortázar.
Gli anni successivi stavano per convincerci che quel sorriso, unito a una certa bonarietà alla Roncalli, fosse l’unica terapia possibile per salvare la Chiesa dalle sue marcescenze e conferirle il ruolo di alleata di un’umanità sempre più indifesa dinanzi a una tecnologia debordante e onnivora.
Udienza dopo udienza, discorso dopo discorso, Bergoglio sembrava rimarcare con forza sempre maggiore il suo metodo del sorriso deflagrante, quasi sulla scia di un Gene Sharp aggiornato al terzo millennio, persuadendo milioni di persone che forse non tutto fosse perduto se in pochi anni un afroamericano arrivava alla Casa Bianca e un argentino amante del tango provava a cambiare il Vaticano. Ci abbiamo creduto. Noi e lui. Sembrava possibile, sembrava a un passo dal prendere forma e tradursi in realtà. Ma poi?
Poi solo tre anni dopo qualcosa iniziò a incrinarsi: con una dottrina e un linguaggio antitetici rispetto a quelli di Francesco, gli Stati Uniti sceglievano Trump per archiviare definitivamente l’era Obama. Il contesto aveva cominciato a virare, le energie stavano cambiando, le perturbazioni nascono sempre da avvisaglie nuvolose che vanno compattandosi prima che inizi il temporale vero e proprio.
Così fu, con il sempre più marcato successo dei sovranismi, con l’emergere di propagande violente contro i migranti, e poi il colpo di grazia del Covid un attimo prima dell’irrompere dei carri armati, a far retrocedere il Vecchio continente ai mostri in bianco e nero dell’epidemia di spagnola e dell’ultimo conflitto mondiale.
Lì, credo, è avvenuto qualcosa di drammatico: il sorriso accogliente e inclusivo di un pastore affabile si è trovato ad arginare la piena devastante di un fiume impazzito, all’improvviso carico di orrore e di morte, in una moltiplicazione esponenziale di cadaveri, ogni giorno, dal fronte ucraino e poi da quello mediorientale, in un crescendo di anatemi e di inni alla catastrofe, con i mari pieni di portaerei e i cieli fitti di missili d’ogni colore e provenienza, dai droni iraniani a quelli israeliani, dai ribelli Houthi ai bombardamenti russi sulla domenica delle Palme.
Contro tutto questo, poteva ancora qualcosa il magistero del santo di Assisi a cui Bergoglio si ispirava? Il verbo carezzevole e cordiale del Papa di Santa Marta riusciva a tenere testa a un’orgia di odio planetario in cui i tagliagole tornano di moda, si prendono di mira le ambulanze, si minacciano invasioni contro il diritto internazionale, e perfino i coreani di Kim Jong-un vengono
sparare a poche migliaia di chilometri da Roma?
Mi sbaglierò, ma lui per primo credo si sia reso conto di essere un uomo stonato, e come tale purtroppo del tutto solo. Deve essere stata dura, molto dura. Non sentirsi più capace di parlare la lingua di un mondo trasformato, sbandato, ebbro di vendetta, totalmente irriconoscibile rispetto a quello che ne aveva festosamente accolto l’elezione solo dieci anni prima.
Insomma, Bergoglio era adesso come quel famoso giorno in piazza San Pietro, pastore abbandonato da un gregge che parla una lingua diversa, che ama e sceglie condottieri con opposti valori e opposte bandiere.
Nelle ultime settimane, in occasione del lungo ricovero al Gemelli, filtrò la notizia che egli avrebbe dovuto sottoporsi a una riabilitazione per poter riprendere a parlare. Rimasi attonito, la trovai una metafora tragica ma nitidissima: colui che più di tutti aveva incarnato la speranza, d’un tratto è costretto al mutismo e deve re-imparare a mettere insieme le parole. Adesso apprendiamo che quella voce si è spenta del tutto, e a me non riesce non pensare che tutto ha un senso con quell’uomo bianco in una piazza spettrale, senza anima viva, presagio di un epilogo che non avremmo voluto vedere.
(da repubblica.it)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
I CONTRASTI SU EUTANASIA E ABORTO… E QUELLA VISITA IN TERRAZZA
La leader radicale Emma Bonino ha incontrato Papa Francesco a casa sua. E del pontefice con il Corriere della Sera ricorda «la sua instancabile azione di difesa della vita e dei diritti dei tanti dimenticati o ignorati o discriminati dagli uomini come i carcerati e i migranti, temi francescani dell’ambiente…».
Quel giorno «mi fece una sorpresa, venne a visitarmi in un momento particolarmente faticoso della mia malattia, infondendomi coraggio e speranza». Era stata ricoverata per una crisi respiratoria. Con Repubblica Bonino ricorda i contrasti sull’eutanasia: «Io gli dissi: Santo Padre, sì posso essere d’accordo sulla vita che è un dono, un regalo che ci è affidato, ma devo
poterlo restituire. Se sono ridotta a una melanzana che vita è? L’eutanasia deve essere possibile, accettata, ammessa».
L’appuntamento
La storia dell’appuntamento a casa sua la ricorda così: «Mi chiamarono il lunedì sera dalla segreteria vaticana. Avevo avuto il telefono bloccato per due giorni, quindi quella telefonata mi colse del tutto di sorpresa, praticamente la prima a telefono riattivato. Dissero: il Santo Padre potrebbe venire domani a salutarla. Aggiunsero di non comunicarlo a nessuno. Pensavo fosse uno scherzo. Comunque l’ho detto alle amiche e alle mie collaboratrici. Hanno cominciato a fare pulizie che manco a Pasqua».
Poi: «Al mattino intorno alle 11 arrivò il Papa. Io avevo chiamato la mia amica più robusta perché non cammino e doveva portarmi in braccio in terrazza. Immaginavo che lì potessi accoglierlo. E lui arrivò con la sua carrozzella: “Cerea”, fu il suo saluto alla piemontese. In terrazza in realtà mi trasportò uno dei suoi corazzieri, dicendomi che ero un fuscello per loro, non pesavo niente. Mi diede i regali: una scatola di cioccolatini e un bel mazzo di rose bianche e rosa».
L’eutanasia
«Abbiamo parlato della quotidianità. La sua a Santa Marta, dove ci sono i suoi amici prelati, il cibo, le abitudini. Su molte cose — ha ripetuto il Papa — alla fine potevamo trovare un accordo. Certo ma, ripeto, non era facile quando si andava sulle cose concrete». Come l’eutanasia? «Sì. Se si tratta di affrontare il tema dell’eutanasia come diritto, ecco che la distanza si sente tutta». Ma c’erano cose su cui andavano d’accordo, dice a La Stampa: «Carcere, immigrati e tutti i diseredati della terra anche se non siamo scesi nei dettagli dei tanti drammi che provocano carestie, crisi umanitarie, conflitti di cui quasi per nulla si parla. Ricordo, però, che a un certo punto papa Francesco ha detto a me che ho 77 anni: io sono vecchio e sto per morire ma tu sei giovane, sbrigati a guarire e a portare avanti le nostre idee. E poi ha detto anche che quando la si pensa diversamente bisogna poi arrivare a un punto di incontro».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
DOPO LA MORTE DEL PONTEFICE, IL “TURBOLIBERISTA” PRESIDENTE ARGENTINO RIDUCE LE SUE INTEMERATE CONTRO IL PAPA A “PICCOLE DIVERGENZE” … ORA CORRE AI SUOI FUNERALI E DICHIARA SETTE GIORNI DI LUTTO NAZIONALE
“È con profondo dolore che ho appreso questa triste notizia questa mattina: Papa
Francesco, Jorge Bergoglio, è venuto a mancare oggi e riposa in pace. Nonostante le divergenze che oggi appaiono minori, averlo potuto conoscere nella sua bontà e saggezza è stato per me un vero onore”.
Lo scrive il capo di Stato argentino, Javier Milei, sul suo profilo X. “Come Presidente, come argentino e, fondamentalmente, come uomo di fede -aggiunge – saluto il Santo Padre e accompagno tutti coloro che oggi si trovano ad affrontare questa triste notizia”.
“L’Ufficio del Presidente esprime cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, che nel 2013 è diventato il primo argentino a guidare la Chiesa cattolica e a condurla con dedizione e amore dal Vaticano. La Repubblica Argentina, Paese di lunga tradizione cattolica e terra di Papa Francesco, piange profondamente la scomparsa di Sua Santità e porge le sue condoglianze alla famiglia Bergoglio”. Si legge in un comunicato ufficiale diffuso dalla Casa Rosada.
“Il Presidente della nazione – prosegue il comunicato – accompagna in questo triste momento tutti coloro che professano la fede cattolica e che hanno trovato nel Sommo Pontefice un leader spirituale.
Il Presidente Javier Milei sottolinea l’instancabile lotta del Papato di Francesco per proteggere la vita fin dal concepimento, promuovere il dialogo interreligioso e avvicinare la vita spirituale e virtuosa ai più giovani. Inoltre, valorizza la sua volontà di portare l’austerità nella Santa Sede con i suoi gesti pastorali”.
——
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
DA DOMANI DOVREBBE ESSERE TRASLATA A SAN PIETRO PER POI ESSERE ESPOSTA, FINO A VENERDÌ SERA, ALLA DEVOZIONE DELLA FOLLA DI FEDELI … I FUNERALI SI SVOLGERANNO SABATO 26 (ORE 10) E POI I RESTI MORTALI DI BERGOGLIO SARANNO SEPPELLITI A SANTA MARIA MAGGIORE. SAREBBE IL PRIMO PAPA DEL NOVECENTO, MA NON IL PRIMO IN ASSOLUTO, A RIPOSARE FUORI DAL VATICANO – PRIMA DI LUI L’OLANDESE ADRIANO VI, CHE VISSE ALL’EPOCA DELLA RIFORMA LUTERANA – DI LUI BERGOGLIO DISSE “CHIESE ESPRESSAMENTE PERDONO PER I PECCATI DEI PRELATI DELLA CURIA ROMANA. CORAGGIOSO, OGGI AVREBBE TANTO LAVORO”
Il 5 gennaio 2023 era una giornata fredda e nebbiosa. A vedere Francesco appoggiato al bastone, la mano destra posata sulla semplice bara di cipresso di Benedetto XVI, il capo chino e gli occhi chiusi in preghiera silenziosa, alcuni s’erano stupiti nel considerare la sobrietà della cerimonia funebre, come fosse indegna di un Papa, una mancanza di riguardo.
Non avevano capito che Bergoglio rispettava il desiderio di Ratzinger e, soprattutto, stava facendo le prove generali del proprio funerale, ancora più sobrio. Ieri sera veniva dato quasi per certo che la cerimonia per l’ultimo addio a papa Francesco sarà sabato.
E stato proprio lui a disporre di essere sepolto «con dignità, ma come ogni cristiano», senza più l’esposizione del corpo su un catafalco, la doppia veglia, titoli magniloquenti e orpelli vari. Ha affidato il compito all’arcivescovo Diego Ravelli, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, e approvato il 29 aprile 2024 una nuova edizione dell’« Ordo Exsequiarum Romani Pontificis », perché sia chiaro che «le esequie del Romano Pontefice sono quelle di un pastore e discepolo di Cristo e non di un potente di questo mondo», ha spiegato Ravelli.
A essere semplificato è l’intero rito, scandito da tre «stazioni». La prima è stata la constatazione della morte, «nella cappella privata della casa del Pontefice» e non più nella sua camera. È stata eliminata la traslazione della bara nel palazzo apostolico. Nella cappella si recitano il rosario e la liturgia delle ore, si leggono
le Scritture. Il maestro delle celebrazioni decide l’ora in cui sarà consentito l’accesso ai fedeli.
Nel giorno e nell’ora stabiliti dalla congregazione dei cardinali, la bara viene trasportata in processione nella Basilica di San Pietro. Si intonano le litanie dei santi, i salmi. La salma è esposta ai fedeli nella bara e non più su un alto cataletto. Non viene più posato accanto alla bara il pastorale papale.
Poiché la deposizione nella bara è già avvenuta dopo la constatazione della morte, la sera prima della Messa esequiale si procede alla sua chiusura. Il rito è presieduto dal Camerlengo, che dà lettura del rogito, un testo in latino che riassume vita e opere del pontefice. Il maestro delle celebrazioni stende un velo di seta bianca sul volto di Francesco e nella bara depone una borsa con le monete coniate durante il pontificato e il tubo di metallo con il rogito. I funerali si celebrano sul sagrato di San Pietro. Sulla bara, deposta davanti all’altare è posato il libro dei Vangeli
L’ultima stazione, finita la Messa esequiale, è nel luogo della sepoltura, mentre vengono intonati antifone e salmi. Sulla bara, prima che sia deposta nel sepolcro, vengono impressi i sigilli del Camerlengo, della Prefettura della Casa pontificia e dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche. Il giorno dei funerali è il primo dei «Novendiali»: per nove giorni, a San Pietro, si celebrano Messe di suffragio.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Aprile 22nd, 2025 Riccardo Fucile
PRIMA DI ENTRARE IN COMA IL PONTEFICE AVREBBE SALUTATO UN’ULTIMA VOLTA CON LA MANO STRAPPETTI: LE PRIME AVVISAGLIE DEL MALORE DI BERGOGLIO SAREBBERO ARRIVATE INTORNO ALLE 5.30 … IL VATICANO: “NON HA SOFFERTO, È AVVENUTO TUTTO RAPIDAMENTE”
“Grazie per avermi riportato in Piazza”: sono tra le ultime parole di Papa Francesco
rivolte all’infermiere Massimiliano Strappetti che è stato con lui fino all’ultimo momento. Lo riferiscono i media vaticani.
Il giorno prima, sabato, si erano recato nella Basilica di San Pietro per rivedere il percorso da fare il giorno dopo per affacciarsi dalla Loggia delle Benedizioni. Non senza qualche lieve iniziale timore: “Credi che possa farlo?”, ha chiesto a Strappetti che lo ha rassicurato. Da lì l’abbraccio alla folla di domenica, l’ultimo congedo dalla gente.
Il Pontefice, prima di entrare in coma, ha salutato un’ultima volta con la mano il fedele infermiere Massimiliano Strappetti che gli è sempre stato accanto. Lo riferiscono i media vaticani nel raccontare le ultime ore del Papa in vita: intorno alle 5.30 di lunedì mattina “le prime avvisaglie del malore, con il pronto intervento di chi vegliava su di lui.
Più di un’ora dopo, fatto un gesto di saluto con la mano a Strappetti, sdraiato sul letto del suo appartamento al secondo piano di Casa Santa Marta, il Pontefice è entrato in coma. Non ha sofferto, è avvenuto tutto rapidamente, racconta chi gli era accanto in quegli ultimi momenti”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »