Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO DI STATO, PROTAGONISTA DEL DISGELO CON LA CINA E TRA GLI STATI UNITI E CUBA, NON HA LESINATO CRITICHE A NETANYAHU E A TRUMP … PAROLIN NON HA CONDIVISO SCELTE BERGOGLIANE COME LA BENEDIZIONE DELLE COPPIE OMOSESSUALI
Pietro Parolin è naturalmente un candidato forte a succedere a Francesco. Un Papa che lo ha scelto, ma talvolta lo ha strapazzato, un Pontefice al quale lui è sempre stato leale, a volte stemperandone l’esuberanza.
Nato 70 anni fa in una famiglia semplice di un piccolo paese nel Vicentino, Schiavon, ha svolto tutta la sua carriera presso il servizio diplomatico della Santa Sede, dove è entrato dopo la laurea in diritto canonico alla Gregoriana nel 1986. Ha lavorato presso le nunziature della Nigeria e del Messico, poi rientrò a Roma dove nel 2002 Giovanni Paolo II lo nominò sottosegretario alle Relazioni con gli Stati, ossia viceministro degli Esteri della Santa Sede.
Se con il Segretario di Stato dell’epoca, Angelo Sodano, i rapporti erano buoni, il successore, Benedetto XVI lo inviò nunzio in Venezuela, nel 2009, una sorta di allontanamento.
A incrinare i rapporti, in particolare, il disgelo con la Cina, una Ostpolitik che Parolin, erede della scuola diplomatica dei cardinali Casaroli e Silvestrini, ha perseguito in modo scrupoloso, e che il cardinale Tarcisio Bertone, invece, volle frenare.
In cuor suo confidò di aver detto addio alla città eterna, e invece fu richiamato a Roma da papa Francesco fresco di Conclave, non lo conosceva di persona ma lo nominò Segretario di Stato a ottobre del 2013, elevandolo a dignità cardinalizia subito dopo. Il suo insediamento fu ritardato di alcune settimane a causa di un intervento, riuscito, al pancreas.
Poco prima di lasciare Caracas ricordò, in un’intervista che fece rumore, che il celibato sacerdotale obbligatorio non è un dogma di fede ma una disciplina che si può cambiare. Al fianco di papa Francesco ha coronato il sogno, accarezzato già da Giovanni Paolo II, di siglare un accordo sulle nomine episcopali con Pechino, criticato apertamente dalla destra statunitense.
Appena rientrato nel Palazzo apostolico, ha coadiuvato Bergoglio nella mediazione che ha portato alla svolta tra gli Stati Uniti di Barack Obama e la Cuba di Raul Castro.
Nel corso degli anni ha portato avanti la distensione con il Vietnam, ha spinto la comunità cristiana mediorientale a uscire da una visione settaria.
Non ha lesinato critiche a Benjamin Netanyahu e a Donald Trump. Carattere gentile, un senso dell’umorismo gentile, Parolin è il perfetto diplomatico vaticano che mescola abilità politica, apertura al confronto e una punta di humor sottile. «Credo, che il maggiore contributo che la Santa Sede possa dare nell’attuale panorama internazionale sia quello del dialogo», ha detto a Repubblica a metà aprile.
Pietro Parolin è rimasto orfano di padre da bambino ed è entrato giovane in seminario, ha mantenuto un rapporto stretto con la madre, Ada Miotti, morta ultranovantenne solo l’anno scorso. Il cardinale celebrò i funerali e rinunciò a partire con papa Francesco per il viaggio più lungo del pontificato, dodici giorni tra Asia e Oceania.
Mediatore di natura, i suoi rapporti con l’impetuoso Jorge Mario Bergoglio sono stati altalenanti. Il Papa ha apprezzato molto le doti diplomatiche del suo principale collaboratore, ma a volte lo ha scavalcato, ad esempio con l’invasione russa dell’Ucraina o l’ultima crisi mediorientale
Bergoglio ha anche ridimensionato la Segreteria di Stato, arrivando a toglierle l’autonomia di cassa che aveva prima della compravendita- truffa di un palazzo al centro di Londra costata una condanna in tribunale al cardinale Angelo Becciu, che di Parolin è stato a lungo numero due e ora è al centro di una diatriba sulla sua presenza al prossimo Conclave.
I suoi estimatori dicono che «ha portato la croce del pontificato». Il Segretario di Stato è rimasto sempre leale al Papa, ma non ha condiviso in pieno scelte bergogliane come la benedizione delle coppie omosessuali (anni prima aveva definito la legalizzazione via referendum del matrimonio gay in Irlanda «una sconfitta dell’umanità »), né lo ha seguito sulle spinte più riformiste emerse al Sinodo. Al Sinodo dei vescovi, ad ogni modo, ha contribuito a sciogliere il nodo della comunione ai divorziati risposati nelle prime assemblee volute da Francesco.
Devoto dell’ultimo Pontefice veneto, Giovanni Paolo I, al secolo Albino Luciani, legato alla figura di Paolo VI, che chiuse il Concilio senza farlo deragliare, se venisse eletto sarebbe un Papa senza aver guidato una diocesi, come Giovanni XXIII. In un Conclave più sparpagliato che mai, Parolin è uno dei pochi cardinali conosciuti e rispettati da tutti gli elettori.
(da La Repubblica)
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Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
ALLONTANATO DALLA CHIESA PERCHE’ GAY, CIRO HA INCONTRATO DUE VOLTE IL PONTEFICE
“Ho incontrato due volte papa Francesco. E c’è stato anche uno scambio di lettere fra
noi. Quello che più mi ha colpito è stata la sua profonda umanità. Sia nei messaggi che mi ha scritto che quando l’ho visto di persona.”
Ciro Vincolo, 27 anni, è seduto sui gradini sotto l’obelisco davanti alla basilica di Santa Maria Maggiore. È arrivato da Napoli in treno per dare l’ultimo saluto a quell’uomo che gli ha cambiato la vita.
La sua è una storia di esclusione e riconciliazione. Fin da giovane sentì la vocazione e si avvicinò al sacerdozio. “Fu un periodo difficile, ero un adolescente, stavo scoprendo la mia omosessualità. Fui attaccato per questo motivo. Ricordo che vennero usate frasi della Bibbia contro di me. Questo mi fece allontanare dalla Chiesa”.
Poi, nel 2013, una frase del Papa durante il volo per Rio de Janeiro: “Se una persona è gay, chi sono io per giudicare?”. Quelle parole accendono una scintilla.
“Entrai in contatto con don Andrea Conocchia e suor Geneviève, due figure che aiutavano la comunità LGBTQ+ ad entrare in contatto con il Papa. Fu grazie a loro che riuscii a incontrarlo e a scrivergli delle lettere”.
Mentre racconta, Ciro mostra una foto sul cellulare: lui e Bergoglio, insieme, durante il primo incontro.
“Ricordo che mi disse di fregarmene perché Cristo ama tutti. Quel messaggio, detto da lui, fu davvero importante. Mi aiutò molto a riavvicinarmi alla Chiesa Cattolica”.
“Mi auguro che queste tematiche che sono state aperte dal magistero di Papa Francesco non vengano dimenticate facilmente. Non voglio che si percorra la strada della comodità, sarebbe troppo facile. È importante che si legga il Vangelo con occhi d’amore, uno sguardo d’apertura. Non bisogna avere paura”, aggiunge.
(da Fanpage)
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Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
IN ALMENO 8 PAESI L’AZIENDA DELLA FAMIGLIA TRUMP È ALLA RICERCA DI PERMESSI GOVERNATIVI, SUBAPPALTATORI, ACQUIRENTI… SI TRATTA DI OPERAZIONI CHE TRIPLICHERANNO IL NUMERO DI PROPRIETÀ DEL TYCOON ALL’ESTERO. E CHE SOLLEVANO TIMORI SUGLI INEVITABILI CONFLITTI DI INTERESSE
Diciannove progetti immobiliari a marchio Donald Trump in giro per il mondo. È quello cui la Trump Organization intende lavorare fuori degli Stati Uniti, negli anni del secondo mandato del presidente – il cui patrimonio personale, secondo Forbes, era di 6 miliardi di dollari al momento della rielezione, nel
novembre 2024.
In almeno 8 Paesi l’azienda di famiglia è alla ricerca di permessi governativi, subappaltatori, acquirenti. Alcuni dei progetti sono in fase di sviluppo da anni. Altri solamente all’inizio. Si tratta, nell’insieme, di operazioni che triplicheranno il numero di proprietà di Trump operative all’estero. E che sollevano timori sugli inevitabili conflitti di interesse
Secondo un’analisi di Reuters, quattro quinti dei circa 80 milioni di dollari incassati dalla società nel 2024, al netto delle spese di gestione, deriva proprio da campi da golf e resort turistici. È un dato che si spiega con le recenti trasformazioni nel mercato immobiliare – e con le vicissitudini personali del presidente.
Da un lato, le molteplici azioni legali aperte contro il tycoon a New York hanno condotto a uno spostamento del baricentro dei suoi affari dalla città dove è nato, e che lo ha reso famoso, alla costa sud-est della Florida.
Dall’altro, il raffreddamento del mercato immobiliare a New York – una delle proprietà di Trump più iconiche in città, 40 Wall Street, è sfitta al 20 per cento della sua capacità – ha consigliato di puntare non più tanto sul residenziale, quanto piuttosto su tempo libero, sport, turismo.
I gioielli della corona di Trump sono oggi il resort di Mar-a-Lago, dove Trump vive, riceve dignitari stranieri e dove i miliardari vanno in vacanza; e tre golf club – a Doral, Jupiter e West Palm Beach – che si sono rivelati una vera e propria manna per il flusso di cassa presidenziale.
Poco prima dell’inizio del secondo mandato, il 10 gennaio 2025, la società ha pubblicato un “ethics agreement”, una serie di regole che dovranno guidare la gestione degli affari del presidente nei prossimi quattro anni.
Tra queste, la nomina di un legale esterno incaricato di esaminare transazioni aziendali per un valore superiore a 10 milioni di dollari; il mantenimento dei beni di proprietà di Trump in un trust; la limitazione del suo accesso a informazioni finanziarie dettagliate sull’azienda.
La famiglia Trump si impegna anche a non fare affari “con governi stranieri”, lasciando però aperta la possibilità di operazioni immobiliari internazionali con soggetti che non siano direttamente controllati dai governi.
Si tratta di un espediente chiaramente retorico. Ogni importante operazione immobiliare ha infatti bisogno del via libera delle autorità di governo e
regolamentazione. Se la “forma” è rispettata, la sostanza è piuttosto una. La Trump Organization può fare affari con chi vuole e dove vuole.
In Oman, l’azienda di Trump collabora con DarGlobal, società di sviluppo immobiliare del Dubai, e con Omran Group, braccio turistico del governo, alla costruzione di un hotel, un campo da golf e ville che costeranno oltre 13 milioni di dollari e che sono destinate ai superricchi di Cina, Russia, Iran, India.
Il progetto, cui lavorano schiere di migranti da Bangladesh e Pakistan, viene sviluppato su terreni di proprietà del sultanato dell’Oman, che ha messo a disposizione ingenti fondi infrastrutturali per sostenerlo e che ora collabora con l’amministrazione statunitense su alcuni dei più scottanti dossier internazionali, dallo Yemen all’Ucraina
Sceicchi e uomini d’affari dell’Arabia Saudita sono da anni fidati partner di Trump. Proprio una società immobiliare saudita, Dar Al Arkan, con legami molto stretti con il governo di Riad, lavora a tre progetti immobiliari con la Trump Organization.
Liv, la lega del golf saudita, ha organizzato 6 dei suoi tornei nei campi di Trump. E Affinity Partner, la società di private equity del genero del presidente, Jared Kushner, ha ricevuto 2 miliardi di dollari in investimenti da parte del Public Investment Fund guidato dal principe della corona saudita, Mohammed bin Salman.
Per quanto riguarda l’India, è destinata ad avere il maggior numero di Trump Towers al di fuori degli Stati Uniti, con almeno 8 progetti che si prevede di completare nei prossimi 6 anni.
Tribeca Developers, licenziataria esclusiva degli immobili a marchio Trump in India, prevede di allargare gli affari dalle torri a uffici e campi da golf, che dovrebbero generare circa 1,75 miliardi di dollari in vendite. Non sfugge che il vice JD Vance ha appena visitato New Dehli, proclamando la necessità di “legami stretti” tra i due governi.
Donald Trump Jr o Eric Trump dovrebbero invece arrivare in India nei prossimi giorni, per controllare lo stato dei lavori alla Trump Tower di Gurgaon.
La Trump Organization ha progetti immobiliari in corso anche in Uruguay, Indonesia, Emirati Arabi Uniti. Particolarmente interessante per gli affari del presidente appare il Vietnam, con diversi piani di sviluppo già pronti, tra cui un complesso residenziale e tre campi da golf da costruire con un partner locale,
Kinhbac City, nei pressi della capitale Hanoi.
Da nessuna parte forse l’intreccio tra politica e affari è però più evidente che in Serbia. Nel corso di una visita a Belgrado, il figlio maggiore di Trump, Donald Jr, ha reiterato l’appoggio del governo americano al presidente serbo Aleksandar Vucic, oggetto di imponenti proteste popolari. A Belgrado, la Trump Organization prevede di costruire un Trump International Hotel sul sito, di proprietà governativa, dove si trovava il ministero della Difesa jugoslavo, bombardato dalla Nato 26 anni fa.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
IL TYCOON ATTACCA “MAD VLAD” CON UN POST SU “TRUTH”: “FORSE DEVE ESSERE TRATTATO IN MODO DIVERSO, ATTRAVERSO SANZIONI BANCARIE O SECONDARIE. TROPPA GENTE STA MORENDO” … MACRON DOPO IL COLLOQUIO CON IL PRESIDENTE UCRAINO: “TOCCA A PUTIN DIMOSTRARE CHE DESIDERA DAVVERO LA PACE”
“Putin non aveva motivo di sparare missili in aree civili e città negli ultimi giorni. Mi
fa pensare che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro e che deve essere trattato in modo diverso, attraverso sanzioni bancarie o secondarie? Troppa gente sta morendo”. Lo afferma Donald Trump sul suo social Truth.
Nel lungo post sul suo social Truth, Trump attacca il New York Times e il suo giornalista Peter Baker che, in un’analisi, ha sostenuto che il presidente “fa il gioco di Putin” e che “molte delle sue azioni sono state viste come un vantaggio diretto o indiretto per la Russia, tanto che alcuni funzionari russi hanno celebrato le sue mosse”.
“Non importa quale accordo faccio per la Russia e l’Ucraina, il New York Times ne parlerà sempre male”, afferma Trump. “Peter Baker, seguendo le richieste del suo editore, ha scritto che l’Ucraina dovrebbe riprendere il suo territorio, penso la Crimea, e altre ridicole richieste per mettere fine” alla guerra, aggiunge Trump
L’Ucraina merita un accordo di pace migliore. Lo afferma il board editoriale del Washington Post, notando come l’attuale proposta dell’amministrazione Trump favorisce la Russia e “premia Putin per la sua guerra”.
“Capitolare ora, nei termini dell’ultima proposta della Casa Bianca, porterebbe all’Ucraina la pace e poco più” perché – mette in evidenza il Washington Post – a Kiev non sarebbe concessa l’occasione di proteggersi da future incursioni dalla Russia entrando a far parte della Nato e non le sarebbe offerta nessuna garanzia di sicurezza da parte degli Stati Uniti.
“Pretendere che l’Ucraina ceda parte del suo territorio all’aggressore Putin, che invita i russi a prepararsi a nuove guerre, è una semplice e tragica ripetizione dell’errore fatale commesso in passato da Chamberlain”. Lo scrive su X il commissario Ue per la Difesa, Andrius Kubilius. L’allora premier britannico
“Chamberlain nel 1938 a Monaco credeva di poter raggiungere un accordo sulla pace con Hitler e chiese che la Cecoslovacchia cedesse parte del suo territorio a Hitler. Fu l’inizio del cammino verso la Seconda guerra mondiale. Churchill, Roosevelt e Reagan lottarono” invece “per la libertà e contro gli imperi del male. E ci riuscirono”, evidenzia.
“Scambio molto positivo oggi con il presidente Zelensky a Roma. Porre fine alla guerra in Ucraina. Questo è l’obiettivo che condividiamo con il presidente Trump. L’Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato. Il presidente Zelensky me lo ha ripetuto oggi. Vuole collaborare con americani ed europei per attuarlo. Ora tocca al presidente Putin dimostrare che desidera davvero la pace”.
Così il presidente francese Emmanuel Macron su X. “Continueremo il lavoro nel quadro della coalizione dei volenterosi lanciata a Parigi lo scorso marzo, per raggiungere sia questo cessate il fuoco sia una pace completa e duratura in Ucraina”.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
L’ULTIMA LEZIONE DI UMILTA’ DEL PONTEFICE: NON HA VOLUTO LE TRADIZIONALI BABBUCCE PAPALI SIMBOLO DI POTERE
Per la sua sepoltura, papa Francesco (morto il 21 aprile 2025) ha lasciato istruzioni molto precise. Tutto era stato deciso già da tempo: il testamento diffuso dal Vaticano riporta la data 29 giugno 2022. Qui ha espresso la volontà che le sue spoglie riposino nella Basilica Papale di Santa Maria Maggiore, all’interno di una tomba preparata nel loculo della navata laterale tra la Cappella Paolina e la Cappella Sforza. Ha chiesto un sepolcro semplice, senza eccessivi decori e con un’unica iscrizione: Franciscus. All’insegna della semplicità è anche il modo con cui ha scelto di essere seppellito, che differisce da quello dei pontefici che lo hanno preceduto.
Papa Francesco, infatti, ha scelto di essere sepolto con le scarpe nere che era solito indossare in pubblico, le calzature ortopediche che i fedeli gli hanno visto ai piedi per anni, ormai consumate e rovinate.
Questa scelta è perfettamente coerente con il desiderio di chiudere il ciclo della sua vita mortale all’insegna dell’umiltà e della modestia, senza fasti e lussi: un papa vicino agli ultimi, ai poveri, ai dimenticati, a chi non possiede nulla. Le calzature ortopediche hanno preso il posto delle tradizionali babbucce papali, che viceversa sono simbolo di potere.
(da Fanpage)
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Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
I CARDINALI ELETTORI SI RIUNIRANNO A PARTIRE DAL 5 O 6 MAGGIO… ECCO COSA C’E’ DA SAPERE
Terminati i funerali di Papa Francesco, morto lo scorso 21 aprile per un ictus a 88
anni, gli occhi del mondo sono tutti puntati sulla Cappella Sistina dove nei prossimi giorni si svolgerà il conclave: i cardinali elettori, 133 teoricamente in totale tra cui anche molti italiani, eleggeranno il successore di Bergoglio. Non c’è ancora una data ufficiale, ma secondo le prime indiscrezioni potrebbe cominciare tra il 5 e il 10 maggio prossimi, sicuramente non oltre i 20 giorni dal decesso del Pontefice.
Quando inizia il Conclave: le possibili date
Il conclave secondo la tradizione si tiene tra il quindicesimo e il ventesimo giorno dalla morte del Papa: in questo caso sarà quindi tra il 5-6 e il 10 maggio 2025. Queste sono le possibili date per l’evento che attirerà l’attenzione di milioni di fedeli in tutto il mondo in attesa di conoscere il nome del nuovo Pontefice. La data precisa verrà decisa dalle Congregazioni dei Cardinali e verrà comunicata dalla Santa Sede.
Chi sono i cardinali elettori
Al momento gli aventi diritto al voto al conclave sono 135 cardinali e non è escluso, come avvenuto in passato, che possano essere concesse deroghe alla norma. Gli elettori effettivi sono i porporati con meno di 80 anni. Attualmente, dei 253 cardinali, 140 sono sotto questa soglia di età. Ma il numero preciso è ancora ufficioso. I cardinali elettori durante il periodo di voto trovano sistemazione presso Santa Marta – dove vengono fatti alloggiare dal 2005 – dove è fatto divieto di utilizzare qualsiasi dispositivo o mettersi in contatto con l’esterno. Per tutti è prevista una stretta vita comunitaria all’interno di un salone con un unico piatto a pranzo e a cena: norme simili e cambiate leggermente nel tempo rispetto a quelle dei primissimi conclavi (il primo risale al 1270). Tra di loro anche degli italiani, tra i favoriti Pietro Parolin e Matteo Zuppi. Dal conclave dei cardinali uscirà il nuovo Papa ma teoricamente qualsiasi uomo pu
essere eletto se provvisto di alcuni requisiti.
Quanto dura il Conclave
La durata del conclave è variabile. Dall’anno 1058 e fino ad oggi si sono svolte 111 elezioni pontificie. Nella storia – negli ultimi 150 anni – il consesso cardinalizio ha impiegato al massimo 5 giorni per l’elezione del nuovo pontefice. E al conclave del 1922 spetta il “record” di numero di scrutini necessari per la scelta del nuovo papa. Si tratta di quello del 1903 (che portarono all’elezione di Pio X) seguito da quello del 1922 (che diedero a Pio XI il soglio di Pietro). Nel 1503 il Conclave più breve della storia è durato 10 ore.
Chi sarà il nuovo Papa, i nomi dei favoriti
Tra i papabili, il primo nome che gira è quello di Pietro Parolin, segretario di Stato. Se la scelta dovesse andare su un altro italiano, in un conclave che non è mai stato così poco italiano, circola anche il nome di Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiano. Molto apprezzato in Vaticano è anche Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme. Tra i cardinali stranieri, il favorito per l’elezione al soglio pontificio è il filippino Luis Antonio Tagle.
Come funziona l’elezione del nuovo Pontefice
Il conclave inizia con la celebrazione di una messa chiamata pro eligendo Romano Pontefice durante la quale i cardinali riuniti nella Basilica di San Pietro si riuniscono per invocare lo Spirito Santo affinché li indirizzi nella scelta del nuovo Papa. Poi, si dirigono verso la Cappella Sistina e il maestro delle celebrazioni liturgiche pronuncia la frase Extra Omnes, ovvero il “Fuori tutti” che dà ufficialmente il via alle fasi di voto. Da questo momento, infatti, le porte della Cappella Sistina si chiudono per lasciare i cardinali soli. Ogni scrutinio si compone: Antescrutinium, Scrutinium vere proprieque, Post-scrutinium. Si tratta della consegna delle schede di voto e delle operazioni preparatorie, del voto vero e proprio all’altare e poi il conteggio dei voti e la bruciatura delle schede nella stufa per la fumata bianca, se c’è l’elezione, nera se non c’è. Per l’elezione bisogna ottenere almeno i due terzi dei voti dei cardinali elettori. Si va al ballottaggio soltanto a partire dal 34esimo scrutinio tra i due candidati che nell’ultimo scrutinio hanno ottenuto la maggioranza dei voti. Anche in questo caso è richiesta la maggioranza dei due terzi.
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Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
ZELENSKY E TRUMP NON SI SONO INCONTRATI PER LA SECONDA VOLTA, DOPO IL FACCIA A FACCIA IN VATICANO PRIMA DEL FUNERALE DEL PAPA. LO RIFERISCE RBC-UCRAINA: “NEL PRIMO INCONTRO “TUTTE LE COSE PRINCIPALI SONO STATE DISCUSSE”
La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e il presidente americano Donald Trump “nel loro breve scambio hanno concordato di incontrarsi”. Lo fa sapere la portavoce di von der Leyen spiegando che l’incontro non sarà oggi e che per il momento non si sono ulteriori dettagli.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha pubblicato su X lo scatto che immortala il momento della stretta di mano con Donald Trump sul sagrato della Basilica di San Pietro prima dei funerali di Papa Francesco. “Oggi i leader di tutto il mondo si sono riuniti per rendere l’ultimo omaggio a Sua Santità Papa Francesco. Ho avuto degli scambi positivi con molti di loro”, ha scritto von der Leyen, postando anche le foto che la ritraggono con Emmanuel Macron e l’indonesiano Joko Widodo.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non si sono incontrati per la seconda volta oggi dopo il faccia a faccia in Vaticano prima del funerale del Papa. Lo riferisce RBC-Ucraina, citando sue fonti, che fanno comunque notare che nel primo incontro “tutte le cose principali sono state discusse”. Secondo la fonte di Rbc, l’incontro non è proseguito perché il presidente degli Stati Uniti aveva in programma di partire subito dopo i funerali di Papa Francesco.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
“DA SOTTOLINEARE UNA RIPRESA DELLA PARTECIPAZIONE AL VOTO: L’AREA GRIGIA DEGLI ASTENSIONISTI E DEGLI INCERTI SI RIDUCE DI 3 PUNTI”
Ancora una volta, la politica internazionale ha dominato la scena nel mese di aprile.
Innanzitutto, l’avvio dei dazi da parte degli Usa . Quindi la guerra in Ucraina, anche qui con un andamento delle trattative gestite dagli Stati Uniti, almeno complesso . Gaza vive momenti ancora pesanti e difficili, ma l’eco mediatica sembra essersi affievolita. Infine la scomparsa di papa Francesco, che ha prodotto grande emozione nel Paese.
Tutto ciò ha oscurato in gran parte la politica interna: dal congresso della Lega al decreto Sicurezza allo stop al terzo mandato per i governatori (Zaia e De Luca in primis )
Gli indicatori di aprile segnalano alcuni cambiamenti degni di interesse. Dal punto di vista delle intenzioni di voto è da registrare la ripresa di FdI, oggi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto alla rilevazione del mese scorso.
Crescita che sembra arrestare il calo degli ultimi mesi e sembra attribuibile ad almeno due elementi: il primo, già richiamato, relativo all’eco positiva degli incontri con presidente e vicepresidente Usa, il secondo che riguarda l’attenuarsi, dopo il congresso della Lega, dei plateali distinguo da parte di Salvini.
I due principali partner dell’alleanza di governo vedono una sostanziale stabilità di Forza Italia (oggi stimata all’8,2%, qualche decimale meno di marzo) e un calo della Lega (8,2% con un decremento dello 0,8%) dovuto probabilmente al contrarsi della visibilità del segretario.
Nel campo delle opposizioni, il Pd è al 21,1%, con un (piccolo) ulteriore calo che lo porta al punto più basso dell’ultimo anno. Le divisioni interne, molto evidenti sulla politica internazionale, danno conto di questa difficoltà.
Il M5S, invece, mantiene le posizioni acquisite, ed è oggi al 13,9%, uno dei punti più alti dell’ultimo anno. Il netto posizionamento pacifista continua a produrre risultati.
Il centrodestra si rafforza di pochi decimali, le altre possibili aggregazioni (dal centrosinistra «classico» al Campo largo) perdono invece qualche decimale. Da sottolineare una ripresa della partecipazione al voto: l’area grigia degli astensionisti e degli incerti si riduce di 3 punti.
Il governo e la premier vedono piccolissimi miglioramenti: l’indice di gradimento dell’esecutivo (la percentuale di valutazioni positive su chi si esprime, esclusi i non sa) cresce di un punto e si attesta al 41. La presidente del Consiglio vede anch’essa la stessa piccola crescita di un punto attestandosi al 42. Segnali debolissimi che però sembrano segnare un arresto dell’erosione registrata da tempo.
I giudizi, con pochissime eccezioni, sono in calo. Tajani, che da tempo fa segnare una contrazione dell’apprezzamento, arriva al punto più basso da quando abbiamo iniziato a rilevarlo come leader di FI (indice di 28) e condivide il podio con Conte, che invece cresce di un punto. Per gli altri si registrano piccoli cali di 1-2 punti ciascuno, da Schlein a Magi. In piccola crescita (1 punto) Renzi, all’ultimo posto.
Nando Pagnoncelli
per il “Corriere della Sera”
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Aprile 26th, 2025 Riccardo Fucile
NON MOLLA E ACCROCCA COMPROMESSI, LIMA E SMUSSA
Il Mister Wolf del Pd è Francesco Boccia. Risolve problemi. Non perde mai la calma. Freddo, lucido, pragmatico. Ha sempre il controllo totale della scena. E, se necessario, la ripulisce. Non indossa lo smoking nero del personaggio creato da Quentin Tarantino nel suo film cult Pulp Fiction, interpretato da un magnifico Harvey Keitel: però il ruolo di Boccia è identico. Anzi, no: è molto più complicato.
Perché i casini politici provocati dai dem sono ormai quotidiani e la segretaria Elly Schlein è spesso costretta a dire: chiamate Mister Wolf. Cioè: chiamate Boccia. Che arriva sfoggiando un sorriso rassicurante, da democristiano che aggiusta, la gentilezza che diventa stato d’animo per trovare una mediazione oppure organizzare subito un inciucio . Boccia è stato dalemiano, prodiano, lettiano di ferro, poi renziano («Io, amico di Letta, scelgo Renzi: è la sintesi tra Ulivo e futuro») e, infine, fu pure tra i primi ad accogliere Elly. La quale gli affida subito lavori che il vero Mister Wolf avrebbe, probabilmente, rifiutato. Troppo complicati.
Impossibile parlare con certa gente. Sullo stomaco non basta avere qualche pelo: serve un tappeto persiano. Ma Boccia ce l’ha. Infatti va dai 5 Stelle e dice: trattiamo? Boccia sta lì che non molla. E così accrocca compromessi, lima e smussa con strepitosi bizantinismi, esercita il ruolo di capogruppo al Senato anche il sabato: infila i jeans e va alle manifestazioni dove Elly preferisce essere accompagnata (tipo quella di piazza del Popolo, a Roma, ideata da Michele Serra), oppure va proprio da solo bisognerebbe farsi raccontare dalla moglie Nunzia De Girolamo, ex ministra berluscones, ora gran conduttrice tv, cosa le racconta quando poi torna a casa.
(da Corriere della Sera)
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