Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
NEGATO L’ATTRACCO A LAMPEDUSA CON LA SCUSA CHE SAREBBE PRIVA DI CELLE FRIGORIFERE… “GLI UFFICIALI E I MARINAI DELLA GUARDIA COSTIERA ITALIANA NON SONO CONTENTI DI QUELLO CHE SONO COSTRETTI A FARE DAL GOVERNO ITALIANO”
Non hanno avuto pace neanche da morti. Non è ancora finito il viaggio delle due vittime di questa storia, una donna e un bimbo di 4-5 anni. Insieme alla donna del Camerun messa in salvo ieri, sono sulla Open Arms che li porterà a Barcellona o a Palma di Majorca, perchè sia l’Italia che Malta si sono rifiutate di accogliere i due cadaveri. “Ospitalità ” ci sarebbe stata solo per Josephine, la miracolata.
Ma la Open Arms ha rifiutato, anche perchè “gli atteggiamenti ed i toni del governo italiano non ci danno sicurezza”, spiega Riccardo Gatti, il comandante italiano della nave della ong.
Comandante Gatti, come sta Josephine?
“È ancora sotto shock. Molto provata, disidratata. Bisogna lasciarla tranquilla perchè sarà duro per lei superare quello che ha vissuto negli ultimi mesi in Libia e le 48 ore trascorse in balia delle onde con accanto i cadaveri dell’altra donna e del bambino”.
Dove l’avete sistemata a bordo?
“Adesso è nella cabina dell’infermeria, assistita dai nostri operatori.
E i due cadaveri? Cosa si prova a viaggiare con vivi e con morti, costretti a stare in mare per almeno altri tre giorni?
“I corpi di quel bambino e di quella donna li abbiamo sistemati, su indicazione dei nostri medici, in una zona refrigerata, per evitare che i cadaveri si decomponessero. Affrontare questo viaggio non è una bella sensazione. Proviamo rabbia e dolore. Perchè non sono morti a causa di un terremoto o di un uragano. Sono morti riconducibili a precise responsabilità politiche, persone che potevano e dovevano essere salvate”.
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini sostiene che si tratta di una fake news.
“Questa affermazione di Salvini non mi sorprende. Ma le sue dichiararazioni sono quello che sono e ribattere sarebbe una perdita di tempo. A bordo della Open Arms siamo in trenta, tra cui anche alcuni giornalisti. Tutto quel che è successo è stato documentato e registrato: è incredibile che si possa sostenere che è una fake news”.
Perchè vi siete rifiutati di attraccare a Catania, che vi era stata indicata come porto sicuro, dove comunque avrebbero accolto la donna sopravvissuta?
“Guarda caso ci avevano assegnato Catania, insomma la tana del lupo, dove l’inchiesta sarebbe stata condotta dal procuratore Carmelo Zuccaro che ha ingaggiato, con grande approvazione di Salvini, una battaglia personale contro le Ong. Zuccaro è stato il primo ad accusarci di favorire l’immigrazione clandestina e di presunti rapporti – sempre smentiti – con i trafficanti. È lo stesso magistrato che nei mesi scorsi aveva sequestrato la nave di Open Arms accusandoci di associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Accuse che i magistrati di Ragusa hanno smontato, disponendo il dissequestro della nave. In ogni caso avevamo già deciso di non approdare in Italia perchè, ripeto, i toni e gli atteggiamenti del governo ci mettevano in una condizione di non tranquillità “.
La Guardia costiera libica la ritenete affidabile?
“Assolutamente no, non abbiamo nessuna fiducia nè a livello operativo nè a livello dialettico. Loro minacciano, sparano e poi riportano in Libia i sopravvissuti che erano scappati dalle loro prigioni. E manco a farlo apposta la motovedetta libica che è intervenuta è la stessa che l’8 agosto del 2017 sparò contro di noi raffiche di mitra. Purtroppo non sappiamo cosa ci aspetterà ancora: ora si tenta di equiparare la Guardia costiera libica a quella italiana, con la quale per anni abbiamo lavorato in stretto coordinamento e in maniera efficace”.
Ma adesso la Guardia costiera italiana è stata messa all’angolo. Perchè?
“La Guardia costiera è un apparato dello Stato ed è costretta ad eseguire gli ordini della politica. Conoscendoli bene, so che in questo momento tutti gli ufficiali e i marinai non sono nè contenti nè orgogliosi di quello che sono costretti a fare”.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
UNA LINEA MAGINOT CONTRO LE FANFARONATE DEI DUE VICEPREMIER CHE DOVRANNO RIMANGIARSI LE PROMESSE IRREALIZZABILI
Tra le anime morte del pactum sceleris Trota-Spelacchio, tra i basilischi della burocrazia e tra il generone arrembante giallo-verde, tutti dediti a fiutare spasmodicamente gli olezzi che promanano dai colli romani, si registra con angoscia un fenomeno inatteso.
Mentre il proscenio del pollaio mediatico è dominato dal galletto padano e Giggino cerca di intuire come si aprono le e-mail, il potere che conta si va aggregando e modellando quatto quatto sul triangolo Mattarella-Conte-Tria.
I tre hanno compreso di essere stati catapultati in una gabbia di squilibrati, in balia di dinamiche incontrollabili.
Per venirne fuori senza danni irreparabili occorre dispiegare tutta l’astuzia della serpe che solo lunghi anni di subdole stilettate nei corridoi e congiure nei sottoscala bui dell’Accademia italiana possono conferire ed affinare.
Sino a superare in perfidia quella dei politici adusi alle compravendite di consenso incistati nei gangli del potere.
Figurarsi quella di due spiantati, senza esperienza di mondo, dediti a beccarsi sui social, che sgomitano credendo di contare qualcosa.
Quindi — come narra oggi il retroscena di Verderami sul Corriere — Tria, che adunghia i cordoni della borsa e può bucare i palloncini gonfi di promesse elettorali, si immunizza contro la Sindrome di Stoccolma con duplice mossa da consumato boiardo: astenendosi dagli incontri con i colleghi di gabinetto e inscenando un elaborato minuetto con Conte.
Secondo sussurri e grida di Palazzo, Di Maio e Salvini si incontrano con Conte, che poi informa Tria, il quale valuta e affida la risposta a Conte che infine riferisce ai suoi due vice (apparentemente senza ridere).
Insomma a via XX settembre sulle decisioni chiave, sui numeri e soprattutto sulle nomine si adotta una strategia che coniuga la Tela di Penelope con la scelta di Bertoldo sull’albero a cui farsi impiccare.
Quanto sia davvero solido il triangolo e quanto efficace la strategia, lo verificheremo a settembre, quando partirà la giostra parlamentare della Legge di Stabilità .
Se Mattarella, Conte e Tria opporranno una Maginot di realismo alle fanfaronate, i cacicchi che sentono in poppa il vento del 4 marzo, dovranno, a cresta bassa, confessare alle moltitudini turlupinate che la flat tax o il reddito di cittadinanza erano la patetica messa in scena di un’accozzaglia balorda.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
IL PACCO DI DI MAIO: IL DIVIETO NON VALE PER I SITI ON LINE IN POSSESSO DI UNA LICENZA INTERNAZIONALE, MA SOLO PER QUELLI CHE HANNO UNA LICENZA ITALIANA…E LE SALE VLT E I GRATTA E VINCI RESTANO
Davvero non si trova più pubblicità online del gioco d’azzardo?
Esulta il vicepremier Di Maio che su Facebook ieri scriveva “oggi anche Google ha preso atto che in italia la pubblicità al gioco d’azzardo è bandita”. Il ministro è orgoglioso del risultato, perchè l’Italia è il primo paese in Europa a “compiere questo atto di civiltà ”.
Secondo il Capo Politico del MoVimento 5 Stelle grazie al provvedimento che vieta la pubblicità la lotta all’azzardopatia “finalmente viene combattuta con strumenti efficaci”.
E si potrebbe anche credergli, se non fosse che in Italia il gioco d’azzardo (siti di scommesse, casinò online e così via) è ancora legale.
Così legale che il provvedimento di liberalizzazione del 2009 è stato “venduto” come Decreto Abruzzo.
Il motivo? Con i soldi della legalizzazione del gioco d’azzardo si trovavano le risorse per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma.
Nel frattempo i big europei del gaming online hanno già chiesto alla Commissione Europea di richiamare l’Italia al rispetto delle direttive comunitarie. Secondo Maarten Haijer, segretario generale della European Gaming and Betting Association (EGBA) il provvedimento — contrariamente a quanto previsto dall’UE — non è stato notificato dal governo per il periodo obbligatorio di valutazione di tre mesi, necessario per tutte le norme e i regolamenti tecnici degli Stati dell’Unione.
Rendere illegale la pubblicità di qualcosa che per la legge e per lo Stato è lecito è poi un contributo così fondamentale a combattere l’azzardopatia? Probabilmente no, visto che il gioco continuerà ad essere legale.
In parole povere, chi vuole andare sui siti di scommesse o sui casinò online oggi continuerà a trovare siti di scommesse e casinò online.
La differenza è un’altra, e dà pienamente la misura di quanta poca dignità ci sia nel roboante decreto del governo gialloverde.
Non serve molto per scoprirlo, basta compulsare su Google (sì, il motore di ricerca) chiavi di ricerca come “casinò online” o “poker online” (sebbene il poker non sia un vero e proprio gioco d’azzardo).
Si scoprirà che Google continua a mostrare tra i risultati anche gli annunci di siti di scommesse o di casinò online.
Ohibò, il potente colosso di Silicon Valley sta infrangendo la legge italiana? No. Semplicemente ha smesso di mostrare la pubblicità dei siti di gaming online che operano con una licenza (quindi sono legali) e al suo posto mostra la pubblicità di tutti quei siti in possesso di una licenza internazionale; che però non è legale in Italia. Ovviamente c’è un modo per farsi beffe del Decreto Dignità : basterà fare pubblicità di servizi playmoney che con il decreto è ancora legale.
Insomma, il Decreto Dignità che vorrebbe “risolvere” il problema serio e reale dell’azzardopatia va a colpire unicamente la pubblicità online di siti che hanno ottenuto una regolare licenza — la famosa “licenza AAMS”- e rispettano le direttive dei Monopoli di Stato (e che, per inciso, pagano pure le tasse).
I siti mostrati da quegli annunci non hanno sede in Italia, non pagano le tasse in Italia e molto probabilmente non hanno alcuna certificazione italiana.
C’è chi sostiene che in questo modo si darà una mano alla criminalità organizzata, lasciando sempre più spazio a piattaforme che non hanno la licenza ad operare nel nostro Paese. Giocare su una piattaforma internazionale senza licenza italiana è illegale. Altri sottolineano come vietando la pubblicità online si va ad incidere in modo pesante su chi, su quella pubblicità (di un prodotto legale), ha costruito — lecitamente — un’impresa.
In poche parole, il Decreto di Di Maio non solo non risolve il problema dell’azzardopatia ma rischia di creare perdite anche a quelle aziende che si sono messe in regola per operare nel nostro Paese.
Di Maio ritiene che il periodo transitorio di un anno per recedere dai contratti sia sufficiente, ma qualcuno sicuramente ci rimetterà .
L’azzardopatia e la ludopatia sono fenomeni che hanno un forte impatto sociale che va ben oltre il gioco online.
Il Decreto Dignità invece va ad impattare solo lì, nella speranza che lo stop alla pubblicità e alle sponsorizzazioni del gioco d’azzardo su qualunque mezzo (stampa, televisione, radio, internet) salvi gli “azzardopatici”.
Ma di misure concrete (su sale VLT, sui Gratta e Vinci, etc) non ce ne sono.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
A 26 ANNI DALLA MORTE DI BORSELLINO LA DENUNCIA DI FIAMMETTA, MANFREDI E LUCIA: “CI SONO DOMANDE CHE NON SMETTEREMO MAI DI RIPETERE”
“Sono passati 26 anni dalla morte di mio padre, Paolo Borsellino, ucciso a Palermo insieme ai poliziotti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. E, ancora, aspettiamo delle risposte da uomini delle istituzioni e non solo”
Si apre così l’intervento di Fiammetta Borsellino, su Repubblica, nel quale chiede verità e giustizia alla vigilia dell’anniversario della strage di via D’Amelio del 19 luglio del 1992 in cui persero la vita suo padre e cinque dei suoi agenti di scorta.
Ventisei anni dopo la figlia del magistrato denuncia “un depistaggio iniziato allora, ordito da vertici investigativi e accettato da schiere di giudici”.
Fiammetta Borsellino, nella sua lettera aperta, rivolge tredici domande sui depistaggi, sul falso pentito Scarantino, sui provvedimenti che non furono presi per la sicurezza del padre, sulle ombre dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio, sull’agenda scomparsa
“Ci sono domande – ha scritto Fiammetta Borsellino su Repubblica – che io e miei fratelli Manfredi e Lucia non smetteremo di ripetere, che non possono essere rimosse dall’indifferenza o da colpevoli disattenzioni”.
Il primo quesito è sulla mancata messa in atto di “tutte le misure necessarie per proteggere mio padre, che dopo la morte di Falcone era diventato l’obiettivo numero uno di Cosa nostra”, ha scritto Borsellino chiedendo conto anche della mancata protezione della scena del crimine, con la conseguente sottrazione dell’agenda rossa.
“Perchè i pm di Caltanissetta – ha aggiunto la figlia di Paolo Borsellino – non ritennero mai di interrogare il procuratore capo di Palermo Pietro Giammanco, che non aveva informato mio padre della nota del Ros sul ‘tritolo arrivato in città ‘ e gli aveva pure negato il coordinamento delle indagini su Palermo, cosa che concesse solo il giorno della strage, con una telefonata alle 7 del mattino?”.
E ancora: “Perchè nei 57 giorni fra Capaci e via D’Amelio, i pm di Caltanissetta non convocarono mai mio padre, che aveva detto pubblicamente di avere cose importanti da riferire?”.
Si fa poi riferimento alla mancata protezione della scena della strage, che permise la sottrazione dell’agenda rossa e si chiede perchè Giuseppe Ayala, allora parlamentare, “fra i primi a vedere la borsa, ha fornito versioni contraddittorie su quei momenti”.
I dubbi di Fiammetta Borsellino continuano con notazioni sul falso pentito Scarantino “(indicato dall’intelligence come vicino a esponenti mafiosi) e sul suo suggeritore, l’ex capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera?”.
“Perchè – si domanda ancora Fiammetta Borsellino – i pm di Caltanissetta non depositarono nel primo processo il confronto fatto tre mesi prima tra Scarantino e i veri collaboratori di giustizia (Cancemi, Di Matteo e La Barbera) che lo smentivano?”.
(da agenzie)
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Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
NEI LAGER LIBICI IL PRANZO CONSISTE IN UNA CIOTOLA DI RISO DA DIVIDERE IN DIECI PERSONE… VIOLENZE SESSUALI SU MINORI E DONNE, MOLTI I MORTI PER LE PRIVAZIONI…E QUALCHE INFAME PARLA DI CENTRI ACCOGLIENTI A QUATTRO STELLE
Le immagini parlano da sole. E raccontano le condizioni durissime dei lager dove i trafficanti trattengono i migranti in Libia, tra cui anche molti bambini, stipati in stanzoni sovraffollati, spesso per oltre un anno.
La scabbia e la malnutrizione sono visibili sui loro corpi una volta arrivati in Italia, proprio come nel caso dei 450 migranti approdati in Sicilia nella notte tra domenica e lunedì 16 luglio.
I piedi di molti bambini sono pieni di chiazze rossastre. Si vedono nelle foto scattate dagli operatori di Terre des Hommes a due bimbi di 9 mesi e di 3 mesi.
Hanno la scabbia, un’infestazione contagiosa della pelle, causata dalle condizioni igieniche precarie degli hangar in cui vengono reclusi.
La malattia è causata principalmente dall’acaro Sarcoptes scabiei, un parassita molto piccolo e di solito non visibile, che si inocula sotto la pelle del soggetto colpito provocando un intenso prurito allergico.
Tra gli infetti non soltanto bambini, ma anche adulti. “Abbiamo rilevato sintomi di scabbia su almeno 350 persone su 450 – spiega Marco Rotunno, responsabile comunicazione di Unhcr Sicilia -. Abbiamo dovuto prevedere un trattamento più lungo del previsto perchè si tratta di casi di scabbia avanzata. Dovranno fare tutti almento tre cicli, nei neonati si riscontrano i casi più gravi”.
Tra i casi più gravi quello di un bambino di appena un anno.
“Quasi tutti dei 130 minori sbarcati nell’ultimo arrivo di Pozzallo hanno contratto la scabbia — aggiunge Stefania Pellegrino, sociologa e field officer di Terre des Hommes, associazione che si occupa di supporto psicologico a minori, famiglie e donne incinta — L’infezione è stata contratta durante la permanenza in Libia. Da quando c’è stata la chiusura dei porti e l’allontanamento di molte ong dal Mediterraneo, le condizioni di salute dei migranti, soprattutto tra i bambini, sono sempre peggiori. Questo perchè i migranti restano molto più giorni in mare e poi, nella fase di salvataggio, i soccorsi non hanno equipe attrezzate”.
I migranti e i richiedenti asilo arrivati in Sicilia nei giorni scorsi erano stati trattenuti nelle stesso centro.
“Ci hanno detto di essere per lungo tempo in questo hangar dai trafficanti, quasi tutti gli eritrei e i somali sono nello stesso centro, ma ci hanno parlato di molti altri luoghi-prigione – aggiunge Rotunno -. Chi ha già pagato viene messo nello stanzone più grande, gli altri sono stipati in camerate più piccole ma sempre piene. Ci sono anche caravan e roulotte. Le condizioni igieniche sono precarie e favoriscono il diffondersi delle malattie”.
Le persone infette sono state curate con specifiche pomate dagli operatori sanitari che operano nell’hotspot di Pozzallo per evitare che i casi di scabbia possano diffondersi. La malattia è contagiosa soprattutto in condizioni igieniche precarie, mentre il rischio contagio in Italia, grazie anche alle cure immediate, è piuttosto basso.
Ma non c’è soltanto la scabbia. Le immagini dei minori non accompagnati sbarcati a Pozzallo raccontano anche di casi di grave malnutrizione.
Un’immagine su tutte, scattata proprio da Marco Rotunno, mostra di spalle un ragazzo eritreo con le braccia scheletriche. “Il ragazzo è stato ricoverato per la terza volta in ospedale. Ha un grave ascesso alla gola ed è in uno stato di denutrizione grave. Il medico che ha visitato le persone in questi giorni che la malnutrizione si riscontra quasi su tutti, sul 90 per cento degli eritrei e somali arrivati – spiega il responsabile di Unhcr – Da quello che ci hanno raccontato le persone questa condizione in molti di loro non è dovuta solo alla mancanza di cibo, ma è anche la conseguenza di malattie prolungate che in queste prigioni nessuno cura. Con l’aria viziata e l’alto numero di persone presenti si ammalano facilmente. Se sei debilitato, poi, rimani in questo stato per lunghissimo tempo”.
Ieri uno dei 113 minori non accompagnati arrivati a Pozzallo ha raccontato di aver visto morire di stenti diverse persone. “La debilitazione fisica dovuta a malattie, anche banali, non curate porta alla morte – continua Rotunno -. Questi ragazzi ci stanno raccontando di aver assistito alla morte di diverse persone proprio per questo motivo”. In più c’è la scarsità di cibo.
“Nei centri libici si mangia soltanto due volte al giorno, soltanto una ciotola di pasta in bianco condivisa tra dieci persone. Ieri, un ragazzino eritreo di 14 anni è stato ricoverato a causa di un’estrema malnutrizione. Aveva gli occhi spenti, non aveva la forza di parlare, riusciva a malapena a mangiare, era magrissimo” aggiuinge Stefani Pellegrino di Terre des Hommes.
I segni sul corpo, le malattie, la debilitazione fisica svelano quello che accade in Libia, e che difficilmente riusciamo a vedere, perchè sia nei centri di detenzione governativi che nei lager dei trafficanti, l’accesso è limitato.
“In Libia in questo momento ci sono diversi problemi, che coinvolgono più livelli – afferma Rotunno -. Innanzitutto non c’è accoglienza, ma solo detenzione, tutti gli stranieri sono illegali nel paese e sono detenuti nei centri governativi. Oltre a questi centri ci sono le prigioni dei trafficanti, non abbiamo neanche una stima di quante persone siano oggi presenti in questi lager. Il livello di insicurezza, dunque, è alto: è un paese ormai pericoloso per i libici e per chi entra in Libia. Soprattutto non è un luogo sicuro per rifugiati e richiedenti asilo. Un ragazzino di appena 16 anni mi ha raccontato di essere stato preso nel deserto mentre era su una Jeep, di essere stato sequestrato e portato in un luogo sconosciuto. Non è stato lui ad affidarsi ai trafficanti ma loro ad averlo preso. Alla sua famiglia sono stati chiesti ottomila euro per liberarlo, siccome non avevano tutti i soldi ha dovuto lavorare – aggiunge -. Come tutti ha subito abusi. I racconti di quello che succede nei centri parlano purtroppo anche di torture, e di stupri sulle donne”.
(da Globalist)
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Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
“E’ LA QUINTA QUERELA CHE ANNUNCIA, NON NE E’ ARRIVATA NESSUNA, SOLO CHIACCHIERE, COME SEMPRE”
“Delle tante querele annunciate (con questa sarebbero quante: quattro? Cinque? S’è perso il conto) ad oggi non ne è arrivata nessuna… come sempre, solo chiacchiere. Come del resto tutto il suo teatro, teatro dell’orrore. Nulla di ciò che ha promesso è possibile realizzare, tanto meno il blocco delle partenze dalla Libia”.
“E poi mi dica, cos’è questa “carezza”? – aggiunge facendo riferimento all’ultimo tweet di Salvini nel quale aveva scritto che al “signor Saviano” che lo aveva definito “ministro della Mala Vita” rispondeva cosi’: “Al massimo una carezza e una querela” – perchè usa questo eloquio mellifluo, a voler pensar male direi quasi mafioso? Cos’è, signor Ministro della Mala Vita, l’equivalente di un “bacio in bocca”?
Era forse per questo che avrebbe voluto mi fosse tolta la scorta? A leggere i commenti dei suoi sostenitori è evidente che avrebbero piacere a sapermi muto per sempre, ma immagino che lei non se ne sia accorto”.
Quindi, conclude Saviano: “Si metta l’anima in pace, signor Ministro della Mala Vita, fin quando avrò energia in corpo, fiato in gola e lettere sotto le mie dita, non smetterò mai di contrastare le sue dichiarazioni vili e bugiarde, le sue politiche criminali che si mantengono su un continuo, perenne e spossante incitamento all’odio. Le posso assicurare, Ministro della Mala Vita, che siamo tanti, e non le consentiremo di smantellare lo Stato di Diritto: dovrà passare sui nostri corpi”.
(da Globalist)
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Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
IN UN INTERVENTO, DATO CHE A BORDO C’ERA UNA TROUPE DELLA TV TEDESCA, I LIBICI HANNO FATTO VEDERE CHE INTERVENGONO A SALVARE UN BARCONE A FAVORE DI TELECAMERE… NELL’ALTRO, AVVENUTO A 70 MIGLIA DALLA COSTA, UN’ALTRA NAVE DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA LI HA FATTI AFFOGARE
“Mentre una motovedetta girava la scena del salvataggio perfetto con una tv tedesca, un’altra lasciava in mezzo al mare 2 donne ed un bambino. Sono due interventi diversi, uno ad 80 miglia davanti ad al Khoms l’altro davanti a Tripoli. Maldestro tentativo di depistaggio.”
Lo scrive su twitter Erasmo Palazzotto, deputato a bordo della nave Astral dell’Ong Open Arms in viaggio verso la Spagna perchè – giustamente – “non si fida di Salvini”.
“Ma davvero nessuno nel Governo italiano – prosegue il parlamentare- ha qualcosa da dichiarare davanti a quello che è successo nel Mediterraneo, alla brutalità di quei criminali che continuino a chiamare Guardia Costiera Libica”.
Palazzotto smonta così le dichiarazioni della Guardia Costiera di Tripoli e di una giornalista tedesca portata dai libici come testimone.
“A bordo della motovedetta libica – precisa il portavoce – c’era una giornalista tedesca che ha assistito al salvataggio, producendo un reportage che sarà pubblicato sulla rete N-TV di Rtl, una delle principali emittenti tedesche”.
Però le operazioni erano due e nella prima una donna e un bambino sono stati lasciati in balia del loro destino mentre una’altra donna, la camerunense Josephine è stata salvata per miracolo
“L’unica cosa certa è che la Guardia Costiera libica li ha abbandonati in mare”. Palazzotto, in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei , ribadisce: “La ricostruzione che facciamo noi è su dati evidenti – ha raccontato -: abbiamo intercettato una trasmissione tra la Guardia Costiera libica e un mercantile che parlavano di questo gommone che si trovava a 80 miglia dalla Libia. Ci siamo diretti in zona per assicurarci che non fossero stati abbandonati a se’ stessi perche’ la Guardia Costiera libica aveva detto al mercantile che ci avrebbe pensato lei. Quando siamo arrivati nella zona di ricerca abbiamo trovato il relitto con dentro questi cadaveri. Ci siamo accorti dopo che Josephine era viva, aggrappata ad un pezzo di legno”.
(da Globalist)
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Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
CI SONO STATI NAUFRAGHI NON SALVATI TRA IL 16 E IL 17 LUGLIO? PERCHE’ IL GOVERNO ITALIANO NON LO DICE? CHE FINE HA FATTO LA BAMBINA AFRICANA CHE LA GIORNALISTA TEDESCA HA VISTO PORTARE A BORDO?.. A BORDO DELLA OPEN ARMS CI SONO 6 GIORNALISTI DI VARIE NAZIONI E TUTTI CONFERMANO I FATTI
Qualcosa non torna. Sono mezze verità che vengono fuori con il contagocce.
Ad esempio, la giornalista tedesca Nadja Kriewald di N-Tv usata come testimone dalla guardia costiera di Tripoli ora ammette: “A bordo della nave libica sono state 165 le persone salvate: 119 uomini, 34 donne e 12 bambini”.
Alla domanda se possa escludere che qualcuno sia caduto accidentalmente dalla nave nel corso dei soccorsi notturni, la giornalista ha risposto: “tutti i soldati e i componenti della nave si sono presi cura dei migranti, certo la nave era di 27 metri, se uno è a prua non sa cosa succede a poppa e viceversa, di conseguenza non posso escluderlo”.
Poi ha anche raccontato che “una bambina della Costa d’Avorio è morta, ma lo si è scoperto solo a bordo della nave libica, perchè la mamma l’ha tenuta per tutto il tempo tra le braccia in gommone senza dire che fosse morta. Probabilmente temeva che se lo avesse detto, avrebbero buttato il suo corpo in mare”.
E intanto Erasmo Palazzotto parlamentare a bordo della nave Astral dell’ong Open Arms replica alle parole del ministro dell’Interno Salvini e dice: “Il governo italiano ha tutti gli strumenti per accertare cosa è successo in questo tratto di mare nella notte tra il 16 ed il 17 luglio. Noi non abbiamo niente da nascondere, perchè Salvini non rende pubblici i tracciati delle motovedette libiche di quella notte? Perchè non pubblica i tabulati delle comunicazioni tra Imrcc (ovvero Italian Maritime Rescue Coordination Centre il, Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo, ndr) e la Guardia Costiera Libica del 16 luglio? Così vediamo chi ha qualcosa da nascondere. Qui a bordo non c’è niente da nascondere, ci sono 6 giornalisti internazionali, un giocatore dell’Nba che fa il volontario e un deputato italiano. Tutti testimoni di un crimine disumano. Abbiamo qualcosa da proteggere, una sopravvissuta, una testimone che ha bisogno di protezione e che non consegneremo ad un governo – conclude Palazzotto – che è complice e finanziatore dei criminali che l’hanno abbandonata in mezzo al mare.”
(da Globalist)
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Luglio 18th, 2018 Riccardo Fucile
IL REPORTAGE DELLA GIORNALISTA ANNALISA CAMILLI A BORDO DELLA OPEN ARMS SMENTISCE LE BALLE DI SALVINI… LA DISPERAZIONE DEI MEDICI A BORDO: “SAREBBE BASTATO ARRIVARE UN’ORA PRIMA E FORSE AVREMMO SALVATO IL BAMBINO MORTO DI IPOTERMIA”
Questo articolo fa parte della serie Cronache dal Mediterraneo, il diario di Annalisa Camilli sulla nave impegnata nel soccorso dei migranti nel Mediterraneo.
Josefa ha occhi enormi, allungati e larghi. Mi guarda aprendo le palpebre lentamente. È sdraiata sul ponte della Open Arms. L’equipaggio ha messo dei giubbotti di salvataggio sotto alla sua schiena e l’ha coperta con dei teli termici che sembrano d’argento e d’oro.
Il suo viso è sofferente, apre gli occhi per chiedere aiuto, li sgrana. Poi torna a chiudere le palpebre come per riposare.
“Sono del Camerun, sono scappata dal mio paese perchè mio marito mi picchiava. Mi picchiava perchè non potevo avere figli”, racconta Josefa (non Josephine, come si era detto inizialmente) con un filo di voce in un francese dolce. Si tocca la pancia. “Non potevo avere figli”, ripete.
Ha il corpo robusto e le mani piccole ancora raggrinzite per essere stata in acqua tutta la notte.
Non riesce quasi a parlare, due occhiaie profonde le scavano gli occhi, le sue pupille sono di un nero intenso. Alza il braccio per salutarmi, poi mi stringe la mano. È ancora fredda, sembra che abbia i brividi.
Giovanna Scaccabarozzi, la dottoressa italiana di Open Arms che da stamattina si sta prendendo cura di lei, dice che ora è fuori pericolo, ma è ancora sotto shock. Trema, non si riesce a tranquillizzare, sembra stanchissima.
Non si ricorda nulla di cosa è successo e ha un unico timore. Non vuole essere portata in Libia
Una flebo di soluzione fisiologica è appesa sul palo del ponte della nave: goccia a goccia entra nelle vene di Josefa per reidratarla. “Siamo stati in mare due giorni e due notti”, racconta. Non si ricorda da dove sono partiti e non sa dove sono i suoi compagni di viaggio. “Sono arrivati i poliziotti libici”, dice. “E hanno cominciato a picchiarci”.
Non si ricorda nulla di cosa è successo dopo e ha un unico timore. Non vuole essere portata in Libia. “Pas Libye, pas Libye”, ripete come in una preghiera, una litania sussurrata con un filo di voce. “Pas Libye”. Per tranquillizzarla i volontari le dicono che ora è al sicuro, che presto arriverà in Europa.
A turno vengono vicino a lei sul ponte per passarle un fazzoletto bagnato sulla fronte: ha i capelli pieni di una polvere bianca, forse un per un periodo è stata rinchiusa in un carcere senza potersi lavare.
“Se avessimo tardato ancora qualche ora sarebbe morta anche lei”, afferma la dottoressa italiana originaria di Lecco che stamattina l’ha accolta sul ponte della nave spagnola e le ha diagnosticato una grave ipotermia.
“Ha una forza incredibile che l’ha fatta recuperare rapidamente”, spiega Giovanna Scaccabarozzi, che insieme a Marina Buzzetti fa parte dell’èquipe medica che a bordo della Open Arms ha accudito Josefa dal primo momento.
“Abbiamo fatto delle manovre di riscaldamento e la stiamo idratando”. Alle due dottoresse è toccato anche il compito di fare il referto medico sui due cadaveri recuperati.
Uno è di un bambino che ha un’età stimata tra i tre e i cinque anni. “Il bambino era tutto nudo, non sappiamo se abbia un legame di parentela con le due donne”, racconta Scaccabarozzi.
“È morto di ipotermia, poco prima che arrivassimo”, conferma il medico.
Questa è la notizia più dura da accettare per tutta la squadra di volontari che da anni dedica le proprie vacanze e i momenti liberi dal lavoro per soccorrere chi rischia di perdere la vita in mezzo al mare. “Arrivare anche solo un’ora prima avrebbe potuto fare la differenza”, questa consapevolezza tormenta i volontari.
La nave Open Arms chiede di poter sbarcare Josefa e i corpi del bambino e della donna senza nome. “Abbiamo dovuto chiamare la Spagna, il nostro stato di bandiera, poi abbiamo chiamato i libici, quindi gli italiani”, spiega Marc Reig, comandante della Open Arms. Tutto è bloccato in una serie di polemiche e di rimpalli infiniti, le stesse polemiche e gli stessi ritardi che hanno decretato la morte di un bambino senza nome che ora giace in un sacco bianco a prua.
Giovanna Scaccabarozzi passa ancora una pezza bagnata sulla fronte di Josefa, che sussurra “Merci”. Grazie. Poi alza il braccio e la saluta, come una bambina al suo primo giorno di scuola.
Sul braccio ha i segni di una bruciatura. Non oso chiederle chi o cosa le ha lasciato questo segno. Dice di avere dolore dappertutto.
Dall’inizio del mondo, almeno da quando si racconta la storia di Antigone e Creonte, la legge degli uomini si contrappone a quella dei potenti e sceglie il corpo e la voce di una donna per dire che il potere non potrà mai cancellare la legge naturale, quella che ha a che fare con la vita e la morte, con la malattia e la sepoltura.
Josefa ha occhi grandi e una voce flebile, dalla pezza sulla fronte le spunta una ciocca di capelli ricci e bianchi. Ha quarant’anni.
Annalisa Camilli
(da “Internazionale“)
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