MATTARELLA INTERVIENE SEMPRE PIÙ SPESSO, APPLICA LA COSTITUZIONE E NE DIFENDE I VALORI
COME TUTTI GLI ARBITRI, FISCHIA I FALLI QUANDO LI VEDE. SE CAPITA SEMPRE PIÙ SPESSO LA RISPOSTA NON VA CERCATA AL QUIRINALE. I TEMPI NON LI DETTA IL PRESIDENTE, LI DÀ LA POLITICA
Sergio Mattarella ci sta facendo capire a cosa serve un garante e perché rinunciarvi sarebbe un peccato. Ce lo spiega con una quantità di esempi concreti che derivano direttamente dalle cronache, e come tali pretendono la nostra attenzione. L’ultimo caso è quello di Ilaria Salis, con la telefonata di ieri al papà Roberto sconfortato dall’inerzia ai piani alti e altissimi dove, forse, si teme di scatenare una rissa sovranista con l’Ungheria di Viktor Orbán.
Il presidente ha promesso che si darà da fare e questo suo impegno già suona come una sveglia, un sollecito a chi dovrebbe alzare la voce in difesa di una nostra connazionale messa al guinzaglio come un animale
Altro intervento di queste ore: il sostegno alla vice-preside di Pioltello che si sentiva nel mirino dopo la vacanza concessa agli studenti musulmani in occasione del Ramadan. Lei gli ha scritto, lui le ha risposto senza perdere tempo, esortando tutti a non esasperare il clima di convivenza e qualcuno, nella Lega in particolare, l’ha presa male.
Prima ancora, le parole di incoraggiamento alla ragazza straniera trattata come se l’Italia non fosse anche casa sua; chi lo sostiene «dice sciocchezze» era stata la risposta del presidente. Due settimane fa il rimbrotto severo sulle carceri. E sempre procedendo a ritroso, le manganellate a Pisa con le parole di biasimo del presidente perché non è così che vanno trattati i ragazzi o si gestiscono le proteste in un Paese libero come il nostro. Giorgia Meloni se n’è dispiaciuta, salvo poi correggersi perché entrare in urto col Colle quasi mai conviene a chi governa. Ma la lista degli interventi, già lunga, non finisce qui.
Ultimamente Mattarella ha difeso l’informazione libera e pluralista; ha segnalato i rischi del «pensiero unico». Si è speso per la prevenzione degli incidenti sul lavoro.
Ha alzato la voce contro i femminicidi. Per celebrare il Primo Maggio, visiterà quest’anno un distretto agricolo dove non si pratica il caporalato, altra piaga.
E queste sue denunce suscitano sentimenti misti, nervosismi compresi. Danno corso all’equivoco che una certa pubblicistica alimenta presentando Mattarella come se fosse il leader della sinistra sconfitta nelle urne, il contraltare del governo democraticamente scelto dagli elettori. Tesi che non sta in piedi però.
Il Quirinale non rema contro nessuno, destra compresa. Ha dato sempre via libera sui disegni di legge (compresi i più controversi come quello, ultimo, sui test alle toghe) e disco verde su tutti i decreti, nessuno escluso, limitandosi a qualche raro rilievo. Altro che remare contro o mettere i bastoni tra le ruote.
Massima è stata la collaborazione istituzionale. Né sono mancati pubblici interventi graditi alla maggioranza o in difesa della stessa premier quando il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, l’aveva definita «stracciarola» e nei cortei studenteschi Meloni veniva bruciata in effige. Sull’antifascismo Mattarella tocca nervi scoperti e il prossimo 25 aprile sarà a Civitella Val di Chiana per commemorare una delle stragi naziste più dolorose.
Pure sulle Foibe però ha detto parole chiare, di chiara condanna delle stragi titine.
Così sui bombardamenti alleati a Cassino […]. Si coglie lo sforzo, perennemente incompiuto, di costruire una storia condivisa.
Ma allora, se Mattarella non è il capo dell’opposizione, se rifiuta di farsi tirare per la giacca, se non è di parte né vuole sembrare tale, come mai interviene sempre più spesso, con una cadenza ormai quotidiana?
La risposta che si riceve sul Colle suona perfino ovvia, banale: il presidente fa il suo mestiere, appunto. Applica la Costituzione col giusto rigore. Ne difende i valori, né più né meno. Come tutti gli arbitri, fischia i falli quando li vede; interviene se si va oltre il lecito o sarebbe impossibile far finta di niente. Se capita sempre più spesso la riposta non va cercata al Quirinale. I tempi non li detta il presidente, li dà la politica. Né dipende di lui se viene considerato il tribunale supremo, l’ultima spiaggia, l’estrema risorsa di un’Italia che altrove non trova più udienza.
(da agenzie)
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