PER ARRESTARE GLI SPACCIATORI ORA DEVI AVVISARLI 5 GIORNI PRIMA
LA LEGGE NORDIO PREVEDE DI AVVERTIRE I PUSHER PRIMA DI ARRESTARLI… LA SOFFIATA A CHI SMERCIA RIDICOLIZZA I SOVRANISTI
“Scusi, lei spaccia?”. Quando una frase richiama subito un’immagine. E una voce. L’orecchio di Matteo Salvini vicino al citofono. I microfoni portati alla bocca, la voce con l’inconfondibile cadenza milanese. E una scena che ha fatto il giro del mondo. Era il gennaio 2020, sembra ieri quando il leader della Lega andava in periferia a Bologna a bussare, in favore di telecamera, a casa di presunti spacciatori.
Quegli stessi pusher (i quali in gran parte commerciano hashish e marijuana) che ora il “suo” ministro Carlo Nordio – con l’appoggio incondizionato dello stesso Salvini – vuole sottoporre a interrogatorio preventivo, permettendo loro di avere tutto il tempo per darsi alla macchia prima che scatti l’arresto.
È l’effetto dell’incredibile “buco” nella nuova riforma della giustizia approvata mercoledì in via definitiva dalla Camera. Il regalo era stato pensato su misura per i colletti bianchi che delinquono, a cui si vuole evitare la spiacevolezza di trovarsi la Polizia in casa all’alba. Ma ora rischia di trasformarsi in un favore imprevisto a una categoria ben poco apprezzata dal governo: gli spacciatori.
La falla è stata notata da molti dei magistrati che in questi giorni sono impegnati in riunioni fiume, nelle procure, per riorganizzare tutti i servizi. Per spiegarla serve però un passo indietro: in chiave “garantista”, la riforma del Guardasigilli prevede che d’ora in poi, per arrestare un indagato e sottoporlo a custodia cautelare, sia obbligatorio interrogarlo prima, convocandolo con un anticipo di almeno cinque giorni per ascoltare la sua versione (e magari cambiare idea).
Il rischio di questa trovata è palese: il presunto criminale, avvertito dell’intenzione di metterlo dentro, può darsi alla macchia in tutta tranquillità. Per scongiurare l’ipotesi, la norma detta una serie di eccezioni: l’obbligo di interrogatorio preventivo non vale se c’è il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove, o anche quello di reiterazione del reato se si tratta di fattispecie di particolare allarme sociale. Per individuarle, la norma rimanda all’elenco dei reati per cui i termini di indagine sono estesi a 2 anni, anziché 1 anno e 6 mesi, come mafia, terrorismo.
In quella lista, però, c’è un’assenza che non la rende adatta a essere copiata e incollata tout court a questo scopo. Infatti l’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti, che punisce chi “cede, distribuisce, commercia, trasporta o procura ad altri” tutti i tipi di droga, è citato solo “limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80 comma 2”, cioè i casi di spaccio di “ingente quantità”. Insomma: se la quantità non è ingente l’eccezione non vale, e per arrestare il presunto spacciatore o trafficante bisognerà avvertirlo convocandolo per interrogarlo.
Trattandosi spesso di delinquenti professionisti, non è difficile immaginare come potranno comportarsi di fronte all’invito a comparire, o anche dopo essere stati sentiti dal gip, prima però che scatti l’arresto.
Insomma, il governo di destra rischia di dare un vantaggio siderale proprio a una di quelle categorie che, a parole, dice di voler combattere.
Basta andare a ritroso a recuperare le dichiarazioni di Matteo Salvini, ma anche della premier Giorgia Meloni. Prima ma anche dopo il virale “lei spaccia?”, Salvini, ai tempi del governo gialloverde affermava: “Chiuderò i cannabis shop uno a uno” e “se c’è qualche parlamentare che vuole lo Stato spacciatore il governo su questo può andare a casa”, ignorando che quei negozi sono legali proprio perché vendono prodotti alla cannabis che non violano le leggi italiane.
Ma tant’è, se le droghe “uccidono la nostra società” come disse sempre Salvini a maggio 2014 e se “la droga è merda e chi si droga è un coglione”, come affermato a febbraio scorso, l’attuale ministro non ha avuto alcun problema a stringere la mano a Luca Lucci, l’ultrà del Milan che ha patteggiato 1 anno e 6 mesi per traffico di droga: d’altronde sempre il leader del Carroccio disse: “Meglio un gol di Ibrahimovic di una canna”.
Valori che Salvini condivide anche con Meloni. Nota la battaglia della premier e delle associazioni vicine a FdI contro la tossicodipendenza: “Chi spaccia a minorenni va accusato di tentato omicidio”, arrivò ad affermare nel 2018. Ora la legge Nordio, pur inconsapevolmente, va in altra direzione. In fondo, le antiche simpatie radicali del Guardasigilli sono note.
(da ilfattoquotidiano.it)
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