TOTI, BRUGNARO E I SOSPETTI DELL’ANTIRICICLAGGIO
QUANDO LA POLITICA E’ UN AFFARE
I destini politici del presidente della Liguria e del sindaco di Venezia si erano divisi nel 2022. Oggi le loro strade sembrano ricongiungersi, segnate entrambe dalle inchieste giudiziarie sulla gestione della cosa pubblica
Il loro destino s’incrocia nel 2021 quando, insieme, fondano Coraggio Italia. Poi per Giovanni Toti, governatore della Regione Liguria, e Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, i cammini si dividono nel 2022 con il primo che lancia Italia al Centro e l’anno dopo viene eletto presidente del consiglio nazionale di Noi Moderati.
Oggi le strade dei due politici di centrodestra sembrano nuovamente ricongiungersi, segnate entrambe da inchieste giudiziarie tra loro non tanto diverse.
Toti dallo scorso 7 maggio è ai domiciliari per corruzione, Brugnaro è indagato dalla procura della città lagunare con la stessa accusa, concorso in corruzione. seppure per il primo cittadino non sia stata chiesta alcuna misura cautelare. Nessuno dei due ha ancora fatto un passo indietro rispetto al ruolo ricoperto.
Ma c’è dell’altro a unire le due storie politiche. E quell’altro sono i finanziamenti “sospetti” che avrebbero ricevuto dai privati per le loro campagne elettorali e su cui gli investigatori dell’antiriciclaggio si sono concentrati. Un minimo comune denominatore, quello dei flussi di denaro.
Partiamo da Giovanni Toti. La procura di Genova ha non a caso attenzionato il finanziamento illecito sui soldi versati da imprenditori e società ai comitati che hanno sostenuto il percorso politico dell’imprenditore nato e cresciuto in Mediaset. In altre parole dalle delibere regionali è emerso come gli imprenditori che hanno “regalato” soldi a Toti avrebbero ottenuto pareri favorevoli sui loro progetti.
Un esempio? Aldo Spinelli, patron dell’omonimo gruppo imprenditoriale e oggi ai domiciliari, che tra il 2015 e il 2018 ha donato 40mila euro ai comitati di Toti. Sempre secondo l’accusa Spinelli avrebbe “foraggiato” il comitato del politico per ottenere la velocizzazione di pratiche portuali. E poi, oltre al denaro che potrebbe essere vera e propria “spia” di forme di corruzione, ci sarebbe anche il capitolo delle spese private fatte dal presidente della regione Liguria con soldi dei suoi donatori.
E poi c’è il primo cittadino Brugnaro. I conti correnti delle associazioni nate per sostenerne la candidatura a sindaco di Venezia hanno da sempre rivelato un dato: i finanziamenti ricevuti dalle aziende sono riusciti a collocarlo ai vertici della classifica dei politici più finanziati da privati.
Chi ha fatto meglio di lui è, neanche a dirlo, l’ex collega di partito, Toti. Ma è con l’operazione dei giorni scorsi che a finire sotto la lente degli investigatori è stato il blind trust di Brugnaro. E cioè lo “schermo” utile per evitare conflitti d’interesse nel caso in cui un amministratore pubblico sia anche imprenditore.
Le indagini oggi si stanno concentrando proprio sulla corretta gestione del blind trust: questo giornale nel 2021 aveva ricostruito una serie di conflitti di interesse in capo al sindaco. Già all’epoca, scriveva Domani, i detective finanziari avevano individuato flussi di denaro sospettando che il blind trust custode delle aziende del sindaco, fosse una montatura. Gli esperti dell’antiriciclaggio ricostruirono diverse transazioni «sospette».
Si trattava di fondi che erano stati erogati da due società riconducibili a Brugnaro, Umana Spa e Consorzio di sviluppo Nord Est, verso due associazioni riconducibili all’attività politica di Brugnaro, cioè Associazione Venezia 20-25 e Un’impresa in comune.
In pratica gli addetti ai lavori non esclusero che Umana Spa e il consorzio avessero finanziato indirettamente la campagna elettorale e osservarono che questa circostanza «non risulterebbe del tutto coerente con la finalità di rendere autonoma la gestione delle citate aziende rispetto agli interessi del medesimo Brugnaro».
Toti e Brugnaro “re” dei finanziamenti, ora al centro di due inchieste che, oltre a far luce sulla verità giudiziaria, pongono diverse domande. Tra tutte se sia opportuno per chi governa ricevere fondi da chi ha interessi inerenti alla cosa pubblica. Di certo poco interessa al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che ha difeso il governatore ligure attaccando la magistratura, cioè i suoi ex colleghi: «Posso dire che ho riletto di recente Hegel e sono riuscito a capirlo, ho letto quest’ordinanza (su Toti, ndr) e non ho capito nulla».
(da editorialedomani.it)
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