I DEMOCRATICI CERCANO IL CANDIDATO CHE POSSA BATTERE TRUMP
DAL SOGNO MICHELLE OBAMA ALL’IPOTESI KAMALA HARRIS, MA CI SONO QUATTRO CANDIDATI MOLTO FORTI CHE POTREBBERO FARCELA: GAVIN NEWSON, GRETCHEN WHITMER, ANDY BESHER E WES MOORE
Joe Biden viene sostituito perché non può vincere, perciò il criterio su cui bisogna basare la scelta del nuovo candidato sono le possibilità di vittoria contro Donald Trump nelle presidenziali del prossimo 5 novembre. D’accordo, la giustificazione ufficiale è l’età, e quindi le condizioni di salute che non gli consentono di correre per la Casa Bianca come dovrebbe. Se avesse avuto quattro anni in meno, o meglio ancora una decina, nessuno avrebbe obiettato alla ricandidatura di un presidente che sul piano pratico ha certamente ottenuto più risultati del predecessore Barack Obama.
Però la sostanza non cambia: i democratici hanno la necessità di individuare un altro candidato che abbia più possibilità di battere Trump. Partendo da questo presupposto, dovranno freddamente esaminare i dati e la realtà della varie ipotesi.
La prima, la più scontata, sarebbe quella di Kamala Harris. Perché è la vice, e in teoria il programma era questo fino dal 2020: Biden avrebbe fatto un mandato, aprendo la strada alla prossima generazione. Sarebbe stato venerato come l’uomo che aveva fermato Trump, salvando la democrazia, e in più un grande presidente capace di mettere mano alla piaga delle disuguaglianze generate dalla globalizzazione, che avevano sguinzagliato ovunque i populismi.
Però a 81 anni avrebbe lasciato spazio ai nuovi leader. Non ha funzionato, un po’ perché lui si è affezionato al potere, un po’ perché Donald si è ricandidato, e molto perché la vice non ha convinto.
La situazione è ancora questa, perché pochi si fidano della capacità di Kamala di gestire una campagna presidenziale. Viene considerata una liberal della California facile da attaccare, e inoltre non ha gestito bene l’emergenza delle migrazioni, regalando a Trump un elemento fondamentale della sua agenda per la campagna in corso.
E’ donna e afro americana, cosa che aiuterebbe a mobilitare minoranze decisive per i democratici, ma secondo i sondaggi sta anche peggio di Biden contro Donald, e quindi scommettere su di lei sarebbe un azzardo.
Il principale surrogato di Joe è stato finora il governatore della California Gavin Newson, che di sicuro si presenta bene e ha grandi qualità da politico consumato, per contrastare duramente Trump. Però guida uno stato liberal, che da decenni non produce un candidato vincente per i democratici. Queste presidenziali si vinceranno o perderanno nel Midwest, dove presentarsi con un governatore della California, per di più ex sindaco della super liberal San Francisco, asfissiata da homeless e droghe varie, vorrebbe dire condannarsi al suicidio.
Discorso opposto per i molti governatori del Midwest che siedono sulla panchina democratica, e potrebbero seriamente mettere in difficoltà Trump.
La prima della classe è Gretchen Whitmer, perché guida con successo il Michigan, uno dei tre stati essenziali per il Partito dell’asinello, insieme al confinante Wisconsin e alla Pennsylvania. Whitmer ha avuto successo, l’economia va bene, e le case automobilistiche hanno appena firmato un rinnovo del contratto molto vantaggioso per gli operai.
Lei si porterebbe da casa il Michigan e protrebbe presentarsi con queste credenziali nelle altre regioni del Midwest. In più è donna, e quindi può mobilitare il voto contro il bando dell’aborto, ed è stata oggetto di un tentativo di rapimento da parte di estremisti di destra, con lo scellerato obiettivo di ucciderla.
Dietro a lei, ma con credenziali simili, ci sono il governatore della Pennsylvania Shapiro, se gli americani sono pronti a mandare il primo ebreo alla Casa Bianca; quello dell’Illinois Pritzker; e quello del Wisconsin Evers.
Ma il più affascinante è Beshear del Kentucky, perché è bravo, ha appena 46 anni, ed è stato eletto per due volte alla guida di uno stato repubblicano, che nelle presidenziali ha votato nettamente per Trump.
Se anche solo costringesse il Gop ad impegnarsi e investire nel suo stato, per la paura di perderlo, si aprirebbe percorsi impensabili per gli altri democratici allo scopo di conquistare gli stati che assegnano i 270 voti elettorali necessari a entrare nella Casa Bianca.
E’ molto bravo anche il governatore del Maryland Wes Moore, che molti definiscono il nuovo Obama. Ex militare, ha fascino e carisma da vendere. Il problema però è capire se questa elezione sia quella giusta per un nero del Maryland.
Anche tra i senatori molti sognano la Casa Bianca, da Klobuchar del Minnesota e Booker del New Jersey, all’ex astronauta dell’Arizona Mark Kelly. Ma per battere Trump forse stavolta ci vogliono le credenziali di qualcuno che ha già governato e guidato un’amministrazione.
Il sogno ovviamente sarebbe Michelle Obama, per vari motivi. Primo, il Partito democratico si riunificherebbe rapidamente dietro alla sua leadership. Secondo, è brava, empatica, conosce i dossier, ha fatto l’avvocato di grido e sa come tenere un discorso carismatico. Terzo, avrebbe subito a disposizione la macchina elettorale del marito Barack, mentre l’esperienza da first lady per otto anni l’aiuterebbe a rispondere alle critiche sulla mancanza di preparazione per il lavoro. Quarto, è donna e afro americana, quindi capace di parlare a due gruppi elettorali fondamentali per i democratici. Quinto, ha vent’anni meno di Trump, che dovrebbe cambiare strategia elettorale, non potendo più attaccare il “rimbambito” Biden: il vecchio diventerebbe immediatamente lui.
Il problema è che Michelle, almeno finora, ha ripetuto in ogni modo possibile che odia la politica e non vuole candidarsi al posto occupato dal marito, lasciando i democratici nel limbo di questa scelta potenzialmente fatale per il futuro della loro democrazia.
(da La Repubblica)
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