BIMBO SCIOLTO NEL’ACIDO 13 ANNI FA: TORNA LIBERO IL CARCERIERE
ORA FA IL PENTITO DI MAFIA, DOVEVA SCONTARE 22 ANNI… E’ IL TERZO CONDANNATO PER IL DELITTO AD ESSERE SCARCERATO… TUTTO IN REGOLA, MA LA GIUSTIZIA VERA DOV’E’ PIU’ IN ITALIA?
Qualcuno ricorda ancora la sua foto a cavallo, lui vestito da fantino che salta gli ostacoli come un vero campione: la sua unica colpa era di essere nato da Santino Mezzatasca, un pentito che si convinse a collaborare con la giustizia.
Alzò il sipario sulla strage di Capaci e per il piccolo figlio Giuseppe fu la fine. Atroce e disumana, il suo corpo venne fatto sciogliere nell’acido, una delle pagine più efferate nella storia dei delitti mafiosi.
Mamma Franca ebbe a dire “Giuseppe ha vinto, ha sconfitto la mafia”, mentre sei mesi fa, a San Giuseppe Jato, veniva inaugurato il Giardino della memoria dedicato al suo piccolo figlio.
Oggi un altro dei suoi assassini è libero, il tribunale di sorveglianza di Palermo ha aperto le porte del carcere anche a Stefano Bommarito, il suo carceriere.
Condannato a 22 anni di carcere, li sconterà fuori, affidato ai servizi sociali.
Da poco si è messo a fare il pentito anche lui, così può godere dello sconto di pena e delle misure alternative previste per i collaboratori di giustizia.
Stefano Bommarito ( figlio del boss Bernardo) farà il pentito a San Giovanni Iato, il paese di Giovanni Brusca, mandante del’omicidio.
E pensare che aveva alle spalle anche la condanna per omicidio di Vincenzo Miceli, imprenditore siciliano che aveva rifiutato di pagare il pizzo e pure la morte di altre persone vicine a Balduccio Di Maggio.
Evidentemente non è sufficiente per restare in galera. E così salgono a tre i responsabili dell’assassinio del piccolo Giuseppe che sono tornati in libertà , dopo Salvatore Brusca e Giuseppe Monticciolo, restano solo due in carcere, Giovanni Brusca e Vincenzo Chiodo.
La sentenza di morte per Giuseppe Di Matteo fu pronunciata da Giovani Brusca l’11 gennaio 1996, dopo due anni di prigionia.
Lo tenne in ostaggio perchè suo padre stesse muto, ma lui invece parlò, disse ai magistrati cosa sapeva della strage e per il piccolo fu la fine.
Ci fu un drammatico scontro nel Palazzo di giustizia di Como, dove la corte d’assise di Caltanissetta celebrava il processo bis per la strage di via D’Amelio, nella quale persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque uomini della sua scorta.
In quell’occasione Mezzanasca si scagliò contro Brusca urlandogli “animale” e invocando il giudice di metterli nella stessa cella per “potergli staccare la testa”.
Ricevendo una fredda risposta d Brusca “E’ solo accecato dalla vendetta”.
A distanza di 12 anni un altro si pente ed esce. Nonostante gli omicidi precedenti sul groppone. Non discutiamo che sia tutto stato fatto secondo le regole vigenti.
Ma noi non concepiamo come viene considerato il “pentimento” nel nostro sistema giudiziario.
Il vero pentito è quello che, quando è in libertà , si pente dei crimini commessi e si autodenuncia, consegnandosi alle forze dell’ordine.
In Italia i pentiti sono quelli che si pentono solo dopo essere stati arrestati e, di fronte alla certezza di un ergastolo, diventano delatori e spie.
Doppiamente infami: prima sciolgono nell’acido un bambino innocente e poi denunciano pure i vecchi compagni di merende, neanche la dignità e il coraggio di restare coerenti almeno al mondo a cui hanno appartenuto.
Se esistesse un doppio ergastolo, quella sarebbe la giusta pena.
Almeno forse uno, visto le riduzioni che ci sono in Italia, se lo farebbero.
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