LA LEGA IN LOMBARDIA RIBOLLE IN VISTA DEL CONGRESSO REGIONALE: IL CAPOGRUPPO AL SENATO, MASSIMILIANO ROMEO, NON VUOLE MOLLARE LA CANDIDATURA, NONOSTANTE SALVINI GLI ABBIA CHIESTO UN PASSO DI LATO IN FAVORE DEL 34ENNE LUCA TOCCALINI
NELLA REGIONE PIÙ RICCA D’ITALIA, FEUDO DEL CARROCCIO, I MILITANTI LOCALI NON HANNO MAI GRADITO LA SVOLTA NAZIONAL-VANNACCIANA DI SALVINI. E POTREBBERO SCONFESSARLO
«Io di certo non mi ritiro, è da un anno e mezzo che mi giro tutta la Lombardia, ho preso un impegno con i militanti». Nella Sala Garibaldi di Palazzo Madama, il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo si sfoga ad alta voce con un collega di partito: «Faccio decine di telefonate al giorno per dire a quelli incazzati: state buoni, state tranquilli».
L’oggetto della conversazione è il congresso regionale della Lega in Lombardia, congelato dal 2021, richiesto e procrastinato da oltre diciotto mesi. Romeo ha dichiarato, da subito, la disponibilità a correre.
Sembrerebbe una candidatura senza rivali: presidente dei senatori, parlamentare fra i più popolari con la spilletta di Alberto da Giussano, e soprattutto, gradito ai militanti locali. In un territorio, quello lombardo, fremente di insofferenza verso certe derive del salvinismo.
Eppure nel Carroccio, raccontano fonti interne, c’è chi vuole spingerlo al passo indietro in nome di una candidatura unica e unitaria, benedetta da Matteo Salvini: quella di Luca Toccalini, 34 anni, deputato, coordinatore federale della Lega Giovani. Alla pressione a ritirarsi, Romeo, come spiegava ieri al Senato, ha risposto un sonoro: «No, grazie». E dunque, se necessario, si andrà alla conta, all’uno contro uno.
Un passaggio che la segreteria nazionale sta cercando di evitare per non intaccare l’immagine del monolite leghista che cerca di proporre all’opinione pubblica. Perché Salvini sembrerebbe preferire un giovane esponente leghista al capogruppo di Palazzo Madama, è presto detto: Toccalini è nato e cresciuto politicamente – anche per un banale dato anagrafico – con il segretario, al quale risponderebbe in via diretta.
Romeo è un salviniano, sì, ma non di cieca obbedienza. Ha una voce. A porte chiuse, quando è necessario, dice la sua. In pubblico lo fa in maniera più sfumata, nel rispetto della disciplina di partito, ma può farlo. Durante le Europee, per dire, non era di certo fra gli ultrà di Roberto Vannacci. Si limitò a due commenti: «Non la penso come lui» e «in lista ci può stare, ma solo con i leghisti storici».
Il capogruppo è convinto di poter contare sui militanti locali. Aspetto, quest’ultimo, non più scontato in Lombardia, campo minato di nostalgici bossiani e ribelli anti-sovranisti. Basti dire che l’ultimo vero segretario regionale, da quelle parti, è stato Paolo Grimoldi, espulso dal Carroccio dopo aver riferito del voto europeo di Umberto Bossi a Forza Italia, preferita alla sua stessa creatura, oggi a guida salviniana.
E lombardo era anche Gianantonio Da Re, cacciato per aver dato del «cretino» al segretario federale Matteo Salvini.
Romeo è convinto di poter vincere in Lombardia proprio in nome del proposito di far convivere le due «anime» del partito. Ieri, al Senato, lo ribadiva all’interlocutore: «L’importante, ora, è tenere unite la componente storica e identitaria e quella sovranista più recente». Resta da definire la data. Il congresso lombardo potrebbe tenersi a inizio dicembre, al più tardi entro Natale, ma l’orizzonte temporale rimane incerto. Anche perché, nel mezzo, c’è un giorno cerchiato in rosso nel calendario di Matteo Salvini: il 20 dicembre, la sentenza del processo Open arms a Palermo.
(da La Stampa)
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