VIA SIMBOLO E NOME: LA GRANDE PAURA DEL M5S
LA BASE PROPONE UNO STRAPPO NETTO… MOLTI NON VOGLIONO PERO’ TOCCARE IL LOGO: “RISCHIOSO, PUO’ ESSERE UN FAVORE A GRILLO”
Non ora, non qui, non così. L’ipotesi di cambiare il simbolo e soprattutto il nome del Movimento trabocca dai tavoli della Costituente, riversata nella relazione della società Avventura Urbana che ieri ha ufficialmente riassunto il lavoro dei 330 sorteggiati – iscritti e simpatizzanti – che dovevano ripensare l’identità e la rotta dei Cinque Stelle. Ma diversi big del M5S, che da settimane ne discutevano riservatamente anche con Giuseppe Conte, respingono – e temono – l’ipotesi di cambiare sigla sociale. “Una scelta del genere potrebbe portarci un mare di guai” sussurra un contiano di lungo corso.
Troppo presto, è l’idea diffusa ai piani alti, per fare un salto del genere, che richiederebbe tempo per far assimilare il nuovo nome, assieme a un bel po’ di risorse economiche per diffonderne notizia. E poi rinunciare alle Cinque Stelle o al nome Movimento sarebbe un assist al nemico, cioè all’ancora garante Beppe Grillo (ma gli iscritti propongono di eliminare la sua carica o quanto meno di ridurne i poteri e soprattutto la durata, ad oggi vitalizia). Secondo Conte e i suoi non ha più diritti sull’uso del simbolo, causa l’accorso sui 300 mila euro l’anno come consulente della comunicazione. Ma vai a litigare, in caso di frattura e annessa rinuncia alla sigla. Però la proposta se ne sta lì, nel report sulla Costituente. E in teoria potrebbe finire tra i quesiti che verranno messi in votazione per gli iscritti. Una mina, piazzata sul web. Nell’attesa, c’è già chi dice no. Come il capogruppo alla Camera, Francesco Silvestri, a Sky Tg24: “Dopo l’assemblea costituente il M5S si chiamerà Movimento 5 Stelle, avrà sempre la V rossa al centro del simbolo, le cinque stelle, e soprattutto avrà Conte come leader politico”. Mentre la vicepresidente Chiara Appendino lo aveva già detto al Fatto lunedì scorso: “Penso che il simbolo non si debba toccare”. E anche sul nome, l’ex sindaca è per rimanere così. Ma c’è anche chi non si pone confini. Per esempio la presidente della Regione Sardegna, la contiana Alessandra Todde, che sempre sul Fatto venerdì è stata chiara: “Cambiare nome? Io non ho tabù”.
In queste settimane c’è chi internamente ha teorizzato il coraggio di cambiare tutto, per segnare la cesura con l’epoca di Grillo e dei Casaleggio. Insistendo. Conte ha ascoltato le varie posizioni in campo. Ma è attendista e in linea generale scettico, rispetto a una rivoluzione che comunque dovrebbe passare per gli iscritti. Compresi alcuni di quei 330 sorteggiati che sul cambio di simbolo hanno formulato una selva di proposte. Partendo da quella che sembra quasi naturale, ossia l’eliminazione dal simbolo della dicitura blogdellestelle.it, che non ha più alcun collegamento con il M5S. E atterrando poi sulla possibilità di adattarlo a “battaglie politiche attuali”, come è successo per le Europee, dove al simbolo è stata aggiunta la scritta “pace”.
Però il vero punto cruciale ad oggi sono i quesiti da porre in votazione tra gli iscritti. Perché, ovviamente, come verranno scritti farà la differenza. “L’ultima parola su questo spetterà al presidente”, ricordano dal Movimento. Ossia a Conte, consapevole che i parlamentari sono molto agitati sul tema. Non a caso, domani mattina è prevista una riunione del Consiglio nazionale, che raduna i dirigenti a vario titolo del M5S, per discutere dell’ordine del giorno dell’assemblea costituente a Roma del 23 e 24 novembre. Ovvero dei quesiti da mettere sulla piattaforma. Da scrivere con cura anche per schivare eventuali ricorsi. Il nervosismo dei parlamentari è comprensibile, visto che al voto finirà anche la modifica della regola totem dei due mandati, su cui è possibile un quesito multiplo. Perché tra le varie opzioni la base ha proposto innanzitutto un lodo su cui Conte ragiona da tempo, ossia la possibilità di “due mandati per ciascun livello amministrativo”, assieme alla cancellazione dei limiti per le cariche di sindaco o presidente di regione. Ma tra le proposte c’è anche quella di deroghe ai due mandati, “che siano proposte dai vertici o dal basso e ratificate con una votazione dall’assemblea degli iscritti”. Altra idea che potrebbe tornare utile, magari solo per i parlamentari, combinandola con l’abolizione dei limiti per le candidature a livello locale. E sarebbe un’altra soluzione gradita all’ex premier, raccontano voci di dentro.
A guardare da fuori c’è anche la segretaria del Pd Elly Schlein. Diversi 5 Stelle raccontano di colloqui informali, in cui la dem avrebbe formulato per la Costituente grande “attenzione”, da tradursi con preoccupazione. “Se non tiene la leadership di Conte, per lei sarebbe un problema gigantesco” sostiene un contiano. Nonostante le polemiche nel post Liguria sui rispettivi rapporti, Schlein deve ancora scommettere sull’avvocato, che vuole tenere i 5 Stelle con i progressisti. Nonostante tutti i rancori incrociati.
(ilfattoquotidiano.it)
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