MASSIMO CACCIARI: “FRANCESCO E’ UN PONTEFICE PRONTO A STUPIRE MA NEL CAMPO DEI TEMI ETICI NON FARA’ STRAPPI ALLA DOTTRINA”
“BERGOGLIO SI CONCEPISCE PRIMUS INTER PARES”…”SAN FRANCESCO NON USCI’ MAI DALLA CHIESA MA LA RIBALTO'”
«Francesco mi ricorda Carlo Maria Martini. Come l’ex arcivescovo di Milano, egli ha capito che la Chiesa prima di giudicare deve perdonare. Prima viene la misericordia, poi il giudizio».
Massimo Cacciari, filosofo, si aspettava un Papa di nome Francesco?
«Me lo auguravo. Ritenevo che la Chiesa ne avesse estremo bisogno. Perchè il nome Francesco evoca, naturalmente, la possibilità che si apra una riforma interna della Chiesa e, insieme, un nuovo dialogo con i non credenti, due missioni oggi ineludibili. San Francesco d’Assisi uscì dal recinto della Chiesa e andò incontro al mondo. Sapeva bene cosa era il mondo, quali le sue pratiche, ma prima di puntare il dito perdonava. Sapeva che Dio è amore e che l’amore deve venire prima del giudizio. Certo, non tradiva la Chiesa, non tradiva ciò in cui credeva, conosceva bene chi era il nemico della Chiesa, ma cercava l’abbraccio prima di altro»
Papa Francesco farà allo stesso modo?
«Le premesse sembrano dire di sì. Sbaglia però chi pensa che andrà oltre il consentito, oltre la dottrina per intenderci. Non dimentichiamo che San Francesco, seppure potesse essere scambiato per un cataro per la sua povertà e la predicazione ai ceti subalterni, non abbracciò mai quella eresia. Così Bergoglio, come molti suoi confratelli vescovi latino americani, non farà tradimenti dottrinali. Le aperture della teologia della liberazione, insomma, non gli appartengono. Eppure nella forma credo che tutto sarà diverso».
Quale gesto del Papa l’ha colpito di più in questa prima settimana di pontificato?
«Senza dubbio il fatto che continuamente dice di essere il “vescovo” di Roma e mai il “Papa”, il “Pontefice”. È un cambio sostanziale. Significa che egli si concepisce “primus inter pares”, una visione di sè che può avere ripercussioni enormi su tutta la cristianità ».
Nella messa d’inizio pontificato, ha definito il potere come un servizio. Inizia un’epoca diversa anche nei rapporti fra Chiesa e politica?
«Sono convinto che nei confronti delle vicende politiche, specie italiane, egli manterrà una sovrana indifferenza».
Sul piatto del pontificato ci sono i non semplici rapporti fra Chiesa e contemporaneità . Sfide delicate, che spesso portano allo scontro. Come agirà Francesco?
«L’auspicio è che imiti Martini. Aveva capito che certe sfide che toccano nel profondo la vita di credenti e non credenti, pensiamo anche soltanto al tema della sessualità , non vanno affrontate una a una, di trincea in trincea. Se la Chiesa agisce così viene fatta a pezzi. Piuttosto dovrà cercare di aggirare gli ostacoli annunciando anzitutto Cristo. Nel Vangelo non ci sono massime precise di comportamento, il messaggio insomma non viene mai ridotto a misura etica».
Ratzinger, nelle meditazioni alla via crucis del 2005, parlò della «sporcizia» presente nella Chiesa. Per molti il nome Francesco evoca anzitutto la volontà di riformare la Chiesa dal carrierismo e dalle sporcizie interno. Condivide questa prospettiva?
«San Francesco non uscì mai dalla Chiesa eppure la ribaltò. Lo fece nella consapevolezza che la Chiesa tende a essere città di Dio senza riuscire a esserlo compiutamente in questo mondo. Nella Chiesa esiste il peccato e San Francesco lo sapeva bene. Così il nuovo Papa senz’altro cercherà di sradicare il male interno, ma lo farà anche qui con misericordia, consapevole che la Chiesa è santa e insieme peccatrice».
Paolo Rodari
(da “la Repubblica“)
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