STORIA DI ATREJU: DA RITROVO DI QUELLI DI COLLE OPPIO AL SIMBOLO DEL POTERE DI GIORGIA MELONI
LA PRIMA EDIZIONE 18 ANNI FA
Oggi inizia Atreju, per la prima volta al Circo Massimo. È la diciottesima edizione della manifestazione e durerà una settimana. Qui passerà tutto lo stato maggiore del centrodestra, ma non ci saranno i leader dell’opposizione che hanno declinato l’invito. Interverranno diversi ospiti internazionali, il più importante dei quali il presidente argentino Javier Milei. Sarà l’occasione per capire dove va la destra italiana, saggiarne l’umore e gli equilibri interni.
Lungo questi anni Atreju è cambiata moltissimo, diventando dalla scommessa di un gruppo di giovani militanti una kermesse patinata dove i politici, si muovono con i loro infiniti codazzi, tanto che distinguere tra staff, addetti ai lavori e semplice uditorio, è in effetti impossibile visto quanto si è moltiplicato l’apparato della destra in questi anni. Il minimo comune denominatore è sempre stata lei: Giorgia Meloni. È questa la sua creatura che l’ha accompagnata lungo tutta la sua carriera politica, cambiando con lei.
È il 1998 quando a Colle Oppio, all’ombra del Colosseo, si tiene la prima edizione di Atreju. Due anni prima Giorgia Meloni è stata eletta coordinatrice nazionale di Azione Studentesca, l’organizzazione dei liceali che fa riferimento a Alleanza Nazionale, mentre in quello stesso anno viene eletta consigliera in Provincia.
Quella prima edizione che nasce a cavallo tra gli anni Novanta e il nuovo millennio, non è una proprio una festa di partito, ma è la festa di “quelli di Colle Oppio” che in quegli anni (come oggi) a Roma egemonizzano le strutture studentesche e giovanili. Sono gli eredi di una lunga tradizione militante: la sede nel rudere romano, dove si trova ancora oggi, è la prima sezione del Movimento Sociale Italiano che apre nel dopoguerra.
Qui i simboli e i riferimenti ereditati dal neofascismo sono tramandati ai giovani che sono lanciati alla conquista di nuovi orizzonti nella Seconda Repubblica. E Atreju segna proprio l’ascesa di questa nuova generazione cresciuta nel rito di Colle Oppio. Scelgono un riferimento fantasy, il guerriero bambino che combatte “contro il nulla che avanza” protagonista de La Storia Infinita di Mich
Nel 2001 Gianfranco Fini nomina Meloni nel “comitato di reggenza” di Azione Giovani in attesa che la nuova leadership nazionale venga decisa da un congresso. In quello stesso anno da festa di quelli di Colle Oppio, Atreju diventa la festa nazionale di Azione Giovani. È il segno dell’ascesa di Meloni e dei giovani dirigenti allevati da Fabio Rampelli.
Nel 2004 finalmente arriva il congresso di Viterbo, dove si ripercuotono con asprezza le divisioni del partito dei “grandi”. La corrente sostenuta da La Russa e Gasparri si scontra il documento presentato dalla destra sociale di Gianni Alemanno E Francesco Storace. I “sociali” sono determinati a conquistare la segreteria, il loro candidato è Carlo Fidanza che si sente già la vittoria in pugno, ma grazie a un accordo notte facendo la spunta a sorpresa Giorgia Meloni.
Quelli di Colle Oppio sono stati l’ago di bilancia e, con i voti dei colonnelli di Fini, la spuntano. Sarà l’ultimo congresso di Azione Giovani, da quel momento la leadership di Meloni sarà inattaccabile, anche per la capacità di tenere la base unita, tenendo la barra bene a destra. E Atreju diventa il luogo fondativo di quella nuova generazione che ha fatto appena in tempo a iscriversi al Movimento Sociale Italiano prima di Alleanza Nazionale.
La festa in questi anni è un appuntamento fisso. Serve per discutere delle campagne politiche da portare avanti, per incontrarsi e costruire relazioni a livello nazionale. È l’unico appuntamento ella destra a livello nazionale, l’unica passerella per i leader di partito, un appuntamento fisso che però ha ancora il sapore dell’appuntamento comunitario, dove la serata più attesa è quella di “musica identitaria”, dove saluti romani e boia chi molla sono la normalità
Le cose cambiano nel 2006, quando Giorgia Meloni non è più solo la leader dei giovani di Alleanza Nazionale, ma debutta nella politica nazionale con lo sbarco in parlamento e da qui alla vicepresidenza della Camera. È il volto nuovo su cui Gianfranco Fini punta molto. E nel 2006 Atreju diventa sempre di più la sua festa, quando invita l’allora segretario di Rifondazione Comunista e Presidente della Camera Fausto Bertinotti a dialogare proprio a Atreju.
Quel dibattito, preceduto da grandi polemiche, viene interpretato come il sintomo dell’archiviazione definitiva della pregiudiziale antifascista per la sinistra italiana, ma anche come la definitiva e piena legittimazione dei postfascisti. È l’anno della svolta per Atreju, che da questo momento diventa un appuntamento di rilevanza nazionale, attirando l’interesse dei media.
L’anno successivo ad Atreju arrivano Gianfranco Fini che dialoga con il primo segretario del Partito Democratico Walter Veltroni, mentre Silvio Berlusconi sale sul palco con Meloni. E poi un altro incontro a tema “superamento delle divisioni”: il vecchio leader del Sessantotto Mario Capanna incontra Marcello De Angelis, da Terza Posizione e il carcere per associazione sovversiva a deputato di Alleanza Nazionale.
Sono proprio questi gli anni in cui si costruisce l’immagine di una destra giovanile vitale e democratica, fatta da ragazze e ragazzi “normali”, con consumi culturali normali, inseriti a pieno nel loro tempo e nella società. Sono invece gli altri gli irriducibili dello scontro antifascista a vivere nel passato, in un tempo che non c’è più. Questo frame narrativo si rispecchia anche nella scelta artistica delle serate negli anni: l’obiettivo è quello di rafforzare la narrazione della normalità con l’intervento di artisti pop e non associati in nessun modo a una cultura di destra.
Nel 2011 alla festa sbarca Max Pezzali che chiude la manifestazione al Celio. Il cantante degli 883, autore cult per la generazione cresciuta negli anni Novanta nel pieno della fine della storia, chiude il concerto con Sei un mito. Ma negli anni si esibiranno anche Irene Grandi e Edoardo Bennato, gli Zero Assoluto e Max Gazzè, cantanti di certo non associati a una sensibilità di destra.
Le serate di musica identitaria, con i saluti romani e i me ne frego, vanno tenute lontano dai riflettori, perché il tentativo è quello di annettere la cultura pop con alcune esibizioni su quello che è il palco più importante della destra italiana. Ma il risultato è solo parziale, e finisce per confermare come la destra giovanile non è in grado di presentare un’artista per il quale è naturale calcare quel palco (tranne forse Enrico Ruggeri), senza che la sua presenza non porti a un contrappunto di polemiche e stupore da parte del suo pubblico. In molti successivamente di quella presenza si sono vergognati e scusati, a iniziare dal frontman degli 883 per anni accusato di essere quasi un criptofascista.
Atreju si trasforma in un appuntamento importante per la politica italiana. Se il PD ha la Festa nazionale dell’Unità, la destra ha Atreju per saggiare i rapporti tra leader e forze politiche. Qui si apre la stagione politica dopo la pausa estiva e ministri e leader di partito diventano ospiti fissi. La manifestazione finisce per lasciare la zona del Colosseo, per sbarcare all’isola Tiberina. Negli anni del Popolo delle Libertà diventa ufficialmente la manifestazione dei giovani del PdL ma è solo una brevissima parentesi: porto sicuro dove ancorare la propria identità, con la nascita di Fratelli d’Italia nel 2013 è la festa ufficiale del partito.
La pandemia di Covid-19 fa saltare un’edizione e nel 2021 questa si tiene per la prima volta non a settembre ma a dicembre, e assume un sapore sempre più nazionalpopolare, con il mercatino di Natale e una grande pista di pattinaggio. Negli anni si apre anche a importanti presenze internazionali, inaugurate dall’arrivo di Viktor Orban nel 2019 e prima dell’ex consigliere di Donald Trump Steve Bannon.
Atreju si è trasformata insieme alla carriera politica di Giorgia Meloni. La festa è nata con la sua leadership giovanile e l’ha accompagnata per diciotto anni. È il suo marchio di fabbrica, tanto da dare il nome alla sua generazione di dirigenti e politici di destra. Qui è dove si rinnova ancora oggi un vincolo di fedeltà e un’identità, la stessa forgiata nella vecchia sede di Colle Oppio. L’inchiesta di Fanpage.it “Gioventù Meloniana” l’ha mostrato in modo inequivicabile: la giornalista del team Backstair inflitrata tra i militanti di Gioventù Nazionale, l’erede di Azioni Giovani, la sera viene invitata a una serata diversa. Ragazzi e ragazze lasciano Atreju per la serata di musica identitaria che si svolge dentro Colle Oppio. Lontano da sguardi indiscreti i saluti romani, gli slogan e le canzoni sono sempre quelli.
(da Fanpage)
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