LE DESTRE INVOCANO PIU’ LIBERTA’, MA CHI LA STA LIMITANDO?
E’ SOLO PROPAGANDA
Quando i leader della destra usano la parola «libertà», e la usano spesso per dire che viene minacciata, la contrappongono alla parola «comunisti». Ma di quali libertà parlano? E a quale comunismo si riferiscono?
Negli Usa, Donald Trump ha ripetuto per mesi che la sua elezione «non era una scelta fra democratici e repubblicani, ma una scelta fra comunismo e libertà». E il presidente argentino Javier Milei ha salutato così la vittoria del nuovo presidente americano: «Oggi uno spettro diverso s’aggira per il mondo: lo spettro della libertà, per mettere fine al modello di servitù che regna nel mondo libero». Nel resto d’Europa non va diversamente. Per il leader ungherese Viktor Orbán, che pure strizza l’occhio alla Russia rifondata da un ex del Kgb come Vladimir Putin, «i progressisti non sono altro che comunisti con un diploma». Anche in Italia, da trent’anni, il berlusconismo definisce la sinistra italiana «comunista», nonostante il Pci si sia dissolto nel 1991. Giorgia Meloni dice che «è incredibile come la visione comunista si sia rafforzata da quando il comunismo è stato sconfitto». E l’ex comunista padano Matteo Salvini considera i suoi contestatori «zecche rosse, comunisti», senza ricordare che il Pci ha provato a governare solo insieme alla Dc col famoso compromesso storico, e senza riuscirci, quand’era un partito ormai ben lontano da Mosca. Non importa andare troppo per il sottile, l’etichetta di comunista si porta un po’ con tutto. «Uccideremo i comunisti del cambiamento climatico» promette Herbert Kickl, leader dell’ultradestra austriaca, ritenendo comunista ogni liberale o centrista che dia retta ai rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), a cui partecipano gli scienziati di 195 Paesi membri.
Cento partiti, quattro al governo
Attenti ai comunisti, allora. Ma che cosa s’intende oggi per «governo comunista»? Quelli di stretta osservanza, e che comandano da soli in un regime di dittatura, li troviamo soltanto in quattro Paesi: Cina, Cuba, Laos e Vietnam. Poi esistono i comunisti che regnano senza dirsi più comunisti: nella Corea del Nord, dove il marxismo-leninismo è stato cancellato dalla costituzione nel 2012 e s’è trasformato nel culto della personalità di Kim Jong-un; in Nicaragua, dove il sandinismo ha deviato verso una specie di nazionalismo. Putin è un leader post-comunista e la Russia è diventata un’autarchia con altri connotati.
Oggi, i partiti comunisti hanno un ruolo di comando in Angola, Congo, Mozambico, Ecuador, Brasile, Cambogia e Mongolia. In molti altri casi sono partiti che non contano nulla, neppure rappresentati nei parlamenti: sono minuscoli e irrilevanti come in Italia e nemmeno s’ispirano al marxismo leninismo. In Europa, degli oltre 40 partiti esistenti, nessuno è al governo
Quali libertà sono minacciate?
Chi evoca falce e martello, non pensa affatto a concetti ormai fuori dalla storia come la dittatura del proletariato, visto che dai cinesi ai cubani si sono convertiti all’economia di mercato. Il termine «comunista» in realtà è usato dalle destre per indicare quei governi progressisti e di sinistra che ucciderebbero le libertà individuali. «Voi in Italia e noi in Francia siamo impegnati nella stessa lotta – ha detto Marine Le Pen a Pontida, il 17 settembre scorso –: la lotta per le libertà, per la patria». Il sovranista olandese Geert Wilders: «È necessario tutelare la libertà di coloro che dicono la verità e sono odiati per questo». In agosto, dopo l’arresto in Francia di Pavel Durov, il creatore del social Telegram (utilizzato anche per attività criminali), Salvini ha avvertito che «in Europa siamo ormai alla censura, alla puzza di regime. Chi sarà il prossimo a essere imbavagliato? Il grande Elon Musk?». Anche il leader spagnolo di Vox, Santiago Abascal, è convinto che la vittoria sulla «tirannia» delle sinistre passi per «la difesa dei diritti di Musk». Entrambi ignorano quanto sia improbabile negarli a uno che è il principale consigliere della Casa Bianca, è proprietario di X, di satelliti militari e civili e del più grande patrimonio finanziario mondiale. «Forze oscure vogliono togliervi la libertà» ha avvertito Donald Trump in un comizio a Butler il 20 ottobre: «E io sono l’unico ostacolo».
Ma le destre sono imbavagliate?
Dunque quali sono le libertà invocate dalle destre? Quelle di potersi esprimere contro idee considerate dominanti come il Green Deal, il cambiamento climatico, l’Unione Europea, la cultura woke, il politicamente corretto. Libertà di espressione che però nessuno nega e nessun organismo giuridico, in Occidente, ha mai segnalato restrizioni al diritto d’esprimersi su questi temi. Lo stesso Musk possiede la piattaforma con 368 milioni di utenti, dove proliferano le fake news, dove s’insulta la Commissione europea, dove si chiede il licenziamento dei nostri giudici quando applicano la legge sui migranti.
A proposito di avversione al «politically correct», Confindustria (che è apartitica) finanzia Radio24 che trasmette un programma come «La zanzara», con libertà di turpiloquio e giudizio offensivo.
Nessuno s’è mai sognato di censurare il generale Vannacci, col suo best seller contro il «pensiero mainstream». Quella agitata dalle destre è la libertà di non pagare le tasse che non piacciono, come se un singolo cittadino potesse scegliere; d’avere un’istruzione cristiana, come se l’ora di religione a scuola fosse vietata; di negare il cambiamento climatico. Anzi, in tutta Europa, dall’Olanda alla Polonia, le destre hanno portato le rivolte dei trattori in Parlamento con gli striscioni contro le politiche green della Ue. In realtà i contadini protestavano contro il rialzo dei prezzi del gasolio, gli accordi commerciali con il Sud America (Ue-Mercosur) e lo strozzinaggio della grande distribuzione, poiché le politiche della Pac (Politica Agricola Comune) erano state già state rinegoziate nelle sedi competenti. Lo scorso maggio Giorgia Meloni ha detto: «In questi anni, l’Europa ha messo in atto una limitazione della libertà degli Stati nazionali da cui si deve tornare indietro». È il caso di ricordare che l’Italia è un Paese fondatore dell’Unione e che, a Bruxelles, ogni decisione viene adottata solo con l’approvazione all’unanimità o a maggioranza dei Paesi membri. Bernard Carr, nominato da Trump presidente della Commissione federale per le comunicazioni, sostiene che «dobbiamo ripristinare il diritto degli americani alla libertà di parola», nel Paese che l’ha inserita al Primo Emendamento della sua Costituzione. Ed è Musk a sostenere che «la più grande minaccia alla civiltà moderna» è l’attenzione alle ingiustizie sociali e razziali, di cui dovremmo liberarci
Le simpatie per i censori
È curioso che il modello di ispirazione, non solo d’idee, venga proprio da regimi liberticidi. Marine Le Pen, il leader di Vox Abascal, Matteo Salvini e Giorgia Meloni simpatizzano per l’Ungheria di Orbán. Nella risoluzione del Parlamento Ue contro il leader ungherese per violazione dello stato di diritto, la Lega e FdI hanno votato contro. Eppure, nell’Ungheria di Orbán il concetto di libertà è variabile. Libertà per le famiglie: la Costituzione vieta i matrimoni fra persone dello stesso sesso. Libertà d’istruzione: alcune minoranze, come i rom, devono frequentare scuole separate. Libertà d’espressione: esiste l’Authority dei media, nominata dal premier, che di fatto controlla l’informazione. Libertà di linguaggio: è vietato chiamare «rifugiati» i migranti. Libertà nel processo: i giudici ungheresi dipendono dal governo che ne decide le carriere.
Putin, Xi Jinping e l’idea di libertà
Matteo Salvini ha sempre detto di voler «cedere due Mattarella in cambio di mezzo Putin». L’inchiesta sui fondi russi alla Lega è stata archiviata, ma ha accertato che l’obiettivo del partito era comunque quello d’ottenere «un finanziamento politico» dal Cremlino. Il partito Rassemblement National di Marine Le Pen, fra i primi a riconoscere l’invasione di Putin in Crimea, ha ricevuto 9 milioni di euro da banche di Mosca per finanziare le campagne elettorali. Lo stesso Trump guarda alla Russia di Putin: un Paese dove chi critica l’invasione dell’Ucraina rischia fino a 15 anni di carcere, che considera spie tutte le ong internazionali e indipendenti, che blocca gli accessi a siti internet senza l’obbligo di fornire spiegazioni, che ha chiuso definitivamente giornali scomodi come la Novaja Gazeta di Anna Politkovskaja, assassinata nel 2006, e sopprime fisicamente gli avversari politici. Simpatizza per Putin anche Orbán che, al tempo stesso, ammira la Cina dell’«amico di lunga data» Xi Jinping e il suo stato di polizia. In Cina la legge sulla sicurezza nazionale (2015) vieta la libertà d’espressione, associazione e riunione; la legge sulla sicurezza dei dati (2021) dà al partito unico l’accesso illimitato a qualsiasi informazione dei cittadini; la legge sulla cybersicurezza (2016) impone una sorveglianza video e digitale completa; la legge sulle ong straniere (2016) proibisce la difesa dei diritti umani e nel Paese continua la persecuzione delle minoranze. «Abbiamo filosofie simili ed entrambi stimiamo l’indipendenza e l’agire di propria iniziativa» ha detto cinque mesi fa il leader ungherese al presidente cinese. Un bel complimento all’unico, grande Paese comunista del mondo.
Francesco Battistini e Milena Gabanelli
(da il corriere.it)
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